Querela di falsoFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 221
29 Ottobre 2021
Inquadramento
La querela di falso è uno specifico mezzo di invalidazione dell'efficacia probatoria del documento che può essere proposto o in via principale, con azione autonoma, oppure in via incidentale, nel corso di una causa già promossa dinanzi al Tribunale (sempre funzionalmente competente) ed in qualunque stato e grado del giudizio, fino a quando la verità di tale documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. Oggetto della querela di falso può essere sia un documento pubblico che la scrittura privata espressamente o tacitamente riconosciuta, nel caso in cui si voglia contestare la riferibilità della sottoscrizione al suo autore apparente (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 2014, n. 27353). La giurisprudenza ritiene inoltre esperibile il rimedio del giudizio di falso anche avverso scrittura privata non riconosciuta e non considerata come tale, sul presupposto che alla parte nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata, deve riconoscersi, oltre la facoltà di disconoscerla (così addossando alla controparte l'onere di chiederne la verificazione), anche la possibilità alternativa di proporre querela di falso (senza riconoscere la scrittura medesima), al fine di contestare la genuinità del documento, poiché tale strumento, sebbene più gravoso, consente il conseguimento di un risultato più ampio e definitivo che consiste nella completa rimozione del documento con effetti erga omnes, e non solo nei confronti di controparte (Cass. civ., sez. VI, 23 luglio 2020, n. 15823).
Modo di proposizione e contenuto della querela
La querela di falso può essere promossa in via principale, cioè con un atto di citazione introduttivo di un giudizio che ha come unico scopo l'accertamento e la dichiarazione di falsità del documento contestato. In tal caso la proposizione della querela deve essere confermata nella prima udienza davanti al giudice istruttore dalla parte personalmente o dal difensore munito di procura speciale (art. 99 disp. att. c.p.c.). La conferma integra una condizione di procedibilità della domanda, alla cui carenza la parte, non essendo previste decadenze, può porre rimedio nel corso del giudizio, e anche mediante un comportamento concludente, purché il giudice non si sia già pronunciato rilevandone la mancanza (Cass. civ., sez. VI, 10 novembre 2014, n. 23896). In alternativa, può essere promossa in corso di causa con una dichiarazione da unirsi al verbale di udienza. Tale modalità comporta, dunque, un accertamento incidentale sulla 'tenuta' del documento impugnato che si innesta nell'ambito di un altro giudizio già pendente. La proposizione della querela di falso in via incidentale non dà origine, di per sé, al procedimento di falso in ordine al documento impugnato, essendo prevista dall'art. 222 c.p.c., una preventiva delibazione, in ordine all'ammissibilità e concreta utilità del documento impugnato. Solo se tale verifica risulti positiva, il giudice innanzi al quale la querela è stata proposta ne autorizza la presentazione innanzi a sé o ad altro giudice (Cass. civ., sez. III, 18 dicembre 2015, n. 25456). Le S.U. (Cass. civ., sez. un., 23 giugno 2010, n. 15169) hanno, inoltre, rimarcato che la formulazione dell'art. 221 c.p.c., secondo cui la proposizione della querela deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove poste a sostegno dell'istanza, indica in modo non equivoco che il giudice di merito davanti al quale sia stata proposta la querela di falso è tenuto a compiere un accertamento preliminare per verificare la sussistenza o meno dei presupposti che ne giustificano la proposizione, finendosi diversamente dilatare i tempi di decisione del processo principale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111, comma 2, Cost. (in tal senso v. anche Cass. civ., sez. I, 13 luglio 2021, n.19943). L'art. 221, comma 2, c.p.c. specifica che la querela di falso – sia in via principale che in via incidentale - deve essere presentata dalla parte personalmente o a mezzo di procuratore speciale a pena di nullità rilevabile d'ufficio e non sanabile (Cass. civ., sez. VI, 3 luglio 2013, n. 16674). La procura speciale soddisfa i requisiti di cui all'art. 221, comma 2, c.p.c., ove dall'atto risulti che il rappresentato abbia consapevolezza della falsità di taluni documenti essenziali prodotti in giudizio e nel mandato siano specificati i documenti da impugnare con la volontà esplicita di proporre querela, senza, peraltro, che l'individuazione dei documenti occorra allorché la procura sia conferita al difensore a margine o in calce alla citazione per la proposizione della querela in via principale poiché il collegamento con l'atto su cui è apposta elimina ogni incertezza sull'oggetto di essa (Cass. civ., sez. II, 19 agosto 2015, n. 16919). La procura speciale alle liti, conferita ai sensi dell'art. 83, comma 3, c.p.c. è idonea ad attribuire il potere di proporre querela di falso anche in via incidentale, purché dalla stessa sia desumibile l'attribuzione di detto potere e la medesima rechi l'espressa indicazione dell'attività da compiere (Cass. civ., sez. VI, 21 gennaio 2021, n.1058). Il legislatore ha altresì previsto la partecipazione obbligatoria del pubblico ministero al giudizio di falso (art. 221, comma 3, c.p.c.), conseguentemente la mancata comunicazione della pendenza del processo al P.M. presso il giudice ad quem determina la nullità del procedimento (Cass. civ., sez. I, 3 settembre 2015, n. 17542). Non è, tuttavia, necessaria la presenza di un rappresentante di tale ufficio nelle udienze, né la formulazione di conclusioni, essendo sufficiente che il P.M., mediante l'invio degli atti, sia informato del giudizio e posto in condizione di sviluppare l'attività ritenuta opportuna (Cass. civ.,sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27402). Conseguentemente è il solo pubblico ministero che può eccepire o meno l'eventuale inefficacia degli atti compiuti prima della sua chiamata in causa (Cass. civ., sez. VI, 23 giugno 2020, n.12254). Interpello alla parte che ha prodotto la scrittura
L'art. 222 c.p.c. disciplina un procedimento che si riferisce esclusivamente alle ipotesi di querela di falso proposta in via incidentale. Una volta accertata l'ammissibilità della querela di falso, il giudice istruttore deve interpellare la parte che ha prodotto il documento, al fine di chiederle formalmente se intenda ancora avvalersene nel giudizio. Ove la parte risponda in termini negativi, quel documento non è più utilizzabile in causa. Il comportamento della parte che abbia prodotto la scrittura e non compaia, o non risponda all'interpello del giudice, viene equiparato ad una risposta negativa (Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2014, n. 23700). Se, invece, la risposta all'interpello è positiva, il giudice procede a valutare la rilevanza di quel documento e, in caso affermativo, autorizza la proposizione della querela nella stessa udienza o in un'altra udienza successiva, ammettendo i mezzi di prova che ritenga idonei ed impartendo disposizioni circa i modi e i tempi della loro assunzione. A questo punto deve essere effettuata anche la comunicazione al P.M.: la S.C. ha difatti chiarito che nel giudizio di falso il suo intervento è necessario nella fase relativa all'accertamento del falso e non anche nella fase preliminare in cui si decide dell'ammissibilità dell'azione e della rilevanza del documento, poiché soltanto con l'effettiva promozione di accertamenti della falsificazione denunciata si coinvolge il generale interesse all'intangibilità della pubblica fede dell'atto, che l'organo requirente è chiamato a tutelare (Cass. civ.,sez. II, 2 ottobre 2017, n. 22979). La S.C. ha chiarito che la risposta affermativa all'interpello rivolto dal giudice alla parte, circa l'intenzione di avvalersi del documento contestato, è revocabile, poiché l'utilizzazione del documento resta nella disponibilità della parte che l'ha prodotto, la quale può, pertanto, dichiarare successivamente di non avvalersene, con la conseguente sopravvenuta carenza di interesse, in capo al querelante, a proseguire il giudizio sulla querela di falso (Cass. civ., sez. VI, 30 agosto 2017, n. 20563). L'interpello della parte non si applica nel procedimento davanti al giudice di pace, data l'incompetenza funzionale di quest'ultimo a conoscerne: in tale eventualità, si applica l'art. 313, in forza del quale il giudice è tenuto a sospendere il giudizio ed a rimettere le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento se riconosce la rilevanza del documento impugnato e l'impugnazione di falso è proposta in conformità ai requisiti di ammissibilità per la stessa richiesti dall'ordinamento. Benché il dettato normativo affidi all'istruttore il giudizio sulla rilevanza processuale dell'atto inciso dalla querela e sull'ammissibilità della proposizione della stessa (Cass. civ., sez. I, 13 marzo 2015, n. 5102), non è tuttavia precluso al collegio il riesame dei presupposti suddetti, atteso che l'ordinanza dell'istruttore, non suscettibile di passare in giudicato, può essere riesaminata, sia in ordine ai requisiti formali che nel merito della rilevanza dei documenti impugnati di falso, ai sensi dell'art. 178, comma 1, c.p.c., dal collegio, in sede di decisione della causa. Di conseguenza il collegio è tenuto a controllare che: a) che sulla genuinità del documento sia insorta contestazione; b) sia stato fatto uso del documento; c) il documento stesso sia idoneo a costituire prova contro l'istante (Cass. civ, sez. I, 20 gennaio 2021, n. 988; Cass. civ., sez. I, 4 maggio 2012, n. 6793). Processo verbale di deposito e sequestro del documento
L'art. 223 c.p.c. dispone che, nell'udienza in cui è presentata la querela, venga formato - alla presenza delle parti e del P.M. - il processo verbale di deposito del documento impugnato, contenente la descrizione dello stato in cui il documento si trova. Il legislatore ha inoltre disciplinato l'ipotesi in cui il documento si trovi presso un depositario extra iudicium e, cioè non risulti acquisito al processo, prevedendo che il giudice possa disporne il sequestro con le forme previste nel codice di procedura penale (art. 224 c.p.c.). La giurisprudenza ritiene che sia il sequestro sia il processo verbale di deposito del documento relativamente al quale sia stata proposta querela di falso, siano rimessi alla discrezionalità del giudice che deve adottarli, ove ne ravvisi la necessità, in relazione alla peculiarità del caso concreto, senza peraltro che dalla legge siano comminate sanzioni di nullità per il mancato adempimento di tali incombenti, essendo questi posti in funzione della attività ordinatoria da esplicarsi per giungere alla soluzione della controversia (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 2003, n. 19727). Mezzi di prova
La Cassazione ha chiarito che nell'ambito di un sub-procedimento sostanzialmente deformalizzato qual è quello con cui si propone querela di falso in via incidentale, non è configurabile una preclusione alla possibilità di articolare mezzi di prova sia perché non è applicabile la previsione di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c. sia perché gli artt. 221 e 222 c.p.c. non prevedono termini perentori per la proposizione di istanze istruttorie, fatta salva la necessità che non sia leso il diritto delle altre parti alla controprova (Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2021, n.15703). Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il soggetto che propone querela di falso può valersi di ogni mezzo ordinario di prova, e quindi anche delle presunzioni, utilizzabili, in particolare, quando il disconoscimento dell'autenticità non si estenda alla sottoscrizione e sia lamentato il riempimento del documento fuori di qualsiasi intesa, con conseguente contestazione del nesso fra il testo ed il suo autore. (Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2020, n.12118; Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2019, n. 4720). La sentenza sulla querela di falso
La decisione sulla querela di falso è sempre collegiale, sia nell'ipotesi di querela proposta in via principale che in via incidentale. In tale ultima ipotesi il giudice istruttore può rimettere le parti al collegio per la decisione sulla querela indipendentemente dal merito del processo principale. La sentenza che decide sulla querela di falso non è una sentenza parziale (cioè non definitiva), ma rappresenta l'epilogo di un procedimento che - pur se attivato in via incidentale - è comunque autonomo ed ha per oggetto l'accertamento della falsità o meno di un atto avente fede privilegiata. Ne consegue che detta sentenza è soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione, e ciò anche nell'ipotesi in cui il procedimento di merito nel cui ambito l'atto sia stato prodotto si configuri come un procedimento speciale, ovvero abbia come epilogo una sentenza non soggetta ad appello (Cass. civ., sez. II, 28 maggio 2007, n. 12399) o nell'ipotesi in cui la querela di falso sia stata proposta nel giudizio di appello e rimessa con ordinanza ex art. 355 c.p.c. al tribunale (Cass. civ., sez.VI, 23 giugno 2014, n. 14153). E' stato chiarito che l'inammissibilità dell'appello, ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., non può essere dichiarata qualora sia stata proposta una querela di falso, in via principale o incidentale, poiché in tal caso è previsto l'intervento obbligatorio del P. M. e, pertanto, la causa rientra fra quelle di cui all'art. 70, comma 1, c.p.c., alle quali non si applica il c.d. "filtro in appello", secondo quanto disposto dall'art. 348-bis c.p.c., a condizione che risulti provato il rispetto dei requisiti di validità per la proposizione della querela, di cui all'art. 221, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2020, n.12920). La giurisprudenza ritiene, inoltre, che nell'ipotesi di querela di falso proposta in via incidentale il giudizio sulla causa di merito, sospeso "ex lege" ai sensi dell'art. 225, comma 2, c.p.c., una volta intervenuta la decisione del collegio sul falso prosegue innanzi al giudice istruttore e la successiva decisione deve tenere conto della sentenza di primo grado sulla querela, ancorché appellata, ovvero della sentenza di appello se sopravvenuta nelle more del giudizio, senza che il processo possa essere sospeso in attesa del passaggio in giudicato della decisione sulla querela poiché non ricorre una ipotesi di pregiudizialità in senso tecnico ma solo in relazione all'utilizzo di uno strumento probatorio (Cass. civ., sez. VI, 16 maggio 2017, n. 12035; Cass. civ., sez. VI, 24 luglio 2015, n. 15601). Con la sentenza di rigetto della querela di falso, il collegio ordina (art. 226, comma 1, c.p.c.) che: - il documento venga restituito; - a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull'originale o sulla copia del documento; - la parte querelante sia condannata ad una pena pecuniaria. Con la sentenza di accoglimento della querela di falso, il collegio (art. 226, comma 2, c.p.c.): - dà le disposizioni di cui all'art. 537 c.p.p.; - ordina la cancellazione totale o parziale del documento; - ovvero, ove possibili, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma del documento. La sentenza che ha pronunciato sulla querela non può aver esecuzione prima che di essere passata in giudicato (art. 227 c.p.c.) La giurisprudenza ha, tuttavia, chiarito che solo l'attuazione delle pronunce accessorie, indicate dall'art. 226, secondo comma, è subordinata al passaggio in giudicato della sentenza, ma non anche l'esecutività di ogni altro capo della pronuncia sul merito della lite (accertamento della verità o falsità del documento) ovvero sulle spese di giudizio (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2014, n. 891). Casistica
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