Non dovuto il compenso all'attestatore se la proposta di concordato è dichiarata inammissibile per violazione di norme imperative di legge

Diego Corrado
29 Novembre 2021

Quella dell'attestatore si configura quale obbligazione di mezzi, e non di risultato. Ad essa, tuttavia, si deve adempiere in modo ex ante astrattamente idoneo al perseguimento del risultato che ci si prefigge, alla luce delle norme di legge che regolano la materia. Ne consegue che, ove la proposta di concordato sia rigettata per manifesta violazione di norme imperative di legge nonché per insanabile incompletezza della stessa, e sia successivamente dichiarato il fallimento del debitore, la curatela ben può eccepire al professionista, che chiede il pagamento del compenso pattuito in prededuzione ex art. 111 l.fall., l'inadempimento al corretto svolgimento dell'incarico ex art. 1460 c.c.
Massima
Quella dell'attestatore si configura quale obbligazione di mezzi, e non di risultato. Ad essa, tuttavia, si deve adempiere in modo ex ante astrattamente idoneo al perseguimento del risultato che ci si prefigge, alla luce delle norme di legge che regolano la materia. Ne consegue che, ove la proposta di concordato sia rigettata per manifesta violazione di norme imperative di legge nonché per insanabile incompletezza della stessa, e sia successivamente dichiarato il fallimento del debitore, la curatela ben può eccepire al professionista, che chiede il pagamento del compenso pattuito in prededuzione ex art. 111 l.fall., l'inadempimento al corretto svolgimento dell'incarico ex art. 1460 c.c.
Il caso

Una società, dopo aver depositato una domanda “prenotativa”, deposita una proposta di concordato in continuità indiretta, accompagnata da un'offerta irrevocabile di acquisto dell'intero complesso aziendale da parte di un terzo, già affittuario del ramo commerciale dell'azienda, e poco prima del deposito del ricorso per l'ammissione al concordato divenuto affittuario anche del ramo produttivo.

Il Tribunale in prima battuta rilevava una serie di profili di illegittimità della proposta, fissando così termine all'istante per controdedurre sui seguenti punti:

- illegittimità di una proposta di concordato “chiuso”, che sostanzialmente portava alla disapplicazione delle procedure competitive previste dall'art. 163-bis l.fall., in relazione all'offerta irrevocabile di acquisto del terzo, al termine dell'efficacia quinquennale del contratto di affitto dei compendi aziendali a suo favore;

- alterazione dell'ordine delle cause di prelazione, in violazione dell'art. 160, comma 2, II periodo, l. fall., determinata dal sistema di pagamento proposto dalla debitrice, mediante, tra l'altro, l'utilizzo dei flussi provenienti dai contratti di affitto dei due rami d'azienda, conclusi con il terzo;

- incompletezza dell'attestazione, allegata alla domanda di concordato, in riferimento ad eventuali azioni di responsabilità e revocatorie, e dunque impossibilità della valutazione della convenienza della proposta concordataria rispetto all'alternativa fallimentare, prevista dall'art. 186, comma 2, l.f.

Rigettata la domanda, il Tribunale dichiarava il fallimento della debitrice su istanza del PM.

Il professionista attestatore presentava allora domanda di ammissione del proprio credito in prededuzione, ex art. 111 l.f., derivando il credito da prestazioni professionali funzionali alla procedura concordataria.

Il G.D., accogliendo le osservazioni della curatela, ha escluso tout court il credito (non quindi la sola sua prededucibilità) ritenendo il professionista inadempiente all'obbligo di corretto e diligente svolgimento dell'incarico, “con riserva di azione ex art. 67 in relazione alle somme già percepite” (ovvero agli acconti già ricevuti dall'attestatore).

Proposta opposizione, il Tribunale confermava l'esclusione, con le motivazioni esaminate nei paragrafi che seguono.

La questione. L'eccezione preliminare della curatela

Preeliminarmente il Tribunale ha deciso, in senso negativo, sull'eccezione preliminare della curatela, che chiedeva dichiararsi inammissibile l'opposizione sul presupposto che nelle sue conclusioni si chiedesse la collocazione del credito in “prededuzione privilegiata”, mentre nell'originaria domanda di insinuazione al passivo ci si limitava a chiederne l'ammissione “in prededuzione”.

Il Tribunale ha osservato in proposito che l'eccezione è infondata, in quanto le conclusioni dell'opposizione non facevano che ribadire quanto già risultava dalla narrativa del ricorso per ammissione al passivo, ossia che si trattava di credito munito di privilegio ai sensi dell'art. 2751 bis, n. 2, c.c., e che – sebbene la domand ex art. 93 l. fall. debba contenere l'indicazione del titolo di prelazione – a tal fine non sono richieste formule speciali, bastando che le caratteristiche del credito da cui deriva il privilegio siano esposte in modo chiaro e comprensibile nell'atto.

L'orientamento più restrittivo in tema di prededucibilità del credito dell'attestatore

Con riguarda al merito della questione, in primo luogo il Tribunale richiama l'orientamento seguito, tra le altre, da Cass. 639/2021 e 5254/2018, a mente del quale la prededucibilità del credito del professionista “presuppone l'adozione del decreto di apertura della procedura di concordato”.

Ripercorrendo la motivazione della prima delle pronunce ora citate, il Tribunale ricorda infatti che “l'art. 111, comma 2, l. fall., nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti "in funzione" di una procedura concorsuale, presuppone che una tale procedura sia stata aperta, e non la semplice presentazione di una domanda di concordato, che dà luogo unicamente ad un procedimento di verifica volto al mero accertamento dell'ammissibilità della proposta. Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la presentazione della domanda di concordato preventivo dichiarata inammissibile o rinunciata non è pertanto prededucibile nel fallimento, ancorchè la sentenza dichiarativa si fondi sulla medesima situazione (di insolvenza) rappresentata nella domanda”.

Dopo aver convincentemente ricostruito quali sono i profili da cui discende la non spettanza della prededuzione, tuttavia, con un salto logico il Tribunale conclude sul punto affermando che “tanto basterebbe per determinare il rigetto della richiesta dell'opponente”, in toto, pare di capire, laddove semmai quanto appena riportato sarebbe sufficiente per escludere la sola prededucibilità. Del resto, questo è quanto si è verificato nel caso esaminato dalla stessa Cass. 639/2021, richiamata dal Tribunale, in cui l'opposizione verteva sul fatto se spettasse o meno la prededuzione, in quanto in sede di verifica il credito era stato ammesso semplicemente al privilegio ex art. 2751-bis, c. 2, c.c.

L'orientamento “più liberale” in tema di debenza del credito dell'attestatore

Ove la sentenza si fosse arrestata al punto di cui sopra, essa avrebbe destato non poche perplessità, ma l'argomentare del Tribunale prosegue, dando conto di quanto lo stesso Collegio definisce l'orientamento “più liberale” in materia, quello espresso per tutte da Cass. 10752/2018, a mente del quale “l'ammissione in prededuzione del credito dell'attestatore in un concordato preventivo poi seguito dal fallimento (o più in generale, del professionista che è intervenuto nella procedura concordataria) può essere disposta soltanto ove la relativa prestazione sia risultata comunque necessaria, ad una valutazione prognostica ex ante a prescindere dai successivi esiti, per una corretta conclusione della procedura ed in rapporto alle finalità da essa perseguite di superare lo stato di crisi dell'impresa e di assicurare il soddisfacimento dei creditori, sia pure parziale. L'ammissione del credito dell'attestatore (o del professionista in genere) va invece esclusa quando si accerti l'inutilità dell'opera da lui svolta per la procedura concordataria e/o la sua inadeguatezza”.

Il Tribunale passa dunque ad esaminare il perché l'opera svolta dall'attestatore non abbia superato la soglia di diligenza richiesta, che, come è noto, è da valutare in relazione al parametro della diligenza professionale esigibile secondo le circostanze (art. 1176, comma 2, c.c.).

Sotto questo profilo, osserva il Collegio, con riferimento all'omessa indicazione delle eventuali azioni di responsabilità sociale e delle eventuali azioni revocatorie, come la giurisprudenza affermi costantemente (viene citata, tra le tante, Cass. 2288/2021) il dovere di fornire informazione completa sui dati aziendali e sulla fattibilità del piano in rapporto all'alternativa fallimentare, come mezzo per offrire ai creditori una puntuale informazione utile a valutare la proposta di concordato, e come – in mancanza di questi dati – l'opera dell'attestatore per cui si chiede il compenso in prededuzione si sia rivelata di fatto inutile per il concordato.

Con riferimento agli altri profili di illegittimità della domanda (descritti nel paragrafo iniziale) il Tribunale rileva come essi si siano tradotti in altrettante condizioni ostative alla fattibilità giuridica della proposta concordataria, vere e proprie violazioni di norme imperative di legge che mai avrebbero consentito alla stessa di trovare accoglimento.

Sono queste le basi su cui si fonda la pronuncia di integrale rigetto dell'opposizione.

Osservazioni conclusive

Come si è osservato nei paragrafi che precedono, nel reasoning del Tribunale a ben vedere si sovrappongono – e probabilmente si confondono – due ordini di questioni che è necessario tenere distinte, ancorché evidentemente siano tra loro collegate.

La prima riguarda le conseguenze, sul credito dell'attestatore, della pronuncia di inammissibilità del concordato per violazione di norme imperative di legge. Sul punto, l'orientamento implicitamente definito dal Tribunale come “meno liberale”, quello di cui a Cass. 639/2021, non è in realtà così restrittivo, in quanto in quel caso, come si è visto, la pronuncia di inammissibilità (dovuta al fatto che la proposta era inidonea ad assicurare il pagamento dei crediti chirografari nella misura del 20%) non ha impedito di riconoscere all'attestatore un credito munito del privilegio spettante ai professionisti.

Secondo questo orientamento, pare di capire, l'ammissione al concordato rappresenterebbe una condizione oggettiva rispetto alla spettanza della sola prededucibilità.

La seconda questione, invece, richiede un quid pluris, ovvero l'accertamento dell'inadempimento all'obbligo di diligenza in concreto esigibile dal professionista. Ove quest'obbligo sia rimasto inadempiuto (come ad esempio accade nel caso in cui, come quello in esame, l'inammissibilità derivi dal contenuto della proposta che si pone in contrasto con norme imperative di legge) ciò che viene in considerazione non è più il diritto alla prededuzione, ma addirittura quello al compenso. E dunque, l'orientamento definito nella sentenza in commento come “più liberale” (quello di cui a Cass. 10752/2018), è in realtà quello più restrittivo. E, a parere di chi scrive, quello più aderente alla disciplina, come tratteggiata dal combinato disposto delle norme codicistiche in tema di livello di diligenza richiesto al professionista e di norme inderogabili in tema di contenuto della proposta di concordato.

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