Riforma processo civile: le novità riguardanti i consulenti tecnici d'ufficio

Paolo Frediani
27 Ottobre 2021

È stato approvato in prima lettura al Senato il disegno di legge per la riforma del processo civile, il quale, sotto la spinta di ottenere un maggiore efficientamento del sistema giustizia, contiene, al comma 16, art. 1, misure volte alla revisione della normativa in materia di consulenti tecnici d'ufficio. Il disegno di legge è stato approvato con l. 206/2021, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 9 dicembre 2021.
Inquadramento

È stata approvata in prima lettura al Senato la Legge delega per la riforma del processo civile, sul quale è stata posta la fiducia. La norma, che ora è alla Camera per l'approvazione definitiva, sotto la spinta di ottenere un maggiore efficientamento del sistema giustizia, contiene, tra le altre, al comma 16, art. 1 del maxiemendamento, misure volte alla revisione della normativa in materia di consulenti tecnici d'ufficio.
Spetterà ora alla Camera l'approvazione definitiva del provvedimento e successivamente, al decreto attuativo, sotto forma di decreto legislativo, da emanarsi entro un anno, introdurre le novità.

Disegno di Legge: proposte per le funzioni del consulente tecnico d'ufficio

L'art. 1, al comma 16, «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata» reca criteri direttivi per la revisione della normativa in materia di consulenti tecnici, e nel dettaglio prevede che il Governo debba - nell'esercizio della delega - modificare la normativa in materia di consulenti tecnici secondo alcuni fondamentali principi.

L'attenzione oggi posta dal legislatore alla figura del consulente tecnico si pone in contrasto rispetto alla colpevole assenza che negli anni si è avuta verso i diversi profili di questa figura, nonostante i numerosi appelli mossi dalle categorie professionali; la decisione si pone quale intervento unitario rispetto alle variegate e talvolta singolari iniziative assunte localmente da tribunali di concerto con le categorie professionali.

Uno dei temi che il legislatore intende affrontare è «Rivedere il percorso di iscrizione dei consulenti presso i Tribunali, favorendo l'accesso alla professione anche ai più giovani (punto a)».

Il tema è estremamente importante e mette al centro dell'attenzione i criteri con i quali oggi i consulenti vengono selezionati ed iscritti negli appositi albi dei Tribunali.

L'attuale quadro normativo, ricordiamo, con l'art.15 disp.att. c.p.c. stabilisce i requisiti in:

- speciale competenza tecnica in particolari materie;

- specchiata condotta morale;

- iscrizione nelle associazioni professionali.

Agli osservatori più attenti non è sfuggito come oramai i requisiti per l'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici fossero piuttosto generici, desueti per non dire antistorici rispetto ad un mondo professionale mutato radicalmente sotto la spinta di specializzazioni e settorializzazioni; certamente gli attuali requisiti pongono poco in rilievo le speciali competenze e sensibilità che oggi, anche con la centralità assunta dalle funzioni del consulente tecnico nel processo, si richiedono ad un buon consulente.

Non si può non rilevare come negli ultimi anni - complice la crisi economica - un numero crescente di professionisti si è rivolto al settore della consulenza tecnica di ufficio. Il trend è confermato dall'incremento delle istanze di iscrizione all'albo dei C.T.U., ed il fenomeno ha posto una seria questione professionale: la consulenza, infatti, impone conoscenze giuridiche che si aggiungono alle competenze specialistiche (tecniche, mediche, contabili e così via).

È nella sostanza non sufficiente dimostrare il «poter fare» ma occorre esprimere, in quel determinato settore, il «saper fare».

L'esperienza quotidiana indica, difatti, che il professionista è spesso portato, erroneamente, a ritenere che la propria competenza, motivata dall'iscrizione ad un ordine o collegio professionale e dagli anni di esperienza di pratica professionale, possa di per sé essere sufficiente a garantire il corretto assolvimento del mandato giurisdizionale. In verità – ciò assume ancor più particolare rilievo alla luce dalle riforme del processo del 2006 e del 2009 – non appare scontato il fatto che un buon tecnico possa rappresentare necessariamente un buon consulente tecnico, poiché per svolgere efficacemente l'attività di ausiliario del giudice, questi deve possedere particolari conoscenze e qualità, in un certo senso anche autonome rispetto alle mere competenze scientifiche e professionali; ed è quello che contraddistingue la figura del consulente tecnico di ufficio rispetto a quella di un professionista tecnico in senso lato. Non è quindi detto che una consulenza tecnica ineccepibile da un punto di vista scientifico possa esserlo anche sotto quello delle regole procedimentali del codice di rito.

Ma d'altra parte nel nostro paese non si è mai sviluppata una seria riflessione sul concetto della professionalità (e quindi della qualità) che il consulente tecnico di ufficio deve poter garantire; come visto, d'altra parte, gli attuali requisiti per l'iscrizione all'albo non sono né sufficienti né idonei a garantire il corretto, compiuto e soddisfacente assolvimento all'incarico.

Ne consegue che non è mai riconosciuto il valore di una «speciale conoscenza» delle regole procedimentali e degli istituti di rito che regolamentano l'intervento nel processo da parte dell'ausiliario. E non certo perché non ve ne sia l'esigenza; difatti il professionista tecnico, esperto nel settore di competenza, frequentemente non lo è nella procedura che lo coinvolge nel corso dell'adempimento dell'incarico giudiziario.

In questo senso la disposizione nel disegno di legge approvato dal Senato indica dei criteri generali che dovrebbero, in sede di redazione di delega, essere indirizzati a fissare requisiti qualitativi in coerenza alle specifiche che taluni settori professionali (su tutte quella delle valutazioni immobiliari) hanno condotto alla certificazione delle competenze. Ora anche se – crediamo – non si potrà al momento giungere ad una vera e propria certificazione in materia -, i requisiti dell'azione del delegato dovrebbero prevedere perlomeno alcuni anni di esercizio della professione prima di poter accedere all'iscrizione all'albo, la obbligatorietà di attestare le qualifiche professionali dichiarate a mezzo di idonei attestati di partecipazione a eventi formativi dedicati e di esercizio professionale. Dovrebbe completare il quadro dei requisiti, oltre a quello già presente della condotta morale specchiata rilevante sotto il profilo soggettivo, un esame qualificante teorico – pratico (di ambito nazionale da inquadrarsi in un protocollo di accordo tra categorie professionali e ministero della giustizia) per verificare il grado di preparazione e qualificazione professionale dei soggetti. Solo dopo il superamento di detta fase il candidato dovrebbe ottenere l'accesso negli albi speciali.

Ma anche il mantenimento dei requisiti dovrebbe essere garantito e quindi verificato. Pertanto si dovrebbe stabilire una formazione di aggiornamento obbligatoria almeno biennale ed una verifica almeno quinquennale, affinché possa accertarsi il grado di mantenimento della qualificazione ottenuta ed il livello dell'aggiornamento del consulente tecnico.

Pertanto in buona sostanza un indirizzo di requisiti potrebbe essere rappresentato da:

  • accesso all'Albo almeno dopo cinque anni di esercizio professionale;
  • obbligo di attestare le qualifiche professionali conseguite nel periodo;
  • obbligo di partecipazione nel periodo ad un numero minimo di ore di orientamento sulla materia;
  • frequentazione obbligatoria del corso di formazione qualificante per l'iscrizione all'albo CTU (corso base) con contenuti didattici e durata adeguati su aspetti regolamentari, di etica e deontologia, procedimentali e sui diversi riflessi operativi del consulente;
  • superamento dell'esame qualificante;
  • frequentazione di corsi di aggiornamento per un numero minimo di ore nel biennio;
  • verifica quinquennale per mantenimento iscrizione;
  • svolgimento di sessioni di studio/di orientamento di concerto tra Magistratura, avvocatura e Ordini e collegi professionali.

Altro punto estremamente qualificante della proposta 16 in commento è quello di «Prevedere la formazione continua dei consulenti tecnici e periti (punto e)».

L'aspetto della formazione continua, oramai divenuto imprescindibile per ogni professionista e che caratterizza l'istruzione specialistica nella vita e nel decorso professionale, è di grande importanza, in particolare per la funzione dell'ausiliario giudiziario.

Invero non si comprende il motivo per il quale una figura che con il tempo ha assunto una così grande rilevanza nel processo come quella del consulente non sia richiesto il dovere di una formazione continua e obbligatoria al pari di altre figure (si pensi al tecnico esperto in certificazioni energetiche ovvero, ancora, in valutazioni immobiliari).

La formazione, divenuta necessaria per i professionisti in ogni settore, lo deve essere tanto più per quei soggetti che operano in contesti non propri, come per i tecnici forensi, privi di formazione specifica sotto il profilo giuridico-procedimentale. Potremmo dire in verità che come in una partita di calcio «il tecnico si trova a giocare sempre in trasferta» poiché opera su un terreno (quello giuridico-procedimentale) che non gli è proprio.

D'altra parte non si può non riconoscere il fatto - come già osservato - che il CTU debba possedere delle competenze e qualità particolari.

Volendo indicare i saperi del tecnico forense potremmo evidenziare:

— sapere tecnico;

— sapere giuridico;

— sapere relazionale.

Sapere tecnico:

Riguarda la competenza specialistica nel settore in cui l'esperto svolge la propria attività.

Nel descrivere la figura di coloro che possono richiedere l'iscrizione all'Albo dei consulenti tecnici l'art. 15 disp. att. c.p.c. stabilisce che «… Possono ottenere l'iscrizione nell'Albo coloro che sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia …».

Pertanto il soggetto deve essere in possesso non già di una competenza purchessia (come quella meramente spiegata dall'iscrizione ad un ordine o ad un collegio professionale) ma una competenza tecnica «particolare» ovvero specifica e documentata in un determinato settore.

Ecco che allora diventa importante l'accento posto dal riformatore al punto d del comma 16 «Distinguere le varie figure professionali, caratterizzate da percorsi formativi differenti…» che vedremo appresso.

Ne discende la necessità all'atto della domanda di iscrizione all'Albo dei consulenti tecnici del dover documentare le proprie specializzazioni, eventualmente supportate da titoli e qualifiche e spiegate da un percorso formativo consolidato e coerente.

Sapere giuridico:

Il tecnico che espleta l'attività di C.T.U. deve conoscere compiutamente le norme che regolano l'ambito nel quale la propria attività trova esplicazione.

Negli incarichi di consulente tecnico di ufficio le norme di diritto e di procedura influiscono e condizionano in modo decisivo il lavoro dell'esperto.

Il mancato rispetto del contraddittorio e del diritto alla difesa, ovvero assumere documentazione irrituale nel corso dell'incarico od ancora dare inizio alle operazioni senza darne avviso alle parti, (per citare solo alcuni esempi) possono rappresentare circostanze e fatti idonei a spiegare la possibile nullità della consulenza tecnica di ufficio con le eventuali conseguenze sul piano delle responsabilità per il consulente tecnico.

Per il tecnico, per sua stessa natura non «tecnico del diritto», si impone pertanto la conoscenza approfondita dell'intero quadro normativo che consente di poter svolgere efficacemente la propria attività consentendo al giudice di disporre di una relazione peritale pienamente utilizzabile.

Sapere relazionale:

Un ulteriore aspetto delle conoscenze o meglio delle qualità del consulente è rappresentato dal «sapere relazionale» che con altro termine potrebbe definirsi il saper essere, ovvero quell'insieme particolari di modelli comportamentali, relazionali e di sensibilità che l'ausiliario deve saper utilizzare nello svolgimento del proprio compito.

Inutile dire l'importanza di tali qualità, principalmente dovuta al fatto che oggi il consulente è portato a dover instaurare un impianto relazionale diversificato e solido sia nell'ambito dell'incarico rituale sia nella parte meno codificata come quella del tentativo di conciliazione che oggi costantemente il giudice affida.

Per il consulente è essenziale comprendere che solo attraverso il dialogo è possibile offrire un cambiamento di prospettiva della controversia alle parti. Proprio quel dialogo che manca in un conflitto che viene acuito nella causa dall'assenza della comunicazione tra le parti. Sono proprio le difficoltà di ordine comunicativo a rappresentare il vero scoglio in questi contesti e la cui gestione è tale da richiedere al consulente una preparazione specifica ed adeguata.

Questo sapere è quello dei tre che è forse più connesso a qualità soggettive del professionista e legato a dinamiche culturali che non possono non fasi risalire anche ad un credo professionale nello svolgimento di queste delicate attività.

Sulla centralità della formazione nell'indirizzo di fornire consulenti tecnici preparati ed adeguati al sistema della giustizia, come abbiamo osservato, non v'è alcun dubbio. La formazione (obbligatoria) dovrebbe essere articolata su forme e contenuti. Troppo spesso, nelle iniziative venute alla ribalta su scala locale, si sono privilegiate le prime, meno le seconde.

In verità la formazione, selezionata con stringenti criteri qualitativi, dovrebbe essere di base e di aggiornamento (avanzata).

Quella di base rivolta a coloro che richiedono l'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici, dovrebbe avere contenuti didattici di profili giuridici (procedimentali, degli istituti processuali, regolamentari), pratico – operativi (ruolo ed attività del consulente, operazioni di consulenza ed i relativi riflessi, materia dei compensi e della conciliazione del consulente con i profili di metodologia ed applicativi indispensabili) e di etica e deontologia professionali; senza dimenticare l'istruzione specifica del quadro comprendente le sensibilità proprie del consulente tecnico di ufficio che spesso risiedono più in attitudini ed abilità di carattere personale che in capacità da trasferirsi a mezzo di programmi d'istruzione (una sorta di situational awareness che tanto oggi manca nella comunità dei consulenti). Insomma un corso formativo completo, compresa la prova finale, in un sistema di valutazione sul grado di comprensione di quanto trattato.

Quelli di aggiornamento dovrebbero privilegiare il quadro delle novità introdotte nel tempo sia nel quadro normativo che in quello procedimentale mentre quegli avanzati gli aspetti più specialistici delle materie oggetto di qualificazione dei soggetti iscritti.

Altro punto introdotto dalla riforma in commento è la «Creazione di un albo nazionale unico, al quale magistrati e avvocati possano accedere per ricercare le figure professionali più adeguate al singolo caso (punto c) e favorire la mobilità dei professionisti tra le diverse Corti d'appello, escludendo obblighi di cancellazione da un distretto all'altro (punto d)».

Pur dovendo ancora osservare come il legislatore delegato intenderà operare in concreto, la condizione dell'albo unico, in un contesto professionale ove oramai domina la specializzazione, appare una scelta molto sensata; in questo indirizzo deve leggersi anche l'eliminazione del divieto di essere iscritti in un solo distretto di Corte di appello.

D'altra parte l'obiettivo è quello di favorire nomine efficaci sotto il profilo funzionale e pertanto queste limitazioni appaiono se vogliamo del tutto desuete. Ancorché, come noto, al giudice non fosse vietato nominare un consulente iscritto in albo di altri Tribunali ovvero non iscritto negli elenchi dei tribunali (seppur con la mediazione dell'autorizzazione presidenziale) è oggi condizione piuttosto difficile da attuare ove quel determinato consulente non sia visibile agli occhi del magistrato avendo il magistrato quegli elenchi sostanzialmente limitati alla propria circoscrizione giudiziari. Pertanto il disporre di un albo nazionale è quanto mai opportuno e va come dicevamo nella direzione di offrire maggiori possibilità al magistrato di operare una scelta corretta offrendo alle parti il consulente migliore a rispondere a quel determinato contenzioso.

Peraltro la modifica della mobilità tra le diverse Corti di appello va nel senso di favorire la nomina di soggetti - che in talune procedure - venivano esclusi. Infatti con il nuovo processo civile pensato dal legislatore sono cambiate le modalità con cui vengono attribuiti gli incarichi dei CTU nei tribunali per le imprese, rendendola più equa. In pratica, grazie a questa novità è possibile affidare ai consulenti iscritti negli albi dei tribunali del distretto la funzione di consulente presso le sezioni speciali. In questo modo la selezione sarà possibile su base regionale, decisione prima che il giudice poteva attuare solo motivando tale scelta.

Quindi si elimina il problema attuale in base al quale i consulenti tecnici di ufficio potevano essere scelti solo tra gli iscritti nell'albo istituito presso il Tribunale in cui i medesimi hanno la propria sede; ma le sezioni speciali (tribunali per le imprese) erano solo in alcune città, privando così della possibilità di essere nominati dal giudice a tutti i professionisti non iscritti nell'albo dei tribunali delle seguenti città: Bari, Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia.

Un'altra novità che la disposizione in commento favorisce riguarda le selezioni nei tre Tribunali con competenza infra-regionale, cioè Milano, Roma e Napoli. Nei casi in cui ci si trovi di fronte a controversie relative alla violazione antitrust dell'Unione Europea o alla violazione di norme per il mercato e la concorrenza, grazie alla riforma del processo civile sarà possibile affidare gli incarichi:

  • da parte del Tribunale di Milano: ai consulenti del Nord Italia
  • da parte del Tribunale di Roma: ai consulenti del Centro Italia
  • da parte del Tribunale di Napoli: ai consulenti del Sud Italia.

Inoltre la disposizione prevede:

«Distinguere le varie figure professionali, caratterizzate da percorsi formativi differenti anche per il tramite dell'unificazione o aggiornamento degli elenchi, favorendo la formazione di associazioni nazionali di riferimento (punto b)».

Questa novità va nella direzione di favorire l'individuazione di professionalità connotate di particolari specializzazioni e settoriali in modo che l'ambito di appartenenza possa diventare - a differenza di quanto rappresenta oggi - uno strumento pienamente rispondente alle esigenze di selezione del giudice e certamente più agevole a favorire una scelta centrata e corretta per lo specifico incarico. Nell'ottica di distinguere le diverse professionalità e specializzazioni dovrebbe essere dato impulso anche a quelle particolari competenze in qualche modo «trasversali» come ad esempio quella dei «mediatori» e «conciliatori»; la necessità di tali figure e comunque di quel tipo di speciali competenze si è sempre avvertita nei palazzi di giustizia, ancor più dopo le riforme del processo l. n. 80/2006 con l'introduzione dello strumento della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696-bis c.p.c. con la quale si è per la prima volta in modo così esplicito e diretto conferito potere di conciliatore del consulente tecnico di ufficio. Ma con il riconoscimento del ruolo di conciliatore al CTU si è anche indicato, più o meno implicitamente, la necessità che questi abbia competenze e conoscenze specialistiche per adempiere a tale delicato compito.

Infatti se da un lato non vi è dubbio che il CTU opera in ragione dell'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici del Tribunale dall'altra occorre osservare che i requisiti necessari per essere inseriti in detto elenco non sono tali da garantire la competenza nelle materie della conciliazione, negoziazione e gestione del conflitto. Va da sé quindi osservare come non appare fuori luogo considerare indispensabile per assolvere pienamente al mandato, poter fare affidamento a consulenti di comprovata esperienza e competenza sul piano della gestione delle relazioni (comunicazione), delle situazioni di litigiosità (gestione del conflitto) e di componimento conciliativo (negoziali).

In tale senso sarebbe quindi ampiamente giustificabile prevedere la specializzazione di «mediatore – conciliatore» tra quelle previste dall'art. 13 disp. att. cod. proc. civ. per l'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici del Tribunale affinché i magistrati all'atto dell'affidamento dell'incarico possano individuare i soggetti più qualificati; ciò diventa ancor più necessario dove si registra, nella comunità dei consulenti tecnici, una preoccupante carenza culturale in materia di conciliazione e, in generale, dei sistemi auto-compositivi del conflitto.

Anche in tale indirizzo deve leggersi il richiamo alle associazioni nazionali di riferimento che - nell'interpretazione che intende fornire il legislatore - dovrebbero rappresentare un presidio delle competenze con la specializzazione e la speciale competenza in quel determinato settore del soggetto che dovrebbero veicolare.

La disposizione inoltre ha stabilito:

«Tutelare la salute, la gravidanza o le situazioni contingenti che possono verificarsi nel corso dell'anno lavorativo, prevedendo la possibilità di richiesta di sospensione volontaria come prevista in altri ambiti lavorativi (punto f)».

La previsione, oltre a fornire garanzie contingenti legate a particolari condizioni nelle quali possa a venirsi a trovare il consulente, vuole consentire la possibilità di chiedere la sospensione dall'iscrizione, oggi non possibile. La facoltà, ancorché da stabilire con quali forme verrà adottata, è scelta di buonsenso nei casi in cui per esigenze documentate quel consulente non sia nelle condizioni di espletare le funzioni per un dato periodo.

Ed ancora il d.d.l. ha disposto:

«Istituire presso le Corti d'appello una commissione di verifica deputata al controllo della regolarità delle nomine, ai cui componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati (punto g)».

Il punto pare essere stato pensato per conseguire una maggiore trasparenza nelle nomine con precipui riferimenti ai requisiti di rotazione negli incarichi ed al rispetto delle regole contenute nella riforma di cui abbiamo fatto commento. Con riferimento al criterio di rotazione nell'affidamento degli incarichi – da tempo previsto dalle norme – giova osservare che tale condizione potrà assolvere l'autentico compito previsto dal legislatore del codice all'art. 23 disp. att. c.p.c. solo se si riuscirà nell'opera (non semplice) di elevare la qualità e la professionalità dei consulenti tecnici, altrimenti otterremo ahimè l'effetto contrario come accade spesso oggi.

In conclusione

In chiusura di questa nostra analisi si deve constatare come la riforma approvata dal Senato rechi importanti criteri direttivi per la revisione della normativa in materia di consulenti tecnici ponendosi quale intervento unitario rispetto a quelli frammentati introdotti localmente dai tribunali di concerto con le categorie professionali.

Spetterà adesso al legislatore delegato, una volta ottenuta l'approvazione definitiva della Camera, indicare concretamente le norme per dare attuazione agli indirizzi fissando criteri e requisiti per l'iscrizione all'albo dei consulenti, per stabilire la formazione professionale permanente, per introdurre le nuove regole dell'albo nazionale e le altre novità che caratterizzano la figura del consulente tecnico nella riforma.

Non vi è alcun dubbio che un intervento era da tempo sentito per le criticità emerse nel settore anche se il legislatore, ha (ancora una volta), perso l'occasione di porre mano da un lato ad un pieno riconoscimento del ruolo di conciliatore del consulente nel processo di cognizione in ordine alle prassi ed alle consuetudini oramai affermatesi in tutti i tribunali e, dall'altro, a una riforma del sistema tariffario gravemente inadeguato rispetto alle centralità che ha assunto la funzione del CTU. Vedremo come il legislatore con la delega conferita saprà tramutare le tante attese in concreta sostanza.

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