Attualità delle gravi irregolarità e diniego del controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.

Valerio Sangiovanni
27 Ottobre 2021

In tema di denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c., laddove le gravi irregolarità poste in essere dagli amministratori siano state nel frattempo eliminate, non sussistono più i presupposti per disporre l'ispezione della società...
Massima

In tema di denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c., laddove le gravi irregolarità poste in essere dagli amministratori siano state nel frattempo eliminate, non sussistono più i presupposti per disporre l'ispezione della società e il ricorso volto alla disposizione del controllo giudiziario va rigettato.

Il caso

Il caso oggetto del presente breve commento concerne una società per azioni, in relazione alla quale viene chiesto da due socie (che detengono, insieme, il 50% del capitale) il controllo giudiziario. Con ricorso depositato presso il Tribunale di Bologna, dette socie chiedono che il giudice accerti le gravi irregolarità nella gestione della società poste in essere dagli amministratori e, conseguentemente, ordini l'ispezione della società.

Secondo le socie ricorrenti, gli amministratori hanno compiuto gravi irregolarità, e segnatamente:

  1. la destinazione di alcuni dipendenti della società allo svolgimento di mansioni diverse rispetto a quelle per le quali erano stati assunti, mansioni svolte a beneficio di soggetti diversi dalla società,
  2. l'utilizzo di beni aziendali per finalità personali nonché
  3. lo svolgimento di attività concorrenziali con quelle della società tramite società riconducibili ai medesimi amministratori.

Il Tribunale di Bologna peraltro rigetta il ricorso, e dunque non dispone l'ispezione della società né alcuna altra modalità di controllo giudiziario, dando rilievo in particolare alla circostanza che dette condotte degli amministratori non risultano più essere attuali.

La questione

La questione principale trattata nel decreto in commento è a quali condizioni il giudice possa disporre il controllo giudiziario previsto dall'art. 2409 c.c. Presupposto dell'accoglimento della denunzia dei soci al tribunale sono “gravi irregolarità” degli amministratori: il Tribunale di Bologna esige però che dette irregolarità siano anche attuali.

Osservazioni

L'art. 2409 c.c. è rubricato “denunzia al tribunale”, ma il procedimento ivi previsto viene comunemente denominato “controllo giudiziario” della società. A voler essere più precisi, la “denunzia” al tribunale è l'atto con il quale il socio si rivolge al giudice, mentre il “controllo” giudiziario indica i provvedimenti (di varia natura e gravità) che l'autorità giudiziaria può adottare laddove ritenga il ricorso fondato.

L'art. 2409 c.c. va letto unitamente all'art. 2408 c.c., rubricato “denunzia al collegio sindacale”. Non è un caso che il legislatore abbia collocato le due disposizioni in sequenza nel codice civile: prima di attivare un controllo esterno (del tribunale), è opportuno attivare i controlli interni (del collegio sindacale).

Si tratta di due rimedi che si connotano per progressiva gravità. Tanto è vero che, mentre la denunzia al collegio sindacale può essere fatta da ciascun socio (indipendentemente dunque dal “peso” della partecipazione), per la denunzia al tribunale è richiesto il possesso di una certa percentuale di capitale. Inoltre per la denunzia al collegio sindacale bastano “fatti censurabili”, mentre per la denunzia al tribunale servono vere e proprie “gravi irregolarità”.

Nel caso affrontato dal Tribunale di Bologna, in effetti, la denunzia al tribunale è preceduta dalla denunzia al collegio sindacale. Il collegio sindacale, tuttavia, aveva risposto negativamente all'istanza delle due socie, ritenendo che non sussistessero gravi irregolarità nella gestione della società.

L'art. 2409 comma 1 c.c. prevede che “se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale … possono denunziare i fatti al tribunale con ricorso notificato anche alla società”.

Come si può notare, la possibilità di denunzia al tribunale non è consentita a ciascun socio, richiedendosi il possesso di una partecipazione qualificata. La soglia imposta dal legislatore è del 10% del capitale sociale. Nel caso affrontato dal Tribunale di Bologna, le ricorrenti erano due, ed erano detentrici del 50% del capitale. Le società in cui il capitale è diviso in misura paritaria fra i soci rischiano di generare una conflittualità di difficile soluzione, proprio per la mancanza di una maggioranza. Questa situazione si verifica tipicamente quando ciascuno dei due soci detiene il 50% del capitale, ma può verificarsi – come nel caso deciso dal Tribunale di Bologna – anche quando due o più soci raggiungono insieme il 50% del capitale e si trovano in una situazione di conflitto con gli altri soci.

La legittimazione attiva sussiste non solo in capo ai soci (come detto, con partecipazione qualificata), ma viene riconosciuta dalla legge anche ad altri soggetti. Più precisamente il comma 7 dell'art. 2409 c.c. prevede che i provvedimenti previsti dall'art. 2409 c.c. possono essere adottati “anche su richiesta del collegio sindacale … nonché … del pubblico ministero”. La disposizione discorre di “collegio sindacale” e non di “sindaci”, circostanza da cui si potrebbe desumere che il singolo sindaco non possa rivolgersi al tribunale, essendo invece necessaria una delibera del collegio sindacale come organo. In ogni caso, deve ritenersi che solo il sindaco attualmente in carica possa presentare la denunzia al tribunale ai sensi dell'art. 2409 c.c. Questa soluzione è stata fatta propria dal Tribunale di Milano (19 ottobre 2017, in giurisprudenzadelleimprese.it): si trattava di un caso in cui la denuncia era stata presentata dall'ex presidente del collegio sindacale. Il tribunale milanese dichiara la denuncia inammissibile, in quanto presentata da un soggetto non (più) legittimato.

Presupposto per la denunzia al tribunale sono “gravi irregolarità”. La legge non dà però alcuna definizione di gravi irregolarità. Spetta dunque ai soci ricorrenti specificare in che cosa consistono dette gravi irregolarità. Nel decreto in commento, il Tribunale di Bologna nega che le condotte denunciate dai soci ricorrenti configurino gravi irregolarità attuali.

Per quanto riguarda l'utilizzo di risorse aziendali (dipendenti e mezzi di trasporto) a titolo personale, la condotta degli amministratori – nel momento in cui viene esaminato il ricorso – non sussiste più, in quanto gli amministratori si erano nel frattempo fatti carico dei relativi costi. Manca insomma, secondo il tribunale bolognese, il requisito dell'attualità della irregolarità.

Si ricorderà poi che l'altra contestazione mossa dai soci denuncianti agli amministratori, nel caso affrontato dal Tribunale di Bologna, era quella di svolgere attività in concorrenza con la società. Più precisamente gli amministratori – secondo le allegazioni dei denunzianti - avevano costituito una nuova società che per compagine sociale, denominazione e oggetto sociale costituiva un veicolo imprenditoriale capace di svolgere attività concorrenzialmente sleale in termini di sviamento di clientela e sottrazione di know-how, con conseguente pregiudizio per la prima società. Tuttavia il Tribunale di Bologna rileva che anche questa contestazione dei soci ricorrenti ha perso di attualità. Dopo il deposito del ricorso, difatti, la nuova società aveva mutato denominazione sociale e oggetto sociale, escludendo ogni riferimento a prodotti e servizi identici o simili a quelli della prima società.

In sostanza dunque il Tribunale di Bologna nega il controllo giudiziario per il fatto che le irregolarità non sono più attuali. Una simile motivazione è stata addotta da un altro precedente di merito (Tribunale di Catanzaro, 28 febbraio 2020, in ilcaso.it), che giova segnalare. Una socia con il 33% del capitale presenta denunzia al tribunale ai sensi dell'art. 2409 c.c. chiedendo la nomina di un amministratore giudiziario. Tuttavia l'amministratore che in tesi aveva posto in essere le gravi irregolarità era già stato revocato in sede cautelare. Poiché, in caso di revoca dell'amministratore, questi cessa immediatamente dalla carica (e non permane nella posizione in forza di prorogatio), l'amministratore non può più ripetere le gravi irregolarità. Non sussiste dunque quell'elemento di “attualità” delle irregolarità che rende necessario il controllo giudiziario e il Tribunale di Catanzaro rigetta il ricorso. L'assemblea della società dovrà provvedere autonomamente a nominare un nuovo amministratore, ma questo è un profilo diverso dal controllo giudiziario in sé considerato, essendo un “rimedio” endo-societario.

Per una migliore individuazione delle “gravi irregolarità” che giustificano i provvedimenti del giudice, è utile richiamare un'ordinanza del Tribunale di Milano (18 ottobre 2012, in giurisprudenzadelleimprese.it). Si tratta di un caso particolarmente grave, in quanto il tribunale milanese “sospetta” (l'art. 2409 comma 1 c.c. discorre di “fondato sospetto”) – sulla base della denuncia del collegio sindacale – che vi siano ben cinque possibili irregolarità dell'amministratore: l'omissione della convocazione dell'assemblea dei soci per l'approvazione del bilancio, l'omissione della convocazione dell'assemblea dei soci per la ricapitalizzazione, il pagamento di fatture per attività non documentate, la mancata consegna al collegio sindacale delle risultanze contabili nonché errate appostazioni di bilancio. Il Tribunale di Milano dispone dunque l'ispezione della società, onde effettuare le necessarie verifiche, e nomina l'ispettore assegnando allo stesso un termine di quattro mesi per depositare la propria relazione.

L'art. 2409 c.c. prevede una serie di provvedimenti graduali che l'autorità giudiziaria può disporre, dal meno grave (la mera ispezione della società) al più grave (la nomina di un amministratore giudiziario). Se la denunzia al tribunale appare fondata, il giudice “sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l'ispezione dell'amministrazione della società a spese dei soci richiedenti, subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione” (art. 2409 comma 2 c.c.).

Il provvedimento del giudice che dispone l'ispezione consiste nella nomina di un esperto (spesso si tratta di un commercialista), il quale ha il compito di capire cosa sta succedendo all'interno della società, e se le gravi irregolarità denunciate sussistono realmente. Il tribunale nomina l'ispettore e gli assegna un termine per presentare una relazione sulle irregolarità riscontrate e sull'attività svolta. Può capitare che il termine assegnato all'ispettore venga prorogato oppure che il giudice chieda ulteriori verifiche. A questo riguardo può essere segnalato un recente provvedimento del Tribunale di Bari (23 marzo 2021, in ilcaso.it): l'ispettore presenta al giudice una prima relazione; tuttavia il giudice ritiene necessari approfondimenti. Per questa ragione, con apposito decreto, il Tribunale di Bari dà mandato all'ispettore di integrare la relazione e di depositare una seconda relazione conclusiva.

Effettuata l'ispezione, questa può avere esito negativo (= le gravi violazioni non sussistono) oppure positivo (= le gravi violazioni sussistono). Se le gravi violazioni non sussistono, il giudice dichiara cessato il procedimento. Se invece le gravi violazioni sussistono, trova applicazione il comma 4 dell'art. 2409 c.c., secondo cui “il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l'assemblea per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata”.

Per finire, tre brevi considerazioni di carattere processuale nel contesto del controllo giudiziario.

La prima osservazione è che, nell'ambito della denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c., si deve procedere alla nomina di un curatore speciale che rappresenti gli interessi della società. E in effetti, nel decreto del Tribunale di Bologna in commento, si dà atto dell'avvenuta nomina di un curatore speciale. Come è noto, la disposizione di riferimento è l'art. 78 comma 2 c.p.c., ai sensi del quale “si procede ... alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto di interessi col rappresentante”. Nel contesto della denunzia al tribunale, il conflitto di interessi è immanente. Si tratta difatti di un'istanza presentata dai soci contro gli amministratori, con cui si contestano gravi irregolarità che vanno a danno della società. La società sarebbe rappresentata in giudizio dagli amministratori, ossia esattamente dalle persone cui si contestano le irregolarità. Sussiste il rischio che gli amministratori non facciano l'interesse della società, ma il proprio: basta pensare che il controllo giudiziario può spingersi anche alla revoca degli amministratori (art. 2409 comma 4 c.c.). Per assicurare la tutela “neutrale” della società, occorre che nel procedimento la società sia rappresentata da una persona che non ha conflitti di interessi: si procede allora alla nomina di un curatore speciale.

La seconda osservazione di carattere processuale è che il procedimento ex art. 2409 c.c. deve arrestarsi a fronte dell'eventuale fallimento della società coinvolta. L'art. 43 comma 3 l.fall. prevede che “l'apertura del fallimento determina l'interruzione del processo”. Trattandosi di disposizione di carattere generale, essa opera anche nell'ambito dei procedimenti di volontaria giurisdizione, come quello concernente l'attivazione del controllo giudiziario. La questione è stata espressamente affrontata in un precedente: secondo la Corte di appello di Bologna (2 febbraio 2018, in ilcaso.it), l'intervenuto fallimento della società (per la quale era stato chiesto il controllo giudiziario) configura un evento interruttivo che opera automaticamente ex art. 43 l.fall., indipendentemente dalla parte che lo dichiara e la relativa declaratoria è pregiudiziale a ogni altra considerazione di carattere procedurale o sostanziale, e nessun atto ulteriore può essere compiuto. In conclusione la Corte di appello di Bologna dichiara l'interruzione del procedimento.

La terza e ultima osservazione di carattere processuale che si può fare è che il provvedimento di rigetto del Tribunale di Bologna assume la forma del decreto. L'art. 2409 comma 2 c.c. prevede che il provvedimento è reclamabile. Ci si può dunque rivolgere alla corte di appello. Tuttavia, secondo la Corte di cassazione (17 maggio 2005, n. 10349), i provvedimenti resi ad esito del procedimento di controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. non sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.

Conclusioni

La denunzia al tribunale prevista dall'art. 2409 c.c. è un rimedio estremo, utilizzabile in casi particolarmente gravi. Il decreto del Tribunale di Bologna in commento così come altri precedenti di merito mostrano che non è facile ottenere dal giudice i vari provvedimenti previsti dalla disposizione citata. Fra gli altri requisiti da soddisfare, seppure la norma non lo menzioni espressamente, vi è quello dell'attualità delle gravi irregolarità. Più che di un requisito “tecnico-giuridico” (quello dell'attualità), si tratta di un presupposto logico: per quale motivo adottare provvedimenti giudiziari invasivi se ora non sussistono più le gravi irregolarità? Del resto, senza irregolarità attuali, non vi è nemmeno il rischio attuale di un danno.