Opposizione avverso il decreto ingiuntivo dell'avvocato per il pagamento degli onorari proposta con citazione anziché con ricorso

Roberta Metafora
19 Ottobre 2021

L'opposizione avverso l'ingiunzione ottenuta dall'avvocato nei confronti del proprio cliente ai fini del pagamento degli onorari e delle spese dovute, proposta con atto di citazione, anziché con ricorso, è da reputare utilmente esperita qualora la citazione sia stata comunque notificata entro il termine di quaranta giorni - di cui all'art. 641 c.p.c. - dal dì della notificazione dell'ingiunzione di pagamento.
Massima

L'opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso l'ingiunzione ottenuta dall'avvocato nei confronti del proprio cliente ai fini del pagamento degli onorari e delle spese dovute, ai sensi del combinato disposto degli artt. 28 della l. 794/1942, 633 c.p.c. e 14 d.lgs. 150/2011, proposta con atto di citazione, anziché con ricorso ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. e dell'art. 14 del d.lgs. 150/2011, è da reputare utilmente esperita qualora la citazione sia stata comunque notificata entro il termine di quaranta giorni - di cui all'art. 641 c.p.c. - dal dì della notificazione dell'ingiunzione di pagamento. In tale evenienza, ai sensi dell'art. 4, comma 5, del d.lgs. 150/2011, gli effetti sostanziali e processuali correlati alla proposizione dell'opposizione si producono alla stregua del rito tempestivamente attivato, ancorché erroneamente prescelto, per cui il giudice adito deve disporre con ordinanza il mutamento del rito, ai sensi dell'art. 4, comma 1, deld.lgs. 150/2011.

Il caso

Avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da un avvocato per la liquidazione del compenso veniva proposto da parte della cliente intimata atto di citazione in opposizione ai sensi dell'art. 645 c.p.c.

L'avvocato, costituitosi, eccepiva la tardività dell'opposizione, in quanto proposta con citazione anziché con ricorso. Il tribunale adito, disposto il mutamento del rito in quello di cui all'art. 14 del d.lgs. 150/2011, accoglieva l'opposizione revocando il decreto opposto.

Contro quest'ultima decisione veniva proposto ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., deducendosi l'inammissibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo proposta, in quanto introdotta con citazione anziché con ricorso. Per il ricorrente, anche laddove fosse stato ritenuto applicabile il principio di conservazione degli atti processuali di cui agli artt. 121 e 156 c.p.c., l'opposizione era in ogni caso da ritenersi tardiva, in considerazione del costante orientamento della Corte di legittimità per il quale la conversione in tanto è possibile se ed in quanto l'atto erroneamente proposto con citazione venga depositato nel termine prescritto per l'opposizione, circostanza che non si era verificata nel caso di specie.

La questione

Viene sottoposta alla S.C. la questione attinente alle conseguenze dell'errore nella scelta della forma dell'opposizione a decreto ingiuntivo per la liquidazione dei compensi professionali, domandandosi in particolare se, una volta individuato nel ricorso l'atto con il quale introdurre l'opposizione ex art. 14 citato, l'errore nella scelta della forma dell'atto di opposizione, compiuta con citazione, possa sanarsi solo ove la citazione stessa sia depositata nel termine di cui all'art. 641 c.p.c. o se, invece, possa avere efficacia sanante la circostanza che la notifica dell'atto introduttivo sia avvenuta nel detto termine.

Le soluzioni giuridiche

La Seconda sezione della Cassazione, con la sentenza in commento, dichiara infondato il ricorso. Sebbene non appaia dubbio che a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 14 d.lgs. 150/2011 l'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile debba proporsi con le forme speciali del procedimento sommario di liquidazione dei compensi e, dunque, con ricorso, in caso di errore nella scelta della forma dell'atto di opposizione, ove cioè quest'ultima sia stata compiuta con citazione, il relativo giudizio può ritenersi ritualmente proposto anche laddove la citazione stessa sia notificata nel termine di cui all'art. 641 c.p.c., senza a che tal fine rilevi la data dell'effettivo deposito della stessa; ciò, in virtù del disposto contenuto nell'art. 4, comma 5, del d.lgs. 150/2011, a mente del quale gli effetti sostanziali e processuali correlati alla proposizione dell'opposizione si producono alla stregua del rito tempestivamente attivato, ancorché erroneamente prescelto, per cui il giudice adito deve disporre con ordinanza il mutamento del rito, ai sensi del primo comma dell'art. 4 citato. Per la S.C., peraltro, anche a voler ritenere non invocabile al caso di specie la previsione di cui all'art. 4, comma 4 del d.lgs. 150/2011, il ricorso proposto è da ritenersi comunque infondato, in quanto l'opponente aveva iscritto al ruolo la causa nel termine depositando prima la copia dell'atto di citazione (c.d. velina) nel termine previsto dalla legge e poi l'originale, in ossequio all'orientamento da tempo invalso presso la giurisprudenza di legittimità.

Osservazioni

La sentenza che qui si commenta merita ampio apprezzamento: essa si pone nel solco di un indirizzo a lungo propugnato dalla dottrina e che finalmente pare trovare strada anche nell'ambito della giurisprudenza di merito e di legittimità.

In senso analogo alla sentenza in epigrafe si sono poste Trib. Milano, 28 febbraio 2018, in www.il caso.it., nonché, più di recente, Cass. civ., 14 maggio 2019, n. 12796 e Cass civ., 26 settembre 2019, n. 24609, per le quali l'opposizione avverso l'ingiunzione chiesta ed ottenuta dall'avvocato nei confronti del proprio cliente, ai fini del pagamento degli onorari, con atto di citazione, anziché con ricorso è da reputare utilmente esperita qualora l'atto di citazione in opposizione sia stato comunque notificato entro il termine di quaranta giorni, rispondendo l'art. 4, comma 5, d.lgs. 150/2011 allo scopo di «calibrare la salvaguardia degli effetti alla stregua non già della mera conformità al rito astrattamente prefigurato, sibbene alla stregua dell'utile attivazione del rito ancorché erroneamente prescelto, in una proiezione teleologica non del tutto dissimile da quella consacrata all'art. 156, comma 3, c.p.c.».

Come già affermato altrove (Metafora, Mutamento del rito ex art. 4 d.lgs. 150/2011 e salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda soggetta a un termine di decadenza, nota a Cass. 10 maggio 2021, n. 12233, in questa Rivista), se si parte dall'assunto che l'errore sul rito non esonera il giudice dal dovere di conoscere il merito della controversia e che lo svolgimento del processo secondo il rito sbagliato non è in grado di determinare di per sé solo la nullità dei suoi atti, deve senz'altro trarsi la necessaria conseguenza che nel caso in cui l'instaurazione del giudizio sia assoggettata ad un termine di decadenza e la parte proponga con le forme sbagliate l'azione sottoposta ad un termine di decadenza, il giudice deve mettere in atto un meccanismo di salvaguardia degli effetti dell'azione, allo scopo di «salvare» l'opposizione proposta con la forma sbagliata, ma idonea, secondo il principio del raggiungimento dello scopo dell'atto, ad assicurare aliunde il rispetto del termine.

A fondamento dell'idea per la quale nel caso di errore nella scelta della forma dell'atto introduttivo debba in ogni caso ammettersi una sanatoria incondizionata e irretroattiva militano inoltre i seguenti argomenti: 1)l'art. 59 della l. 69/2009 che, nel recepire l'orientamento della giurisprudenza (Corte cost. 12 marzo 2007, n. 77; Corte cost., 19 luglio 2013, n. 223), permette la translatio iudicii con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda erroneamente proposta dinnanzi a un giudice privo di giurisdizione; 2) la posizione della giurisprudenza di legittimità, a mente della quale è ammissibile l'impugnazione ex art. 1137 c.c. della delibera condominiale anche se proposta con ricorso, in luogo del prescritto atto di citazione ed anche se il ricorso non venga notificato nel termine dettato per l'impugnazione (Cass., Sez. un., 14 aprile 2011, n. 8491; più di recente Cass., 23 agosto 2019, n. 21632).

Soprattutto, quale argomento principe vi è l'art. 4 del d.lgs. 150/2011 e la previsione in esso contenuta (comma 5), la quale afferma il principio secondo cui per determinare gli effetti sostanziali e processuali della litispendenza deve farsi riferimento al rito prescelto in concreto dall'attore anziché rito che avrebbe dovuto essere correttamente utilizzato.

Ad avviso di chi scrive, tale regola, invero sino ad oggi ritenuta di stretta interpretazione e, dunque, limitata alle sole controversie promosse in forma diversa da quelle previste dal d.lgs. 150/2011, deve essere ritenuta applicabile a tutte le ipotesi di errore nella scelta della forma dell'atto introduttivo; ammettere il contrario, infatti, farebbe inevitabilmente sorgere il dubbio di legittimità costituzionale di una siffatta differenziazione, che non sembra in alcun modo giustificabile in ragione di una minore o maggiore gravità dell'eventuale errore sul rito (Balena, Sull'errore (talora assai dubbio) concernente la forma dell'atto di impugnazione, in Il giusto proc. civ., 2014, 1127).

C'è da sperare che l'apertura manifestata dalla Cassazione con la decisione che qui si commenta non venga vanificata dalla futura decisione delle Sezioni Unite richiesta da Cass civ., n. 12233/2021 (in questa Rivista) sul contiguo tema dell'operatività della regola contenuta nel comma 5 dell'art. 4 (se cioè il meccanismo in esso contenuto possa operare solo se il mutamento del rito sia stato tempestivamente disposto, nel termine indicato dal comma 2 dell'art. 4) e che al contrario venga dal S.C. confermato il principio a mente del quale deve essere consentito alla parte di ritenere salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda a prescindere dal tempestivo mutamento di rito, soprattutto quando si consideri che le numerose e non sempre lineari riforme che hanno riguardato negli ultimi anni il processo civile e i sempre più frequenti disorientamenti operati dalla giurisprudenza di legittimità espongono quotidianamente gli operatori della giustizia al rischio di incorrere senza loro colpa nella declaratoria di inammissibilità delle opposizioni e/o impugnazioni da loro proposte.

Riferimenti
  • Balena, Le conseguenze dell'errore sul modello formale dell'atto introduttivo (traendo spunto da un obiter dictum delle sezioni unite), in Il giusto proc. civ., 2011, 658 ss.
  • Balena, Sull'errore (talora assai dubbio) concernente la forma dell'atto di impugnazione, in Il giusto proc. civ., 2014, 1127)
  • Carratta, La "semplificazione" dei riti e le nuove modifiche del processo civile, Torino, 2012, passim;
  • Metafora, Il procedimento per la liquidazione dei compensi degli avvocati, Napoli, 2020.
  • Tiscini, Commento all'art. 4, in Sassani-Tiscini, La semplificazione dei riti civili, Roma, 2011, 47; Trapuzzano, Il passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione alla luce del d.l. n. 132/2014, in questa Rivista.