Uno sguardo d'insieme sulle misure protettive, cautelari e premiali previste dal decreto legge 118/2021

11 Novembre 2021

L'Autore si sofferma ad analizzare le misure pensate per agevolare e diffondere l'utilizzo degli strumenti previsti dalla L. 147/2021 precisandone il contenuto ed il meccanismo processuale studiato per ottenerle evidenziando alcune criticità rimaste tali anche dopo la conversione del decreto legge.
Le premesse

La congiuntura economica pre pandemia evidenziava l'esigenza di diffondere la cultura del tempestivo salvataggio delle imprese in difficoltà al fine di evitarne l'insolvenza e la conseguente dispersione del potenziale valore residuo inteso, anche, come forza lavoro.

La Direttiva 1023/2019 UE del 20 giugno 2019 ha ordinato la predisposizione di una serie di strumenti che, di fatto, hanno ribaltato le dinamiche che riguardavano l'emersione del momento patologico. Il fulcro delle nuove categorie poggia (anzi, “poggiava”) sulla necessità di far emergere tempestivamente la situazione di sofferenza affinché le azioni volte al superamento della stessa possano essere intraprese in tempo utile a consentire al beneficiario di rientrare nel mercato nel più breve tempo possibile ed in piena salute (per un approfondimento: F. Lamanna, Nuove misure sulla crisi d'impresa del D.L. 118/2021: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il "de profundis" per il sistema dell'allerta, in questo portale, 25 agosto 2021).

L'emersione precoce aveva trovato nel sistema d'allerta (interna ed esterna) il suo principale meccanismo attuatore. La disciplina contenuta nel Codice della crisi imponeva un decisivo “cambio di rotta” culturale mal digerito dagli imprenditori che, da subito, hanno dimostrato una certa idiosincrasia rispetto ad un impianto normativo che, ai loro occhi, è stato percepito come una violazione della propria libertà di autodeterminazione.

Lo scardinamento del tessuto connettivo proprio delle vecchie dinamiche di gestione è iniziato con l'obbligo previsto dall'art. 2086 c.c. che, di fatto, ha conferito all'imprenditore (anche) lo status di “organizzatore” di un sistema di gestione delle risorse idoneo a fornire periodicamente un report sullo stato di salute attuale ed un ragionevole vaticinio su quello dei sei mesi successivi. Dalla lettura del Decreto e della legge di conversione balza all'occhio con un certo vigore l'avvenuta introduzione di un accento marcatamente privatistico.

In questa direzione deve essere letta l'eliminazione delle segnalazioni da parte dei creditori qualificati, l'eliminazione degli indici e dei rilevatori di crisi e la possibilità (rectius il diritto /dovere) di attivare la composizione negoziata solo su iniziativa del debitore che, quindi, non sarà più “orientato” da stimoli estranei, ma dalla semplice volontà propria.

La concreta applicazione dell'istituto ci dirà se lo stesso farà breccia nei “cuori” degli imprenditori e delle associazioni di categoria, ma, ad oggi, ritengo difficile che, senza gli adeguati stimoli (che non per forza devono essere impostati e/o interpretati come coercitivi), possa chiedersi ad un tessuto imprenditoriale composto prevalentemente da piccole e medie imprese di emanciparsi dall'immanente istinto di conservazione che, negli ultimi mesi, si è tramutato, aggravandosi, in istinto di sopravvivenza.

Ulteriore elemento che merita di essere approfondito nell'ambito di un approccio critico è quello relativo al carattere stragiudiziale e riservato proprio della composizione negoziata. Mi pare necessario, per saggiarne la reale portata innovativa, effettuare un esame comparato tra l'applicazione concreta del ridetto connotato e quanto previsto dalla composizione assistita, sua antenata.

Il primo rilievo riguarda il numero dei soggetti coinvolti, le ragioni ed il fine della loro presenza ad un tavolo che nasce per comporre interessi contrapposti. E' evidente che l'humus non sia quello più favorevole al mantenimento della riservatezza che, in realtà, era un obbligo previsto anche per gli attori della composizione assistita.

Il secondo rilievo riguarda il meccanismo previsto per l'ottenimento delle misure cautelari o protettive per le quali è prevista una forma di pubblicità che, ontologicamente, risponde ad esigenze che possono essere collocate agli antipodi rispetto a quelle proprie della riservatezza. Del resto, gli istituti in parola non possono prescindere da una forma di pubblicità che renda edotti (e tuteli) i terzi. Allo stesso effetto di “dissolvimento” della riservatezza si perviene allorquando il decreto legge stabilisce che per poter ottenere determinate garanzie è necessario che venga coinvolto il Tribunale.

Altri interrogativi hanno una portata più ampia. Il riferimento è alle modalità di attivazione del procedimento che prevede la compilazione di un test contenuto in una piattaforma informatica che consentirà all'imprenditore di avere una risposta sull'esistenza della crisi.

Ove il “responso” della piattaforma dovesse essere nel senso della rilevazione della crisi, può partire un procedimento che, nella migliore delle ipotesi, sfocerà in una soluzione concordata che ne sterilizzerà gli effetti. L'assenza della transazione fiscale in questa fase, però, credo che sia un ulteriore anello debole le cui conseguenze difficilmente non graveranno sulla buona riuscita dell'istituto. E' vero che l'art. 14 del decreto prevede delle misure premiali, ma è altrettanto vero che se la premialità delle stesse viene saggiata al cospetto degli effetti benefici della transazione fiscale o di altri istituti del diritto tributario, ne discende un quadro che svilisce il contenuto delle prime rispetto a quello ben più denso di effetti positivi dei secondi.

Le misure protettive e cautelari. Criteri di identificazione e aspetti processuali

Nell'ottica di incentivare l'utilizzo degli strumenti previsti dalla nuova normativa, il decreto legge e la legge di conversione hanno indicato una serie di misure “invoglianti” tali da creare intorno all'imprenditore un momentaneo riparo da azioni potenzialmente ostacolanti rispetto all'esigenza primaria di composizione della crisi.

Una prima riflessione può già emergere se si saggia la portata delle misure in parola rispetto a quelle previste dalla legge fallimentare. Il perimetro di protezione è palesemente più ampio posto che gli attuali artt. 168 e 182 bis L.F. limitano il divieto di inizio o prosecuzione di azioni esecutive o cautelari al solo patrimonio del debitore. L'art. 6 L. 147/2021, invece, importa all'interno delle categorie protette anche tutti i beni ed i diritti in grazia dei quali viene esercitata l'attività di impresa (il riferimento è, chiaramente, ai beni concessi in leasing, comodato etc.; per un ricco approfondimento sul tema, F. Platania, Composizione negoziata: misure protettive e cautelari e sospensione degli obblighi ex artt. 2446 e 2447 c.c., in questo portale, 7 ottobre 2021).

Sul punto, si consideri, per esempio, il mutamento del mercato dei beni mobili utilizzabili nell'esercizio dell'impresa: per ragioni fiscali, la maggior parte delle aziende non acquistano più i mezzi necessari alla produzione ma stipulano dei contratti di leasing o simili in virtù dei quali potranno usufruire dei beni pur non essendone proprietari.

L'art. 6 prosegue indicando altre misure a protezione dell'imprenditore come l'impossibilità di dichiarare il fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza (art. 6 comma 4).

Stando al tenore letterale della legge, possiamo affermare che l'impossibilità di dichiarare il fallimento non implica necessariamente che la fase prefallimentare, ove iniziata, debba interrompersi. Il limite posto dalla legge è circoscritto alla sola dichiarazione di fallimento e non anche alla fase prodromica alla stessa. Non è impensabile, quindi, ritenere che il Tribunale porti avanti l'attività istruttoria in attesa dell'esito del procedimento (L. A. Bottai, La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative, in questo portale, 4 ottobre 2021).

Ulteriore aspetto rilevante è quello che riguarda il regime dei contratti pendenti in relazione ai quali è previsto al comma 5 un divieto assoluto in capo ai soggetti colpiti dalla misura protettiva di rifiutare l'adempimento, di provocarne la risoluzione, di anticiparne la scadenza o di modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto di non aver ricevuto il pagamento dei propri crediti seppur anteriori rispetto alla pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive (R. Marinoni, Crisi d'impresa. Le novità in tema di ristrutturazione e risanamento aziendale di cui al D.L. 24 agosto 2021, n. 118, in questo portale, 22 settembre 2021).

Questa invasione nell'ambito di rapporti di diritto privato trova il suo limite e, contemporaneamente, la sua causa giustificatrice, nel presupposto che l'esatto adempimento della prestazione o la prosecuzione di un determinato contratto potrebbero avere effetti determinanti nella prosecuzione delle trattative (si pensi ai fornitori strategici).

La norma stabilisce anche il tempo entro cui le misure protettive conservano la loro efficacia. Il range stabilito decorre dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese dell'accettazione dell'esperto nominato dalla commissione e della relativa istanza di applicazione delle stesse .

Il meccanismo previsto dall'art. 7 crea un po' di confusione terminologica e procedurale sotto l'aspetto del raccordo tra l'inizio dell'efficacia delle misure protettive ed il vaglio delle stesse effettuato dal Tribunale: l'imprenditore, lo stesso giorno della pubblicazione nel registro delle imprese dell'istanza di cui all'art. 6 e dell'accettazione dell'esperto, deve depositare un ricorso (contenente, appunto, l'istanza appena citata) all'Autorità Giudiziaria competente per chiedere la conferma o la modifica delle misure protettive o, ove occorra, l'adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. Entro trenta giorni dalla pubblicazione dell'istanza prevista dall'art. 6 , l'imprenditore dovrà, poi, pubblicare presso la Camera di commercio il numero di ruolo del procedimento instaurato in Tribunale. L'omesso o ritardato deposito del ricorso all'Autorità Giudiziaria è punito con la cancellazione dell'istanza di cui all'art. 6 e, ovviamente, con la caducazione degli effetti protettivi.

Le operazioni dell'imprenditore dovranno quindi essere svolte contemporaneamente in una duplice direzione:

1. presso la camera di commercio, per procedere alla pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive;

2. presso il Tribunale per ottenerne la conferma ai sensi dell'art. 7 (il legislatore, a mio modo di vedere, all'art. 6 utilizza impropriamente la locuzione “istanza di applicazione delle misure protettive” posto che alla camera di commercio non viene rivolta alcuna richiesta che, invece, ai sensi dell'art. 7 è rivolta all'Autorità Giudiziaria. Sarebbe stato più corretto dire che l'istanza da pubblicare ai sensi dell'art. 6 è il ricorso che sarà depositato in Tribunale ai sensi dell'art. 7).

Entro 30 giorni dal deposito del ricorso, poi, dovrà comunicare alla camera di commercio il numero di ruolo del procedimento instaurato (e di tutti gli altri estremi utili ad una corretta identificazione del procedimento, ritengo, compreso l'eventuale successivo diniego e/o modifica delle disposizioni, anche se la legge nulla dice al riguardo). E' evidente che la necessità di informare i terzi sull'esistenza o meno di un procedimento teso ad ottenere la conferma delle misure protettive doveva trovare una collocazione al fine di assicurare una ragionevole celerità del recepimento del dato da parte degli interessati.

Assieme al ricorso di cui all'art. 7, l'imprenditore dovrà depositare un corredo informativo esaustivo che prevede i bilanci degli ultimi tre esercizi, l'elenco dei creditori , un piano finanziario per i successivi sei mesi (in questo colgo una parziale similitudine con il principio del forward looking esplicitato nel codice della crisi di impresa). Il Tribunale, poi, avrà dieci giorni di tempo per fissare l'udienza di comparizione delle parti previa notifica del decreto (la legge non indica anche il ricorso ma, al fine di consentire una esatta informazione, ritengo che sia opportuno notificarlo unitamente al Decreto di fissazione dell'udienza). Il Tribunale, quindi, sentite le parti e l'esperto (questa dicotomia non ci consente di considerare l'esperto come una parte del processo con tutte le conseguenze relative all'eventuale interesse a proporre domande, a chiedere precisazioni etc) , ed effettuata l'istruzione indispensabile con riguardo alle istanze cautelari ed ai provvedimenti di revoca, conferma o modifica delle misure protettive, provvederà con ordinanza anche in relazione alla durata delle misure disposte che, su istanza dei creditori (anche uno solo), dell'imprenditore o dell'esperto (in questo caso l'esperto assume un contegno simile a quello del commissario giudiziale nel concordato preventivo) possono essere revocate o modificate in qualsiasi momento sempre con ordinanza reclamabile ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c.

Le misure premiali

A partire dalla data di accettazione dell'esperto e fino alla conclusione della composizione negoziata mediante una delle soluzioni previste dall'art. 11, con il deliberato intento di “stimolare” l'imprenditore, l'art. 14 elenca una serie di misure favorevoli allo stesso la cui applicazione avviene ope legis; queste prevedono:

a) la riduzione degli interessi maturati sui debiti tributari al tasso legale e delle relative sanzioni nei casi previsti dall'art. 14 ai commi 1-3;

b) la concessione, subordinata alla pubblicazione nel registro delle imprese del contratto di cui all'art. 11, comma 1, lett. a e dell'accordo di cui all'art. 11 comma 1, lett.c di un piano di rientro fino ad un massimo di settantadue rate mensili delle somme dovute a titolo di IRPEF, ritenute, IVA, etc.;

c) l'applicazione degli artt. 88, comma 4 ter, e 101, comma 5, D.P.R. 917/1986 e 26, comma 3 bis, D.P.R. 633/1972 dalla data di pubblicazione del contratto o degli accordi previsti dall'art. 11 (si tratta dell'applicazione alle sopravvenienze attive sui debiti e alle perdite sui crediti della normativa che prevede: art. 88 “Non si considerano, altresì, sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti ... in caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'art. 182 bis L.F., ovvero di un piano attestato di cui all'art. 67 L.F. pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite , pregresse e di periodo,... ; art. 101 “ le perdite di beni di cui al comma 1 ... e le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi dell'art. 106, sono deducibili se risulta da elementi certi e precisi e in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ….”(per una visione complessiva: L. Gambi, Le misure premiali nella composizione negoziata della crisi, in questo portale, 20 ottobre 2021; nonché R. Marinoni, op. cit.).

Un altro importante “scudo” concesso all'imprenditore è quello previsto dall'art. 8 L. 147/2021 ove viene previsto che con l'istanza di nomina dell'esperto l'imprenditore può dichiarare che sino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata non si applicheranno nei suoi confronti gli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482 bis, commi 4-6, 2842 ter e non si verificherà la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, comma 1, n. 4 e 2545 duodecies c.c.

Altrettanto “premiali” possono essere considerate la conservazione degli effetti per gli atti autorizzati dal Tribunale se successivamente si utilizzeranno le procedure concorsuali tradizionali (art. 12 comma 1); l'esonero dalla responsabilità penale per i fatti di bancarotta preferenziale e bancarotta semplice riguardanti atti autorizzati dal Giudice o “coerenti” con l'andamento delle trattative (che avvengano in un momento successivo all'accettazione della nomina da parte dell'esperto); l'impossibilità di agire in revocatoria relativamente agli atti ed ai pagamenti “coerenti” rispetto all'istanza di composizione negoziata.

Conclusioni

Le agevolazioni e gli strumenti previsti dalla L. 147/2021 non riusciranno ad ottenere la “resilienza” del sistema se la tassazione ed il costo del lavoro continueranno a gravare in percentuali sconfortanti sulle imprese e sui lavoratori. Un sistema di incentivi che preveda la possibilità di accedere ad impianti di fiscalità agevolata seria e penetrante potrebbe essere la chiave di volta.

Il vero rinnovamento dovrà passare dall'esame di questi nodi anche al fine di tornare a considerare la disciplina della gestione delle aziende in crisi come una extrema ratio e non come la quotidianità. Ogni sforzo effettuato in direzioni differenti, può essere considerato solo una scommessa.

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