Contenzioso bancario: l'onere probatorio del cliente attore
06 Ottobre 2021
Profili generali
Gli oneri probatori vanno parametrati e correlati agli oneri di allegazione. Colui che promuove l'azione di ripetizione o l'azione di accertamento di pretesi indebiti ha lo specifico onere di allegare prima ancora che di provare gli elementi costitutivi dell'azione proposta. In base al disposto dell'art. 2967 c.c.,il correntista, quando rivesta la qualità di attore, ha l'onere di dimostrare come talune poste passive del conto corrente oggetto di causa abbiano determinato esborsi maggiori rispetto a quelli contrattualmente dovuti producendo gli estratti conto fin dall'inizio del rapporto (Cass. civ., 19 giugno 2017, n. 15142). Il tema è particolarmente complesso in quanto si interseca con quello della determinatezza o meno della domanda e dell'eccezione di nullità e dunque con l'ambito applicativo dell'art. 164 c.p.c. ed è destinato poi a snodarsi in una serie di variabili processuali connesse da un lato all'ipotesi dell'incompletezza di detta documentazione e, dall'altro, all'atteggiarsi delle difese svolte dalla banca convenuta: eccezione di prescrizione ed eventuali domande riconvenzionali. Accade nella prassi che le azioni intraprese dai clienti si limitino, generalmente, a mere asserzioni delle illegittimità riscontrate anche solo in chiave del tutto ipotetica e tale da richiedere spesso un'indagine tecnica c.d. esplorativa. La giurisprudenza ha censurato simili iniziative processuali ritenendo insufficienti allegazioni prive di qualsiasi ancoraggio rispetto alle specificità del singolo rapporto oggetto di contestazione, così come suffragate dal consulente contabile di parte anch'esse senza nessun specifico riferimento all'andamento del rapporto rivelandosi mere riproduzioni di approdi interpretativi sulle varie questioni giuridiche coinvolte dal caso di specie (da ultimo, sull'onere di specificità delle contestazioni da parte del cliente attore, Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2020 n. 19597 secondo cui «l'onere probatorio nelle controversie sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell'art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l'entità usuraria degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall'altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto»). Le insufficienze allegatorie hanno così spesso indotto a ritenere precluso l'accesso ad una consulenza tecnico contabile d'ufficio rivelandosi, altrimenti, meramente esplorativa. Ad ogni modo, si tratta di carenze allegatorie che più che attingere ad un profilo di nullità dell'atto introduttivo per indeterminatezza della domanda si riverberano sul profilo del merito, incidendo sul rigetto o l'accoglimento della domanda proposta. Il profilo delle carenze allegatorie presenta spunti di interesse anche con riguardo al profilo dei limiti e l'espansione del potere officioso del giudice di rilevare la nullità delle clausole contrattuali (come noto il rilievo officioso può svolgersi quando la nullità diversa da quella prospettata sia comunque desumibile dai fatti dedotti in giudizio, Cass. civ., 26 luglio 2016, n. 15408, Cass. civ., sez. III, 28 novembre 2008, n. 28424). Un ambito specifico rispetto al quale si è posto in modo puntuale il problema degli oneri allegatori è poi quello dell'eccezione di prescrizione con riferimento alle rimesse solutorie e ripristinatorie (in proposito, componendo il contrasto interpretativo creatosi sul punto, le Sezioni Unite nel 2019, sentenza n. 15895, hanno statuito che «in tema di prescrizione estintiva, l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte»). Quanto al versante probatorio, opera, come detto, la regola generale di cui all'art. 2697 c.c. per cui il cliente che agisca in ripetizione o con un'azione di accertamento negativo assumendo l'illegittimità di talune clausole contrattuali tali da incidere sulla pretesa creditoria o da far risultare un diverso dato degli estratti conto, deve fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa azionata. Un primo profilo pratico su cui si riverbera il riparto dell'onere della prova è quello della produzione documentale ovvero la produzione incompleta degli estratti conto laddove l'insufficienza può tradursi in una carenza documentale ab origine (il cliente produce in tal caso estratti conto a far data da un'epoca diversa dall'inizio del rapporto) o in una carenza documentale c.d. intermedia (quando il cliente produce una documentazione priva di estratti conto intermedi). Quando il cliente agisca deducendo la nullità delle clausole contrattuali si pone infatti la necessità di ricostruire l'andamento del rapporto di conto corrente per tutta la sua durata allo scopo di ricostruire il saldo laddove non fossero stati addebitati gli interessi illeciti sulla base delle clausole nulle. Il punctum dolens in punto di assolvimento dell'onere della prova da parte del cliente ha comportato, nel corso del tempo, lo sviluppo di tesi contrapposte: quella della necessità della produzione in giudizio degli estratti conto in serie continua sì da consentire la ricostruzione dei rapporti e quella della possibilità di accedere ad un ricalcolo anche a fronte di carenze documentali di detta documentazione. I recenti arresti della Corte di legittimità su tale specifico profilo, partendo dalla premessa secondo cui l'attore ha l'onere di produrre gli estratti conto sin dall'apertura del conto, trae diverse conseguenze a seconda che l'iniziativa processuale sia stata intrapresa dal correntista o dalla banca rintracciando, da ultimo, un punto di equilibrio tra le opposte tesi. La giurisprudenza è piuttosto uniforme nel ritenere che quando l'azione sia promossa dalla banca si parta dal c.d. saldo zero a fronte di carenze documentali. In sostanza, sarebbe necessaria la produzione di tutti gli estratti conto a partire dall'apertura del conto corrente e di conseguenza, in mancanza di tale onere documentale, si fa luogo al saldo zero al fine di ripetere il ricalcolo. Nel diverso caso in cui sia il correntista ad agire in ripetizione, la possibilità di ricostruire i rapporti dare avere e procedere al correlativo ricalcolo si ritiene circoscritta al periodo in relazione al quale risultano prodotti gli estratti conto senza poter muovere dal saldo zero in caso di primo estratto conto con addebito per il cliente. La mancata produzione della documentazione completa perciò, in tal caso, non può essere surrogata dall'azzeramento del saldo negativo riportato dal primo estratto conto disponibile in quanto la veste processuale di attore in capo al cliente, impone, come detto, la prova sia del pagamento che dell'assenza di una giustificazione causale di detto pagamento e, diversamente opinando, si darebbe ingresso all'operatività di criteri equitativi e presuntivi (Cass. civ., 28 novembre 2018, n. 30822 «nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell'indebito è tenuto alla prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida «causa debendi» essendo, altresì, onerato della ricostruzione dell'intero andamento del rapporto, con la conseguenza che non può essere accolta la domanda di restituzione se siano incompleti gli estratti conto attestanti le singole rimesse suscettibili di ripetizione». Sull'onere del cliente di produzione di tutti gli estratti conto Cass. civ., 7 maggio 2015, n. 9201, Cass. civ., 28 novembre 2018, n. 30822; Cass. civ., 17 aprile 2020, n. 7895). Ancora, è stato precisato come, con riguardo al periodo per il quale il cliente non ha prodotto gli estratti conto, tale deficit probatorio non può essere ovviato invocando il principio della vicinanza della prova in quanto «il principio di prossimità o vicinanza della prova, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della sua ripartizione, secondo il principio ancor oggi vigente che impone (incumbit) un onus probandi ei qui dicit non ei qui negat, deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti ma esige l'impossibilità della sua acquisizione simmetrica» (così Cass. civ., 4 dicembre 2019 n. 31667 e Cass. civ., 4 aprile 2016, n. 6511). In questo contesto interpretativo si colloca un'interessante pronuncia della Corte di legittimità che sembra rintracciare una soluzione meno rigorosa rispetto a quelle fin qui descritte. In particolare, a fronte dell'insufficienza documentale, la Corte di legittimità ha ammesso la possibilità di ricostruire e provare il rapporto in via alternativa. Con la pronuncia n. 11543 del 2019 infatti, oltre a ribadire l'atteggiarsi dell'onere probatorio del cliente nelle azioni da questi intraprese come finora descritto, ha aperto alla possibilità di un accertamento del dare avere con l'utilizzo di prove anche indiziarie (cfr. in motivazione «(…) l'accertamento del dare e avere può del pari attuarsi con l'utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi che consentano di affermare che il debito nell'intervallo non documentato sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti o che permettano addirittura di affermare che in quell'arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo da tale saldo debitore»). La pronuncia, come efficacemente sottolineato in dottrina si connota originalmente in quanto non solo valorizza l'utilizzabilità di altri mezzi di prova ma anche perché, quanto all'ipotesi dell'azione intrapresa dal correntista ed alla fattispecie problematica dell'incompletezza della documentazione intermedia, ammette la possibilità di assumere come dato di partenza il primo saldo disponibile negli estratti conto prodotti (Laghezza, «(…) laddove invece sia il correntista ad agire - la massima sul punto è tecnicamente un obiter, tuttavia prezioso - salva sempre l'esistenza di elementi di prova ulteriori, potrà assumersi come dato di partenza il primo saldo disponibile negli estratti conto prodotti, che costituisce il dato più sfavorevole per il correntista e la pretesa azionata potrà quindi essere parzialmente accolta». In termini anche Cass. civ., n. 29190/2020 e, più recentemente Cass. civ., n. 20621/2021 secondo cui «nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di ripetizione soltanto mediante la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche «aliunde», vale a dire attraverso le risultanze degli altri mezzi di prova offerti dalla parte o assunti d'ufficio, che spetta al giudice di merito valutare con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità»). L'apertura ad altri mezzi di prova, conferma, inoltre, la possibilità di avvalersi di una consulenza tecnico contabile c.d. percipiente perché tesa, sulla base di specifiche conoscenze tecniche, ad accertare i fatti stessi (cfr. in motivazione Cass. civ., n. 3717/2019 secondo cui «(…) la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel riconoscere la cosiddetta «consulenza percipiente». Quando i fatti da accertare necessitano di specifiche conoscenze tecniche - com'è naturale, in casi di accertamento della responsabilità medica, per l'innegabile natura tecnico-specialistica delle conoscenze necessarie, il giudice può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati (consulenza deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulenza percipiente); in tale ultimo caso la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova ed è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (tra le tante, Cass. civ., sez. III, sent., 26 febbraio 2013, n. 4792)». Ulteriori connotazioni assume l'onere probatorio nelle ipotesi in cui l'istituto di credito convenuto non si limiti a chiedere il rigetto della domanda di accertamento o di ripetizione proposta dalla parte attrice ma, a sua volta, proponga una domanda riconvenzionale di condanna della parte attrice al pagamento del credito residuo (sul punto cfr. Cass. civ., n. 23852/2020 secondo cui «nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa. Ne deriva che, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato, ed in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l'esistenza, in quell'arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, documentato dagli estratti conto, procedendosi all'azzeramento del saldo iniziale del primo di essi»). Riferimenti
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