Cartella di pagamento a seguito di sentenza passata in giudicato e obbligo di motivazione

Francesco Brandi
08 Novembre 2021

Rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa all'onere motivazionale della cartella di pagamento gravante sull'amministrazione finanziaria in ordine ai criteri di calcolo degli interessi.

Rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa all'onere motivazionale della cartella di pagamento gravante sull'amministrazione finanziaria in ordine ai criteri di calcolo degli interessi.

Lo ha stabilito la Cassazione che, con l'ordinanza n. 31960 del 5 novembre 2021, ha rimesso gli atti al Primo Presidente.

Cartella di pagamento e obbligo di motivazione. Sul punto si ricorda che secondo la giurisprudenza di legittimità, l'obbligo di motivazione della cartella di pagamento deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36-bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l'obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa.

Quanto al profilo motivazionale concernente il calcolo delle sanzioni e degli interessi, va osservato che, poiché il criterio di liquidazione degli interessi in materia tributaria è predeterminato ex lege (art. 20 d.P.R. n. 602/73), risolvendosi calcolo in una mera operazione matematica, è sufficiente il riferimento contenuto in cartella alle dichiarazioni da cui scaturisce il debito di imposta (cfr. Cass. 6812/2019).

Secondo questo orientamento, ai sensi dell'art. 30 del d.P.R. n. 602/1973: "Decorso inutilmente il termine previsto dall'articolo 25, comma 2, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi".

Tali interessi non vengono calcolati nella cartella di pagamento proprio perché la loro applicazione inizia a decorrere solo una volta trascorsi infruttuosamente 60 giorni dalla notifica della medesima stessa.

Peraltro, il tasso di interesse vigente di anno in anno è determinato anch'esso normativamente, ed è quindi conoscibile da ogni cittadino come qualsiasi altro dato normativo. Secondo la Corte di cassazione (sentenza n. 8613, del 15 aprile 2011), il "tasso... annuo" degli interessi è noto e conoscibile perché determinato con provvedimento generale, e i limiti temporali di riferimento (dies a quo e dies ad quem) necessari per il calcolo sono anch'essi fissati in elementi cronologici ben individuati.

Secondo l'altro orientamento, più garantista, con riferimento alla cartella di pagamento emessa per un debito riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, il richiamo alla pronuncia giudiziale e all'atto impositivo su cui la stessa è intervenuta, risulta idoneo ad assolvere all'onere motivazionale solo limitatamente alla parte del credito erariale fatto valere interessato dall'accertamento, divenuto definitivo, compiuto dal giudice, ma non anche alle altre ulteriori voci di credito che non sono state in precedenza richieste.

Infatti, relativamente a tali voci, è con la cartella di pagamento che, per la prima volta, viene esercitata la pretesa impositiva, con la conseguenza che il criterio utilizzato per la loro individuazione e quantificazione deve essere ivi esplicitato e posto a conoscenza del contribuente.

In questi casi il contribuente dev'essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi, tanto più che alle cartelle di pagamento notificate dopo l'entrata in vigore della legge n. 212/2002 dev'essere allegata la sentenza (cfr. Cass. 27071/2017, 15554/2017 e 21851/2018).

In applicazione di tali principi, deve concludersi che la cartella di pagamento emessa per un debito riconosciuto in una sentenza passata in giudicato deve essere motivata in ordine al criterio utilizzato per la quantificazione degli interessi richiesti per la prima volta con tale atto, dal momento che il contribuente dev'essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi medesimi

Caso concreto. La vicenda trae origine da una cartella di pagamento emessa a titolo definitivo a seguito di passaggio in giudicato di controversia su imposta di registro per revoca delle agevolazioni della piccola proprietà contadina.

Sia la CTP che la CTR rigettavano le doglianze dei contribuenti ritenendo congruamente motivata la cartella anche con riferimento ai pretesi interessi dovuti per legge e calcolati al tasso legale.

Col successivo ricorso in Cassazione il contribuente denunciava violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e 7 della legge n. 212/2000 ritenendo l'atto impugnato carente sul piano della motivazione in quanto non erano chiare le modalità di calcolo degli interessi.

La cartella non recherebbe indicazioni sufficienti essendo riportato solo il totale degli interessi applicati e non un prospetto analitico con spiegazione di modalità, tassi e criteri seguiti nella loro determinazione.

Secondo la CTR è legittimo il riferimento al calcolo degli interessi maturati ex lege, ove sia incontestata la sorte capitale e il periodo di maturazione, risolvendosi la determinazione degli accessori in una mera operazione matematica per cui non ricorre l'obbligo di specifica motivazione.

La Cassazione è consapevole dell'esistenza di tale indirizzo giurisprudenziale.

Ricorda altresì che, secondo un indirizzo più garantista, la cartella esattoriale fondata su sentenza passata in giudicato deve essere motivata nella parte in cui venga chiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli oggetto dell'atto impositivo oggetto del giudizio, come quelli afferenti gli interessi per i quali deve quindi essere indicato il criterio di calcolo seguito (cfr. Cass. 21851/2018).

Di conseguenza sono stati ritenuti sussistenti le condizioni per la rimessione della causa al Primo Presidente per la valutazione dell'eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite.

Fonte: Diritto e Giustizia

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