Riforma processo civile: espropriazione forzata

01 Dicembre 2021

Di grande interesse, dopo i numerosissimi interventi normativi che a partire dal biennio 2005-2006 hanno riguardato l'espropriazione forzata, è l'art. 1, comma 12, del disegno di legge delega per la riforma del processo civile, approvato con l. 206/2021.
Inquadramento

Di grande interesse, dopo i numerosissimi interventi normativi che a partire dal biennio 2005-2006 hanno riguardato l'espropriazione forzata, è l'art. 1, comma 12, del DDL 1662 recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie» che, a breve, sfocerà in una ennesima riforma del terzo libro del c.p.c. Più precisamente, nell'ambito dell'innovazione del Sistema Giustizia, contemplata dal c.d. Recovery Plan, il legislatore si propone di conferire delega al Governo per l'emissione di decreti attuativi dei principi elaborati, al fine di assicurare l'efficienza del processo civile, anche mediante l'adozione di misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di esecuzione forzata.

Le innovazioni di rilievo in relazione al processo esecutivo attengono a due diversi istituti. La prima - prevista dall'art. 1, comma 12, lett. l), d.d.l. delega, - ha, ancora una volta (dopo gli infelici interventi apportati all'art. 591-ter c.p.c. dalla l. 6 agosto 2015, n. 132) ad oggetto il controllo sugli atti del professionista delegato, rispetto ai quali viene ribadito il reclamo al g.e., da esperire però entro il termine di venti giorni, con la previsione che il successivo provvedimento emesso dal g.e. sarà opponibile ex art. 617, comma 2, c.p.c. (in luogo del reclamo al collegio ex art. 669 terdecies c.p.c.).

La seconda è quella regolata dall'art. 1, comma 12, lett. n), n. 1), d.d.l. delega che introduce la c.d. vendita privata o vendita ad istanza del debitore, sulla falsariga di quanto previsto dall'ordinamento processuale francese che contempla la vendita cd. amiable (v., in particolare, R 322-15, 1, cpce, ove si legge: «A l'audience d'orientation, le juge de l'exécution, après avoir entendu les parties présentes ou représentées, vérifie que les conditions des articles L. 311-2, L. 311-4 et L. 311-6 sont réunies, statue sur les éventuelles contestations et demandes incidentes et détermine les modalités de poursuite de la procédure, en autorisant la vente amiable à la demande du débiteur ou en ordonnant la vente forcée»).

Non mancano poi altre previsioni che hanno una funzione di precisazione e di completamento dell'attuale dato normativo. V'è altresi da segnalare che le disposizioni del Disegno di legge delega sono state approvate dal Senato il 21 settembre 2021 e in tale sede sono anche state apportate alcune modifiche rispetto alla precedente versione. Il testo varato dal Senato è stato confermato anche dalla Camera dei deputati lo scorso 25 novembre, dopo il voto di fiducia che la stessa Camera aveva votato il giorno precedente.

Il microsistema (imperfetto) dell'art. 591-ter c.p.c. sul controllo degli atti del professionista delegato

La riforma che interesserà l'art. 591-ter c.p.c. ci sembra vada salutata con favore perché – a parere di chi scrive – tende a rimediare ai guasti provocati dalla attuale formulazione della disposizione, varata dal legislatore nell'estate del 2015. A questo specifico riguardo si impongono delle brevi e preliminari precisazioni.

Prima della riforma del 2015 l'ordinanza con cui il g.e. definiva il reclamo sugli atti compiuti - in sede di vendita forzata - dal professionista era impugnabile con l'opposizione agli atti. A tale conclusione si perveniva in quanto l'art. 591-ter c.p.c., nel suo ultimo periodo, stabiliva espressamente che «restano ferme le disposizioni di cui all'art. 617». Ad ogni buon conto, la suddetta conclusione sarebbe stata raggiunta anche in difetto di una previsione espressa, stante la funzione di rimedio di chiusura e residuale svolta nel sistema dell'esecuzione forzata dall'art. 617 c.p.c. Ciononostante, l'operatività dell'art. 591-ter c.p.c. risultava in concreto compromessa dalla mancata previsione – in sede normativa - di un termine cui ancorare la proposizione del reclamo. Pertanto, ove i vizi della vendita delegata e dell'aggiudicazione non fossero stati oggetto di reclamo, si sarebbero propagati al decreto di trasferimento, consentendone l'impugnabilità ex art. 617 c.p.c. - per nullità derivata - da qualsiasi interessato.

A ben guardare, tali criticità sono rimaste invariate anche nella versione attuale della norma dove continua a mancare la previsione del termine cui ancorare la reazione della parte avverso l'atto del professionista. Non solo. La già compromessa operatività della disposizione in questione è stata ulteriormente pregiudicata dal fatto che le ordinanze emesse dal g.e. in esito ai ricorsi ex art. 591-ter c.p.c. sono, a loro volta, reclamabili ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c.al tribunale in composizione collegiale.

A questo specifico riguardo la Cassazione (Cass. civ., 9 maggio 2019, n. 12238) ha, di recente, chiarito che: a) i provvedimenti con cui il g.e. fornisce istruzioni al professionista o decide sul reclamo avverso gli atti di questi hanno contenuto meramente ordinatorio, senza vincolare il medesimo g.e. nell'adozione dei successivi provvedimenti; b) l'ordinanza pronunciata dal tribunale in sede di reclamo avverso il provvedimento con cui il giudice risolve le controversie insorte in sede di vendita forzata delegata non è impugnabile mediante ricorso per cassazione; c) il reclamo al collegio avverso i provvedimenti resi dal giudice si chiude con un'ordinanza priva di natura decisoria, come tale insuscettibile di passare in giudicato. Sicché, oggi come in passato, eventuali nullità verificatesi nel corso delle operazioni delegate al professionista, indipendentemente dalla circostanza che siano state rilevate ex art. 591 ter, potranno essere fatte valere impugnando ex art. 617 c.p.c. il primo provvedimento successivo adottato dal g.e. (ovvero, come si dirà meglio a breve, il decreto di trasferimento).

Questa soluzione non ci convince perché la Corte - negando il carattere impugnatorio del reclamo ex art. 591 ter c.p.c., - ha escluso che l'aggiudicazione - in caso di vendita delegata - possa stabilizzarsi in tempi relativamente brevi (20 giorni); pertanto i vizi degli atti esecutivi non sono sanati dal decorso del termine di cui all'art. 617 c.p.c. e sono inevitabilmente destinati a ripercuotersi sul decreto di trasferimento, con evidente violazione del principio della ragionevole durata e del protrarsi di una situazione d'incertezza rispetto all'aggiudicatario che si è impegnato con la procedura e che è titolare di un vero e proprio ius ad rem, condizionato al versamento del saldo.

Da un punto di vista pratico, non può tacersi che la Corte ha finito per costruire un doppio, diverso regime impugnatorio a seconda che la vendita sia attuata direttamente dal giudice oppure delegata al professionista, privando in quest'ultimo caso, le parti di strumenti per dedurre in tempi brevi i vizi degli atti compiuti dal professionista e lasciando l'aggiudicatario in una sorta di incertezza destinata, in realtà, a protrarsi anche oltre la pronuncia del decreto di trasferimento tutte le volte in cui questo venga opposto

Da un punto di vista sistematico, ed al di là delle esigenze di stabilizzazione dell'acquisto del terzo, non va trascurato nemmeno la disorganicità della soluzione offerta dalla Corte riguardo ad una disciplina che consente il ricorso in cassazione contro i soli provvedimenti adottati dal g.e. in sede di vendita (opponibili ex art. 617 c.p.c. e, quindi successivamente censurabili in cassazione), escludendolo in caso di delega, nonostante l'aggiudicazione presenti i medesimi effetti sia se disposta dal g.e., sia se disposta dal professionista.

La «sistemazione» dell'art. 591-ter c.p.c.

Per rimediare a tali criticità e consentire una più celere stabilizzazione della vendita forzata il testo contenuto nel Disegno di legge 1662 e approvato dal Senato prevede non solo «un termine di 20 giorni per la proposizione del reclamo al g.e. avverso l'atto del professionista ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c.»; ma anche che «l'ordinanza con cui il giudice decide il reclamo possa essere impugnata con l'opposizione ex art. 617», equiparando a tutti gli effetti la sterilizzazione degli atti esecutivi svolta dall'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c. a quella affidata in concreto all'art. 591-ter c.p.c.

Ci siano consentite al riguardo alcune brevissime considerazioni sia di merito, sia di carattere formale.

Quanto alle prime, va rilevato che l'intervento riformatore sembra quanto mai opportuno perché: a) restituisce all'istituto del ricorso ex art. 591 ter c.p.c. il carattere impugnatorio che la Corte, ormai sommersa dai ricorsi, gli ha - in maniera «asistematica» - negato; b) consente di scongiurare i rischi determinati dalla revoca del decreto di trasferimento e dalla avvenuta realizzazione dell'effetto purgativo della vendita forzata (v. sul punto Cass. civ., sez. un., 14 dicembre 2020, n. 28387); c) non interferisce con il potere di controllo della procedura che rimane saldamente in capo al g.e. che potrà – indipendentemente dall'esperimento dell'art. 591 ter c.p.c. – fino alla pronuncia del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., revocare l'aggiudicazione per tutti quei vizi che superano lo sbarramento di fase (v. ad es. i vizi in materia di pubblicità, la vendita di un bene oggettivamente diverso da quello pignorato, ovvero di un bene danneggiato e reso inutilizzabile rispetto alla sua funzione dal debitore., o altre ipotesi di aliud pro alio). In sintesi, come i vizi degli atti del g.e. rimangono sanati dal decorso del termine preclusivo di cui all'art. 617 c.p.c., discorso identico va fatto per gli atti compiuti dal professionista delegato nell'ambito delle fattispecie di cui agli artt. 572 s. c.p.c. che se viziati - e non censurati ex art. 591 ter c.p.c. - non potranno nel nuovo regime riflettersi più sul decreto di trasferimento, invalidandolo, né essere rilevati dal g.e. d'ufficio, né su istanza di parte al difuori dello schema e dei termini individuati dal legislatore.

Quanto alle considerazioni di tipo formale, resta da dire che sarebbe opportuna, da parte del legislatore delegato, l'adozione di una qualifica espressa di perentorietà del termine di 20 giorni per la proposizione del ricorso, per allineare – a tutti gli effetti - il regime del futuro art. 591 ter c.p.c. a quello proprio dell'art. 617 c.p.c., evitando così incertezze di sorta sulla natura del termine come invece avvenuto in fattispecie analoghe (v. ad es. il termine per il versamento del saldo prezzo).

Resta, ancora, da segnalare che nulla di nuovo è stato previsto in relazione all'omologo rimedio regolato dall'art. 534-bis c.p.c. per la vendita forzata mobiliare; sarebbe, pertanto, auspicabile che il legislatore, sia per soddisfare analoghe esigenze di stabilità che interessano tali procedure, sia per ragioni di coerenza e di sistema, provvedesse a novellare anche la formulazione dell'ultima disposizione ora richiamata.

La vendita amichevole e la natura di vendita forzata

Per accelerare l'espropriazione forzata e contenerne i costi, anche attraverso la collaborazione del debitore (il quale può avere interesse a farsi parte attiva nella ricerca di un acquirente), si introduce nel nostro ordinamento l'istituto della vendita privata forzata. Segnatamente, il debitore, con istanza depositata non oltre dieci giorni prima dell'udienza di cui all'art. 569, primo comma, c.p.c., può chiedere al g.e. l'autorizzazione a procedere direttamente alla vendita dell'immobile pignorato per un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella perizia di stima, sempre che all'istanza del debitore risulti allegata l'offerta di acquisto irrevocabile per centoventi giorni e che, a garanzia della serietà dell'offerta, venga prestata cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo proposto.

Questo primo segmento del subprocedimento cui si è ora accennato apre subito a diverse questioni che possono riassumersi nei seguenti passaggi. Occorre cioè chiarire se per il deposito dell'istanza occorra necessariamente la difesa tecnica, anche alla luce del terzo comma dell'art. 82 c.p.c.; se il termine dei dieci giorni anteriori all'udienza vada considerato o meno perentorio e se, ove si rifiuti tale qualificazione, il momento finale per la proposizione di tale istanza sia rappresentato dalla pronuncia del provvedimento di autorizzazione a vendita o dallo svolgimento della relativa udienza.

Il riferimento ad un prezzo non inferiore al prezzo base indicato nella perizia di stima(difformemente dalla precedente formulazione della disposizione adottata dal Governo che richiamava invece il valore di mercato del bene), sembra escludere che la vendita privata possa essere conclusa per un importo pari all'offerta minima consentita invece dal terzo comma dell'art. 569 c.p.c.

Dal proprio canto il g.e., in base al testo approvato dal Senato lo scorso 21 settembre 2021, in parziale modifica del testo proposto dal Governo, deve: a) verificata l'ammissibilità dell'istanza, disporre che l'esecutato rilasci l'immobile entro trenta giorni a pena di decadenza dall'istanza, salvo che il bene sia occupato con titolo opponibile alla procedura; b) disporre che entro quindici giorni sia attuata la pubblicità, ex art. 490 c.p.c., dell'offerta pervenuta rendendo noto che entro sessanta giorni possono formularsi ulteriori offerte di acquisto, garantite da cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo proposto, il quale non può essere inferiore a quello dell'offerta già presentata a corredo dell'istanza dell'esecutato; c) convocare il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti ad un'udienza da fissare entro novanta giorni per la deliberazione sull'offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti.

In pratica, dopo aver verificato la tempestività e, più in generale, l'ammissibilità dell'offerta, anche in relazione al rituale versamento della cauzione, il g.e. autorizza la vendita ed adotta tutti gli accorgimenti funzionali al successivo innesto della gara che si apre sulla offerta di acquisto depositata dallo stesso debitore nell'interesse dell'acquirente individuato. Ci sembra che, a prima lettura, si possa scorgere in questa impostazione una forte analogia con la disciplina delle offerte concorrenti nel concordato preventivo ex art. 163-bis l. fall.

In relazione alla fase conclusiva del procedimento, il legislatore stabilisce che, con il provvedimento di aggiudicazione dell'immobile al miglior offerente, il g.e. stabilisce le modalità di pagamento del prezzo, da versare entro novanta giorni, a pena di decadenza ai sensi dell'art. 587 c.p.c.; e che il g.e. può delegare uno dei professionisti iscritti nell'elenco di cui all'art. 179-ter disp.att. c.p.c., alla deliberazione sulle offerte e allo svolgimento della gara, alla riscossione del prezzo nonché alle operazioni di distribuzione del ricavato e che, una volta riscosso interamente il prezzo, ordina la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie ex art. 586 c.p.c.

Da questo assetto, e in particolare dal riferimento espresso all'art. 586 c.p.c., e più in generale dalla circostanza che si tratta di una vendita comunque funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori a norma dell'art. 2740 c.c., emerge – a nostro parere inequivocabilmente - che nonostante la qualificazione di «vendita privata» si tratti a tutti gli effetti di una vendita forzata rispetto alla quale operano comunque i principi sanciti dagli artt. 2919 ss. c.c. e non quelli propri delle vendite negoziali volontarie come ad es. gli artt. 1490 c.c., sui vizi della cosa venduta, 1497 c.c., sulle qualità promesse ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, ecc. Né la natura forzata di tale tipologia di vendita potrebbe essere messa in dubbio dalla circostanza che il trasferimento sia stato disposto a favore del soggetto individuato dal debitore o di altro offerente; in entrambi i casi si produce, infatti, il cd. effetto purgativo che è e rimane esclusivo delle vendite forzate.

Le altre principali modifiche relative alla disciplina dell'espropriazione forzata affidate al legislatore delegato

La delega al Governo coinvolge, per la verità, diversi profili del processo d'espropriazione forzata. Così, seguendo l'ordine adottato dall'art. 1, comma 12, va segnalato che alla lett. a) si precisa quanto segue: le sentenze e gli altri provvedimenti giudiziari e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titoli esecutivi, vanno prodotti in copia attestata conforme all'originale. Ratio della norma che, di fatto, va ad abrogare la necessità della formula esecutiva e la spedizione in forma esecutiva (art. 475 c.p.c.) è quella di alleggerire il lavoro del pubblico ufficiale che appone la formula e dei difensori delle parti; ciò in quanto l'iscrizione a ruolo mediante il deposito di una copia (predisposta dallo stesso difensore del creditore) del titolo rilasciato in forma esecutiva è di per sé sufficiente ad evitare ingiustificate duplicazioni ed abusi da parte del creditore (sull'abuso del processo esecutivo e sul richiamo all'art. 1175 c.c. sull'obbligo del creditore di collaborazione col debitore per facilitare l'adempimento, cfr. Cass. civ., ord., 17 marzo 2021, n. 7409).

In forza della lett. b) della medesima disposizione il deposito da parte del creditore dell'istanza per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare ex art. 492-bis c.p.c, sospende il termine di cui all'art. 481, comma 1, c.p.c (per il quale il precetto diventa inefficace, se nei 90 gg. successivi alla sua notificazione non è iniziata l'esecuzione), termine che decorre nuovamente dalla conclusione delle operazioni di cui al comma 2, dell'art. 492-bis medesimo.

La lett. c) richiede al legislatore delegato di attuare una riduzione del termine per depositare la documentazione ipotecataria e catastale di cui al comma 2 dell'art. 567 c.p.c., riduzione che viene quantificata in quindici giorni (si passa dagli attuali 60 a 45 giorni), termine il cui decorso rimane sempre segnato dal deposito dell'istanza di vendita. Collegato a questo profilo è il comando portato dalla lett. d) in forza del quale deve essere sancita la collaborazione del custode con l'esperto nominato ex art. 569 c.p.c per meglio effettuare le verifiche sulla completezza della documentazione ipotecaria e catastale.

Ad un tema delicato qual è quello della custodia è dedicata la lett. e) ove si stabilisce che il legislatore delegato è tenuto ad attuare la riduzione dei termini previsti per la sostituzione del custode nominato con l'atto di pignoramento: il g.e. effettua la sostituzione del debitore nella custodia, nominando il custode entro 15 giorni dal deposito della documentazione ipotecaria e catastale - contestualmente alla nomina dell'esperto di cui all'art. 569 c.p.c – ad eccezione dell'ipotesi in cui la custodia risulti priva di utilità per la conservazione o amministrazione del bene ovvero per la vendita. La nomina anticipata del custode – come sottolineato dalle cd. “buone prassi” di cui alla delibera del CSM del 2017 – consente infatti (sin dalla fase pre-autorizzativa della procedura) l'acquisizione di informazioni rilevanti per la migliore fruttuosità della vendita e la migliore conservazione dei frutti del bene che, val la pena ricordarlo, rimangono anch'essi colpiti dal pignoramento ex art. 2912 c.c.

Quanto alla liberazione dell'immobile pignorato, in base alla lett. f), il g.e. ordina la liberazione dell'immobile se non abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare ovvero se occupato sine titulo da altro soggetto, al più tardi al momento della pronuncia dell'ordinanza di vendita o di delega. La liberazione dell'immobile abitato dall'esecutato convivente col nucleo familiare viene ordinata al momento della pronuncia del decreto di trasferimento, ma rimane possibile l'adozione dell'ordine di liberazione anticipata in caso di impedimento alle attività degli ausiliari del giudice, del diritto di visita di potenziali acquirenti, o di omessa manutenzione del cespite o di violazione degli altri obblighi che la legge pone a carico dell'esecutato o degli occupanti. Quanto all'attuazione del provvedimento di liberazione dell'immobile pignorato, il custode deve attenersi alle disposizioni impartite dal g.e. senza notifica dell'atto di consegna e rilascio, prescindendo cioè delle forme di cui agli artt. 605 ss. c.p.c. anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento, nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano (lett. h).

Oltre alla lett. l) - dedicata nello specifico al restyling dell'art. 591-ter c.p.c., di cui s'è già detto - hanno ad oggetto la delega delle operazioni di vendita sia la lett. i), sia la lett. m). In particolare, alla luce di quanto previsto nella lett. i), la delega nell'espropriazione immobiliare presenta una durata annuale, rinnovabile da parte del g.e., ed il professionista delegato è tenuto – in tale lasso di tempo - ad attuare almeno tre esperimenti di vendita (sulla falsariga di quanto previsto nel comma 2 dell'art. 532 sulla vendita mobiliare a mezzo commissionario) ed a predisporre una tempestiva relazione al giudice sull'esito di ciascuno di essi. Rimane fermo che il g.e. vigila sullo svolgimento e sulla celerità delle attività delegate, con l'obbligo di provvedere immediatamente alla sostituzione del professionista in caso di mancato o tardivo adempimento. La lett. m) ha ad oggetto la fase conclusiva dell'espropriazione delegata e cioè la predisposizione del progetto di distribuzione in base alle preventive istruzioni del g.e., che va sottoposto all'esame delle parti convocate innanzi al medesimo professionista per l'audizione, nel rispetto del termine di cui all'art. 596 c.p.c. Nell'ipotesi di mancata comparizione ex art. 597 c.p.c. o qualora non siano state avanzate contestazioni al progetto, il legislatore delegato deve prevedere che il professionista lo dichiari esecutivo e paghi entro sette giorni le singole quote agli aventi diritto nel rispetto delle istruzioni impartite dal g.e. In caso di contestazioni il professionista rimette le parti innanzi al giudice per l'adozione degli opportuni provvedimenti.

Resta da dire che in forza della lett. o) il legislatore delegato deve prevedere sia criteri per la determinazione dell'ammontare e del termine di durata delle misure di coercizione indiretta ex art. 614-bis c.p.c., sia l'attribuzione al giudice del potere di disporre dette misure quando il titolo esecutivo è diverso da un provvedimento di condanna oppure la misura non è stata richiesta al giudice che ha pronunciato tale provvedimento.

La lett. p) impone anche per le vendite forzate – sia singolari, sia concorsuali – il rispetto della normativa antiriciclaggio di cui al d.lgs. n. 231/2007; pertanto il g.e. non può emanare il decreto di trasferimento se non risulta che l'aggiudicatario abbia effettuato i relativi adempimenti. Infine, la lett. q) delega al legislatore l'istituzione, presso il Ministero della Giustizia, della Banca dati per le aste giudiziali, dove confluiscono tutti i dati identificativi degli offerenti, del conto corrente usato per versare la cauzione e il prezzo di aggiudicazione, le relazioni di stima. Tali informazioni sono destinate ad essere messe a disposizione, su richiesta, dell'autorità giudiziaria.

Le innovazioni apportate direttamente al c.p.c. sull'espropriazione presso terzi

L'art. 1 del d.d.l., a partire dal comma 27, introduce modifiche alla legislazione vigente destinate ad essere applicate ai procedimenti instaurati a decorrere dal 180° giorno successivo all'entrata in vigore della legge, come precisato dalll'art. 1, comma 37. Si tratta, a ben guardare, di interventi rispetto ai quali non opera lo strumento della delega al Governo, poiché riformano direttamente la legislazione vigente, trattandosi di misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti.

In particolare, in materia di esecuzione forzata, il disegno di legge interviene sul foro competente per l'espropriazione forzata di crediti, quando debitore sia una p.a. (art. 1, comma 29), e sull'inefficacia del pignoramento nell'espropriazione presso terzi (art. 1, comma 32).

Quanto alla competenza, l'attuale art. 26-bis c.p.c. prevede che se il debitore è una p.a., è competente per l'espropriazione forzata di crediti, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Il nuovo comma 29 individua invece, quale foro competente per il pignoramento presso terzi, laddove il debitore sia una p.a., quello del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, (e non più dunque quello del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede).

Quanto al procedimento, il comma 32 integra gli artt. 543 c.p.c. e 164-ter disp. att., sull'inefficacia del pignoramento per mancato deposito della nota d'iscrizione a ruolo, quando il pignoramento coinvolge, oltre al debitore, più terzi. Segnatamente, il legislatore onera il creditore di notificare al debitore e al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo e di depositare l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione, a pena di inefficacia del pignoramento. Così, se nel procedimento sono coinvolti più terzi, l'inefficacia si produce solo nei confronti del terzo rispetto al quale non sia stato notificato o depositato l'avviso. In caso di mancata notifica, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell'udienza di indicata nell'atto di pignoramento. Ratio della innovazione è quella di consentire una rapida liberazione delle somme pignorate, senza necessità di un ricorso al giudice dell'esecuzione per svincolare beni non più diretti alla soddisfazione del creditore, stante l'automatica caducazione della custodia in capo al terzo.

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