Perenzione del giudizio amministrativo ed effetti sulla prescrizione del diritto soggettivo

Gaia Iappelli
09 Novembre 2021

La Terza Sezione Civile della Suprema Corte ha rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, un ricorso avverso una sentenza della Corte d'appello di Roma che aveva dichiarato prescritte le pretese risarcitorie fatte valere dai ricorrenti di fronte al giudice ordinario, ritenendo non invocabile l'effetto sospensivo derivante dall'introduzione di giudizi amministrativi a tutela degli interessi legittimi strumentali, in quanto dichiarati perenti.
Massima

La Terza Sezione Civile della Suprema Corte ha rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, un ricorso avverso una sentenza della Corte d'appello di Roma che aveva dichiarato prescritte le pretese risarcitorie fatte valere dai ricorrenti di fronte al giudice ordinario, ritenendo non invocabile l'effetto sospensivo derivante dall'introduzione di giudizi amministrativi a tutela degli interessi legittimi strumentali, in quanto dichiarati perenti.

Segnatamente, si rilevano le seguenti questioni di massima di particolare importanza:

a) se la perenzione di un giudizio amministrativo, nella vigenza della l. 1034/1971, sia assimilabile all'estinzione del processo civile, ai sensi dell'art. 2945, comma 3, c.c., con conseguente caducazione dell'effetto sospensivo della prescrizione;

b) se, in seguito all'introduzione dell'istituto della translatio iudicii, possa ritenersi che l'effetto sospensivo della prescrizione derivante dalla proposizione della domanda di tutela dell'interesse legittimo possa permanere, anche in caso di perenzione del giudizio amministrativo, con riferimento al diritto soggettivo azionabile dinanzi al giudice ordinario;

c) se l'istanza di fissazione udienza presentata al giudice amministrativo, in quanto necessariamente portata a conoscenza della controparte, possa ritenersi atto di esercizio del diritto ex art. 2943, comma 2., c.c.

d) se l'ordinanza del TAR che, dichiarando infondati alcuni motivi di ricorso, sollevi un incidente di costituzionalità e la sentenza della Corte Costituzionale che decida su quest'ultimo siano qualificabili come sentenze parziali, tali da produrre l'effetto interruttivo istantaneo della prescrizione secondo quanto previsto dall'art. 310, comma 2, c.p.c.

Il caso

L'ordinanza interlocutoria in commento trae origine dall'impugnazione di una sentenza della Corte d'Appello di Roma, con la quale era stata dichiarata la prescrizione decennale delle pretese risarcitorie di medici specializzandi fatte valere contro lo Stato italiano per il mancato recepimento delle Direttive 75/363/CEE e 82/76/CEE.

Nel dettaglio, la vicenda processuale dei medici si era così articolata: i ricorrenti si rivolgevano anzitutto al Tribunale Amministrativo Regionale chiedendo l'annullamento del D.M. del Ministero della Sanità con il quale era stato tardivamente dettato, in attuazione delle menzionate direttive, il nuovo regime giuridico dei medici specializzandi, sostenendo di essere stati illegittimamente esclusi dai benefici previsti.

Il TAR accoglieva il ricorso con sentenza n. 601/1993, la quale – a seguito di rigetto sia dell'appello al Consiglio di Stato che del ricorso in Cassazione per motivi di giurisdizione – diveniva definitiva.

Con l. 370/1999, lo Stato italiano dettava disposizioni per l'attuazione delle sentenze favorevoli del TAR ottenute dai medici specializzandi ammessi tra il 1983 e il 1991, demandando ad un decreto attuativo la fissazione dei presupposti per l'erogazione del risarcimento e del termine di decadenza per la relativa richiesta.

I medici ricorrenti proponevano, quindi, distinti ricorsi al TAR Lazio avverso il decreto ministeriale attuativo.

Nel corso del giudizio amministrativo, precisamente nell'anno 2004, il TAR emetteva due ordinanze, con le quali dichiarava infondati alcuni motivi di ricorso e contestualmente rimetteva alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 11 della l. 370/1999.

Con ordinanza n. 269/2005, la Corte costituzionale dichiarava inammissibile la questione.

I ricorrenti allegano di aver, allora, formulato al TAR istanze di fissazione udienza, in data 21 novembre 2007.

Ad ogni modo, i ricorsi venivano dichiarati estinti per perenzione nel 2010, ai sensi dell'art. 9 della l. 205/2000, per mancata presentazione di istanza di fissazione udienza nel termine previsto.

A questo punto, i ricorrenti adivano il Tribunale di Roma, il quale – con sentenza del 2012 – dichiarava la responsabilità dello Stato per ritardata attuazione delle direttive comunitarie e condannava lo stesso al risarcimento del danno in loro favore.

A seguito di appello proposto dalla Presidenza del Consiglio, con la sentenza richiamata in apertura e impugnata in Cassazione, la Corte d'Appello rigettava la domanda originariamente proposta dai ricorrenti, dichiarando l'intervenuta prescrizione decennale della pretesa risarcitoria.

I medici proponevano, dunque, ricorso per la cassazione del predetto provvedimento, affidato a quattro motivi, di cui tre di interesse in questa sede.

Nel dettaglio, con i primi due motivi di ricorso, gli stessi censuravano l'erronea declaratoria di prescrizione, dovendosi ritenere la stessa sospesa sino al 2004, quando, con le ordinanze citate, il TAR aveva respinto alcuni motivi di ricorso e rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, ovvero sino al 2005, anno in cui la Corte aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità proposta. Secondo la prospettazione di parte ricorrente, difatti, si tratterebbe, in entrambi i casi, di sentenze parziali, conseguentemente idonee a resistere all'effetto demolitivo derivante dal provvedimento di perenzione del giudizio amministrativo e a tenere in piedi la sospensione del periodo di prescrizione.

Inoltre, secondo il terzo motivo proposto, la Corte d'appello avrebbe altresì errato nel non computare il decorso di un nuovo termine prescrizionale a far data dalla presentazione dell'istanza di fissazione udienza, trattandosi di un atto di esercizio del diritto equivalente ad una domanda giudiziale.

La questione

Nell'esercizio del potere d'esame officioso di questioni di diritto ulteriori rispetto a quelle prospettate, la Suprema Corte osserva preliminarmente che i motivi proposti dalle parti ricorrenti e relativi alla violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2945 c.c. presuppongono due assunti non trascurabili: a) che la proposizione del ricorso dinanzi al TAR abbia prodotto effetti interruttivi e sospensivi della prescrizione anche con riferimento al diritto azionato di fronte al giudice ordinario b) che la perenzione del giudizio amministrativo abbia fatto venir meno l'effetto sospensivo, essendo assimilabile ad un'estinzione del giudizio secondo quanto previsto dal comma 3 del menzionato art. 2945 c.c.

Le soluzioni giuridiche

Partendo da quest'ultima asserzione, la Corte ritiene che la prima questione di massima di particolare importanza da sottoporre alle Sezioni Unite attenga alla possibilità di considerare l'istituto della perenzione come analogo all'estinzione del processo civile, anche nella vigenza dell'art. 25 della l. 1034/1971 (o della fattispecie speciale di cui all'art. 9, comma 2, della l. 205/2000), poi abrogato a seguito dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, applicabile ratione temporis alla vicenda in esame.

D'altra parte, con riferimento alla prima questione, la Sezione Terza segnatamente osserva che la produzione dell'effetto interruttivo/sospensivo della prescrizione per mezzo dei ricorsi al TAR dovrebbe avere quale fondamento la sostanziale identità tra situazione giuridica soggettiva fatta valere nel processo amministrativo perento e quella successivamente azionata dinanzi al giudice ordinario.

Su questo punto, tuttavia, la Corte esprime qualche perplessità, ritenendo che, col ricorso davanti al TAR di impugnativa del decreto ministeriale, i medici avrebbero fatto valere una situazione di interesse legittimo, come tra l'altro statuito in via definitiva dalla stessa Corte adita con ricorso per motivi di giurisdizione.

Per l'effetto, la Sezione sollecita un intervento delle Sezioni Unite circa la natura della situazione giuridica soggettiva fatta valere dai medici dinanzi al Giudice amministrativo e chiede, qualora si opini per l'interesse legittimo, di chiarire quale effetto possa riconoscersi alla perenzione rispetto al diritto soggettivo azionato davanti al G.O.

Più specificamente, nell'ordinanza si ritiene che emerga la necessità dell'esame officioso di un'ulteriore questione di particolare importanza, riguardante i rapporti tra il previo esercizio dinanzi al G.A. di un interesse legittimo strumentale e la successiva azione di un diritto soggettivo al G.O.

Infatti, la Terza Sezione dà atto di come, a seguito dell'introduzione nel nostro ordinamento dell'istituto della translatio iudicii, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità sia nel senso di riconoscere alla domanda proposta al giudice amministrativo l'effetto interruttivo/sospensivo anche della successiva azione risarcitoria esercitabile di fronte al giudice ordinario.

Pertanto, si chiede se, nella controversia in esame, la perenzione così come regolata dalla l. 1034/1971 possa comunque conservare l'effetto sospensivo della prescrizione rispetto al diritto soggettivo azionabile al giudice ordinario, potendosi ritenere che la perenzione si riverberi esclusivamente sulla situazione di interesse legittimo strumentale.

Inoltre, la Sezione semplice ritiene di sollecitare l'intervento delle Sezioni Unite anche con specifico riguardo al terzo motivo di ricorso, cioè in ordine alla possibilità di qualificare l'istanza di prelievo come atto di esercizio del diritto ai sensi dell'art. 2943 c.c., avente effetto interruttivo istantaneo.

A tal proposito, difatti, osserva che l'istanza di prelievo, pur diretta al giudice amministrativo, viene necessariamente portata a conoscenza della controparte e, quindi, potrebbe costituire un atto di costituzione in mora del debitore.

Da ultimo, si chiede di pronunciarsi anche sui primi due motivi di ricorso, concernenti la possibilità di qualificare le ordinanze di rimessione e la sentenza della Corte costituzionale come sentenze parziali, per gli effetti di cui all'art. 310, comma 2, c.p.c.

Osservazioni

A seguito degli interventi normativi e delle elaborazioni giurisprudenziali degli ultimi anni, che hanno fatto emergere sempre maggiori punti di contatto tra le giurisdizioni civile e amministrativa e contestualmente sgombrato il campo dal concetto di pregiudizialità, l'ordinanza interlocutoria solleva degli interrogativi di grande interesse, con particolare riguardo all'assimilabilità tra perenzione ed estinzione e, soprattutto, alla persistenza dell'effetto sospensivo in caso di perenzione per la sola domanda di tutela del diritto soggettivo.

A tal proposito, per quanto possa apparire suggestiva la tesi secondo cui la perenzione sia esclusivamente espressione di abbandono della tutela dell'interesse legittimo, sorgono dubbi circa la possibilità di considerare una manifestazione di disinteresse nei confronti del giudizio amministrativo del tutto ininfluente rispetto al diritto soggettivo collegato.

Pertanto, il pronunciamento delle Sezioni Unite circa l'applicabilità dell'art. 2945, comma 3, c.c. anche in caso di perenzione del giudizio amministrativo sarà senza dubbio di notevole rilevanza, a seconda che la Corte decida di valorizzare o meno le differenze tra le modalità di chiusura dei giudizi e le diverse situazioni giuridiche soggettive, quand'anche connesse.

Di eguale momento sarà anche la risoluzione delle questioni relative all'istanza di prelievo e alle sentenze parziali nel giudizio amministrativo, in assenza di precedenti della Corte e di approfondita elaborazione dottrinale delle questioni e stante il possibile rilievo generale delle medesime.

Riferimenti

Per un inquadramento storico-sistematico dell'istituto della perenzione e approfondimenti, si vedano:

  • Pulvirenti M.G., L'estinzione del processo amministrativo per perenzione, in Dir. proc. amm., 2014, p. 479,
  • Cerreto A., L'estinzione del processo per inattività, con particolare riferimento al giudizio amministrativo, 2011, in www.giustizia-amministrativa.it;
  • Casalini D., Perenzione ultraquinquennale, interruzione e sospensione del processo amministrativo tra imperativi di accelerazione processuale e interesse delle parti, in Dir. proc. amm., 2010, p. 510 ss.;
  • Gallo C.E., La pronuncia della perenzione ultradecennale (nota a Cons. St., Ad. Plen., 23 marzo 2004. n. 6), in Foro amm., 2004, vol. 3, p. 1331 ss.;
  • Vacirca G., Perenzione nel giudizio amministrativo, in. Enc. Giur. Treccani, XXIII, 1990.

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