Scuola cattolica condannata per condotta discriminatoria per il mancato rinnovo del contratto all'insegnante omosessuale

La Redazione
05 Novembre 2021

L'istituto paritario Sacro Cuore di Trento condannato in Cassazione per atteggiamento discriminatorio: nel 2014 non rinnovò il contratto di lavoro presso l'istituto a una insegnante perché si rifiutò di smentire voci sulla sua presunta omosessualità. La Cassazione ha stabilito che la libertà di organizzazione di una scuola religiosa non può legittimare condotte discriminatorie.

L'istituto paritario Sacro Cuore di Trento è stato condannato in Cassazione per atteggiamento discriminatorio: nel 2014 non rinnovò il contratto di lavoro presso l'istituto a una insegnante perché si rifiutò di smentire voci sulla sua presunta omosessualità. La Cassazione ha stabilito che la libertà di organizzazione di una scuola religiosa non può legittimare condotte discriminatorie.

Già la Corte di appello di Trento si era pronunciata a favore della docente. I giudici di appello avevano sottolineato l'atteggiamento discriminatorio della scuola: "Non si vede sotto quale profilo l'orientamento sessuale dell'insegnante, così come la sua vita privata, possano aver rilevanza nell'insegnamento della materia di educazione artistica in una scuola paritaria ancorché gestita da un ordine religioso". L'istituto cattolico fu condannato a risarcire alla docente il danno da discriminazione per 30.000 euro a titolo di danno morale e per 13.329 euro a titolo di danno patrimoniale, più 10.000 euro alla Cgil del Trentino e all'Associazione radicale certi diritti, che si erano costituiti in giudizio.

La Corte di cassazione, con l'ordinanza del 2 novembre 2021, n. 31071, ha rigettato i cinque motivi di ricorso; in particolare, i giudici hanno ritenuto che la libertà d'insegnamento di un ente religioso non possa diventare motivo di discriminazione. La "parte ricorrente — scrivono nell'ordinanza — invoca disposizioni, anche costituzionali, a fondamento della libertà di organizzazione dell'Istituto religioso, ma non spiega adeguatamente come questa libertà possa legittimare condotte apertamente discriminatorie come quelle ritenute ed accertate dai giudici trentini".

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