Crediti relativi a trattamenti pensionistici integrativi: natura previdenziale ed esclusione del privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c.

Alessandro Corrado
09 Novembre 2021

I versamenti del datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare hanno natura previdenziale e non retributiva e pertanto non godono del privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c. Al credito relativo alle contribuzioni datoriali ai fondi in parola non è applicabile il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi previsto dall'art. 16, comma 6, legge n. 412 del 1991, in quanto non è corrisposto da un ente gestore di forme di previdenza obbligatoria, ma da un datore di lavoro privato.
Massima

I versamenti del datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare hanno natura previdenziale e non retributiva e pertanto non godono del privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c.

Al credito relativo alle contribuzioni datoriali ai fondi in parola non è applicabile il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi previsto dall'art. 16, comma 6, L. n. 412/1991, in quanto non è corrisposto da un ente gestore di forme di previdenza obbligatoria, ma da un datore di lavoro privato.

Il caso e la questione giuridica

Il dissidio tra giudici di merito e di legittimità intorno alla natura – chirografaria o privilegiata – dei crediti relativi ai versamenti a favore dei Fondi di previdenza complementare sembra non conoscere fine.

Le Sezioni Unite, difatti, con la sentenza in commento – riguardante la posizione di un lavoratore nei confronti di una procedura di liquidazione coatta amministrativa – sono tornate sul tema cassando la decisione della Corte d'Appello di Palermo che nel giugno 2016 aveva riconosciuto il privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c. sia per i contributi sulla retribuzione pensionabile a carico di Sicilcassa, sia per quelli versati direttamente dal lavoratore al Fondo e per gli interessi legali nonché per la rivalutazione monetaria.

Le Sezioni Unite affermano il principio secondo cui i crediti relativi ai versamenti effettuati dal datore di lavoro alla previdenza integrativa (o complementare) non sono classificabili tra quelli che hanno diritto al privilegio generale sui mobili, con un ragionamento semplice: poiché, infatti, i versamenti non sono corrisposti ai dipendenti, ma erogati direttamente al Fondo, non possono essere considerati di natura retributiva né, di conseguenza, godere del privilegio ex art. 2751 n. 1 c.c., che spetta appunto unicamente ai crediti di natura retributiva.

Le Sezioni Unite si erano già espresse nel medesimo senso con le sentenze 9 marzo 2015, n. 4684 e 20 marzo 2018, n. 6928.

La prima aveva sconfessato le decisioni contrarie dei giudici di merito – che poggiavano su quanto affermato dalla sentenza di Cass. 12 gennaio 2011, n. 545 – secondo cui alle somme versate al Fondo doveva attribuirsi natura retributiva perché in rapporto di corrispettività con la prestazione lavorativa.

Le Sezioni Unite del 2015, infatti, avevano abbracciato la diversa tesi propugnata dalla Suprema Corte con la sentenza 5 giugno 2012, n. 9016 sostenendo che, anche prima della riforma attuata con il D.Lgs. 28 aprile 1993, n. 124, i versamenti al Fondo dovessero considerarsi di natura contributiva perché non corrisposti ai dipendenti, ma direttamente al Fondo stesso. In tal modo, la contribuzione datoriale non entra direttamente nel patrimonio del lavoratore interessato, tanto che, se – al momento della conclusione del rapporto di lavoro – i requisiti per la previdenza integrativa non dovessero essere maturati, il lavoratore non avrebbe alcun diritto di percepire i contributi versati al Fondo.

Tre anni dopo, con la sentenza 20 marzo 2018, n. 6928, le Sezioni Unite erano tornate ad affermare la natura previdenziale dei versamenti contributivi in accordo con quanto affermato dalle sentenze della Consulta n. 421 del 1995 e n. 178 del 2000, secondo cui la previdenza complementare concorre a realizzare l'obiettivo previsto dall'art. 38, comma 2, Cost. (adeguatezza dei mezzi per soddisfare le esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, disoccupazione volontaria).

Osservazioni

Scandagliando più a fondo la questione, la sentenza in commento arriva a negare ai versamenti contributivi destinati al Fondo di previdenza il privilegio generale degli artt. 2753 e 2754 c.c.: questo, difatti, viene riconosciuto ai soli crediti derivanti dal mancato versamento dei contributi a gestori di forme di assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti e non può quindi essere esteso a forme di tutela previdenziale integrativa, che sono dovute non in base alla legge, ma in forza della contrattazione collettiva.

La seconda questione su cui si concentra la sentenza n. 16084/2021 riguarda il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi legali: introdotto dall'art. 16, comma 6 della legge 30 dicembre 1991, n. 412 per le forme di gestione della previdenza obbligatoria per esigenze di salvaguardia del bilancio statale, non vale invece per i trattamenti pensionistici integrativi, come già stabilito da Cass. n. 6928/2018.

Il diritto alla rivalutazione monetaria del credito previdenziale di natura non pubblicista deriva dall'intervento con cui la Corte costituzionale, con sentenza n. 156/1991, ha dichiarato illegittimo l'art. 442 c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare gli interessi a tasso legale dovuti e il maggior danno eventualmente subito dal titolare del credito per la diminuzione di valore del credito causato dalla svalutazione monetaria.

In conclusione, in linea con quanto sostenuto dalla sentenza in commento, si deve affermare che i versamenti effettuati dal datore di lavoro alla previdenza integrativa o complementare hanno natura previdenziale e non retributiva, con conseguente collocazione chirografaria del relativo credito, anche se godono della rivalutazione monetaria.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.