Le “servitù irregolari” tra tipicità dei diritti reali e autonomia negoziale

Santa Nitti
06 Ottobre 2021

La servitù irregolare si configura quale rapporto di natura obbligatoria tra le parti, con la conseguenza che il vincolo deve essere temporaneo e limitato nel tempo.

Il caso. La controversia attiene alla richiesta di rimozione (e correlata richiesta di ripristino del precedente stato dei luoghi) di un pozzetto di scolo di acque meteoriche, dei marciapiedi, del giardino e relative tubazioni insistenti sulla proprietà del ricorrente. Nel giudizio di primo grado il Tribunale accoglie solo parzialmente la domanda attorea, affermando che per le acque meteoriche provenienti dal giardino del convenuto si era costituita una servitù irregolare, traendo da ciò la irrevocabilità ad nutum da parte dell'attore, in assenza di prova circa la temporaneità della stessa e rigettando la parte della domanda relativa alle tubature di raccolta di acqua proveniente dal tetto. La decisione viene confermata dalla Corte di Appello. L'attore ricorre alla Suprema Corte, articolando tre motivi di ricorso.

Le questioni. Come ricorda la stessa Corte, il tema oggetto del contendere si inserisce nel dibattito giurisprudenziale e dottrinale sull'ammissibilità delle servitù c.d. irregolari, le quali si caratterizzano per creare un peso a carico di un fondo, ma non a vantaggio di un altro fondo, bensì di una persona, distinguendosi così dalle servitù prediali di cui all'art. 1027 c.c., le quali si connotano per la creazione di un peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a un diverso proprietario. Mediante la costituzione di una servitù prediale si istituisce un rapporto di strumentalità diretta tra i fondi che è proprio di tale diritto reale. Elemento costitutivo, ed essenziale, del diritto di servitù è, dunque, l'esistenza di un rapporto di servizio tra i due fondi per cui il fondo dominante si avvantaggia della limitazione che subisce quello servente al fine di una sua migliore e più proficua utilizzazione.

In relazione all'ammissibilità o meno delle servitù irregolari nel nostro ordinamento giuridico la giurisprudenza di merito e della stessa Suprema Corte oscilla tra due orientamenti: un primo che nega riconoscimento giuridico alle convenzioni o accordi costituivi di servitù personali o irregolari, non individuando negli stessi un interesse meritevole di tutela, in quanto l'accordo mirerebbe alla realizzazione di una comodità del tutto personale dei proprietari e non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso mancando la realitas intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità, così come al fondo servente del peso. Il secondo orientamento, partendo dal principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., riconosce alle parti la possibilità di discostarsi dal principio della tipicità dei diritti reali su cose altrui mediante l'instaurazione di rapporti di natura obbligatoria. In altri termini, le parti ben possono pattuire un obbligo personale, e costituire c.d. servitù irregolari, configurabili ogniqualvolta il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria.

La decisione. La Corte, dopo aver ricordato che la ragione per cui possono essere costituite servitù esclusivamente a favore di fondi è essenzialmente che gli jura in re aliena, costituiscono un numero chiuso, e che mediante tale previsione l'ordinamento evita che i privati, nella loro autonomia, possano dare vita a diritti reali, non previsti per legge, che limiterebbero i diritti di godimento dei proprietari e la stessa utilità del fondo, afferma il principio secondo cui un proprietario ben può obbligarsi a consentire ad un'altra persona di svolgere una certa attività sul proprio fondo. Nella decisione in commento, la Corte, pertanto, aderisce all'orientamento (sostenuto anche in dottrina) secondo cui le servitù irregolari possono essere configurate quali rapporti obbligatori atipici e, quindi, espressione del principio dell'autonomia negoziale di cui all'art. 1322 c.c. (nonché del principio secondo cui l'iniziativa economica privata è libera dell'art. 41 Cost.). Tale principio consente, con riguardo alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, la possibilità di costituire diritti personali, a contenuto obbligatorio, che conferiscano ad un determinato soggetto la facoltà di trarre alcune utilità dal fondo di proprietà del debitore. Definita l'ammissibilità (seppure nei limiti divisati) della servitù irregolare la Corte aggiunge un ulteriore elemento, ovvero che la qualificazione in chiave di rapporto obbligatorio comporta la necessaria temporaneità del rapporto (qui censurando la decisione della Corte di Appello). Secondo il ragionamento seguito da questa Cassazione la perpetuità dell'obbligazione connoterebbe la fattispecie concreta di quel carattere di realità incompatibile con la ricostruzione della natura delle servitù irregolari, alle quali, proprio in quanto realizzano un vantaggio a favore di un determinato soggetto, e non già di un altro fondo, risulterebbe incompatibile la previsione di un obbligo permanente, dovendosi al contrario caratterizzarsi per la necessaria temporaneità del vincolo. Sul punto la Suprema Corte accoglie la teoria (confutata da parte della dottrina) della generale inammissibilità di obbligazioni perpetue nel nostro ordinamento, il quale non riconoscerebbe ai soggetti la possibilità di vincolarsi senza limiti di tempo, con la conseguenza che la stipulazione di una convenzione per la costituzione di una servitù irregolare senza termine sarebbe sempre rescindibile.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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