Riforma processo civile: rito del lavoro
17 Novembre 2021
Introduzione generale
In data 21 settembre 2021 il Senato ha approvato, in lettura definitiva, il disegno di legge delega n. 1662, rubricato «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata». Con l'ambizioso progetto, collocato nell'ambito della riforma sistemica funzionale all'obiettivo dell'innovazione del Sistema Giustizia, contemplata dal c.d. Recovery Plan (oggetto di approvazione dal CDM il 20 gennaio 2020), il legislatore si propone di conferire delega al Governo per l'emissione di decreti attuativi dei principi elaborati, al fine di assicurare l'efficienza del processo civile, anche mediante la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, l'adozione di misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata. Il Governo viene, in particolare, delegato ad adottare uno o più decreti legislativi recanti il riassetto formale e sostanziale del processo civile, mediante novelle al codice di procedura civile e alle leggi processuali speciali, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge delega, nel rispetto della garanzia del contraddittorio e dei princìpi e criteri direttivi previsti dalla stessa, con facoltà di revisione nel corso del secondo anno. Misure dedicate al processo del lavoro
Il progetto di riforma coinvolge anche il rito del lavoro, attraverso una pletora di disposizioni e principi, taluni dei quali appositamente dedicati al rito regolamentato dagli artt. 409 e ss. c.p.c., altri dei quali riguardanti istituti processualcivilistici applicabili al rito del lavoro, laddove non incompatibili con le disposizioni speciali dettate per la specifica tipologia processuale. La struttura fondamentale del processo del lavoro, già tradizionalmente permeata dai caratteri tipici della semplificazione e speditezza non viene toccata dalla riforma, che congegna un «rito ordinario davanti al tribunale in composizione monocratica», da applicare in via esclusiva ed obbligatoria nelle cause in cui il tribunale giudichi in composizione monocratica, con esclusione dei procedimenti attualmente assoggettati al rito del lavoro. La prima fondamentale disposizione dettata per il rito del lavoro concerne l'estensione della procedura di negoziazione assistita alle controversie laburistiche, restando espressamente salvo il disposto degli artt. 2113 e 412-ter c.p.c.. La predisposizione di misure deflattive del contenzioso ha caratterizzato il rito laburistico sin dalla sua introduzione, contemplandosi fattispecie di conciliazione stragiudiziale, in sede amministrativa (dinanzi alle Direzioni Provinciali del Lavoro) e sindacale (dinanzi ad Organismi ad hoc previsti dalla contrattazione collettiva). Il tentativo di conciliazione stragiudiziale ha, attualmente, natura facoltativa, non essendo più previsto quale condizione di procedibilità, fatta salva la materia dei contratti certificati e dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo intimati dai datori di lavoro che presentino i requisiti dimensionali di applicazione dell'art. 18 l. 300/1970. La procedura di negoziazione assistita da estendere, in attuazione della delega, al processo del lavoro, appare caratterizzata da significativi poteri di cognizione dell'organismo di mediazione che, nel rispetto del principio del contraddittorio e con la necessaria partecipazione di tutti gli avvocati che assistono le parti coinvolte, potrà compiere attività istruttoria, denominata «attività di istruzione stragiudiziale», consistente nell'acquisizione di dichiarazioni da parte di terzi su fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia. È, inoltre, prevista la possibilità, sulla falsariga dell'interrogatorio formale, di richiedere ad una parte di dichiarare per iscritto, su richiesta della controparte, ai fini di cui all'art. 2735 c.c., la verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente. Le prove acquisite, corredate da sanzioni penali per chi rende dichiarazioni false, potranno essere eventualmente acquisite ed utilizzate, nel corso del successivo giudizio avente, in tutto o in parte, il medesimo oggetto, verosimilmente con efficacia di principio di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c. e non di prova legale piena, in quanto non acquisita in sede giurisdizionale. La procedura di negoziazione assistita non è condizione di procedibilità della successiva (ed eventuale) iniziativa giurisdizionale. I contorni dell'espressa salvezza della disposizione di cui all'art. 2113 c.c., contenente la previsione di invalidità di rinunzie e transazioni che hanno ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili di legge o contratti collettivi, appaiono da chiarire all'adozione dei decreti attuativi, non essendo chiaro se all'eventuale conciliazione in sede negoziazione assistita venga, in prospettiva, esteso il meccanismo di inoppugnabilità, disciplinato dal 3 comma dell'art. 2113 c.c., attualmente previsto per le conciliazioni antegiudiziali in sede protetta.
All'atto dell'adozione del disegno di legge delega, la materia dell'impugnativa dei licenziamenti è caratterizzata dall'esistenza di una dualità di riti ed una pletora di discipline sostanziali. In estrema sintesi, risulta tutt'ora applicabile il c.d. rito Fornero (introdotto dall'art. 1, comma 47 e ss., l. 92/2012) in caso di rapporti di lavoro incardinati anteriormente al 7 marzo 2015, quando i datori di lavoro presentino i requisiti occupazionali tipici della tutela reale (art. 18 l. 300/1970), in alternativa alla c.d. tutela obbligatoria di cui alla l. 604/1966, per rapporti di lavoro risalenti in epoca anteriore a tale data in assenza dei requisiti occupazionali utili all'applicazione dell'art. 18, da far valere tramite il rito ordinario di cui all'art. 414 e ss. c.p.c.. Nel caso di rapporti di lavoro incardinati successivamente alla data del 7 marzo 2015, indipendentemente dai requisiti occupazionali (utili ai fini del calcolo della indennità risarcitoria), risulterà applicabile la disciplina del d.lgs. 23/2015 (c.d. Jobs Act), da azionare mediante il rito ordinario. L'art. 7 del disegno di legge delega in commento prevede il superamento del dualismo procedimentale attualmente in vigore, mediante l'unificazione dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. Per tutte le impugnazioni successive alla data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo dovrà farsi riferimento al rito ordinario, indipendentemente dalla tipologia di tutela richiesta. Restano, dunque, ferme le tutele sostanziali di cui all'art. 18 l. 300/1970, alla l. 604/1966, ed al d.lgs. 23/2015, ma non si applicherà più il sistema processuale di cui all'art. 1 commi da 47 a 66 l. 92/2012 (Rito Fornero), né in primo grado, né in sede di opposizione o reclamo. Per temperare gli effetti dell'abolizione di una modalità procedimentale espressamente caratterizzata da tempi celeri di definizione e da corsie accelerate di trattazione, viene prevista la necessità di introdurre meccanismi di prioritaria trattazione delle cause di licenziamento, dettando una disciplina ad hoc per la fase transitoria. Misure di carattere generale incidenti sul processo del lavoro
Le misure specificamente destinate a riformare il processo del lavoro non esauriscono il novero di previsioni destinate ad incidere sul rito in commento. Si registrano, difatti, ulteriori previsioni destinate a regolamentare la fase generale di introduzione del procedimento ed il rito civile ordinario che, in virtù del principio di compatibilità e residualità delle previsioni processuali di ordine generale, risultano applicabili anche al processo regolamentato dagli artt. 409 e ss. c.p.c.
Di preminente rilievo appare la previsione secondo cui nei procedimenti dinanzi al Tribunale (ivi incluse le sezioni specializzate, quale quella del lavoro), il deposito dei documenti e di tutti gli atti di parte che sono in giudizio con il ministero di un difensore abbia luogo esclusivamente con modalità telematiche, o anche mediante altri mezzi tecnologici. Competerà al capo dell'ufficio autorizzare il deposito con modalità non telematiche unicamente quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista una situazione d'urgenza, assicurando che agli interessati sia data conoscenza adeguata e tempestiva anche dell'avvenuta riattivazione del sistema. Viene, inoltre previsto che in tutti i procedimenti civili, il deposito di atti e documenti di parte possa avvenire mediante soluzioni tecnologiche diverse dall'utilizzo della PEC, purtuttavia nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, Laddove il destinatario della notificazione sia un soggetto per il quale la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o quando il destinatario abbia eletto domicilio digitale, la notificazione degli atti in materia civile e stragiudiziale (e, quindi, anche quella relativa alle numerose fattispecie decadenziali previste nella materia laburistica) sarà eseguita dall'avvocato esclusivamente a mezzo PEC, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Di assoluto rilievo appare l'introduzione, nella materia delle notificazioni telematiche, della possibilità di inserimento del plico da notificare nell'area web riservata di cui all'art. 359 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al d. lgs. 14/2019, quale mezzo di conoscenza equipollente della notificazione telematica, nelle circostanze in cui la notificazione a mezzo PEC non sia possibile o non abbia esito positivo per causa imputabile al destinatario (come nel caso di indirizzo PEC inattivo pur a fronte della perdurante attività di impresa), con conoscenza legale al decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l'inserimento. Soltanto quando la notificazione non sia possibile o non abbia esito positivo per cause non imputabili al destinatario, la stessa potrà eseguirsi con le modalità ordinarie che, pertanto, diventano modalità assolutamente residuale.
Viene, infine, previsto che, nell'esercizio delle delega, si rechino modifiche al codice di rito dirette a rafforzare i doveri di leale collaborazione delle parti e dei terzi, prevedendo il riconoscimento dell'Amministrazione della giustizia quale soggetto danneggiato nei casi di responsabilità aggravata e, conseguentemente, specifiche sanzioni a favore della Cassa delle ammende, conseguenze processuali e sanzioni pecuniarie nei casi di rifiuto non giustificato di consentire l'ispezione prevista dall'art. 118 c.p.c. e nei casi di rifiuto o inadempimento non giustificati dell'ordine di esibizione previsto dall'art. 210 nonché la fissazione di un termine non superiore a sessanta giorni entro il quale la pubblica amministrazione, cui siano state richieste informazioni ai sensi dell'art. 213 c.p.c., debba trasmetterle o, alternativamente, comunicare le ragioni del diniego. |