Procedimento sommario di cognizione: il deposito del ricorso vale ad interrompere la prescrizione
25 Ottobre 2021
Massima
In caso di proposizione di azione revocatoria ordinaria mediante ricorso ex art. 702-bis c.p.c., il termine di prescrizione è validamente interrotto dal deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito, atteso, per un verso, che nell'instaurazione del rapporto processuale (rilevante ai fini dell'individuazione del giudice previamente adito in caso di litispendenza: art. 39, ult. comma, c.p.c.) deve individuarsi l'espressione della volontà dell'attore di interrompere la condizione di inerzia che conduce all'estinzione del diritto per prescrizione, e considerato, per altro verso, che il dato letterale secondo cui, ai fini dell'effetto interruttivo della prescrizione, rileva la «notificazione» dell'atto con cui si inizia il giudizio (art. 2943 c.c.), deve essere inteso come corrispondente al binomio proposizione della domanda/pendenza del giudizio, avuto riguardo alla circostanza che nell'impianto originario del codice di rito civile predominava il modello del processo ordinario instaurato con citazione, sicché la notificazione dell'atto con cui esso era introdotto costituiva la modalità «naturale» di proporre la domanda. Il caso
Un istituto di credito proponeva un'azione revocatoria finalizzata ad ottenere la declaratoria d'inefficacia dell'atto con cui due coniugi avevano costituito un fondo patrimoniale, nel quale erano stati inizialmente conferiti i beni di proprietà esclusiva di uno di essi e dal quale era stato successivamente svincolato un immobile, poi trasferito all'altro coniuge. In primo grado, la domanda dell'istituto di credito era rigettata, poiché il tribunale dichiarava l'intervenuta prescrizione dell'azione revocatoria, introdotta ex art. 702-bis c.p.c., dal momento che il ricorso, sebbene tempestivamente depositato presso la cancelleria, era stato notificato solo dopo lo spirare del termine di cinque anni dal compimento dell'atto da revocare, secondo la previsione dell'art. 2903 c.c. Parte ricorrente proponeva appello ed il giudice di seconde cure riformava la pronuncia di primo grado, con applicazione del principio della scissione degli effetti della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio e conseguente esclusione della prescrizione dell'azione revocatoria e dichiarazione d'inefficacia dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale. Proposto ricorso in Cassazione, i giudici di legittimità confermano la statuizione di secondo grado sul rilievo che il mero deposito del ricorso ex art. 702-bis c.p.c. è espressivo della volontà, in chi agisce il giudizio, di dare impulso al processo anche per interrompere quella condizione di inerzia che, protraendosi per il tempo di volta in volta stabilito dalla legge, dà luogo al fenomeno della prescrizione del diritto. Il solo deposito del ricorso rende palese l'intento della parte di avvalersi del diritto di cui all'art. 2901 c.c. La questione
Il mero deposito del ricorso ex art. 702-bis c.p.c. in cancelleria interrompe la prescrizione dell'azione revocatoria? Le soluzioni giuridiche
La pronuncia in commento si discosta dalla soluzione che escludeva che il deposito del ricorso, ex art. 702-bis c.p.c, potesse rivestire alcuna valenza, ai fini dell'interruzione della prescrizione, come previsto dall'art. 39, comma 3, c.p.c., sul presupposto che la richiamata norma, che si riferisce al solo tema della prevenzione dei giudizi, ha contenuto ed effetti meramente processuali e non anche sostanziali, per cui non può avere alcuna rilevanza in materia di prescrizione (Cass. civ., n. 22827/2019; nella giurisprudenza di merito v. App. Salerno, 14 maggio 2020, n. 4). Secondo tale formante giurisprudenziale in caso di proposizione di azione revocatoria ordinaria mediante ricorso ex art. 702-bis c.p.c., il termine di prescrizione non è validamente interrotto dal solo deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito, atteso che, trattandosi di azione che può essere introdotta a scelta dell'attore sia con ricorso che con atto di citazione, non sussiste l'esigenza di evitare che sul soggetto che agisce in giudizio ricadano i tempi di emanazione del decreto di fissazione dell'udienza con conseguente compressione del termine assegnato dal legislatore per l'esercizio del diritto di difesa. Tale assunto muove dalla constatazione che la previsione di cui all'art. 2903 c.c., e cioè della decorrenza del quinquennio dalla data dell'atto dispositivo, deve essere intesa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2903 c.c. e 2935 c.c., come riferibile al momento di conoscibilità dell'atto medesimo da parte dei terzi, perché solo da tale momento l'inerzia dell'avente diritto sarebbe rilevante ai fini del previsto effetto estintivo (Cass. civ., n. 11758/2018). La pronuncia in commento nell'intento di sconfessare tale orientamento, osserva che, sebbene il testo dell'art. 2943 c.c. faccia letteralmente riferimento alla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, con tale formula si debba sostanzialmente intendere il binomio fra proposizione della domanda e pendenza del giudizio. L'intento del legislatore codicistico era inequivocabilmente quello di porre, come baricentro della disciplina della prescrizione, la proposizione della domanda e la pendenza del giudizio, più che la mera modalità con cui esse vengono portate a conoscenza del destinatario. Osservazioni
Nella sentenza in esame la Corte di cassazione ha affrontato la questione se, ai fini dell'interruzione della prescrizione dell'azione revocatoria, rilevi il momento del deposito del ricorso, ovvero della notificazione dello stesso. Per i giudici di legittimità, sebbene l'art. 2943 c.c. dia rilievo «letteralmente» alla «notificazione dell'atto con il quale si inizia il giudizio», tale formula deve essere intesa come corrispondente al binomio proposizione della domanda/pendenza del giudizio. Difatti è principio consolidato nel rito del lavoro - che al pari del processo sommario di cognizione risulta instaurato con ricorso - quello secondo cui «per individuare, ai fini della litispendenza il giudice preventivamente adito, deve farsi riferimento al deposito del ricorso presso la cancelleria». Il principio di diritto oggi affermato passa dal richiamo del principio consolidato del rito del lavoro che, al pari del processo sommario di cognizione, è instaurato con il deposito del ricorso in cancelleria e non con la sua successiva notificazione, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, come sembrerebbe ricavarsi dalla lettura dall'art. 39, comma 3, c.p.c., la cui applicazione, tuttavia, comporterebbe, sia ai fini della litispendenza che dell'interruzione della prescrizione, la dipendenza della parte dalla tempestività dell'operato del giudice, sul quale però essa non può avere controllo. E' infatti «in tale momento, con l'adizione del giudice» che si realizza «l'instaurazione del rapporto tra due dei tre soggetti fra i quali si svolge il processo» e non con la successiva notificazione del ricorso con in calce il decreto di fissazione udienza. In definitiva, così come ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adito si attribuisce rilievo al fatto dell'instaurazione, mediante il solo deposito del ricorso, di quell'actius trium personarum in cui si sostanzia il rapporto giuridico processuale, ad esso non può negarsi carattere espressivo della volontà in chi agisce il giudizio, di dare impulso al processo anche per interrompere quella condizione di inerzia che, protraendosi per il tempo di volta in volta stabilito dalla legge, dà luogo al fenomeno della prescrizione del diritto. Ciò che rileva, ai fini dell'interruzione della prescrizione dell'azione revocatoria è l'intento della parte di avvalersi del diritto potestativo, che si palesa mediante la proposizione della domanda all'autorità giudiziaria, ovvero con il deposito del ricorso ex art. 702-bis c.p.c. e che, allo stesso tempo, sia analogamente chiara alla controparte, la percezione di tale intento (Cass. civ., n. 13302/2012). Questo orientamento, d'altronde, trova conferma, per analogia, anche nella sentenza delle Sezioni Unite, concernente l'estensione della scissione degli effetti della notificazione anche agli effetti sostanziali dell'atto processuale ed in forza della quale si è giunti a considerare la consegna dell'atto introduttivo all'ufficiale giudiziario come un'attività idonea ad interrompere la prescrizione dell'azione revocatoria (Cass. civ., sez. un., n. 24822/2015 che ha esteso, con una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2943 c.c., la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario della notificazione agli effetti sostanziali degli atti processuali, ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale). Riferimenti
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