Omesso versamento dell'IVA all'importazione e sequestro preventivo

La Redazione
13 Ottobre 2021

«In tema di sequestro preventivo, il trasferimento del vincolo cautelare dalla cosa al denaro ricavato dalla vendita di essa non esclude l'interesse della parte a impugnare la decisione di vendita, non potendosi ritenere né che l'interesse del proprietario sia limitato agli aspetti patrimoniali della titolarità sul bene in sequestro, né che la somma ricavata dalla vendita rispecchi comunque il valore economico o il valore funzionale del bene rispetto alle aspettative del privato che ne era proprietario».

«In tema di sequestro preventivo, il trasferimento del vincolo cautelare dalla cosa al denaro ricavato dalla vendita di essa non esclude l'interesse della parte a impugnare la decisione di vendita, non potendosi ritenere né che l'interesse del proprietario sia limitato agli aspetti patrimoniali della titolarità sul bene in sequestro, né che la somma ricavata dalla vendita rispecchi comunque il valore economico o il valore funzionale del bene rispetto alle aspettative del privato che ne era proprietario».

Il Tribunale di Genova, in funzione di giudice dell'appello cautelare, dichiarava inammissibile il ricorso proposto ex art. 322-bis c.p.p. avverso l'ordinanza con cui la Corte d'Appello di Genova aveva rigettato l'istanza di revoca della vendita all'asta della nave di proprietà di una società sottoposta a sequestro preventivo, a fini di confisca, per il reato di omesso versamento dell'IVA all'importazione.

La società ricorre in Cassazione, lamentandosi della violazione dell'art. 322-bis c.p.p.: a detta della ricorrente, infatti, il provvedimento relativo alla vendita dei beni sequestrati soggiace alla disciplina generale dell'appello, in quanto si tratta di un atto di straordinaria amministrazione che inerisce direttamente la consistenza o la sopravvivenza del bene e «sussistendo altresì un interesse della parte intestataria del bene in sequestro ad impugnare».

Il ricorso è fondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che l'atto di vendita di un bene sottoposto a sequestro, in quanto annoverabile tra gli atti di straordinaria amministrazione, «è suscettibile di essere sindacato in sede cautelare attraverso lo strumento di cui all'art. 322-bis c.p.p.».

Sul punto, la Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che la disposizione di cui all'art. 322-bis c.p.p. non si applica per tutti i provvedimenti aventi natura sostanzialmente amministrativa che intervengono nella fase dell'esecuzione della misura cautelare e che si concretizzano in provvedimenti di autorizzazione al compimento di atti giuridici di natura privatistica; di contro, sono impugnabili i provvedimenti che, esorbitando dalla mera gestione del bene sequestrato e comportando una modifica del vincolo cautelare, non possono essere considerati atti aventi natura amministrativa.

Ciò premesso, la Corte di Cassazione enuncia il seguente principio di diritto: «in tema di sequestro preventivo, il trasferimento del vincolo cautelare dalla cosa al denaro ricavato dalla vendita di essa non esclude l'interesse della parte a impugnare la decisione di vendita, non potendosi ritenere né che l'interesse del proprietario sia limitato agli aspetti patrimoniali della titolarità sul bene in sequestro, né che la somma ricavata dalla vendita rispecchi comunque il valore economico o il valore funzionale del bene rispetto alle aspettative del privato che ne era proprietario».

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.