Nella riforma del processo civile deflazione del contenzioso e semplificazione per i riti del lavoro

Pasquale Staropoli
13 Dicembre 2021

Nella legge delega per la riforma della giustizia civile pochi ma importanti interventi per le controversie di lavoro, che seguono la direzione tradizionale della materia, tesi come sono ad ampliare le possibilità di risoluzione alternativa delle controversie, mirando alla deflazione del contenzioso davanti al giudice del lavoro, ed a semplificarne i procedimenti, per garantirne la speditezza, considerato che le lungaggini della giustizia assumono rilievo maggiore quando in gioco ci sono diritti fondamentali come quelli in materia di diritto del lavoro...
Premessa

Nella legge delega per la riforma della giustizia civile pochi ma importanti interventi per le controversie di lavoro, che seguono la direzione tradizionale della materia, tesi come sono ad ampliare le possibilità di risoluzione alternativa delle controversie, mirando alla deflazione del contenzioso davanti al giudice del lavoro, ed a semplificarne i procedimenti, per garantirne la speditezza, considerato che le lungaggini della giustizia assumono rilievo maggiore quando in gioco ci sono diritti fondamentali come quelli in materia di diritto del lavoro.

Nelle intenzioni del legislatore c'è un potenziamento dell'istituto della negoziazione assistita, che adesso vuole aprire al diritto del lavoro, ambito prima espressamente escluso dalla L. 162/2014, con la previsione della partecipazione attiva dei consulenti del lavoro, ed un chiaro indirizzo di unificazione e coordinamento dei diversi riti del lavoro, al fine di garantire snellezza e rapidità della conclusione delle controversie.

La negoziazione assistita per le controversie di lavoro

Le indicazioni della legge delega, di riforma della giustizia civile, contengono la previsione della possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita, “per le controversie di cui all'art. 409 c.p.c.”. Pertanto, sarà possibile attivare questo strumento alternativo di risoluzione delle controversie non soltanto per i rapporti di lavoro subordinato, ma anche per quelli che riguardano le collaborazioni coordinate e continuative, i rapporti di agenzia, il lavoro in agricoltura, tutti ricompresi nella norma richiamata. L'art. 409 c.p.c. include anche i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Per queste ultime fattispecie, alla luce della speciale natura del datore di lavoro, è ragionevole auspicare che nell'esercizio della delega si tenga conto di tali particolari connotati.

La legge delega fa salvo quanto disposto dall'art. 412 ter c.c., pertanto la negoziazione assistita non sostituisce gli strumenti tradizionali delle conciliazioni ed arbitrati possibili in sede sindacale ma, opportunamente, rappresenterà uno strumento aggiuntivo per la composizione delle controversie nelle materie previste dall'art. 409 c.p.c.

L'accesso allo strumento dovrà essere previsto su base volontaria, tale circostanza è evidente non soltanto dalla formulazione implicita della norma, che prevede la possibilitàdi ricorrere alla negoziazione assistita, ma è inoltre confermata dall'esplicito divieto che questa possa costituire una condizione di procedibilità dell'azione.

Il ruolo del consulente del lavoro

L'estensione della negoziazione assistita alla materia del diritto del lavoro rappresenta un sicuro ampliamento delle possibilità di risoluzione celere delle controversie in materia di lavoro e, una volta attuata la delega, sostituirà l'espresso divieto, oggi disposto dall'art. 2 DL 132/2014 conv. in L. 162/2014.

Così come l'ampliamento della materia suscettibile di essere oggetto di negoziazione assistita, altrettanto favorevolmente deve essere accolta la scelta di ricomprendere l'assistenza del consulente del lavoro, unitamente a quella dell'avvocato, quale condizione per l'esperimento della negoziazione.

È senz'altro una conseguenza logica, giustificata dalla natura dei diritti controversi, quella della previsione dell'assistenza da parte di una categoria professionale che, per vocazione, ha nell'applicazione delle norme del diritto del lavoro, e nella garanzia della verifica della liceità della gestione dei rapporti di lavoro, la propria caratteristica distintiva, espressione del ruolo, istituzionale, di terzietà, rivestito.

La (in)disponibilità dei diritti controversi

La peculiarità dei diritti in gioco nell'ambito delle controversie di lavoro, ed il particolare regime di indisponibilità che ne deriva per effetto di quanto previsto dall'art. 2113 c.c., che di fatto sottrae alla gestione dei lavoratori titolari, quegli stessi diritti che il legislatore o la contrattazione collettiva hanno individuato come insuscettibili di negoziazione, impone una considerazione circa i margini di esercizio dell'istituto che, sebbene preveda l'assistenza di professionisti della cui terzietà e competenza non c'è da dubitare, implica pur sempre la disponibilità di diritti altrimenti negata nell'ambito del diritto del lavoro, se non davanti ad un organo terzo, nelle cosiddette sedi protette (davanti al giudice del lavoro, alle commissioni di conciliazione presso le sedi territoriali dell'Ispettorato del lavoro, presso gli organi di certificazione dei Consigli provinciali dell'ordine dei consulenti del lavoro, in sede sindacale).

Il legislatore si fa carico evidentemente di questa esigenza, prevedendo che nell'esercizio della delega sia assicurato, all'accordo raggiunto dalle parti in sede di negoziazione assistita, il regime di stabilità protetta di cui all'

art. 2113, c. 4, c.c.

È ragionevole ritenere perciò, che in sede di attuazione della delega, sia previsto un ulteriore passaggio che, in qualche modo, costituisca una sorta di ratifica dell'accordo delle parti private, da parte di un organo terzo, normalmente deputato ad ospitare altrimenti le conciliazioni in discorso. Organo che ben può essere individuato nelle commissioni di certificazione.

La semplificazione dei riti

La seconda direttrice tracciata dalla legge delega interessa il processo del lavoro, e tende a semplificarne l'accesso, secondo uno specifico principio e criterio direttivo: unificare e coordinare la disciplina dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti.

Come noto, la riforma adottata con la Legge Fornero (

L. 92/2012

) ha introdotto il cosiddetto “rito Fornero”, per i licenziamenti soggetti alla disciplina dell'

art. 18 Stat. lav

.

Le intenzioni dichiarate erano quelle di garantire la celerità delle decisioni, ma l'esperienza concreta ne ha testimoniato la scarsa efficacia. Le norme introdotte ai commi 47 e seguenti dell'

art.

1 L. 92/2012

infatti, hanno previsto un particolare procedimento per i licenziamenti, che prevede un doppio giudizio, da svolgersi sempre davanti al Tribunale del lavoro. Una prima fase sommaria, ed una seconda, in sede di opposizione, destinata ad una cognizione piena del merito della questione, realizzando così un duplice passaggio davanti al giudice di primo grado. L'appesantimento procedurale è peraltro evidente considerando che il “rito Fornero” è applicabile soltanto ai licenziamenti rientranti nel regime dell'art. 18, e soltanto per le questioni connesse alla legittimità del licenziamento, mentre se dalla controversia insorgevano anche richieste di diversa natura, ad esempio differenze salariali, ipotesi peraltro comune, è necessario instaurare un ulteriore e separato giudizio, ordinario, sempre davanti allo stesso giudice. Pertanto, è evidente la contraddizione di un rito che, nato per alleggerire il carico dei ruoli dei giudici del lavoro, finisce per duplicare, se non triplicare, il numero dei procedimenti che li investe. La consapevolezza del fallimento di quelle intenzioni origina la delega in discorso, che detta le linee: coordinamento ed unificazione dei procedimenti. In una parola: semplificazione. La preoccupazione che il rito del lavoro, così razionalizzato, mantenga quelle garanzie di celerità necessarie alla garanzia dei diritti sottesi, è confermata dalla indicazione ulteriore che i giudizi in cui sia impugnato un licenziamento debbano essere trattati in via prioritaria.

L'intervento di semplificazione del processo del lavoro si arricchisce infine di due capitoli, sempre contenuti dalla legge di delega. Con uno, ponendo fine ad incertezze risolte di volta in volta solo ex post, grazie alla giurisprudenza più o meno consolidata, viene data indicazione affinché le azioni di impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative, anche ove consegua la cessazione del rapporto associativo, siano introdotte con il rito e davanti al giudice del lavoro. Con il secondo, vengono fornite indicazioni affinché le azioni di nullità dei licenziamenti discriminatori possano essere proposte, oltreché col ricorso ordinario, anche con i riti speciali previsti dal codice delle pari opportunità o col rito sommario, senza pregiudizio, ma senza la possibilità di mutamento del rito, una volta introdotto con una delle opzioni possibili indicate dalla legge delega.

(Fonte: MementoPiù)

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