Protezione internazionale e formalità per il rilascio della procura speciale alle liti
18 Ottobre 2021
Massime
a) L'art. 35-bis, comma 13, del d. lgs. 25/2008, nella parte in cui prevede che «la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato» e che «a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima» richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di «inammissibilità del ricorso» nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Ne consegue che tale procura speciale deve contenere in modo esplicito l'indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con un'unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione, che l'autenticità della firma del conferente. La norma così interpretata non può considerarsi violativa: 1) della disciplina unionale, in relazione al principio di equivalenza e di effettività, considerato che non vi è alcuna materia regolata dal diritto interno, omogenea a quella della protezione internazionale e dell'asilo, che goda di una tutela maggiormente protettiva con riguardo alla proposizione del ricorso per cassazione, e che il principio di effettività deve ritenersi limitato al giudizio di primo grado; 2) dell'art. 6 CEDU, nella parte in cui riconosce il diritto all'accesso alla giustizia, valutato anche in combinato disposto con l'art. 14 che stabilisce il divieto di non discriminazione, poiché la norma persegue l'interesse ad un corretto e leale esercizio dell'amministrazione della giustizia, anche in relazione alle ripercussioni sul complessivo funzionamento della giurisdizione ordinaria di ultima istanza, interessi che il legislatore può legittimamente valorizzare, senza violare il principio di non discriminazione, poiché la norma riguarda solo coloro che, trovandosi in una posizione di incerto collegamento con il territorio nazionale, costituiscono un gruppo nettamente distinto rispetto a quello che ha invece con il nostro paese una stabile relazione territoriale; 3) degli artt. 3 e 24 Cost., quanto al principio di eguaglianza ed al diritto di difesa, considerato che la specifica regola processuale non ha come giustificazione la condizione di richiedente protezione internazionale, quanto, piuttosto, la specificità del ricorso per cassazione rispetto alle materie disciplinate dal d. lgs. 25/2008 in relazione alle quali il legislatore ordinario ha un'ampia discrezionalità, maggiormente accentuata nella disciplina degli istituti processuali dove vi è l'esigenza della celere definizione delle decisioni. b) Il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all'interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza. Il caso
Vari cittadini stranieri impugnavano, separatamente ed innanzi alle Sezioni Specializzate in materia di Protezione internazionale di Tribunali diversi, provvedimenti della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione internazionale che avevano disatteso le domande di riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria. Le opposizioni venivano rigettate. Gli interessati proponevano, quindi, ricorso per cassazione. Le Sezioni semplici della Suprema Corte, ritenendo sussistere contrasto all'interno della Corte medesima in ordine agli effetti della mancata specifica certificazione della data apposta sulla procura speciale da parte del difensore, rimettevano gli atti al Primo Presidente, che disponeva l'assegnazione dei ricorsi alle Sezioni Unite. La questione
La questione che interessa in questa sede è consistita nello stabilire quali fossero gli effetti della mancanza di espressa certificazione della data di rilascio della procura speciale nel ricorso per cassazione relativo a diniego di protezione internazionale. Le soluzioni giuridiche
i) Le Sezioni Unite hanno affermato che, giusta il disposto dell'art. 35 bis, comma 13, del d. lgs. 25/2008, la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato e che, a tal fine, il difensore deve certificare (la posteriorità del)la data del rilascio in suo favore della procura medesima, conseguendone, in mancanza di tale espressa certificazione, l'inammissibilità del ricorso. Le Sezioni Unite hanno chiarito che la norma così interpretata non può considerarsi violativa a) né della disciplina comunitaria, in relazione al principio di equivalenza e di effettività, non sussistendo alcuna materia regolata dal diritto interno, omogenea a quella della protezione internazionale e dell'asilo, che goda di una tutela maggiormente protettiva con riguardo alla proposizione del ricorso per cassazione, e giacché il principio di effettività deve ritenersi limitato al giudizio di primo grado; b) né dell'art. 6 della CEDU, nella parte in cui riconosce il diritto all'accesso alla giustizia, valutato anche in combinato disposto con l'art. 14 che stabilisce il divieto di non discriminazione, giacché la norma persegue l'interesse ad un corretto e leale esercizio dell'amministrazione della giustizia, anche in relazione alle ripercussioni sul complessivo funzionamento della giurisdizione ordinaria di ultima istanza, interessi che il legislatore può legittimamente valorizzare, senza violare il principio di non discriminazione, poiché la norma riguarda solo coloro che, trovandosi in una posizione di incerto collegamento con il territorio nazionale, costituiscono un gruppo nettamente distinto rispetto a quello che ha invece con il nostro Paese una stabile relazione territoriale; c) né, infine, degli artt. 3 e 24 Cost., quanto al principio di eguaglianza ed al diritto di difesa, considerato che la specifica regola processuale non ha come giustificazione la condizione di richiedente protezione internazionale, quanto, piuttosto, la specificità del ricorso per cassazione rispetto alle materie disciplinate dal d. lgs. 25/2008, in relazione alle quali il legislatore ordinario ha un'ampia discrezionalità, maggiormente accentuata nella disciplina degli istituti processuali dove vi è l'esigenza della celere definizione delle decisioni. ii) Le Sezioni Unite hanno, altresì, precisato che il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all'interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza. Osservazioni
i) Per ciò che attiene al tema di cui alla massima distinta in premessa con la lettera b), le Sezioni Unite hanno confermato l'orientamento secondo cui, in materia di disciplina delle spese processuali (incluso il pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002), si deve distinguere fra l'ipotesi di inesistenza e quella di invalidità della procura ad litem, ricollegando l'attribuzione del carico della spesa al difensore soltanto nella prima di tali ipotesi. Seguendo la linea di pensiero espressa da Cass. civ., sez. un., 10 maggio 2006, n.10706, e fatto anche richiamo (per la distinzione fra le categorie dell'inesistenza e della nullità) a Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916, nella sentenza in commento è stato affermato che, mentre l'attività processuale svolta dal difensore in base ad un mandato alle liti inesistente (per mancato effettivo conferimento del mandato da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire o per falsità della procura o per rilascio della stessa da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diversi da quello per il quale l'atto è speso) «non riverbera alcun effetto sulla parte» e resta attività processuale di cui il legale assume la responsabilità in via esclusiva, così giustificandosi la sua condanna a pagare le spese del giudizio (nonché, nelle ipotesi considerate dall'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. cit., a versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il gravame), la medesima attività svolta dal difensore in base ad un mandato alle liti invalido (o divenuto inefficace) – ipotesi in cui rientra quella della mancata certificazione della data nella procura speciale conferita per la proposizione del ricorso per cassazione in materia di protezione internazionale disciplinata dall'art. 35 bis, comma 13, d.lgs. 25/2008, che non incide in alcun modo sull'esistenza del negozio di conferimento del mandato a resistere nel giudizio di legittimità da parte del conferente - determina senz'altro la condanna della parte alla rifusione delle spese di giudizio in quanto l'attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l'instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo (v., ex multis, in ordine al regime delle spese processuali, Cass. civ., sez. un., 10 maggio 2006, n. 10706 e, da ultimo, Cass. civ., sez. III, ord., 25 maggio 2018, n. 13055 e Cass. civ., sez. VI, ord. 28 maggio 2019, n. 14474; cfr., quanto al regime del raddoppio, a carico del ricorrente, del contributo unificato in caso di inammissibilità del ricorso, Cass. civ., sez. I, ord. 17 gennaio 2020, n. 1043 e Cass. civ., sez. II, 1ottobre 2020, n. 20932). Secondo un diverso orientamento, non accolto dalle Sezioni Unite, il carico del raddoppio del contributo unificato dovrebbe essere fatto gravare sul difensore («come se avesse agito egli stesso») anche nelle ipotesi (o almeno in alcune delle ipotesi) di procura alle liti invalida. Tale pensiero risulta essere stato espresso con riguardo a varie fattispecie in materia di protezione internazionale: a) inammissibilità del ricorso derivata dall'assenza di elementi di specificità della procura speciale, ivi inclusa la mancata indicazione della data di conferimento della stessa (Cass civ., sez. VI, ord. 9 dicembre 2019, n. 32008; Cass. civ., sez. lav., ord. 21 dicembre 2020, n. 29232; Cass. civ., sez. I, ord. 19 febbraio 2021, n. 4621); b) inammissibilità del ricorso correlata in via esclusiva alla mancata indicazione della data di conferimento della procura speciale (Cass. civ., sez. I, ord. 11 novembre 2020, n. 25304 e Cass civ., sez. II, ord. 10 febbraio 2021, n. 3329). ii) Quanto alla ratio ed agli effetti del prescritto di cui all'art. 35 bis, comma 13, del d. lgs. 25/2008, le Sezioni Unite hanno esplicato il proprio pensiero con dovizia di argomentazioni, puntualmente e congruamente sintetizzate nella massimadistinta in premessa con la lettera a), redatta dall'Ufficio del Massimario. Le Sezioni Unite hanno affermato che, giusta il disposto della suddetta norma, la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato e che, a tal fine, il difensore deve certificare (la posteriorità del)la data del rilascio in suo favore della procura medesima, conseguendone, in mancanza di tale espressa certificazione, l'inammissibilità del ricorso. A parere delle Sezioni Unite, la norma così interpretata è da ritenere appieno compatibile sia con il diritto comunitario, sia con la CEDU, sia con la Costituzione. iii) Sulla materia è intervenuta, a distanza temporale brevissima dalla pronuncia in commento, la Sezione III della Suprema Corte, la quale, con ordinanza n. 17920/2021 - dopo avere chiarito che l'interpretazione dell'art. 35-bis, d.lgs. cit., adottata dalle Sezioni Unite costituiva diritto vivente e che il principio enunciato «imponeva» al collegio della Sezione semplice la sua applicazione, non consentendone altre diverse e non essendo oggettivamente praticabile né predicabile l'ipotesi di una nuova rimessione alle S.U., essendo impedito, attesa la quasi concomitanza del deposito della sentenza (avvenuto il precedente 1 giugno) di ritenere anche soltanto ipotizzabile un mutamento di indirizzo della S.C. -, sulla scorta dei principi affermati dalla Consulta con sentenza n. 33/2021, ha ritenuto di sollevare molteplici questioni di legittimità costituzionale della suddetta norma. E' d'uopo rammentare che con la decisione citata (appieno conforme, sul punto, alle precedenti sentenze n. 122 e n. 259 del 2017, n. 39 del 2018 e n. 75 del 2019), la Consulta ha, fra l'altro, statuito l'ammissibilità di una questione di legittimità costituzionale affermando che, in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo - se pure è libero di non uniformarvisi e di proporre una diversa esegesi del dato normativo, essendo la «vivenza» di una norma una vicenda per definizione aperta, ancor più quando si tratti di adeguarne il significato a precetti costituzionali - ha alternativamente la facoltà di assumere l'interpretazione censurata in termini di «diritto vivente» e di richiederne, su tale presupposto, il controllo di compatibilità con i parametri costituzionali. Orbene, la Sezione III ha compiuto la seconda fra le suddette scelte ed ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata - per contrasto con gli artt. 3, 10, 24, 111 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 28 e 46, par. 11, della Direttiva 2013/32/UE (Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale), nonché agli artt. 18, 19, par. 2 e 47 della Carta dei diritti UE e agli artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 bis, comma 13, del d.lgs. 28 gennaio 2008 n. 25, nella parte in cui, secondo l'interpretazione adottata nell'esercizio della funzione nomofilattica dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 15177/2021, da ritenersi diritto vivente, prevede che la mancanza della certificazione della data di rilascio della procura da parte del difensore, limitatamente ai procedimenti di protezione internazionale, determini l'inammissibilità del ricorso. Non vi sono, in questa sede, gli spazi necessari per la completa disamina dell'ordinanza. Ci si limita, quindi, a segnalare, in estrema sintesi, alcuni dei punti più salienti. a) Con riferimento al tenore letterale della norma (art. 35 bis, comma 13, d.lgs. cit.), la Sezione III ha osservato che una diversa interpretazione costituzionalmente orientata della medesima sarebbe legittimamente predicabile, alla luce della mancata riproduzione espressa della sanzione dell'inammissibilità - «testualmente circoscritta al solo presupposto della posteriorità del conferimento della procura rispetto al provvedimento impugnato» - in relazione alla certificazione «ANCHE» della data del rilascio e che, peraltro, tale possibilità era «normativamente preclusa al collegio … nel caso di specie, alla luce della doverosa applicazione della norma, in guisa di diritto vivente, così come imposto dalla pronuncia delle sezioni unite». Ciò stante, la rimessione alla Consulta doveva ritenersi non funzionale ad una pronuncia volta ad una interpretazione difforme rispetto a quella adottata dalle S.U., bensì «ad una valutazione di costituzionalità della norma, nella sua portata di diritto vivente, per effetto della pronuncia n. 15177/2021 delle sezioni unite della Corte di cassazione». b) In sintesi, la non manifesta infondatezza della questione sottoposta dalla Sezione III della S.C. al vaglio di costituzionalità si sostanzia alla luce dei principi costituzionali di uguaglianza e di diritto alla difesa, ed a quelli sovranazionali di equivalenza ed effettività. c) La previsione normativa in questione, di necessità della certificazione dell'autenticità della data della data di rilascio della procura speciale da parte del difensore, limitatamente ai procedimenti di protezione internazionale - che le Sezioni Unite hanno interpretato nel senso che la sua mancanza determini l'inammissibilità del ricorso -, pone, in primo luogo una questione di compatibilità con l'art. 3 Cost., «inteso come principio di ragionevolezza, quale corollario del principio di eguaglianza». d) La medesima norma, «che costituisce diritto vivente per effetto dell'interpretazione adottatane», «parrebbe», altresì, porsi in contrasto con gli artt. 10 [sotto il profilo della tutela dei richiedenti asilo, quanto all'asserita necessità, assunta a ratio legis dalle S.U., che i predetti siano presenti sul territorio nazionale al momento della presentazione del ricorso in cassazione – venendo così introdotto, senza che i relativo effetto sia sorretto da adeguata giustificazione, un trattamento processuale (peggiorativo) differenziato tra cittadini italiani e richiedenti la protezione internazionale e tra questi ultimi e gli altri stranieri], 24 (per lesione del diritto inviolabile di difesa riconosciuto, indiscriminatamente, a cittadini e stranieri), 111 (poiché la norma, così come interpretata dalle S.U., potrebbe violare il principio del giusto processo) e 117 della Costituzione in relazione alla direttiva UE ed ai disposti della Carta dei diritti dell'UE sopra citati, nonché agli artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU. |