Il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi: alcune riflessioni sulla definizione dei rapporti tributari

Francesco Daniele Di Donato
12 Ottobre 2021

Il D.L. 118/2021 introduce, tra l'altro, una nuova misura per il risanamento delle imprese in difficoltà: la composizione negoziata della crisi. Pur trattandosi di una misura caratterizzata da snellezza, da economicità e da un intervento solo eventuale del tribunale, non sono fornite previsioni circa la definizione dei crediti tributari. Tale mancanza può creare aspetti problematici che, congiuntamente alle altre caratteristiche dell'istituto, possono influire sul successo della nuova misura.
Premessa

Il Decreto Legge 24 agosto 2021, n. 118 contenente “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”, introduce una nuova misura per il risanamento delle imprese in difficoltà: la composizione negoziata della crisi, una misura volontaria e riservata, caratterizzata soltanto da un eventuale intervento del tribunale.

Si tratta, come spiega la Relazione Illustrativa al decreto, di una misura finalizzata a fornire un nuovo e meno costoso strumento per le imprese in difficoltà, idoneo ad affrontare gli effetti della pandemia da SARS-COV-2.

Molti effetti della pandemia, infatti, sono stati mitigati con interventi di sostegno da parte delle autorità statali, ma si è trattato di agevolazioni con efficacia limitata nel tempo. Una volta esaurite le misure a sostegno, è ragionevole affermare che molte imprese non riusciranno a sostenere autonomamente le difficoltà connesse alla crisi pandemica, per cui viene offerta loro la possibilità, almeno in teoria, di definire le passività con uno strumento semplice e poco oneroso.

Il primo articolo del Decreto rinvia l'entrata in vigore del Codice della Crisi d'Impresa al 16 maggio 2022, sia per assicurare la necessaria gradualità di recepimento della nuova disciplina in materia di crisi d'impresa, sia per consentire le modifiche dello stesso Codice della Crisi d'Impresa in ragione delle previsioni della Direttiva 2019/1023.

Il secondo articolo introduce il nuovo strumento per il risanamento: la composizione negoziata della crisi. Si tratta di un percorso volontario intrapreso dall'imprenditore, caratterizzato da riservatezza e dall'affiancamento di un esperto, terzo e indipendente, con il compito di agevolare le trattative con i vari creditori e giungere ad un accordo.

Il ruolo dell'esperto è quindi quello di attribuire particolare efficacia e serietà alla proposta dell'imprenditore, garantendo i creditori circa l'attendibilità delle trattative intraprese, senza sostituirsi all'imprenditore nella gestione dello strumento. Le trattative restano infatti una prerogativa dell'imprenditore, che dovrà svolgerle personalmente, eventualmente coadiuvato dai suoi consulenti.

La composizione negoziata e i debiti tributari

Nel prevedere, in modo piuttosto generico, la possibilità di composizione negoziata delle varie pendenze, senza fissare dei limiti o senza prevedere dei particolari criteri che possano trovare applicazione in tale contesto, la definizione dei vari rapporti può presentare profili problematici in ragione della particolare natura dei crediti oggetto di negoziazione.

Al riguardo, una particolare riflessione deve porsi relativamente ai debiti tributari, debiti per i quali – come è noto – opera il principio di indisponibilità della pretesa tributaria.

Il principio di indisponibilità della pretesa tributaria – fissato dall'art. 49 R.D. 23 maggio 1924, n. 827 – è un principio cardine del nostro sistema tributario e prevede tassativamente il divieto di concordare alcuna esenzione (totale o parziale) in materia di imposte e tasse, rendendosi perciò indisponibile la pretesa tributaria. Ciò in ossequio al principio di legalità dell'azione amministrativa, principio che vede il proprio corollario nell'art. 23 Cost., secondo cui “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Di fronte al divieto di concedere esenzioni in materie di imposte e tasse, è stata prevista una deroga in materia di crisi di impresa mediante la transazione fiscale.

Tale misura - attuabile nel caso di accordo di ristrutturazione dei debiti o di concordato preventivo – consente all'imprenditore la negoziazione del credito tributario purché l'importo offerto all'Erario sia superiore rispetto all'alternativa liquidatoria. In questo senso, non c'è una vera e propria discrezione per l'imprenditore e per l'Amministrazione finanziaria circa la definizione della posizione tributaria.

Tale definizione può avvenire soltanto se più conveniente rispetto al fallimento, fissandosi in tal modo dei vincoli per l'attività dell'Amministrazione finanziaria che non è certo discrezionale.

Il principio di riferimento, in questo istituto, è comunque quello della capacità contributiva, posto che l'imprenditore potrà definire la posizione tributaria in ragione di quelle che sono le sue effettive capacità patrimoniali e reddituali.

Anche nel sovraindebitamento la capacità contributiva rappresenta un principio di riferimento della specifica procedura, in cui si richiede altresì l'effettiva meritevolezza del debitore (peraltro il principio di meritevolezza, secondo la Legge n. 3/2012, che è rilevante nel Piano del consumatore, rileva, in ragione degli scopi perseguiti dalla stessa legge e degli interessi in gioco, anche nelle altre procedure di sovraindebitamento seppur diversamente declinato).

Alla luce di quanto precede, la mancata previsione di criteri e principi cui deve ispirarsi l'azione amministrativa nella composizione negoziata della crisi presta il fianco a profili problematici relativi ai margini di discrezionalità dell'amministrazione e alle concrete modalità con cui può prevedersi un sacrificio dell'interesse pubblico ai fini del risanamento.

Sotto questo profilo, salva la possibilità di interventi correttivi del legislatore anche in fase di conversione del decreto, può essere auspicabile l'adozione nel nuovo strumento di una figura “snella” di transazione fiscale, con dei limiti temporali stringenti entro cui definirla.

In tal modo, si avrebbe l'applicazione di un istituto che rappresenta un riferimento fondamentale nell'ambito dei principali strumenti concorsuali, idoneo a bilanciare gli interessi erariali con quelli privati, e compatibile con le esigenze di semplicità, snellezza ed economicità della composizione negoziata della crisi.

La questione relativa alla falcidia dei debiti tributari

La mancata presa di posizione in ordine alla definizione dei debiti erariali lascia senza soluzione anche la questione relativa alla falcidia dei tributi locali.

Come è noto, i tributi locali rientrano tra i crediti privilegiati (art. 2752, comma 4, c.c.) con grado postergato rispetto ai tributi erariali (art. 2278, comma 1, n. 20, c.c.). Ebbene, la transazione fiscale, avendo ad oggetto (soltanto) i tributi amministrati dalle agenzie fiscali, non potrebbe attivarsi per la negoziazione dei tributi locali, che sono pertanto rimessi alla disciplina generale dell'istituto di composizione della crisi che viene adottato.

La carenza di concreti riferimenti circa la definizione dei rapporti tributari nella composizione negoziata della crisi viene mitigata nel concordato semplificato per cessione dei beni (art. 18 D.L. 118/2021), istituto che può essere utilizzato nel caso di mancata conclusione positiva delle trattative.

Con tale procedura, che prevede l'intervento del tribunale, l'imprenditore può raggiungere il risanamento e quindi l'omologa del concordato purché – come previsto dal comma 5 – vi sia il rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione, sia accertata la fattibilità del piano di liquidazione, la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare e comunque assicuri un'utilità a ciascun creditore.

Il concordato semplificato liquidatorio prevede quindi dei limiti affinché lo stesso possa perfezionarsi, limiti che si riverberano anche sull'agire amministrativo.

Le misure premiali (art. 14 D.L. 118/2021)

Un'ultima considerazione deve essere svolta con riferimento alle misure premiali previste dall'art. 14.

Nello specifico, l'articolo appena segnalato prevede:

  • l'applicazione del tasso legale per gli interessi che maturano sui debiti tributari, dopo la presentazione dell'istanza di composizione negoziata (comma 1);
  • la riduzione delle sanzioni alla misura minima se il termine per il pagamento del debito tributario scade dopo la presentazione dell'istanza (comma 2);

la riduzione alla metà delle sanzioni e interessi – relativi ai debiti tributari oggetto di composizione negoziata – nelle ipotesi di cui all'art. 11 commi 2 e 3 (“2. L'imprenditore può, all'esito delle trattative, domandare l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 182-bis, 182-septies e 182-novies L.fall.

La percentuale di cui all'art. 182-septies, comma 2, lett. c), è ridotta al sessanta per cento se il raggiungimento dell'accordo risulta dalla relazione finale dell'esperto. 3. L'imprenditore può, in alternativa:

a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. ;

b) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 18 del presente decreto;

c) accedere ad una delle procedure disciplinate dal regio decreto n. 267/1942, dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 o dal D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 febbraio 2004, n. 39”).

Il successivo comma 4 stabilisce inoltre che l'imprenditore può ottenere dall'Ente impositore un piano di rateazione - fino ad un massimo di settantadue rate mensili - delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta e imposta sul valore aggiunto non ancora iscritte a ruolo, e relativi accessori.

Così stabilite le misure premiali, diventa agevole rilevare come le stesse non appaiano – in base ad una prima impressione – particolarmente vantaggiose per l'imprenditore. Basta allo scopo mettere in relazione le stesse misure con le misure premiali previste dagli altri strumenti agevolativi per il contribuente.

Si pensi ad esempio all'acquiescenza posta in essere dal contribuente rispetto alla notifica di un avviso di accertamento (art. 15 D.Lgs. 218/1997). Tale istituto, infatti, comporta la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative irrogate, sempre che il contribuente:

  • rinunci ad impugnare l'avviso di accertamento;
  • rinunci a presentare istanza di accertamento con adesione;
  • paghi, entro il termine di proposizione del ricorso (ordinariamente, 60 giorni dalla notifica dell'atto) le somme complessivamente dovute tenendo conto delle riduzioni.

Analoga considerazione vale per la conciliazione giudiziale, disciplinata dall'art. 48 D. Lgs. n. 546/1992, che prevede una riduzione delle sanzioni al 40% se interviene in primo grado, o al 50% in grado di appello.

È possibile altresì richiamare l'istituto della c.d. rottamazione dei ruoli, istituto non più in vigore, con il quale il contribuente poteva beneficiare di uno stralcio totale delle sanzioni e degli interessi, pur facendosi carico dell'intero ammontare delle imposte.

Con riferimento ai pagamenti rateali, infine, al di fuori della composizione negoziale della crisi se l'imprenditore non è in grado di sostenere il pagamento del debito secondo un piano ordinario in 72 rate mensili, può chiedere ed ottenere una rateizzazione straordinaria fino a 120 rate di importo costante (art. 19 D.P.R. n. 602/1973).

In questo senso, quindi, la misura premiale prevista dall'art. 14 del nuovo decreto, che riduce le sanzioni e gli interessi al 50% del loro ammontare complessivo, non risulterebbe particolarmente vantaggiosa per l'imprenditore, anzi sarebbe addirittura meno vantaggiosa rispetto agli altri strumenti agevolativi già in essere. Come pure non appare particolarmente vantaggiosa la rateazione prevista dalla stessa norma rispetto ai piani di rateazione previsti dal D.P.R. 602/1973.

Sotto un diverso profilo, inoltre, la stessa misura premiale risulterebbe inutile se l'imprenditore si trovasse in una situazione di particolare incapienza. Infatti, l'imprenditore che si appresta ad utilizzare lo strumento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo è tenuto – secondo le regole della transazione fiscale di cui all'art. 182-ter l.fall. – ad assicurare all'Erario una proposta più vantaggiosa rispetto all'alternativa liquidatoria. Sarebbe perciò del tutto vana la misura premiale di cui all'art. 14 cit. (che prevede, come si è detto, una riduzione delle sanzioni e interessi nella misura del 50%) se l'imprenditore fosse in grado di assicurare al fisco soltanto una bassissima percentuale del credito erariale, purché – come si è detto – più vantaggiosa dell'alternativa liquidatoria.

In base alle suddette considerazioni, diventa perciò auspicabile un intervento del legislatore che possa, da un lato, allineare il nuovo istituto agli altri strumenti per la definizione della crisi e, dall'altro lato, rendere lo stesso più “appetibile” in ragione dei concreti vantaggi tributari conseguibili, in modo che possa risultare – anche per queste ragioni – una misura di successo.

Ciò tenendo conto in modo particolare delle finalità alla base dell'introduzione della composizione negoziata che, come si è detto, mirano ad agevolare l'imprenditore nella gestione della fase pandemica, una volta esauriti i sostegni pubblici.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario