Canoni di locazione maggiorati ‘fuori' dal contratto: al conduttore l'azione di ripetizione

Gianluca Tarantino
28 Ottobre 2021

Ai contratti di locazione conclusi anteriormente all'entrata in vigore della l. 9 n. 431/1998 e rinnovatisi dopo la sua entrata in vigore, ma non assoggettati al momento della stipulazione alla disciplina della l. n. 392/1978 (legge sul c.d. equo canone) si applica l'art. 13 l. n. 431/1998, con conseguente diritto del conduttore, a far data dalla prima rinnovazione successiva all'entrata in vigore dello ius superveniens, a ripetere il canone di locazione versato in misura superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

Con la pronuncia del 12 ottobre 2021, n. 27806, la Cassazione chiarisce le modalità, riconosciute al conduttore, di ripetere quanto corrisposto in misura maggiore rispetto al contratto di locazione effettivamente sottoscritto, con particolare riferimento alla successione di legge in materia.

Il caso. La sentenza in commento definisce il giudizio avviato dal conduttore di un immobile che, avendo sottoscritto, a margine del contratto di locazione, una scrittura privata con la quale si impegnava a corrispondere – come effettivamente ha fatto per tutta la durata del contratto – una somma maggiorata rispetto a quanto previsto dal contratto, chiedeva al locatore la ripetizione di detti importi. Tale domanda veniva rigettata in primo grado e la decisione confermata in appello.

Avverso la decisione della Corte territoriale lo stesso conduttore promuoveva ricorso per Cassazione, sostenendo la non applicabilità, del caso di specie, della l. n. 392/1978 (sull'equo canone) in forza della esistenza, nel Comune dove si trovava l'immobile, di una situazione di «tensione abitativa» e, di conseguenza, l'erroneità della decisione della Corte di Appello.

La Cassazione, rimodulando i motivi di ricorso, accoglie la domanda, sostenendo che, proprio in forza della non applicabilità della legge sull'equo canone, stante l'intervenuta entrata in vigore della l. n. 431/1998, era consentita, e legittima, la richiesta di ripetizione avanzata dal conduttore per le somme pattuite fuori dal testo contrattuale.

Legge n. 431/1998 e pattuizione contrarie al contratto. A tutela del conduttore – che nel rapporto locatizio relativo a locazioni abitative è, tendenzialmente, considerato il soggetto debole - l'art. 13, l. n. 431/1998 sancisce la nullità - che deriva dal contrasto con norme imperative - di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato e riconosce al conduttore azione di ripetizione per le somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato. In tale prospettiva, deve essere dichiarata nulla la scrittura privata, non registrata, contenente «condizioni integrative» di un contratto di locazione registrato nella medesima data di detta scrittura privata, con riguardo alle pattuizioni relative ad un canone maggiore di quello risultante dalla scrittura registrata.

In applicazione di tale principio, è pertanto evidente che, nel contrasto fra la scrittura registrata e quella (di stessa data) che preveda un canone superiore ma che è priva di registrazione, non può che essere riconosciuta la prevalenza della prima, con esclusione di ogni diritto del locatore di pretendere i maggiori importi.

Canone di locazione maggiorato e scrittura privata integrativa. Fermo quanto precede, secondo la giurisprudenza, tale disposizione non deve intendersi riferita all'ipotesi della simulazione parziale del contratto di locazione relativa alla misura del canone, bensì al caso in cui nel corso di svolgimento del rapporto venga pattuito un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, che deve restare invariato, a parte l'eventuale aggiornamento Istat, per tutta la durata del rapporto legalmente imposta. In altri termini, l'art. 13 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente; il patto occulto, in quanto nullo, non è sanato dalla registrazione tardiva, che costituisce fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validità civilistica.

Successione delle leggi in tema di locazione e rinnovi contrattuali. Nella sentenza in commento la Cassazione affronta il tema della ripetizione dei canoni di locazioni maggiorati rispetto al dato contrattuale anche in relazione alla successione di leggi in pendenza dei contratti. In particolare, richiamando un orientamento già espresso, il S.C. afferma che la rinnovazione tacita di un contratto con canone ultralegale, intervenuta successivamente all'entrata in vigore della l. n. 431/1998, legittima il conduttore ad esercitare l'azione prevista dall'art. 79 l. n. 392/1978, onde ottenere l'applicazione del canone cd. equo, determinato ai sensi degli artt. 12 e ss. della citata legge n. 392, a decorrere dall'origine del contratto e fino alla sua naturale scadenza, ivi compreso il periodo successivo alla rinnovazione tacita e sostituzione imperativa del canone convenzionale ai sensi dell'art. 1339 c.c.

Non applicabilità della legge 392/1978 e ripetizione dei canoni maggiorati. L'applicazione dell'art. 79 sopra riferito presuppone, anche considerandone l'efficacia ultrattiva, che il regime vincolistico, quanto alla misura del canone di locazione, fosse proprio quella della l. n. 392/1978. Nel caso di specie, per contro, la relazione contrattuale era sottratta all'applicazione, per quanto di interesse in questa sede, della legge sull'equo canone; di conseguenza, una volta entrata in vigore la l. n. 431/1998, non vi era ragione per escludere, in occasione del primo rinnovo, proprio l'applicazione dell'art. 13 che, come visto, sancisce la nullità della pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.

Canoni maggiorati e azione di ripetizione: la natura dell'indebito. Qualora, come nel caso di specie, il conduttore abbia corrisposto a titolo di canone una somma maggiore rispetto a quella consentita dalla legge, l'azione che egli intende proporre si colloca, come fattispecie, nella regola generale di cui all'art. 2033 c.c.; in forza di tale disposizione, gli interessi sulle somme da restituire decorrono dal giorno della domanda giudiziale se l'"accipiens" era in buona fede e da quello del pagamento se era in mala fede. Applicando tale previsione al rapporto locatizio, si può affermare che non è affatto automatica la mala fede del locatore, sicché il conduttore ha l'onere di dimostrare di essere stato indotto dal locatore alla corresponsione del canone in misura superiore a quella legale, nonostante la sua volontà contraria, a meno che la mala fede non emerga dalle circostanze di fatto.

Azione di ripetizione dei canoni maggiorati e legittimazione. L'azione di ripetizione poc'anzi descritta e relativa, quindi, alle somme pagate in eccedenza rispetto al canone legale, si differenzia dalla comune azione di ripetizione di indebito, trovando titolo nel rapporto di locazione, sicché la relativa legittimazione spetta unicamente al conduttore, anche se il pagamento dei canoni sia stato effettuato da altra persona.

Fonte: dirittoegiustizia.it