Capacità processuale dell'imprenditore in liquidazione coatta amministrativa

04 Agosto 2021

L'imprenditore in liquidazione coatta amministrativa è legittimato ad intervenire nei giudizi dai quali possa scaturire una sua responsabilità penale e, in caso di inerzia del commissario liquidatore, può promuovere nuovi giudizi per tutelare diritti strettamente personali?

L'imprenditore in liquidazione coatta amministrativa è legittimato ad intervenire nei giudizi dai quali possa scaturire una sua responsabilità penale e, in caso di inerzia del commissario liquidatore, può promuovere nuovi giudizi per tutelare diritti strettamente personali?

Caso pratico - Il commissario liquidatore di una S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa decide di non impugnare l'ordinanza del Tribunale con la quale è stata disposta la sospensione, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., di un processo pendente in primo grado nei confronti della stessa S.p.A.

Decide di proporre impugnazione per la S.p.A. il suo ex amministratore, ritenendo che da tale procedimento potrebbero emergere responsabilità penali a suo carico.

Si pone il problema di stabilire se l'imprenditore in liquidazione coatta amministrativa abbia, e in che limiti, capacità processuale.

Spiegazioni e conclusioni - L'art. 200 L.F. prevede, tra gli effetti per l'impresa del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, che nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale stia in giudizio il commissario liquidatore.

Sulla scorta di ciò il Consiglio di Stato ha sottolineato come la messa in liquidazione coatta amministrativa di una società determini la perdita della capacità di stare in giudizio, ai sensi dell'art. 199 c.p.c., atteso che, a norma dell'art. 200 L.F. detto stato comporta, tra l'altro, la cessazione delle funzioni dell'assemblea e degli organi amministrativi e di controllo della società medesima e, comunque, l'attribuzione al commissario liquidatore, e non più, quindi, alla persona fisica che la rappresentava fin quando era in bonis, della capacità di stare in giudizio nelle controversie (anche in corso) (Cons. Stato 24 marzo 2014, n. 1437).

Tuttavia, come evidenziato dalla Corte di cassazione, la messa in liquidazione coatta amministrativa di una impresa non determina la nascita di un soggetto nuovo e diverso dall'impresa stessa, bensì solo un fenomeno di attribuzione agli organi della gestione liquidatoria e segnatamente al commissario liquidatore (o al collegio dei commissari) del potere di compiere gli atti di amministrazione e disposizione del patrimonio, nonché della legittimazione processuale a rappresentare l'impresa nei correlati giudizi pendenti ed in quelli nuovi iniziati secondo le regole della gestione liquidatoria (art. 200 L.F.).

Entro tali limiti - puntualizza la Suprema Corte - si può parlare di una sostituzione degli organi della gestione liquidatoria a quelli della gestione normale ed in questo senso va intesa la cessazione delle funzioni di questi ultimi, espressamente disposta, nel caso di impresa sociale, dall'art. 200, comma 1, L.F.

Questi organi, peraltro, non cessano di esistere, ma vengono posti, relativamente alle funzioni assegnate agli organi della gestione liquidatoria, in una posizione di sospensione della possibilità di esercizio.

Ne consegue che, nonostante l'art. 200 L. F. non richiami l'art. 43 L.F. (Rapporti processuali) e ne riproduca parzialmente il contenuto nel comma 2, sussiste la possibilità che gli organi della gestione ordinaria, in persona dei loro titolari, possano intervenire nei giudizi instaurati dal commissario per tutelare la posizione degli stessi in vista di eventuali responsabilità penali (non diversamente da quanto nel fallimento prevede il secondo comma dell'art. 43). (Cass. civ., 3 ottobre 2005, n. 19293).

Appare, pertanto, corretto sostenere che l'imprenditore in liquidazione coatta amministrativa sia legittimato ad intervenire nei giudizi dai quali possa scaturire una sua responsabilità penale e possa perfino promuovere nuovi giudizi, in caso di inerzia del commissario liquidatore, per tutelare diritti strettamente personali (Cass. civ., 3 ottobre 2005, n. 19293; Cass. civ. 7 marzo 1990, n. 1809).

Va infine precisato che l'incapacità a stare in giudizio dell'imprenditore o degli organi sociali può essere eccepita solamente dal commissario liquidatore: “al pari che nel fallimento, anche nella liquidazione coatta amministrativa, ancorché l'art. 200 L.F. non richiami espressamente l'art. 43, la perdita di capacità processuale non è assoluta, ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto e per essa al commissario liquidatore spetta di eccepirla, tranne che le controversie che hanno per oggetto quei beni o rapporti acquisiti alla massa dei quali gli organi della liquidazione abbiano mostrato di volersi interessare”. (Cass. civ., 1° marzo 1995, n. 2306).

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 200 L.F.
  • Cons. Stato 24 marzo 2014, n. 1437
  • Cass. civ. 3 ottobre 2005, n. 19293
  • Cass. civ. 1° marzo 1995, n. 2306
  • Cass. civ. 7 marzo 1990, n. 1809

Per approfondire

B. Armeli, Liquidazione coatta amministrativa (bussola), in ilfallimentarista.it, 29 maggio 2020

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