L'individuazione di una società di fatto

18 Ottobre 2021

I criteri di identificazione della società di fatto in materia tributaria sono diversi da quelli che assumono rilevanza nei rapporti contrattuali di diritto privato, giacché in questi ultimi l'esigenza è quella di tutelare l'affidamento senza colpa dei terzi basato sul comportamento dei soci che, perciò...
Massima

I criteri di identificazione della società di fatto in materia tributaria sono diversi da quelli che assumono rilevanza nei rapporti contrattuali di diritto privato, giacché in questi ultimi l'esigenza è quella di tutelare l'affidamento senza colpa dei terzi basato sul comportamento dei soci che, perciò, si assumono il rischio relativo, mentre nei rapporti di diritto tributario l'esigenza è quella di verificare l'esistenza dei presupposti per applicare norme impositive, sicché è necessario accertare l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi del vincolo sociale, non essendo sufficiente la mera apparenza di tale vincolo. Pertanto, l'esistenza di un'attività imprenditoriale societaria richiede, ai fini fiscali, sia il requisito dell'apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi, sia l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi di tale vincolo, che l'amministrazione può provare anche in via presuntiva.

Il caso

La Commissione Tributaria Centrale, nel rigettare le impugnazioni proposte dai contribuenti, aveva ritenuto sussistere una società di fatto tra gli stessi.

In particolare, la Commissione centrale evidenziava la sussistenza di una società di fatto tra i contribuenti, che emergeva, non solo dalla esteriorizzazione del vincolo sociale, ma anche dall'attività in comune svolta dagli stessi e diretta alla costituzione di varie società di servizi, dall'uso degli stessi locali, nonché dall'esistenza di un fondo comune, manifestata dalla contitolarità di tre conti correnti.

Avverso tale sentenza i contribuenti proponevano ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, la violazione dell'art. 32 d.P.R. n. 600/1973, in relazione alla prova dell'esistenza della società di fatto.

Rilevavano i ricorrenti che, ai fini della qualificazione di una società di fatto nei rapporti di diritto tributario, è necessario accertare l'effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del vincolo sociale, non essendo sufficiente la mera apparenza di tale vincolo e spettando, quindi, all'Amministrazione finanziaria fornire la dimostrazione della concreta esistenza della società, senza potersi limitare a provare la sola apparenza esterna.

La questione

In materia tributaria i criteri di identificazione della società di fatto sono diversi da quelli che assumono rilevanza nei rapporti contrattuali di diritto privato.

In questi ultimi, infatti, l'esigenza è quella di tutelare l'affidamento senza colpa dei terzi basato sul comportamento dei soci, che, perciò, si assumono il rischio relativo (cfr., Cass., 5 maggio 2016, n. 3; Cass., 29 ottobre 1997, n. 10695; Cass., 11 marzo 2010, n. 5961).

Nei rapporti di diritto tributario, invece, l'esigenza è quella di verificare l'esistenza dei presupposti per applicare norme impositive, sicché è necessario accertare l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi del vincolo sociale, non essendo sufficiente la mera apparenza di tale vincolo, sia pure accompagnata dal ragionevole convincimento della sua esistenza (cfr., Cass., 16 dicembre 2005, n. 27775, Cass., 5 agosto 1996, n. 7164; Cass., 18 marzo 1988, n. 2500).

Nel caso in cui poi si assuma l'esistenza di una società di fatto tra consanguinei, la prova della esteriorizzazione del vincolo deve essere particolarmente rigorosa, occorrendo che questa si basi su elementi e circostanze concludenti, tali da escludere che determinati comportamenti siano motivati da affectio familiaris (cfr., Cass., 16 dicembre 2005, n. 27775; Cass., 16 dicembre 2019, n. 33230).

Tuttavia, la prova della sussistenza della società di fatto, seppure non possa essere desunta dalla mera esteriorizzazione del vincolo nei confronti dei terzi, può essere comunque dedotta anche dall'esistenza di indici presuntivi (cfr., Cass., 16 giugno 2016, n. 12500).

Pertanto, in concreto, l'esistenza di una società di fatto, nel rapporto tra i soci, non può essere ad esempio desunta soltanto dalle dichiarazioni rese dalle persone coinvolte, essendo necessaria la dimostrazione, eventualmente anche con prove orali o mediante presunzioni, del patto sociale e dei suoi elementi costitutivi, quali:

- il fondo comune,

- l'esercizio congiunto di un'attività economica,

- l'alea comune dei guadagni e delle perdite,

- il vincolo di collaborazione in vista dell'attività (Cass., 15 settembre 2020, n. 19234; Cass., 11 marzo 2021, n. 6835)

In tema di imposte sui redditi, ai fini dell'individuazione del soggetto effettivo titolare del reddito prodotto da una specifica attività economica, l'esistenza di una società di fatto può dunque ben essere desunta da manifestazioni comportamentali rivelatrici di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa, assunte però non per una loro autonoma valenza, ma quali elementi apparenti e rivelatori, sulla base di una prova logica, dei fattori essenziali di un rapporto di società nella gestione dell'azienda (Cass., 20 gennaio 2006, n. 1127; Cass., 13 aprile 2017, n. 9604).

Le soluzioni giuridiche

Tanto premesso, secondo la Suprema Corte, le censure dei contribuenti erano infondate.

Evidenziano i giudici di legittimità che l'esistenza di un'attività imprenditoriale societaria richiede, ai fini fiscali, sia il requisito dell'apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi, quale indice rivelatore della reale esistenza di tale società, sia l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi di tale vincolo, che, come visto, l'Amministrazione può provare anche in via presuntiva.

L'indagine, afferma la Cassazione, va quindi condotta con riferimento agli elementi richiesti dall'art. 2247 c.c. per la sussistenza di un'attività societaria di fatto, consistente nell'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro e conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi (cfr., Cass., 13 novembre 2008, n. 27088).

Nella specie, del resto, il giudice di merito, non solo aveva evidenziato l'esistenza di una società di fatto che si manifestava come tale dinanzi ai terzi, ma aveva anche accertato la sussistenza dei requisiti specifici della società di fatto, di cui al citato art. 2247 c.c. (conferimento di beni, fondo comune, divisione degli utili e delle perdite, affectio societatis), desumendoli da tre elementi indiziari, gravi, precisi e concordanti.

Il giudice di merito, secondo la Suprema Corte, aveva dunque congruamente valutato, ai fini della sussistenza della società di fatto, alcune valide circostanze, indice dell'attività comune dei contribuenti.

Osservazioni

A prescindere dallo specifico caso processuale, giova anche evidenziare quanto segue.

Un contratto di società può desumersi anche da facta concludentia.

Ed in presenza di tali fatti, sarà dunque possibile individuare l'esistenza di una società di fatto (alla quale si applica la disciplina prevista per le società in nome collettivo irregolare), attribuendogli un numero di partita Iva, ed accertando un maggior reddito imponibile.

La legittimità di un tale operato è stata per esempio confermata dalla sentenza n. 6175 del 15 marzo 2010 della Corte di Cassazione, la quale ha ricordato chel'esistenza di una qualunque società, regolare o irregolare e quindi anche di una società di fatto, richiede il concorso di un elemento oggettivo, rappresentato dal conferimento di beni o servizi, e di un elemento soggettivo, “costituito dalla comune intenzione dei contraenti di vincolarsi e di collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni nell'esercizio collettivo di un'attività imprenditoriale”.

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