Sull'onere della prova e l'invalidità della fideiussione schema ABI

Fabio Fiorucci
22 Ottobre 2021

Poiché il provvedimento n. 55/2005 di Bankitalia ha circoscritto l'accertamento dell'illiceità ad alcune specifiche clausole dello schema di fideiussione ABI, dal relativo accertamento non discende la nullità dell'intero contratto, dovendo la nullità del contratto c.d. “a valle” essere valutata dal giudice adito ...
Massima

Poiché il provvedimento n. 55/2005 di Bankitalia ha circoscritto l'accertamento dell'illiceità ad alcune specifiche clausole dello schema di fideiussione ABI, dal relativo accertamento non discende la nullità dell'intero contratto, dovendo la nullità del contratto c.d. “a valle” essere valutata dal giudice adito alla stregua degli artt. 1418 e 1419 c.c. Riguardo agli oneri probatori, occorre allegare l'applicazione nel caso concreto delle clausole censurate e quali effetti conseguirebbero dalla loro espunzione dal contratto oggetto di causa; l'attore deve, altresì, produrre in giudizio il modello ABI e il provvedimento n. 55/2005 della Banca d'Italia nonché dimostrare la non occasionalità delle condizioni contrattuali applicate.

Il caso

L'appellante chiede di accertare e dichiarare, anche d'ufficio, la nullità del contratto di fideiussione stipulato in conformità dello schema ABI in quanto contratto stipulato a valle dell'intesa illecita sanzionata da Banca d'Italia con provvedimento n. 55/2005 e, come tale, in violazione dell'art. 2 della L. n. 287/1990.

La questione

La tematica delle fideiussioni omnibus prestate a garanzia delle operazioni bancarie conformi allo schema di contratto di fideiussione elaborato dall'Associazione Bancaria Italiana (ABI) è al centro di un intenso dibattito giurisprudenziale; la sorte dei contratti stipulati in conformità di intese anticoncorrenziali è stata, infine, rimessa alle Sezioni Unite da Cass. n. 11486/2021, quale questione di particolare importanza.

Come noto, la Banca d'Italia (in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi) con il Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 ha censurato i rischi di una applicazione generalizzata e uniforme (alla data del Provvedimento invero ancora non avvenuta) della modulistica ABI sui contratti di fideiussione omnibus contenente previsioni (in particolare gli artt. 2, 6 e 8) del seguente tenore:

– clausola sopravvivenza: «qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate»;

– clausole di reviviscenza: «il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo»;

– rinuncia termini ex art. 1957 c.c.: «i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall'art. 1957 c.c., che si intende derogato».

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza di legittimità si è pronunciata più volte sulle fideiussioni omnibus (prestate a garanzia delle operazioni bancarie) conformi allo schema di fideiussione elaborato dall'ABI.

Considerato che il Provvedimento Bankitalia n. 55 del 2 maggio 2005 ha vietato l'uso uniforme – non già occasionale – dello schema di fideiussione suggerito dall'ABI, la Cassazione ha stabilito - in materia di onere della prova in tema di illecito antitrust - che la dimostrazione del carattere appunto uniforme (non meramente episodico) dell'applicazione delle clausole contestate, « ;in quanto elemento costitutivo del diritto vantato ;», poiché previsto nel Provvedimento di Banca d'Italia, deve essere provato dall'attore, secondo la regola generale dell'art. 2697 c.c. (Cass. n. 30818/2018; conf. Trib. Rieti 29.2.2020; Trib. Milano 23.6.2020).

La decisione della Cassazione n. 24044/2019 (v. anche Cass. n. 4175/2020), sintetizzando gli orientamenti di legittimità resi in argomento, ha stabilito che è da escludere una nullità in toto della fideiussione omnibus: le clausole di cui agli articoli 2, 6 e 8 delle vecchie Norme Bancarie Uniformi possono apparire anti-concorrenziali e quindi affette da una nullità relativa, che però non travolge l'intero contratto di garanzia: «dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, emessa dalla Autorità Antitrust ai sensi dell'art. 2 della legge n. 287 del 1990, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all'intesa, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti». Ne consegue che, nel caso in cui sia accertata la nullità di una o più clausole, in quanto corrispondenti a quelle dello schema ABI, ciò non travolge in via automatica l'intero contratto, tenuto conto che in linea generale solo la banca potrebbe dolersi della loro espunzione.

Più di recente, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4175/2020, ha ribadito, in maniera chiara e netta, che le fideiussioni conformi allo schema tipo dell'ABI possono essere affette da una nullità relativa, che non travolge automaticamente l'intero contratto di garanzia, in quanto limitata alle tre clausole censurate da Banca d'Italia, con il riconoscimento, nella ricorrenza dei presupposti di legge, anche della tutela di tipo risarcitorio.

La decisione della Corte di appello di Venezia in commento si allinea al predetto orientamento della giurisprudenza di legittimità.

La nullità ravvisabile nella fattispecie deve considerarsi soltanto parziale, e quindi riguardare le sole clausole in violazione della normativa antitrust, con la conseguenza che – in applicazione del generale principio di cui all'art. 1419 c.c. – il contratto di garanzia non può dirsi interamente nullo, in quanto è di tutta evidenza che la banca lo avrebbe comunque concluso, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia, «né l'opponente ha allegato ragioni per cui l'assenza di clausole, peraltro comportanti effetti gravosi nei suoi confronti, lo avrebbero dovuto indurre a non stipulare i negozi in questione». In sostanza, l'obbligo di garanzia non viene meno anche eliminando le clausole invalide: la funzione economico-sociale della fideiussione permane (Trib. Milano 23.1.2020, Trib. Vicenza 5.2.2020; Trib. Rieti 29.2.2020; Trib. Ferrara 29.4.2020; App. Torino 20.7.2020; Trib. Cassino 15.10.2020 n. 744; Trib. Roma 13.10.2020; App. Milano 4.1.2021; Trib. Torino 16.4.2021 (dott.ssa Ratti); Trib. Padova 7.4.2021; Trib. Napoli, Sez. specializzata in materia di imprese, 5.5.2021, n. 4214; Trib. Vicenza 27.5.2021; Trib. Teramo 9.6.2021 n. 914).

In motivazione, App. Venezia 13.9.2021 chiarisce che, poiché l'Autorità amministrativa ha circoscritto l'accertamento dell'illiceità ad alcune specifiche clausole dello schema ABI, dal relativo accertamento non discende la nullità dell'intero contratto, dovendo la nullità del contratto c.d. “a valle” essere valutata dal giudice adito alla stregua degli artt. 1418 e 1419 c.c.

Anche il Collegio di coordinamento dell'ABF ha espresso il convincimento che nella fattispecie la nullità sia solo parziale (Collegio di coordinamento ABF n. 14555/2020).

Al riguardo, giova osservare che, come risaputo, l'estensione all'intero contratto della nullità delle singole clausole, secondo la previsione dell'art. 1419 c. c., ha carattere eccezionale, in quanto deroga al principio generale della conservazione del contratto, e può essere dichiarata dal giudice solo se risulti che il negozio non sarebbe stato concluso senza quella parte del suo contenuto colpita dalla nullità, e cioè solo se il contenuto dispositivo del negozio, privo della parte nulla, risulti inidoneo a realizzare le finalità cui la sua conclusione era preordinata (Cass. n. 10690/2005; Cass. n. 24044/9/2019; App. Venezia 13.9.2021).

Relativamente alla distribuzione degli oneri probatori, è diffuso il convincimento giurisprudenziale, cui aderisce la sentenza in commento, che l'onere della prova circa l'esistenza di una intesa anticoncorrenziale, costituente indefettibile presupposto della richiesta di nullità della fideiussione ex artt. 2 L. n. 287/1990 e 1419, comma 1, c.c., grava sull'attore. Nessun serio indizio di una intesa anticoncorrenziale può essere tratto dal solo fatto che nella singola fideiussione siano state inserite le medesime tre clausole già sanzionate nel 2005, tanto più considerando che le dette clausole non erano contrarie a norme imperative, bensì legittimamente derogatorie di norme codicistiche (il denunciato profilo di nullità riposava – in tesi – solo e soltanto nell'asserita violazione dell'art. 2 L. n. 297/1990). In sostanza, in assenza di una indicazione – da parte dell'attore – sufficientemente plausibile di seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza, la domanda di nullità della fideiussione omnibus (e/o delle clausole, come già detto, di natura derogabile) deve essere rigettata (App. Napoli 13.1.2020; App. Milano 20.11.2018; App. Milano 23.7.2020; Trib. Cosenza 2.3.2021; Trib. Sondrio 28.4.2021; Trib. Lucca 7.5.2021).

In definitiva, secondo la giurisprudenza la mera produzione del contratto di fideiussione contenente clausole analoghe a quelle dello schema ABI censurato, non consente di ritenere provato né che l'intesa anticoncorrenziale accertata da Banca d'Italia nel 2005 fosse perdurante al momento della stipulazione delle fideiussioni (specie se molto successive), né che l'utilizzo di tali clausole sia lo sbocco di quella specifica intesa accertata da Banca d'Italia piuttosto che espressione della convenienza dell'utilizzo di clausole di analogo tenore, di per sé non contrario a norme imperative, per la parte predisponente le condizioni generali di contratto (Trib. Milano 19.11.2020; v. anche Trib. Bologna 4.11.2020; Trib. Sondrio 28.4.2021).

Il mancato esercizio, da parte della banca, delle facoltà contemplate dalle tre clausole in discussione ha indotto parte della giurisprudenza a ritenere che la loro eventuale invalidità non assumerebbe alcuna concreta rilevanza, non essendosi la banca avvalsa delle condizioni illecite (Trib. Rieti 29.2.2020; Trib. Mantova 16.1.2019; App. Milano 23.7.2020; App. Torino 20.7.2020; App. Milano 4.1.2021).

È stato, infine, affermato che l'omessa produzione da parte dell'attore del provvedimento dell'Autorità di Vigilanza e del parere dell'AGCM (al quale detto provvedimento prestava adesione) implica il rigetto della domanda, trattandosi di provvedimenti ed atti amministrativi sottratti al principio iura novit curia e non valutabili dal giudice ove non tempestivamente prodotti (App. Napoli 13.1.2020; Trib. Brindisi 20.7.2020; Trib. Bari 10.9.2020 n. 2631; App. Bologna 17.3.2021).

Conclusioni

La prevalente giurisprudenza ha affermato che le fideiussioni conformi allo schema tipo dell'ABI possono essere affette da una nullità relativa, che non travolge automaticamente l'intero contratto di garanzia, in quanto limitata alle tre clausole censurate da Banca d'Italia, con il riconoscimento, nella ricorrenza dei presupposti di legge, anche della tutela di tipo risarcitorio. L'onere della prova circa l'esistenza di una intesa anticoncorrenziale, che costituisce indefettibile presupposto della richiesta di nullità della fideiussione ex artt. 2 L. n. 287/1990 e 1419, comma 1, c.c., grava sull'attore. La mera produzione del contratto di fideiussione contenente clausole analoghe a quelle dello schema ABI censurato, non consente di ritenere provato né che l'intesa anticoncorrenziale accertata da Banca d'Italia nel 2005 fosse perdurante al momento della stipulazione delle fideiussioni (specie se molto successive), né che l'utilizzo di tali clausole sia lo sbocco di quella specifica intesa accertata da Banca d'Italia piuttosto che espressione della convenienza dell'utilizzo di clausole di analogo tenore, di per sé non contrario a norme imperative.