Annullabilità delle delibere: la legittimazione ad impugnare riconosciuta all'amministratore uti singulus

Linda Rizzi
29 Ottobre 2021

Il singolo amministratore può impugnare la delibera di elezioni del nuovo C.d.A quando lui non viene rieletto? (Nell'assemblea di spoglio ed elezioni il soggetto è amministratore, successivamente no: può impugnare nei 90 giorni?)

Il singolo amministratore può impugnare la delibera di elezioni del nuovo C.d.A. quando lui non viene rieletto? (Nell'assemblea di spoglio ed elezioni il soggetto è amministratore, successivamente no: può impugnare nei 90 giorni?)

Il primo tema sul quale il quesito impone una riflessione riguarda la legittimazione dell'organo di gestione - in quanto tale - ad impugnare una delibera assembleare.

Prima di tutto, perché una delibera assembleare possa essere oggetto di impugnazione deve essere invalida e, quindi, non deve essere conforme alla legge o allo statuto.

Quest'ultima precisazione è importante poiché la legittimazione degli amministratori ad impugnare le deliberazioni assembleari si fonda non già su un loro proprio interesse, bensì sull'esigenza di tutelare la miglior realizzazione dell'interesse sociale, il che implicherebbe, secondo alcuni Autori (ex multis, Patriarca, Annullabilità delle deliberazioni, in Le società per azioni, (a cura di) Abbadessa-Portale, I, 2016, 1063), che il diritto ad impugnare sussista anche nel caso in cui la decisione invalida sia stata approvata dai soci all'unanimità.

Ciò premesso, la disciplina delle s.r.l. e quella delle s.p.a. in materia di legittimazione degli amministratori ad impugnare una delibera invalida e, in quanto tale, lesiva dell'interesse sociale, presenta una differenza sostanziale: mentre l'art. 2479 ter, comma 1,c.c. espressamente parla di legittimazione di “ciascun amministratore”, l'art. 2377, comma 2 c.c. riconosce la medesima legittimazione in capo “agli amministratori”.

Ne discende, dunque, che, mentre nelle s.r.l. viene riconosciuta legittimazione autonoma ai singoli componenti del consiglio di amministrazione, nelle s.p.a. la legittimazione è di tipo organico: l'impugnativa, quindi, dovrà essere promossa dall'organo – con una preventiva delibera – e non dal singolo (in questo senso, inter alia, Patriarca, Annullabilità delle deliberazioni, in Le società per azioni, (a cura di) Abbadessa-Portale, I, 2016, 1063).

Vi è però un'eccezione a tale principio.

Nel caso in cui, la delibera incida sulla posizione individuale del singolo amministratore, determinando una lesione di un suo specifico diritto, dottrina e giurisprudenza maggioritaria sono concordi nell'ammettere la legittimazione del componente dell'organo uti singulus all'impugnativa della decisione assembleare invalida (in giurisprudenza si veda, ex multis, Cass., 1° ottobre 1960, n. 2535, in F. it., 1961, I, 298; Trib. Milano, 21 ottobre 2005, in G. it., 2006, 1208; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, IX ed., a cura di Campobasso, Torino, 2015, 358; Cottino, Diritto societario, a cura di Cagnasso e con la collaborazione di Bertoletti, II ed., Padova, 2011 388; Sanzo, Art. 2377 cod. civ., in Il nuovo diritto societario, (a cura di) Cottino, Bonfante, Cagnasso e Montalenti, Bologna, 2009, 619, il quale, in nota, richiama a sua volta Trib. Roma, 20 giugno 1979, in Giur. comm., 1980, II, 569).

Nel caso oggetto di quesito, quindi, ci si deve necessariamente domandare se la mancata rielezione del singolo componente del C.d.A. - il cui mandato deve ipotizzarsi essere naturalmente scaduto (altrimenti si porrebbe un caso di revoca) - provochi una lesione di uno specifico diritto individuale del singolo amministratore.

Ora, la circostanza per la quale un amministratore, all'esito del proprio mandato, venga nuovamente rieletto dall'assemblea dei soci, rappresenta una mera possibilità, dal momento che l'amministratore non dispone di un diritto soggettivo ad essere riletto all'esito del proprio mandato. Conseguentemente, non avendo la delibera del C.d.A. leso alcun diritto dell'amministratore non rieletto, quest'ultimo non avrà certo la legittimazione ad impugnare la predetta deliberazione (in giurisprudenza si veda Trib. Torino, 18 luglio 2016, www.giurisprudenzadelleimprese.it).

Riassume pienamente quanto illustrato poc'anzi la pronuncia del Tribunale di Milano, 8 febbraio 2006, n. 1466, la quale afferma che: “il potere, riconosciuto agli amministratori delle società di capitali nell'art. 2377 c.c. di impugnare le deliberazioni dell'assemblea della società che non sono state prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo, spetta al consiglio di amministrazione e non agli amministratori stessi individualmente considerati, atteso che detto potere è attribuito agli Amministratori per la tutela degli interessi sociali […] la giurisprudenza ha riconosciuto la legittimazione del singolo amministratore a impugnare la delibera nel suo personale interesse (ove l'organo amministrativo sia previsto come collegiale), e in particolare nel caso in cui il deliberato assembleare involga la sua revoca prima della scadenza naturale del mandato, o comunque determini una lesione o una messa in pericolo di personali interessi”.

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