Condotta antisindacale e parità di trattamento tra le oo.ss.

06 Dicembre 2021

Non esiste un principio che imponga al datore di lavoro di trattare con tutte le OO.SS. su un piano di parità salvo specifiche disposizioni contrattuali o di legge a meno che l'esclusione del Sindacatonon abbia carattere discriminatorio e arbitrario in violazione dei principi di correttezza ebuona fede che sempre devono improntare i rapporti fra le parti.
Massima

Non esiste un principio che imponga al datore di lavoro di trattare con tutte le OO.SS. su un piano di parità salvo specifiche disposizioni contrattuali o di legge a meno che l'esclusione del Sindacato non abbia carattere discriminatorio e arbitrario in violazione dei principi di correttezza e buona fede che sempre devono improntare i rapporti fra le parti.

Il caso

Una organizzazione sindacale con diffusa rappresentatività in azienda, essendo stata esclusa dal tavolo negoziale relativo alla sottoscrizione del contratto collettivo nazionale di lavoro nonché dai successivi incontri, adiva il Tribunale - con ricorso ex art. 28, L. 300/1970 - sostenendo la natura antisindacale della condotta tenuta dalla azienda.

La questione

Il datore di lavoro può escludere dal tavolo negoziale una organizzazione sindacale dotata di diffusa rappresentatività in azienda?

Le soluzioni giuridiche

Sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale, avvallato dalla sentenza in commento, nel nostro ordinamento non vige il principio della necessaria parità di trattamento tra le organizzazioni sindacali (cfr. Cass. 20 agosto 2019, n. 21537; Cass. 10 giugno 2013, n. 14511; nel merito, Trib. Roma decr. 19 aprile 2021; Corte appello Milano, sez. lav., 7 aprile 2021, n. 351).

Una società non è infatti obbligata a trattare con tutte le organizzazioni sindacali, potendo legittimamente escludere talune organizzazioni dal tavolo sindacale, a condizione che tale esclusione avvenga nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.

Invero, come chiaramente sottolineato da autorevole dottrina, “il principio di libertà sindacale comporta non solo la libertà di trattare o no, ma anche la libertà di scelta della controparte contrattuale” (A. Vallebona, Breviario di diritto del lavoro, Giappichelli Editore, 2017, pag. 95.).

Sebbene detto principio possa ritenersi ormai pacifico, in passato vi sono state isolate pronunce giurisprudenziali (cfr. Trib. Pisa 2 maggio 2012) e posizioni dottrinali discordanti. In particolare, a seguito della dichiarata incostituzionalità dell'art. 19 S.L., comma 1, let. B, nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che abbiano partecipato alla negoziazione dei contratti applicati benché non firmatarie degli stessi contratti (Corte costituzionale n. 231/2013), autorevole dottrina ha sostenuto la sussistenza di un obbligo a trattare con il sindacato più rappresentativo, in quanto “la partecipazione all'attività negoziale” diventerebbe “il presupposto per l'esercizio dei diritti sindacali” (cfr. Santoro Passarelli, La partecipazione alle trattative come criterio di misurazione della rappresentatività sindacale e l'applicazione dell'art. 28 St., lav., in Dir. rel. ind., fasc. 4, 2013, pag. 1143).

Più recentemente, un orientamento della giurisprudenza di merito formatasi in merito ad una nota vicenda nel settore aereo (caso Ryanair) – pur richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale suddetto – è giunto a conclusioni distinte: “se è ben vero che nell'ordinamento italiano non esiste in capo al datore di lavoro un obbligo di trattare con tutte le OO.SS. (v. sentenza Cass. n. 14511/13), è altrettanto illegittima la condotta di un datore di lavoro che rifiuti di confrontarsi in generale con i sindacati o che, a partire da un certo momento, inizi a interloquire solo con alcuni di essi in violazione dei principi di correttezza e buona fede che imporrebbero, quanto meno, di convocare i sindacati richiedenti al fine di verificare se vi siano le condizioni per aprire una negoziazione” (Trib. Busto Arsizio, 4 giguno 2019, n. 197; cfr. anche Trib. Busto Arsizio 25 ottobre 2019, n. 359; Tribunale Roma, 23 agosto 2019, n. 82784, in RIDL, fasc.2, 2020, pag. 410).

Osservazioni

L'analisi delle circostanze del singolo caso di specie e soprattutto delle modalità di condotta del datore di lavoro, si rileva dirimente ai fini della valutazione della legittimità della esclusione di una determinata organizzazione sindacale dal tavolo negoziale, esclusione che non deve essere arbitraria o discriminatoria.

Nel caso di specie, la legittimità della condotta datoriale è stata accertata in considerazione del fatto l'organizzazione sindacale “esclusa” era stata tenuta sempre informata dall'azienda in merito agli incontri sindacali tenutosi con le sigle sindacali firmatarie del CCNL; dette organizzazioni, peraltro, avevano espressamente richiesto la presenza delle sole sigle firmatarie, avendo gli incontri ad oggetto tematiche disciplinate dal CCNL.

Invero, avendo il legislatore scelto di affidare l'attività di contrattazione alla dialettica tra le parti e non ad una specifica normativa, risulta impossibile elevare l'interesse del sindacato ad accedere al tavolo negoziale al rango di diritto soggettivo (cfr. nota a Cass. 10 giugno 2013, n.14511, sez. lav., di Giovanni Battista Panizza, in Diritto delle Relazioni Industriali, fasc.1, 2014, pag. 219).

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