La dichiarazione di terzo resa dall'istituto di credito: alcune questioni di particolare interesse

Giuseppe Lauropoli
03 Novembre 2021

E' abbastanza frequente che la posizione di terzo pignorato venga assunta, nella procedura espropriativa di pignoramento presso terzi, da un istituto di credito. Si esaminano, in questo breve approfondimento, alcune questioni di particolare interesse che riguardano gli obblighi di custodia e di dichiarazione facenti capo al terzo pignorato, allorché lo stesso sia un istituto di credito.

La dichiarazione di terzo dell'istituto di credito

Stando all'art. 547 c.p.c. il terzo pignorato che si sia visto notificare l'atto di pignoramento presso terzi deve rendere, mediante raccomandata inviata al creditore procedente oppure trasmessa allo stesso con posta elettronica certificata, dichiarazione nella quale specifichi di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando debba eseguirne il pagamento o la consegna.

Con la medesima dichiarazione il terzo pignorato deve anche indicare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni di credito che gli siano state notificate o che abbia accettato. L'art. 550 c.p.c. precisa, inoltre, come la dichiarazione di terzo debba avere ad oggetto anche l'eventuale esistenza di precedenti pignoramenti insistenti sul medesimo credito.

La dichiarazione, poi, deve essere resa dal terzo pignorato personalmente, ovvero mediante un procuratore speciale, oppure un difensore munito di procura speciale.

Fin dalla notifica dell'atto di pignoramento, poi, «il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode».

Nella prassi è piuttosto frequente che la posizione di terzo pignorato venga assunta da un istituto di credito: è frequente, infatti, che il pignoramento vada ad attingere le giacenze presenti su conti correnti accesi dal debitore esecutato presso una banca, vuoi perché il debitore sia un privato cittadino titolare di uno o più conti correnti bancari, vuoi perché lo stesso sia, ad esempio, un ente pubblico che si avvalga dell'attività di un istituto di credito come proprio tesoriere (inoltre, non può escludersi che un istituto di credito si trovi ad essere individuato quale terzo pignorato anche in relazione a titoli estranei ad un rapporto di conto corrente bancario, come ad esempio nel caso in cui tale istituto conduca in locazione un bene immobile di proprietà dell'esecutato, ma si tratta comunque di ipotesi residuale e comunque estranea al presente approfondimento).

Di per sé, la posizione di una banca, allorché la stessa sia individuata come terza pignorata in una procedura di pignoramento presso terzi, non diverge da quella di un qualsiasi altro terzo pignorato.

Tuttavia, si pongono, con riguardo agli istituti di credito, alcune questioni in concreto particolarmente ricorrenti, sulle quali può essere opportuno soffermarsi.

Soffermiamoci, per cominciare, su una ipotesi che può sembrare solo di scuola e che invece risulta anch'essa nella prassi piuttosto ricorrente.

Si tratta del caso in cui l'istituto, a fronte della notifica dell'atto di pignoramento, ometta l'invio della dichiarazione di terzo; con effetti che, in relazione alla particolare struttura del pignoramento presso terzi (per come ridisegnata per effetto della L. n. 228 del 24 dicembre 2012 e, successivamente, ulteriormente modificata per effetto del d.l. 132/2014, convertito, con modificazioni, nella l. 162/2014), possono rivelarsi particolarmente onerosi.

Ove il terzo pignorato ometta di rendere la dichiarazione di terzo, infatti, troverà applicazione l'art. 548 c.p.c., stando al quale il giudice dell'esecuzione in tal caso è tenuto a disporre un rinvio ad altra udienza e, qualora a tale udienza il terzo pignorato non renda dichiarazione, il credito del debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato, come identificato nell'atto di pignoramento, si intenderà come non contestato ed il giudice dell'esecuzione provvederà alla assegnazione delle somme sulla base della non contestazione del debito da parte dell'istituto di credito.

Un'ipotesi, come si accennava poc'anzi, tutt'altro che di scuola, dal momento che gli istituti di credito, proprio come qualsiasi altra persona giuridica dotata di una struttura organizzativa particolarmente articolata e complessa, sono esposti al rischio di non attivarsi tempestivamente per fornire la dichiarazione di terzo, con effetti che possono rivelarsi davvero molto onerosi, sol che si pensi al fatto che il credito del debitore esecutato nei confronti dell'esecutato, sulla base del menzionato meccanismo presuntivo previsto dall'art. 548 c.p.c., si intenderà come non contestato nella misura indicata dal creditore procedente nell'atto di pignoramento.

Ove, invece, l'istituto di credito renda la richiesta dichiarazione, la stessa potrà avere contenuto negativo, ove non risultino giacenze presenti sui conti dell'esecutato o comunque la stessa non detenga beni riconducibili all'esecutato, ovvero positivo.

Quanto alla dichiarazione di contenuto positivo, nella stessa l'istituto si premurerà di indicare l'entità delle somme presenti sul conto o sui diversi conti correnti intestati (o cointestati) all'esecutato, ovvero l'esistenza di eventuali altre consistenze riconducibili all'esecutato (quali azioni o obbligazioni dell'esecutato detenute dall'istituto di credito), entro i limiti dell'importo sottoposto a pignoramento (la Cassazione, a tal proposito, ha precisato che nella dichiarazione di terzo non è necessario che il terzo indichi l'intero ammontare della propria obbligazione, essendo sufficiente che indichi di essere debitore di somme corrispondenti al credito precettato aumentato della metà, in tal modo dovendosi intendere circoscritto l'obbligo di custodia facente capo al terzo pignorato – vedi Cass. civ., 23 giugno 2016, n. 13015).

In particolare, sarà importante precisare, nella dichiarazione di terzo, se il conto corrente pignorato sia intestato unicamente al debitore esecutato ovvero ad una pluralità di soggetti e, in quest'ultimo caso, potrebbe essere opportuno indicare l'entità della giacenza complessivamente presente sul conto, allo scopo di dar modo al giudice dell'esecuzione di stabilire entro quali limiti tale giacenza possa ritenersi validamente sottoposta a pignoramento (una ancora utile rassegna delle posizioni assunte dalla dottrina in tema di pignoramento del conto corrente cointestato è rinvenibile in Cargniel e De Vellis, “Contratti bancari e oggetto del pignoramento: il ruolo della banca terza pignorata”, in Resp. civ. e prev., fasc. 11, 2011).

Alcune questioni di particolare interesse

Sarà inoltre cura del terzo pignorato indicare nella propria dichiarazione se, anteriormente alla notifica del pignoramento, si siano verificate circostanze che possano incidere sull'esistenza o sull'esigibilità del credito: sarà necessario, così, indicare nella dichiarazione se il credito oggetto di pignoramento abbia costituito oggetto di cessione, ovvero di sequestro anteriormente al pignoramento (art. 547, comma 2, c.p.c.).

Inoltre, nella propria dichiarazione l'istituto terzo pignorato dovrà indicare se il conto corrente sia stato oggetto di un precedente pignoramento, dal momento che in tal caso potranno trovare applicazione le previsioni contenute nell'art. 550 c.p.c., in punto di riunione di pignoramenti.

Non è chiaro se, nel caso in cui le giacenze presenti sul conto corrente al momento del secondo pignoramento siano tali da poter soddisfare interamente i crediti azionati tanto nel primo pignoramento ricevuto quanto nel successivo, sia indispensabile indicare in dichiarazione l'esistenza del precedente pignoramento: da un lato, la lettera dell'art. 550 c.p.c. (che prescrive al terzo pignorato di indicare i pignoramenti già eseguiti presso di lui) parrebbe comunque imporre la menzione di tale precedente pignoramento; dall'altro, un tale riferimento potrebbe risultare fuorviante, imponendo al giudice dell'esecuzione approfondimenti in merito alle giacenze presenti sul conto, che potrebbero prolungare la procedura esecutiva. Potrebbe allora essere utile, nel caso in esame, precisare nella dichiarazione del terzo che le giacenze complessivamente presenti sul conto sono sufficienti a soddisfare i crediti azionati in entrambi i pignoramenti che sono stati notificati.

Vi sono, poi, ulteriori circostanze che possono costituire oggetto di dichiarazione: è alquanto frequente, così, che nella propria dichiarazione la banca precisi che il credito oggetto di pignoramento abbia costituito oggetto di un precedente pegno in favore del medesimo istituto di credito oppure di altro istituto.

Di per sé, la circostanza che le somme presenti sul conto corrente siano, in tutto o in parte, costituite in pegno preesistente rispetto al pignoramento non pare incidere sull'efficacia del pignoramento e sulla possibilità di procedere all'assegnazione delle somme, se del caso a seguito di intervento del creditore pignoratizio (in tal senso sembra esprimersi, ad esempio, Bianca, Diritto Civile, vol. VII, Milano, 2012, pag. 216. Non sempre univoche, invece, risultano sul punto le prese di posizione della Cassazione, con una pronuncia, la n. 19059/2006, in cui i giudici di legittimità ritenevano che una dichiarazione contenente il riferimento alla previa costituzione in pegno dei beni pignorati dovesse intendersi certamente come negativa, ed una successiva pronuncia, la n. 9872/2020, che viceversa non escludeva la possibilità di procedere ad assegnazione delle somme, pur in presenza di un preesistente vincolo pignoratizio).

E' frequente, nella prassi, anche che la dichiarazione del terzo istituto di credito contenga un riferimento all'impignorabilità delle somme presenti sul conto corrente (vuoi perché le stesse siano sottoposte ad un vincolo di destinazione normativamente previsto e, come tali, sottoposte a pignoramento, vuoi perché le giacenze presenti sul conto rinvengano da versamenti a titolo di stipendio o di pensione, come tali parzialmente impignorabili ai sensi dell'art. 545 c.p.c.).

Una tale indicazione non vale, in sé e per sé, a far venir meno la positività della dichiarazione resa dal terzo, atteso che l'impignorabilità dei beni o delle somme è questione ordinariamente deducibile solo mediante opposizione all'esecuzione.

Tuttavia, poiché alcune ipotesi di impignorabilità sono dichiarate espressamente rilevabili d'ufficio da parte della legge o tali sono ritenute in sede interpretativa (ad esempio, allorché possa ritenersi che l'ipotesi di impignorabilità sia posta a presidio di interessi di carattere pubblicistico), una tale indicazione contenuta nella dichiarazione di terzo può avere la funzione di sollecitare il rilievo officioso della questione da parte del giudice dell'esecuzione, il quale eventualmente potrà instaurare il contraddittorio tra le parti sulla medesima.

Altra questione che ben potrebbe essere dedotta nella dichiarazione di terzo concerne l'eventuale esistenza di controcrediti in capo al terzo pignorato.

Quest'ultimo potrebbe cioè riconoscere, da un lato, l'esistenza di un proprio debito nei confronti dell'esecutato ma, al contempo, rappresentare al giudice dell'esecuzione l'esistenza di un proprio credito nei confronti dell'esecutato, preesistente rispetto al pignoramento, da dedurre in compensazione rispetto alle somme spettanti al debitore esecutato.

Potrebbe così darsi il caso, in ipotesi di istituto di credito terzo pignorato, che a fronte di uno o più conti correnti intestati all'esecutato aventi giacenze attive al momento della dichiarazione, ve ne siano altri che presentino esposizione debitoria, ben potendo la banca, nella propria dichiarazione, rappresentare tale circostanza.

La revoca della dichiarazione del terzo: presupposti e condizioni

Per concludere, sembrano utili due ultime annotazioni: l'una in punto di retrattabilità della dichiarazione del terzo e l'altra sulla situazione temporale alla quale fare riferimento allorché si rende la dichiarazione di terzo.

Si tratta di due questioni che meriterebbero un particolare approfondimento, non possibile in questo breve focus, presupponendo, la prima, una riflessione sulla natura giuridica della dichiarazione del terzo e, la seconda, una riflessione in merito alla efficacia istantanea, oppure permanente, del pignoramento presso terzi.

Molto articolata è stata l'elaborazione dottrinale finalizzata ad individuare la natura giuridica della dichiarazione del terzo.

E' stato tuttavia osservato come un tale sforzo ricostruttivo rischi di risultare piuttosto sterile, dovendo piuttosto valorizzarsi la funzione in concreto svolta dalla dichiarazione del terzo in seno alla procedura esecutiva, finalizzata come essa è «a definire l'oggetto dell'espropriazione presso terzi e (…) dare concretezza all'indicazione generica che della res pignorata è tenuto a fare il creditore nell'atto di pignoramento» (si veda Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, 2017, pag. 1105).

A qualunque conclusione voglia poi giungersi in merito alla natura e agli effetti della dichiarazione del terzo, resta il fatto che la dichiarazione positiva, una volta resa da parte del terzo pignorato, è difficilmente retrattabile.

Innanzi tutto, viene precisato dalla Cassazione (si veda la sentenza n. 10912/2017) come una tale dichiarazione possa essere rettificata solo quando la stessa sia stata frutto di errore incolpevole (perché, ad esempio, al momento in cui la dichiarazione veniva resa il terzo pignorato non era a conoscenza di una circostanza estintiva del proprio debito).

In secondo luogo, si precisa come una tale rettifica in tanto possa essere efficacemente effettuata in quanto la stessa intervenga prima dell'emissione dell'ordinanza di assegnazione (che definisce la procedura nel corso della quale tale dichiarazione è stata resa), dal momento che successivamente alla emissione di tale titolo al più potrà venire in rilievo una opposizione esecutiva finalizzata alla revoca della ordinanza di assegnazione.

Anche la seconda delle questioni sopra accennate risulta di particolare interesse.

Si è detto che, ai sensi dell'art. 546 c.p.c., dal momento in cui riceve la notifica dell'atto di pignoramento il terzo pignorato diventa custode delle somme dallo stesso dovute all'esecutato, entro i limiti dell'importo precettato aumentato della metà.

Ciò non toglie, tuttavia, che, ferma restando la necessità di mantenere il vincolo sulle somme dovute al momento della notifica del pignoramento (con l'effetto che devono ritenersi inopponibili al creditore procedente, ai sensi dell'art. 2917 c.c., i pagamenti effettuati dal terzo pignorato all'esecutato che facciano venir meno la provvista di cui all'art. 546 c.p.c.), la dichiarazione che il terzo pignorato renderà ai sensi dell'art. 547 c.p.c. dovrà tenere conto della situazione esistente nel momento in cui la dichiarazione viene resa e non, invece, di quella esistente al momento della notifica del pignoramento (tra le molte, vedasi Cass. civ., n. 13021/1992).

Ne consegue che anche qualora la giacenza presente sul conto corrente intestato all'esecutato risulti nulla o persino negativa al momento della notifica del pignoramento, ciò non toglie che la dichiarazione di terzo debba essere positiva nel caso in cui nel tempo intercorrente tra la notifica del pignoramento e il momento in cui viene resa la dichiarazione siano affluite sul conto intestato all'esecutato somme sufficienti a far emergere una giacenza attiva.

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