Giustizia contabile: difetto di legittimazione ad agire della PA nell'opposizione di terzo
12 Ottobre 2021
Massima
In tema di ammissibilità dell'opposizione di terzo nel giudizio contabile, non sussiste la legittimazione processuale dell'Amministrazione danneggiata a proporre il ricorso, in difetto della qualifica di «terzo» presupposta dall'art. 200, comma 1, c.g.c., stante l'unicità e l'identità di pretesa risarcitoria fatta valere dal PM contabile. Non essendo l'Amministrazione titolare di una posizione sostanziale autonoma e incompatibile rispetto al diritto al risarcimento del danno erariale, il ricorso va dichiarato inammissibile. Il caso
La Procura contabile citava in giudizio Tizio, medico professionista presso un'Azienda Ospedaliero-Universitaria, per aver svolto attività extra-professionale, in via abituale e continuativa, in assenza della prescritta preventiva autorizzazione dell'Azienda, chiedendone la condanna al risarcimento del danno patrimoniale in favore dell'Università. Accertata la responsabilità amministrativo-contabile del medico, la Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, lo condannava al pagamento di un unico importo a tacitazione della pretesa al risarcimento del danno contestato. Avverso la suddetta sentenza veniva proposto appello principale dalla Procura e appello incidentale dal medico; il primo veniva accolto dalla Corte dei conti in sede di appello. Nelle more di giudizio di appello l'Azienda ospedaliero-universitaria proponeva ricorso in opposizione di terzo ex art. 200 c.g.c. per due ordini di motivi. In primo luogo, veniva dedotto il presupposto errore del Collegio che aveva stabilito l'alternatività, e non la cumulabilità, tra le voci di danno patite dall'Azienda ospedaliera e dall'Università. In secondo luogo, in sede di quantificazione del danno «alternativo», non sarebbe stato considerato il maggior importo comprensivo delle voci accessorie «indennità di esclusività», «retribuzione di posizione» e «retribuzione di risultato» del trattamento economico percepito dal professore. Il ricorso in opposizione veniva dichiarato inammissibile per ragioni di ordine processuale, e avverso tale decisione l'Azienda proponeva appello, chiedendo l'annullamento della predetta decisione e, in alternativa, la rimessione degli atti al primo giudice ai fini della definizione della controversia. L'appello veniva accolto dal Collegio di seconde cure, che disponeva la rimessione della controversia alla Sezione territoriale, affinché valutasse, nel merito, il ricorso in opposizione di terzo proposto dall'Azienda. L'Azienda Ospedaliero-Universitaria proponeva, quindi, ricorso in riassunzione ex art. 199, comma 3, c.g.c., e la Procura contabile depositava comparsa ex art. 201, comma 8, c.g.c., con la quale eccepiva l'inammissibilità del proposto ricorso in opposizione di terzo, risolvendosi l'impugnazione in «un'iniziativa in palese contrasto con il sistema della responsabilità amministrativa». Si costituiva altresì in giudizio il medico, deducendo - inter cetera - l'inammissibilità del ricorso in opposizione proposto dell'Azienda in ragione del difetto di legittimazione e interesse di parte ricorrente: in particolare, veniva contestata la facoltà di proporre opposizione di terzo per contestare la domanda, così come originariamente formulata dall'organo requirente, non essendo ammessa l'impugnazione in esame al di là dei limiti imposti dall'art. 85 c.g.c. e comunque non essendo l'Azienda «terza» nel processo contabile. La questione
La questione processuale in esame investe due profili tra loro connessi. Il primo, relativo al difetto di legittimazione processuale dell'Amministrazione lesa ai fini della proposizione del ricorso in opposizione di terzo ex art. 200 c.g.c., sussistendo unicità ed identità di pretesa risarcitoria - già tutelata per effetto dell'esercizio, in via esclusiva, dell'azione di responsabilità erariale da parte della Procura contabile. Il secondo, connesso e consequenziale, attinente al divieto di estensione del petitum ad opera dell'Azienda ospedaliera, che attivi il rimedio dell'opposizione per far valere voci di danno erariale non contestate ab origine dalla Procura contabile. Le soluzioni giuridiche
Nella sentenza in commento il giudice contabile, dopo aver ritenuto insuscettibili di essere rimesse in discussione in quella sede alcune questioni di carattere processuale sulle quali si era già pronunciato il Collegio di seconde cure, ha poi affrontato la questione relativa alla supposta inammissibilità del ricorso contenute nelle comparse della Procura contabile e del professionista, su cui si è pronunciato in via prioritaria. Inquadrato il rimedio attivato dall'Azienda ospedaliera come opposizione di terzo ordinaria ai sensi dell'art. 200, comma 1, c.g.c. e dell'art. 404, comma 1, c.p.c., viene dunque indagata la possibile qualificazione dell'opponente alla stregua di «terzo» che abbia subito un pregiudizio di fatto, il cd. danno da esecuzione derivante dalla sentenza pronunciata inter alios. Conformemente all'orientamento pressoché unanime della giurisprudenza, la nozione di «terzo» ai fini dell'opposizione ordinaria ex art. 404, comma 1, c.p.c. viene individuata nella sentenza con riferimento ai tre caratteri che il diritto fatto valere deve presentare rispetto alle posizioni originarie delle parti: è infatti necessario, ai fini della sussistenza della legittimazione a proporre l'opposizione in questione, che l'opponente vanti un diritto proprio (Cass. civ., sez. II, 25 giugno 2012, n. 10590; Cass. civ., sez. lav., 5 marzo 2003, n. 3258), autonomo, ovverosia non soggetto agli effetti - diretti o riflessi - di una gestione processuale condotta da altri (Cass. civ., sez. un., 11 febbraio 2003, n. 1997; Cass. civ., sez. II, 22 giugno 2000, n. 8490; Cass. civ., sez. III, 8 marzo 1995, n. 2722; da ult. Cass. civ., sez. I, 30 giugno 2021, n. 18601), e incompatibile con l'accertamento contenuto nella sentenza opposta (Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2015, n. 7306). Ritenuto pertanto che i predetti requisiti debbano sussistere per ritenere l'opponente legittimato ai sensi dell'art. 404, comma 1, c.p.c., e in ragione della «precisa, testuale, corrispondenza del dettato dell'art. 200 c.g.c. con quello dell'art. 404 c.p.c.», il giudice trasferisce i risultati ermeneutici raggiunti con riguardo al giudizio civile al processo contabile. Nel caso di specie, il giudice contabile ha pertanto correttamente escluso che ricorressero gli attributi di «autonomia» e «incompatibilità» richiesti ai fini dell'ammissibilità dell'opposizione di terzo in relazione alla posizione dell'Amministrazione danneggiata, che vantava una pretesa risarcitoria coincidente con quella fatta valere dalla Procura contabile. Infatti, conforme e univoca giurisprudenza della medesima Corte dei conti, puntualmente riportata, ha statuito che «nel processo per responsabilità, l'amministrazione danneggiata non si configura come terzo rispetto all'azione proposta dal procuratore regionale, sussistendo un'unicità ed identità di pretesa risarcitoria, la cui azionabilità si esaurisce con l'azione proposta per legge dal menzionato organo» (Corte conti, sez. II App., n. 87/A/2000; Corte conti, sez. Campania, n. 63/2016). L'esclusione della legittimazione processuale dell'Amministrazione danneggiata risiede nell'attribuzione in via esclusiva del potere-dovere di esercitare l'azione di responsabilità erariale, in quanto al Pubblico Ministero contabile fa capo la tutela degli interessi patrimoniali dell'Amministrazione danneggiata, «in una situazione del tutto peculiare, per cui il titolare del diritto (amministrazione danneggiata) è stato privato dal legislatore della competenza ad esercitare la corrispondente azione risarcitoria» (Corte conti, Sez. Riunite, n. 6/2003/QM). Difatti, la Procura contabile che promuove l'azione di responsabilità nell'ambito della potestà pubblica esercitata «nell'interesse dello stato comunità, alla soddisfazione dei cui bisogni è destinato il patrimonio pubblico» (Corte conti, Sez. Riunite, sent. n. 1/2005/QM) agisce in giudizio per tutelare la sfera patrimoniale delle Amministrazioni danneggiate in favore delle quali ha chiesto il risarcimento del danno. La sentenza in commento accoglie dunque la prospettazione offerta dalle Sezioni Riunite, che giustificano l'attribuzione della legittimazione processuale ex lege al Procuratore erariale in ragione della tutela dell'interesse della collettività e degli interessi specifici della singola Amministrazione lesa (in questo senso, v. anche Corte conti, sez. Campania, n. 157/2019, relativa ad un'eccezione di inammissibilità analoga a quella formulata nel giudizio deciso. Nella pronuncia in esame la Corte ha così escluso non solo – da un punto di vista soggettivo – la legittimazione a proporre l'opposizione di terzo dell'Azienda ospedaliera per carenza della qualifica di «terzo», ma anche - da un punto di vista oggettivo - la possibilità dell'Amministrazione danneggiata di far valere in giudizio poste di danno erariale non contestate dal PM contabile, cioè di mutare il petitum del giudizio così come delineatosi a seguito dell'esercizio dell'azione risarcitoria da parte della Procura contabile. Osservazioni
La ricostruzione delle questioni processuali offerta dalla sentenza in commento consente di effettuare talune considerazioni di ordine generale con riguardo ai presupposti legittimanti l'esercizio dell'opposizione di terzo come disciplinato specificatamente dall'art. 200 c.g.c. e, in via generale, dall'art. 404 c.p.c., e talaltre con riguardo alle specificità del sistema processuale contabile. In primo luogo, come correttamente evidenziato, non sussiste la legittimazione processuale dell'Amministrazione danneggiata alla proposizione dell'opposizione di terzo perché la stessa non può considerarsi terzo, ma è parte in senso sostanziale del giudizio promosso dal PM contabile. È opinione generalmente condivisa che la nozione di «terzo» ai fini della legittimazione al rimedio in esame, ricavata a contrario da quella di «parte», esclude chi sia parte in senso processuale: ciò significa che non potrà essere considerato terzo chi abbia assunto e mantenuto nel corso del giudizio la qualità di parte processuale, per essersi reso destinatario degli effetti degli atti del processo. A tale esclusione si aggiungono quelle relative ad ipotesi in cui la legge, eccezionalmente, accorda ai terzi destinatari degli effetti della sentenza le impugnazioni proprie delle parti, tra cui i casi di sostituzione processuale in assenza di litisconsorzio necessario (Luiso, Diritto Processuale Civile, II, 514). Secondo i più recenti orientamenti, (v. Corte conti, sez. giur. Campania, 7 marzo 2016, n. 63, in linea con Corte cost., 13 luglio 2007, n. 272; Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2007, n. 13662; Cass. civ., sez. I, 6 luglio 2011 n. 14831. Contra: Corte conti, Sez. Riun. giur., 20 marzo 2003, n. 6/QM) i rapporti tra PM contabile e Amministrazione quanto all'esercizio dell'azione risarcitoria nel giudizio contabile sono inquadrabili in termini di sostituzione processuale, non essendo l'Amministrazione titolare del potere di promuovere l'azione risarcitoria per danno erariale in quella sede. Come noto, la legittimazione processuale all'esercizio dell'azione di responsabilità erariale è infatti riservata ex lege al PM contabile, sussistendo in capo alla PA solo un potere di intervento a sostegno della propria pretesa alla reintegrazione patrimoniale in quanto titolare sostanziale della medesima. La richiamata sentenza della Corte conti, sez. Campania, n. 157/2019 ha recentemente ribadito che il danno risarcibile non è quello inflitto alla collettività in generale, bensì quello inflitto all'Amministrazione, in sostituzione della quale il PM contabile agisce. La Procura contabile fa quindi valere una pretesa risarcitoria riferibile non alla collettività indistinta, ma all'ente pubblico specificatamente danneggiato. E che la pretesa azionata in giudizio dal P.M. contabile corrisponda a quella sostanziale della P.A. danneggiata emerge anche dal fatto è la stessa PA a subire tutte le conseguenze, sia positive che negative, del giudicato, ivi compresa anche l'eventuale soccombenza per le spese processuali ed il potere di portare ad esecuzione la sentenza di condanna (cfr. Cass. civ., Sez. un., 13 novembre 2001, n. 18014; Cass. civ., sez. un., 17 luglio 2003, n. 11191; Cass. civ., sez. un., 12 novembre 2003, n. 17074; Cass. civ., sez. un., 19 febbraio 2004, n. 3341; Corte conti, sez. App. Sicilia, 7 ottobre 2005, n. 179). Giacché, sarebbe comunque esclusa la legittimazione della PA alla proposizione dell'opposizione di terzo, in quanto – a fronte dell'esercizio dell'azione da parte del sostituito – il sostituito resta parte in senso sostanziale, dunque destinatario degli effetti sostanziali della sentenza di merito e mai «terzo». Proprio in virtù della titolarità sostanziale della pretesa risarcitoria in capo all'Amministrazione danneggiata, viene esclusa la qualifica di «terzo» in capo all'Amministrazione danneggiata per mancanza del requisito dell'«incompatibilità» con l'accertamento contenuto nella sentenza opposta tale per cui il terzo, perciò, da essa pregiudicato in un suo diritto, pur senza essere soggetti agli effetti del giudicato (Cass. civ., sez. I., ord., 21 febbraio 2019, n. 5244). Nel caso in esame non sussisteva alcun pregiudizio per l'Amministrazione che si sostanzi in un deterioramento della concreta attuabilità del proprio diritto, anzi tale diritto trovava tutela proprio mediante l'esercizio dell'azione da parte del PM. Per cui non può ritenersi che sussista un danno da esecuzione inteso come l'attuazione inter partes della situazione sostanziale accertata dalla sentenza: appare in tal senso assorbente la circostanza che la pretesa risarcitoria attivata dal PM contabile sia unica e identica a quella di cui è titolare l'Azienda ospedaliera, di talché possa considerarsi escluso sia il requisito della incompatibilità sia quello dell'autonomia della domanda. Se questo vale ad escludere la legittimazione alla proposizione del ricorso in opposizione di terzo sotto il profilo dei presupposti che – per via interpretativa – sono ritenuti necessari per l'attivazione del rimedio in esame, anche l'analisi delle peculiarità del processo contabile consentono – sotto il profilo strettamente procedurale – di inibire l'esercizio dell'azione risarcitoria all'Amministrazione danneggiata. Come evidenziato dal giudice contabile, l'introduzione del rimedio dell'opposizione di terzo ordinaria nel processo civile in primis, e nel processo contabile poi, risponde ad esigenze di allineamento con il principio di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost) e, nel contesto della giustizia contabile, necessita di essere coordinata con l'attribuzione in via esclusiva dell'esercizio dell'azione di responsabilità erariale alla Procura contabile (Corte conti, Sez. Riunite, n. 6/2003/QM). L'Amministrazione danneggiata, invece, dispone altri e diversi strumenti processuali a tutela del proprio diritto, tra cui in primis l'azione risarcitoria civilistica, esperibile nel rispetto del termine della prescrizione ordinaria. Se, diversamente, si consentisse all'Amministrazione di far valere – mediante l'opposizione di terzo – poste risarcitorie non contestate dalla Procura contabile (o contestate diversamente da come la P.A. avrebbe voluto si contestassero) si ammetterebbe «la sovrapposizione di autonome iniziative processuali al binario delineato dagli artt. 51 e seguenti del codice di giustizia contabile» (cfr. sentenza, pag. 12). Nel caso di specie la Procura aveva chiesto, con due distinti atti di citazione, l'accertamento della responsabilità amministrativa del medico in relazione al danno erariale contestato a titolo di compensi indebitamente percepiti per attività libero-professionale non autorizzata, e – in via alternativa – a quello contestato a titolo di indebita percezione dell'indennità di esclusività con riferimento ad alcune annualità. Tuttavia, la stessa Corte aveva accolto la domanda nei limiti dei compensi indebitamente percepiti dal docente, con conseguente preclusione della valutazione della fattispecie di danno prospettata in via alternativa dall'organo requirente, sull'assunto che le due poste di danno si ponessero in rapporto di alternatività e non di cumulo. L'Azienda ospedaliera, in qualità di opponente, aveva invece invocato innanzi alla Corte poste di danno non contestate dal PM contabile, chiedendo il risarcimento del danno erariale derivante dalla percezione, nelle annualità indicate, dell'indennità di esclusività, della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato. Di talché, come evidenziato già nella «Relazione illustrativa al decreto legislativo recante codice di giustizia contabile adottato ai sensi dell'art. 20 della l. 124/2015» ammettere che l'Amministrazione danneggiata sovrapponga la propria iniziativa processuale a quella dell'organo requirente, significherebbe legittimare l'ingresso di petita altri e distinti da quelli contestati dal PM al di fuori dell'ordinario iter delineato dal codice di giustizia contabile, così incidendo sul delicato equilibrio – sotteso all'architettura di quest'ultimo – tra le esigenze di accertamento del danno erariale e le garanzie di difesa del presunto responsabile. Riferimenti
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