Concordato con continuità aziendale: utili d'impresa e rispetto delle cause legittime di prelazione

Laura Riondato
03 Dicembre 2021

Nel concordato con continuità aziendale, gli utili generati dalla prosecuzione dell'attività vanno considerati alla stregua della finanza esterna, liberamente distribuibile ai creditori. Tali flussi possono essere destinati al pagamento di crediti chirografari, anche in caso di falcidia dei crediti privilegiati per incapienza dei beni su cui sussiste la prelazione a norma dell'art. 160, comma 2, l. fall.
Massima

Nel concordato con continuità aziendale, gli utili generati dalla prosecuzione dell'attività vanno considerati alla stregua della finanza esterna, liberamente distribuibile ai creditori. Tali flussi possono essere destinati al pagamento di crediti chirografari, anche in caso di falcidia dei crediti privilegiati per incapienza dei beni su cui sussiste la prelazione a norma dell'art. 160, comma 2, l. fall., in quanto la regola del rispetto dell'ordine delle cause di prelazione va intesa come operativamente limitata - nel tempo - alla data di presentazione della domanda di concordato e - nella dimensione applicativa - al patrimonio del debitore concordatario esistente a quella data.

Il caso

La questione è emersa in fase di ammissione alla procedura di concordato preventivo di una società a responsabilità limitata, che aveva presentato ricorso con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall. Nel termine assegnato, la società debitrice ha depositato una proposta di concordato in continuità “puro”, ossia un concordato in cui il fabbisogno necessario per la soddisfazione dei creditori dovrebbe derivare esclusivamente dagli utili conseguiti con la prosecuzione dell'attività aziendale, senza peraltro liquidare beni non funzionali. Nella propria proposta, la debitrice concordataria ha previsto la falcidia dei crediti privilegiati ai sensi dell'art. 160, comma 2, l. fall. (e dell'art. 182 ter l. fall.) e, allo stesso tempo, il pagamento dei crediti chirografari in percentuale variabile per ogni classe rapportata al fatturato da realizzarsi nell'esecuzione del piano.

A seguito del deposito di tale proposta, il Tribunale di Verona ne ha verificato l'ammissibilità - tra l'altro - valutando la compatibilità del pagamento in favore dei creditori chirografari, pur non soddisfacendo integralmente i creditori privilegiati, con la regola generale del rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione di cui al citato art. 160 l. fall.

La questione

Nell'ambito della verifica ex artt. 162 e 163 l. fall. in merito alla sussistenza dei presupposti di ammissibilità del concordato, il Tribunale ha trattato l'accennata questione relativa al rispetto dell'ordine delle cause di prelazione nel riparto degli utili derivanti dalla continuità aziendale.

In concreto, il Giudice ha valutato se - tenuto conto del predetto ordine generale - è in facoltà della debitrice concordataria destinare i propri utili futuri per soddisfare parzialmente i creditori chirografari, senza aver prima soddisfatto integralmente tutti i creditori privilegiati. In altri termini, la ripartizione degli utili sopravvenuti tra i creditori deve o non deve osservare la regola generale del rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione stabilita dall'art. 160, comma 2, l. fall.?

Le soluzioni giuridiche

In generale, il debitore concordatario deve destinare l'intero proprio patrimonio al soddisfacimento dei creditori nel rispetto dell'ordine di privilegi, pegni e ipoteche. Fa eccezione - tra l'altro - la finanza esterna, che, in quanto tale, può essere ripartita tra i creditori prescindendo dalle prelazioni. I confini del “patrimonio del debitore” e della “finanza esterna”, tuttavia, non risultano definiti, con ogni conseguenza anche sull'incertezza applicativa della regola generale del rispetto dell'ordine delle cause di prelazione.

In questo quadro, il decreto in commento si appunta nello specifico sul tema degli utili conseguiti dalla società debitrice per effetto della continuità aziendale. In merito, il Tribunale ha considerato “gli utili generati dalla continuità alla stregua di “finanza esterna””. Per l'effetto, ha ritenuto ammissibile la previsione nella proposta concordataria della destinazione di “tali flussi al pagamento di creditori chirografari malgrado il pagamento non integrale di alcuni dei crediti privilegiati”, con esclusione pertanto - riguardo agli utili - dell'operatività della regola del rispetto dell'ordine delle prelazioni.

Sul punto, il Giudice ha motivato la propria decisione “sulla base dell'impostazione per la quale il rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione è regola generale che va “intesa nel concordato in continuità come operativamente limitata, nel tempo, alla data di presentazione della domanda di concordato e nella ‘dimensione applicativa' al patrimonio della concordataria esistente a quella data”. Nel concordato in continuità, quindi, il patrimonio del debitore da ripartire secondo l'ordine delle prelazioni sarebbe solo quello esistente al momento della presentazione della domanda di concordato. I beni sopravvenuti - ivi inclusi gli utili -, invece, sarebbero liberamente distribuibili, anche (come nel caso concreto) ai creditori chirografari prima che a quelli privilegiati.

Tale pronuncia si inserisce in un quadro già nutrito di provvedimenti in cui, al di là della decisione finale sull'applicabilità o meno alla ripartizione degli utili dell'ordine delle cause di prelazione, sono state sviluppate argomentazioni differenti a sostegno dell'una o dell'altra tesi. In questa sede, nondimeno, ci si deve limitare a dar conto dei due (macro)orientamenti formatisi in giurisprudenza.

- Orientamento per cui la ripartizione degli utili non è vincolata alla regola generale del rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione, al quale ha aderito il Tribunale di Verona con la pronuncia in commento. In linea con quanto sopradetto, tale orientamento giurisprudenziale esclude la necessità che in relazione agli utili sia rispettato l'ordine delle prelazioni, ritenendosi tali utili estranei al patrimonio del debitore che dovrebbe essere considerato vincolato alla soddisfazione dei creditori nel concordato. In particolare, il patrimonio del debitore rilevante sarebbe costituito dai soli beni esistenti al momento della presentazione della domanda di concordato, che sarebbero passibili di esecuzioni forzate da parte dei creditori; non vi rientrerebbero, quindi, quei beni o comunque valori attivi sorti successivamente, tra cui anche gli utili d'impresa. Pertanto, solamente sulla base dei beni esistenti alla data della domanda dovrebbe essere valutata la capacità del patrimonio debitorio di soddisfare i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, per prevederne eventualmente la falcidia ai sensi dell'art. 160, comma 2, l. fall. Gli utili rappresenterebbero, invece, un “beneficio aggiuntivo”, in quanto tale liberamente distribuibile.

- Orientamento per cui la ripartizione degli utili è vincolata alla regola generale del rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione. Secondo tale opposto orientamento giurisprudenziale gli utili dovrebbero essere ripartiti rispettando l'ordine delle prelazioni, in quanto rientranti nel patrimonio del debitore vincolato alla soddisfazione dei creditori nel concordato. Più nello specifico, tale orientamento muove dall'art. 2740 c.c., che - come noto - in tema di responsabilità patrimoniale stabilisce che il debitore risponde con tutti i suoi beni “presenti e futuri”. In carenza di deroghe legislative alla norma citata, tra i beni futuri a garanzia dei creditori rientrerebbero anche gli utili derivanti dalla continuità aziendale. In particolare, la menzionata giurisprudenza ha specificato che gli utili, benché non esistenti al momento della presentazione della domanda di concordato, sono comunque il risultato dell'impiego dei beni strumentali che costituivano il patrimonio del debitore. Pertanto, anche tali utili dovrebbero essere distribuiti per il pagamento dei creditori nel rispetto delle cause di prelazione.

Le opposte soluzioni proposte dalla giurisprudenza incidono profondamente sulla fattibilità del concordato preventivo in continuità aziendale, tanto in termini di fattibilità giuridica che di fattibilità economica.

Osservazioni

L'esame delle soluzioni suddette deve muovere dal dato normativo relativo alla responsabilità patrimoniale del debitore e, poi nello specifico, alle possibilità di superamento dello stato di crisi mediante il concordato preventivo. In questo senso - come evidenziato dall'orientamento giurisprudenziale restrittivo - l'art. 2740 c.c. dispone in maniera netta che il debitore risponde dei propri debiti “con tutti i suoi beni presenti e futuri” e che “Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”.

Tali beni, a norma del successivo art. 2741 c.c., devono essere destinati al paritario soddisfacimento dei creditori, “salve le cause legittime di prelazione”. Ciò ricordato, non pare che tali regole generali subiscano deroghe espresse nell'ambito della disciplina del concordato preventivo. Al contrario, il citato art. 160, comma 2, l. fall. ribadisce il principio per cui il trattamento offerto ai creditori concordatari “non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”.

Ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca deve infatti essere prevista una soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile con la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Tanto premesso, il tratto distintivo del concordato in continuità aziendale risiede nella prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, che per specifico dettato dell'art. 186 bis l. fall. deve essere “funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori”. Proprio la previsione della continuazione dell'attività aziendale al fine di “meglio soddisfare” i creditori esclude quindi che si possa ritenere cristallizzato l'attivo al momento della presentazione della domanda di concordato, in quanto il debitore prosegue l'attività (anche) con l'obiettivo di incrementare il patrimonio da offrire ai creditori. Dal lato pratico, è evidente che - salvo casi peculiari - l'atteso miglioramento del soddisfacimento dei creditori dovrebbe concretizzarsi nella produzione di utili rivenienti dall'esercizio dell'attività. Gli utili, quindi, rappresentano un bene futuro collegato direttamente al patrimonio del debitore, essendo il risultato dell'utilizzo dei beni che lo compongono nella continuazione dell'attività. Se così è, non appare persuasiva l'idea di parificare gli utili alla finanza esterna, tenuto conto anche della definizione di finanza esterna offerta dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte, infatti, anche di recente ha statuito che si è di fronte a finanza esterna “allorché l'apporto del terzo risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società, non comportando né un incremento dell'attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, né un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente dalla circostanza che tale credito sia postergato o no” (Cass. 8 giugno 2020, n. 10884). Comportando un incremento dell'attivo, gli utili non sono affatto neutrali rispetto al patrimonio del debitore. Pertanto, si ritiene maggiormente aderente ai dati normativi succitati - e allo stesso strumento del concordato in continuità - la soluzione per cui gli utili debbano essere considerati bene futuro che integra il patrimonio del debitore e, in quanto tale, attivo da ripartire in favore dei creditori nel rispetto dell'ordine delle cause di prelazione.

Guida all'approfondimento

In giurisprudenza, per l'orientamento secondo cui la ripartizione degli utili non è vincolata alla regola generale del rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione: Trib. Avezzano 13 dicembre 2020, in Leggi d'Italia, 2020; App. Venezia 28 settembre 2020; App. Venezia 19 luglio 2019; Trib. Massa 27 novembre 2018, in www.ilcaso.it, 2018; Trib. Milano 8 novembre 2016, ivi, 2016; Trib. Firenze 2 novembre 2016, ivi, 2016; Trib. Massa 4 febbraio 2016, in www.unijuris.it, 2016; Trib. Prato 7 ottobre 2015, in www.ilcaso.it, 2015; Trib. Rovereto 13 ottobre 2014, in Fallimento, 2015, 2, 236.

Per quanto riguarda l'orientamento secondo cui la ripartizione degli utili è vincolata alla regola generale del rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione: Trib. Padova 24 gennaio 2019, in www.ilcaso.it, 2019; Trib. Milano 5 dicembre 2018, ivi, 2019; App. Torino 31 agosto 2018, ivi, 2019; Trib. Belluno 17 febbraio 2017, in Leggi d'Italia, 2017; Trib. Milano 15 dicembre 2016, in www.ilcaso.it, 2017; App. Venezia 12 maggio 2016, in Fallimento, 2016, 7, 877. Si vedano anche Cass. 8 giugno 2012, n. 9373, e Cass. 8 giugno 2020, n. 10884.

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