Le responsabilità civili e penali degli eredi e chiamati all'eredità nei confronti del condominio

Maurizio Tarantino
13 Ottobre 2021

In tema di responsabilità civili e penali degli eredi e dei chiamati all'eredità nei confronti del condominio, giova ricordare che il presupposto degli obblighi previsti dalla legge è l'accettazione i cui effetti risalgono al momento dell'apertura della successione. Inoltre, il chiamato all'eredità, che non abbia ancora accettato, può peraltro esercitare gli atti conservativi e di amministrazione temporanea ed in ogni caso, quando non è nel possesso dei beni ereditari, il Tribunale può nominare un curatore speciale dell'eredità. Premesso ciò, l'amministratore che viene a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non manifestano tale loro qualità, non è tenuto ad inviare alcun avviso né al condomino, né agli eredi impersonalmente presso l'ultimo domicilio. Inoltre, in caso di omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina, sussiste l'obbligo giuridico alla conservazione dell'edificio anche a carico dei chiamati all'eredità, in funzione della loro relazione con il bene pericolante, sia pure in via provvisoria e salva diversa ripartizione degli oneri economici in sede civilistica.
Il quadro normativo

Insieme al patrimonio vengono trasmessi agli eredi anche i debiti lasciati dal de cuius. Il problema delle spese condominiali lasciate dal defunto si pone soprattutto alla luce della l. n. 220/2012. Questa prevede, infatti, che l'amministratore è obbligato ad agire in giudizio nei confronti dei condomini morosi tempestivamente, ovvero entro il termine di sei mesi dalla chiusura dell'esercizio di riferimento, salvo espressa dispensa dell'Assemblea. Risulta, quindi, necessario individuare rapidamente l'effettivo obbligato al pagamento degli oneri condominiali arretrati e/o quelli maturati dopo il decesso del de cuius.

Difatti, a norma dell'art. 752 c.c., i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari, in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto. Il che significa che, salva l'eventuale solidarietà disposta dal de cuius con il testamento, gli eredi sono soggetti a responsabilità parziaria.Quindi, l'erede è tenuto a contribuire alle spese condominiali dal momento della morte del de cuius; per l'art. 459 c.c., infatti, l'eredità si acquista con l'accettazione i cui effetti risalgono al momento dell'apertura della successione.

Il chiamato all'eredità, che non abbia ancora accettato, può peraltro esercitare gli atti conservativi e di amministrazione temporanea ed in ogni caso, quando non è nel possesso dei beni ereditari - su istanza delle persone interessate o anche d'ufficio - il Tribunale nomina un curatore speciale dell'eredità (art. 528 c.c.).

L'obbligo di comunicazione degli eredi nei confronti dell'amministratore

A seguito della riforma dell'istituto del condominio, all'amministratore condominiale deve essere comunicata la situazione della proprietà e degli altri diritti reali di godimento gravanti sull'immobile, affinché possa aggiornare l'anagrafe condominiale. Fra le attribuzioni dell'amministratore, infatti, l'art. 1130, n. 6), c.c. prevede quella di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale, contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali minori e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare.

Premesso ciò, si osserva che in caso di morte del condomino sorge il problema della individuazione del nuovo soggetto che assumerà il conseguente status. I soggetti interessati sono la persona che succede al condomino defunto e l'amministratore, nell'ambito dei rispettivi diritti e doveri.

Secondo l'orientamento maggioritario, quando l'amministratore è a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non gli manifesteranno la loro qualità, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna particolare ricerca, egli non sarà tenuto ad inviare alcun avviso (Cass. civ, sez. II, 22 marzo 2007, n. 6926). Difatti, in senso contrario non si potrebbe invocare il fatto che, in base all'art. 1136, comma 6, c.c. l'assemblea non può deliberare se non risulta che tutti i condomini sia stati avvisati, in quanto tale norma presuppone, per la sua applicabilità, che i condomini siano noti all'amministratore.

Pertanto, a seguito della notizia della morte di un condomino, l'amministratore viene soltanto a sapere che si è aperta una successione, ma non anche se la stessa è destinata ad essere regolata in base alle norme sulla successione legittima o testamentaria, né chi siano i chiamati nelle due ipotesi e chi abbia effettivamente accettato l'eredità, diventando in tal modo erede e legittimato a partecipare alle assemblee condominiali e, di conseguenza, titolare del diritto alla convocazione (Trib. Salerno 27 settembre 2010). Di conseguenza, al fine della partecipazione all'assemblea, spetta all'erede o al legatario succeduti nel condominio l'onere di rivelarsi all'amministratore nelle rispettive qualità a prescindere dei compiti e poteri dell'amministratore; sicché, è corretto affermare che è onere dell'erede comunicare all'amministratore del condominio il decesso del condomino e l'accettazione dell'eredità con conseguente assunzione dei diritti e degli obblighi condominiali (Trib. La Spezia 24 marzo 2021, n. 175; Trib. Roma 4 maggio 2020, n. 6847; Trib. Roma 2 dicembre 2016, n. 22422).

Certificato di stato di famiglia e accettazione tacita dell'eredità

L'accettazione pura e semplice dell'eredità può avvenire in maniera espressa o in maniera tacita ai sensi dell'articolo 474 c.c. Nel primo caso richiede la forma dell'atto scritto (atto pubblico o scrittura privata) con il quale il chiamato all'eredità dichiara di accettarla o comunica di assumere la qualifica di erede (articolo 475 c.c.). Nel secondo caso (tacita) l'accettazione si verifica quando “il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede” (articolo 476 c.c.). Premesso ciò, in una particolare vicenda (Cass. civ., sez. II, 17 luglio 2020, n. 15301), l'erede del condomino proponeva avanti al Giudice di pace opposizione al decreto ingiuntivo emesso su ricorso del condominio per il pagamento di circa 3 mila euro a titolo di quote ordinarie e straordinarie di oneri condominiali, deducendo l'illegittimità della delibera di approvazione dei bilanci poste a fondamento dell'ingiunzione nonché la carenza di legittimazione passiva essendo stato l'appartamento - oggetto della quota condominiale - ricevuto in eredità ancora indivisa. Sia in primo che in secondo grado, i giudici del merito respingevano la domanda e confermavano il decreto ingiuntivo. Il ragionamento esposto era stato anche confermato anche in sede di legittimità. Difatti, secondo la S.C., il condominio aveva agito sulla base di un certificato di stato di famiglia del de cuius attestante la residenza dell'opponente nella porzione immobiliare rientrante nel Condominio procedente. Tale allegazione, si legge in sentenza, era "rilevante quale accettazione tacita dell'eredità ai sensi dell'art. 474 c.c., rilevante quale valido elemento costitutivo della pretesa creditoria monitoriamente azionata”. Del resto tale allegazione, quale valido elemento costitutivo della pretesa creditoria monitoriamente azionata, non era stata, ad avviso del giudice d'appello ed al di là dell'inammissibile novità della deduzione, efficacemente confutata dall'opponente/appellante.

Le conseguenze della condotta omissiva degli eredi nei confronti del condominio

Abbiamo visto che l'amministratore che viene a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non manifestano tale loro qualità, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna ricerca, non è tenuto ad inviare alcun avviso né al condomino, né agli eredi impersonalmente presso l'ultimo domicilio. Tuttavia, al fine di procedere al recupero degli oneri economici dovuti, il rappresentante dell'ente di gestione condominiale può comunque attivarsi al fine di reperire i nominativi degli eredi.

Difatti, in una particolare vicenda (Trib. Salerno 18 gennaio 2019, n. 199), nonostante il silenzio degli eredi, l'amministratore si era attivato per l'individuazione dei nominativi di costoro; quindi, aveva chiesto nei loro confronti il decreto ingiuntivo afferente le somme riguardanti lavori straordinari approvati con delibera. Avverso tale provvedimento, gli instanti proponevano opposizione al decreto ingiuntivo deducendo l'inefficacia del provvedimento in ragione dell'impugnativa del testamento e dell'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario; inoltre, gli opponenti eccepivano anche il vizio di convocazione a tutti gli eredi, in violazione dell'art. 1136, comma 6, c.c. Il Condominio convenuto, invece, eccepiva a sua difesa il corretto svolgimento di tutte le attività preordinate all'accertamento dei nominativi degli eredi, conosciuti solo dopo la morte della de cuius tramite visure al catasto e in assenza di ogni comunicazione da parte degli opponenti. A seguito dell'istruttoria di causa, era emerso che, nel periodo di riferimento della delibera condominiale, posta a base del provvedimento gravato, gli attuali opponenti non facevano parte del Condominio, atteso che dai dati in possesso dello stesso, la titolarità della res risultava ancora in capo al de cuius; inoltre, l'amministratore aveva dimostrato che non era pervenuta alcuna comunicazione del suo decesso, né della pendenza di un giudizio di impugnazione del testamento e dell'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, circostanze rese note solo con l'atto di opposizione.

Premesso ciò, secondo il giudicante, la condotta omissiva degli opponenti circa le necessarie comunicazioni relative all'avvicendamento nella proprietà e nella compagine condominiale in relazione all'adempimento di una obbligazione propter rem, consentivano di ritenere pienamente legittima la pretesa creditoria azionata dal Condominio, con conseguente rigetto dell'opposizione proposta.

In conclusione, è stato precisato che è onere dell'erede comunicare all'amministratore del Condominio il decesso del condomino e l'accettazione dell'eredità, con conseguente assunzione dei diritti e degli obblighi condominiali, atteso che, in assenza di tale comunicazione, l'erede non può contestare il vizio di omessa convocazione all'assemblea condominiale, per come effettuata dall'amministratore sulla base dei dati in suo possesso, né il provvedimento monitorio richiesto per mancato pagamento di oneri condominiale.

Le responsabilità degli eredi dei debiti nei confronti del condominio: parziarietà e solidarietà

Quanto alle obbligazioni ereditarie, l'art. 752 c.c. precisa che i coeredi contribuiscano tra loro al pagamento dei debiti e dei pesi ereditati in proporzione delle quote, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto. La misura del debito dell'erede, varia in ragione del momento dell'insorgenza del medesimo.

Un debito sorto prima del decesso del de cuius è diverso da un sorto successivamente. Dunque, ai fini della responsabilità delle obbligazioni verso il condominio, è importante evidenziare il momento della nascita del debito:

- per i debiti maturati prima della morte del de cuius, gli eredi corrispondono una somma pari alla loro quota di proprietà. A tal proposito è stato osservato che nei rapporti interni fra coeredi trova applicazione la regola contenuta nell'art. 752 c.c.; invece, i rapporti con i creditori sono disciplinati dall'art. 754 c.c. che afferma la regola della divisibilità del debito secondo la consistenza della quota attribuita: il coerede convenuto per il pagamento di un debito ereditario ha l'onere di indicare al creditore questa sua condizione di coobbligato passivo entro i limiti della propria quota (App. Cagliari 4 gennaio 2018, n. 9).

- per gli oneri condominiali maturati dal momento dell'accettazione di eredità, gli eredi devono essere considerati alla stregua di qualunque comproprietario e quindi come coobbligati in solido verso il condominio. Infatti, l'obbligazione concernente il pagamento di spese condominiali relative ad una unità immobiliare ricevuta per successione è di natura indivisibile, se e fino a quando indivisa resta la proprietà cui la stessa afferisce. Come tale, siffatta obbligazione è soggetta all'applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1317 e 1294 c.c. in forza del quale i suddetti comproprietari rispondono solidalmente del debito di cui trattasi (Cass, civ., sez. II, 21 ottobre 2011, n. 21907).

Pertanto, in tale ultima ipotesi, poiché l'obbligo del contributo grava sul titolare del piano o della porzione di piano inteso come cosa unica e poiché i comproprietari costituiscono, rispetto al condominio, un insieme, ciascuno è tenuto in solido verso il condominio. Per meglio dire, il debito riferito alle spese condominiali sorte successivamente non è un debito ereditario ma un debito relativo alla comunione e in relazione alla quale vi è la solidarietà tra comproprietari (Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 2009 n. 1382; Trib. Bologna 27 marzo 2018, n. 984).

In conclusione, la disciplina di ripartizione dei debiti e pesi ereditari tra i coeredi in proporzione delle loro quote opera per i debiti e pesi presenti nel patrimonio del de cuius al momento della morte, nonché per quelli sorti in immediata conseguenza della successione ereditaria, e non anche per i debiti venuti occasionalmente ad esistenza dopo la morte di quello a causa della condotta degli eredi, i quali non adempiano ad obbligazioni che pur traggono i propri presupposti remoti da atti o fatti riconducibili alla sfera patrimoniale del defunto (Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2013, n. 8900: nella specie, l'obbligo risarcitorio riguardava per il mancato rilascio di un immobile concesso in comodato al de cuius e richiesto in restituzione dal comodante per la prima volta agli eredi). Tali conclusioni valgono, ove l'erede abbia accettato l'eredità; difatti, diversamente, esso non sarà tenuto a rispondere del debito e la sua quota andrà ad accrescere quella degli altri chiamati che non abbiano rifiutato. Tuttavia, sono stati registrati anche dei casi di responsabilità dei c.d. chiamati all'eredità: soggetti che oltre ad essere vocati alla successione hanno, di fatto, il potere di acquistare o rinunziare ai beni.

Le responsabilità dei chiamati all'eredità per la sicurezza degli edifici

Il giudizio era sorto a seguito di un intervento urgente, originariamente disposto dal Comune, con diffida ai chiamati all'eredità a provvedere in via definitiva, e con successivo intervento di un privato - costituitosi parte civile - che aveva segnalato la protrazione della situazione di pericolo concreto per i passanti. Difatti, quest'ultimo, titolare di uno studio professionale, aveva disposto l'intervento in quanto era costretto a passare sotto le strutture lesionate e pericolose per la pubblica incolumità.

Per i motivi esposti, il giudice del Tribunale di Latina condannava i chiamati all'eredità al risarcimento del danno morale subìto dalla costituita parte civile per la contravvenzione ex art. 677 c.p. (perché, quali proprietari dell'immobile, omettevano di far eseguire i lavori necessari alla tutela dell'incolumità pubblica).

Nel giudizio di legittimità (Cass. pen., sez. I, 11 marzo 2019, n. 10549), i ricorrenti precisavano che non dovevano considerarsi eredi e quindi proprietari dell'immobile; quest'ultimo, infatti, era appartenuto al padre della loro madre che, però, non aveva ereditato in quanto la medesima non aveva integrato comportamenti espressi o taciti tali da far presumere la volontà di ricevere detto bene in successione. Quindi, il diritto di accettare l'eredità ex art. 480 c.c. era prescritto prima della morte della loro madre.

Premesso quanto esposto, tuttavia, i giudici di legittimità hanno rigettato l'assunto difensivo dei ricorrenti. Difatti, in base all'art. 460, commi 1 e 2, c.c., il chiamato all'eredità può esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale apprensione; inoltre, può compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea. Dunque, l'attività di vigilanza del delato viene individuata come l'insieme degli atti di natura cautelare volti ad individuare la consistenza del patrimonio ereditario. Essa si pone quale momento preliminare all'attività di amministrazione ed è tesa ad individuare le fonti di possibili pregiudizi al patrimonio ereditario anche al fine di predisporre l'adozione di provvedimenti di natura conservativa.

A sostegno di ciò, precisano i giudici di legittimità che il soggetto attivo indicato dall'art. 677 c.p. non è soltanto il proprietario dell'immobile, ma anche “chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione”. Ed ancora, al parere della Suprema Corte penale, alla stregua del bene “incolumità pubblica” tutelato dalla disposizione in esame, e dell'intervento già in precedenza attuato in via di urgenza (e di supplenza) dal Comune, che concretizza nel caso specifico la finalità perseguita dal legislatore, “è inappropriato opporre sottili distinzioni civilistiche sulle qualità successorie degli imputati, trattandosi in entrambi i casi di soggetti tenuti a provvedere ai lavori necessari sull'immobile onde scongiurarne il rischio di rovina, salvo poi a verificare nell'appropriata sede civilistica a chi sarebbe effettivamente spettato l'onere di spesa in merito a tali opere necessarie ed urgenti, alla stregua delle rispettive posizioni civilistiche in ordine al bene”. Difatti, richiamando l'art. 460 c.c., secondo gli ermellini, la disposizione contempla i poteri espressi in termini di mera facoltà quando sono rivolti alla cura di un interesse privato dello stesso soggetto, ma che devono intendersi come obblighi nei loro riflessi funzionali alla tutela di un interesse pubblico, nella specie consistente nell'incolumità pubblica e sanzionato dalla disposizione dell'art. 677 c.p.

Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, sotto il profilo penalistico, in relazione all'oggettività giuridica della disposizione dell'art. 677 c.p., sono obbligati alla conservazione dell'edificio anche i chiamati all'eredità, in funzione della loro relazione con il bene pericolante, sia pure in via provvisoria e salva diversa ripartizione degli oneri economici in sede civilistica.

Gli obblighi del coniuge superstite

Il diritto di abitazione, che la legge riserva al coniuge superstite (art. 540, comma 2, c.c.), può avere ad oggetto soltanto l'immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare. Il suddetto diritto, pertanto, non può mai estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento, autonomo rispetto alla sede della vita domestica, ancorché ricompreso nello stesso fabbricato, ma non utilizzato per le esigenze abitative della comunità familiare (Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2012, n. 4088).

Pertanto, se, alla morte del defunto, è rimasto in vita il suo coniuge (la moglie o il marito), per le sole quote condominiali successive al decesso è responsabile il coniuge stesso in quanto titolare del c.d. diritto di abitazione. Difatti, come già chiarito dalla giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 19 aprile 2017, n. 9920), qualora un appartamento sito in condominio sia oggetto di diritto reale di abitazione, il titolare del diritto di abitazione è tenuto al pagamento delle spese di amministrazione e di manutenzione ordinaria del condominio. Di conseguenza, la sua responsabilità esclude quindi quella degli altri coeredi, titolari solo della cosiddetta nuda proprietà fintanto che vive il coniuge superstite o questi continua a vivere all'interno dell'immobile in questione.

In conclusione

L'amministratore che viene a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non manifestano tale loro qualità, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna ricerca, non è tenuto ad inviare alcun avviso né al condomino, né agli eredi impersonalmente presso l'ultimo domicilio. Se poi gli eredi sono stati individuati dall'amministratore ma si rifiutano di comunicare i dati si deve considerare che l'art. 1130 c.c. impone all'amministratore - a pena di revoca - in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni da parte dei successori, di richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe; decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, il mandatario dei condòmini può acquisisce le informazioni necessarie nei registri catastali, addebitandone il costo agli eredi responsabili.

Inoltre, in mancanza di amministratore, in caso di questioni afferenti la sicurezza dell'edificio (omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina), sussiste l'obbligo giuridico alla conservazione dell'edificio anche a carico dei chiamati all'eredità, in funzione della loro relazione con il bene pericolante, sia pure in via provvisoria e salva diversa ripartizione degli oneri economici in sede civilistica.

In definitiva, sono gli eredi che hanno l'obbligo, al fine dell'esercizio dei poteri connessi alla loro qualità, di rendersi attivi. Allorché al condomino deceduto succede l'erede, questi deve affrettarsi a dimostrare all'amministratore il titolo in forza del quale dovrà per l'innanzi annoverarlo fra i condomini: infatti, nelle successioni mortis causa, l'inerzia non è surrogabile, come nei negozi tra vivi, dal venditore che, interessato a sgravarsi dai contributi condominiali, provvede a segnalare all'amministratore il nome dell'acquirente. La collaborazione dell'erede è, poi, essenziale quando, ad una situazione semplice, ne sottentra una complessa, caratterizzata da un diritto di godimento in concorrenza con il diritto di proprietà non definibile per fatti esterni e suscettibile di dar luogo ad un semplice diritto di abitazione anziché di usufrutto, o un usufrutto parziario anziché totale, così da restringere l'erede alla nuda proprietà.

Riferimenti

Tarantino, Recupero degli oneri economici dovuti: l'amministratore non è tenuto a reperire i nominativi degli eredi, in Condominioelocazione.it, 1 ottobre 2019;

Baldacci, Come applicare la riforma del condominio, Rimini, 2013, 266;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015, 212;

Tortorici, Manuale del condominio, Milano, 2009, 167.

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