Inoppugnabilità in cassazione del provvedimento di rigetto della richiesta di riapertura del fallimento

24 Agosto 2021

Il decreto con cui la corte d'appello conferma, in sede di reclamo, il diniego alla riapertura del fallimento è ricorribile per cassazione?

Il decreto con cui la corte d'appello conferma, in sede di reclamo, il diniego alla riapertura del fallimento è ricorribile per cassazione?

Caso pratico - Il tribunale rigetta la richiesta del creditore di una s.p.a. di riapertura del fallimento, chiuso un anno prima, per mancanza di attivo.

La corte d'appello conferma, in sede di reclamo, il decreto del tribunale. Il creditore decide di ricorrere in cassazione avverso il decreto di rigetto della corte d'appello.

Si pone il problema di stabilire se sia ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui la Corte d'appello, in sede di reclamo, respinge la richiesta di riapertura del fallimento.

Spiegazioni e conclusioni - La legge fallimentare disciplina agli artt. 121 (Casi di riapertura del fallimento), 122 (Concorso dei vecchi e nuovi creditori) e 123 (Effetti della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori) l'istituto della riapertura del fallimento.

In breve, perché il fallimento possa essere riaperto è necessario che non siano trascorsi più di cinque anni - la sentenza che ordina la riapertura, cioè, deve essere depositata in cancelleria entro cinque anni dal decreto di chiusura, non essendo sufficiente che l'istanza di riapertura sia proposta entro tale termine (Cass. 25 novembre 1993, n. 11654) - ed è necessario che la chiusura sia avvenuta per ripartizione finale dell'attivo o per sua insufficienza o mancanza.

È naturalmente necessario che la riapertura abbia una sua utilità, quindi nel patrimonio devono esservi attività tali da renderla utile oppure il fallito deve prestare garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.

Nel caso in questione il creditore si era mosso per tempo in quanto il fallimento si era chiuso da appena un anno per mancanza di attivo e riteneva che allo stato attuale nel patrimonio dell'ex fallito vi fossero dei beni tali da rendere utile la riapertura del fallimento. Va comunque precisato che tali utilità devono preesistere alla chiusura.

Il tribunale adito ha respinto il ricorso del creditore con decreto motivato. Poiché avverso tale decreto è possibile, ex art. 22 L.F., proporre reclamo alla Corte d'appello il creditore ha agito in tal senso risultando, però, di nuovo soccombente. Ritenendosi ancora insoddisfatto ha deciso di rivolgersi alla Suprema Corte. Il decreto dei secondi giudici che conferma il rigetto del ricorso non è più impugnabile.

A questo proposito è stata fin troppo chiara la Corte di Cassazione la quale, richiamando i suoi precedenti (ivi compresa una pronuncia delle Sezioni Unite del 19 novembre 1996, n. 10095, m. 500610), si è così pronunciata: “Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, il decreto, con il quale la Corte d'appello, in sede di reclamo, rigetti l'istanza del creditore di riapertura del fallimento, non è impugnabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., atteso che detto provvedimento non incide in via sostanziale e definitiva sul diritto del creditore, il quale può riproporre la propria istanza ovvero anche agire in sede ordinaria, con azione di accertamento o di condanna” (Cass. 19 giugno 2008, n. 16656). Nel caso che ci occupa, dunque, il ricorso in cassazione del creditore è da ritenersi inammissibile.

In conclusione, il decreto con cui la Corte d'appello conferma, in sede di reclamo, il diniego alla riapertura del fallimento non è ricorribile per cassazione. Una eventuale proposizione del ricorso in cassazione sarebbe da ritenersi inammissibile.

Normativa

  • Art. 121 L.F.
  • Art. 122 L.F.
  • Art. 123 L.F.

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