Scadenza del contratto a termine e disciplina transitoria della proroga

Teresa Zappia
13 Dicembre 2021

La proroga del contratto a termine, stipulato prima del 14 luglio 2018, la quale sia intervenuta e produca effetti dopo il 12 agosto 2018 e prima del 31 ottobre 2018 è soggetta alla disciplina transitoria di cui all'art. 1, co. 2 del D.L. n. 87/2018, così come modificato dalla Legge di conversione n. 96/2018. La durata complessiva del contratto a tempo determinato potrà, pertanto, essere pari a 36 mesi.
Massima

La proroga del contratto a termine, stipulato prima del 14 luglio 2018, la quale sia intervenuta e produca effetti dopo il 12 agosto 2018 e prima del 31 ottobre 2018 è soggetta alla disciplina transitoria di cui all'art. 1, co. 2 del D.L. n. 87/2018, così come modificato dalla Legge di conversione n. 96/2018. La durata complessiva del contratto a tempo determinato potrà, pertanto, essere pari a 36 mesi.

Il caso

La ricorrente era stata assunta con contratto a tempo determinato stipulato il 21 novembre 2017. Seguivano quattro proroghe, della quali l'ultima, comunicata il 28 settembre 2018, estendeva la durata del contratto sino al 4 ottobre 2020.

Mediante il ricorso la lavoratrice chiedeva l'accertamento della illegittimità dell'apposizione del termine al contratto, facendo leva: sulla diversità delle mansioni in concreto svolte rispetto a quelle indicate in contratto, con conseguente difetto della necessaria correlazione tra mansioni e termine; sulla mancanza di effettive ragioni temporanee; sul fatto che l'ultima proroga sarebbe illegittima in quanto, per suo tramite, il rapporto avrebbe avuto una durata complessiva pari a circa 36 mesi, con conseguente violazione del termine di durata massimo pari a 24 mesi, previsto dal D.L. n. 87/2018, convertito dalla L. n. 96/2018.

La ricorrente lamentava, infine, la violazione del proprio diritto di precedenza.

La questione

I limiti introdotti dal Decreto Dignità possono estendersi ad una proroga stipulata prima del 31 ottobre 2018?

La soluzione del Tribunale

Il Tribunale di Pavia, ricostruito il quadro normativo vigente al tempo dei fatti di causa in materia di contratto a termine, ha evidenziato la c.d. acausalità caratterizzante l'istituto, la quale ha consentito alle parti di procedere alla stipulazione senza la necessità di indicare una causale - quale quelle previste dall'art. 1, comma 1, D.lgs. 368/2001 e dall'attuale rinnovato impianto normativo degli artt. 19 ss. D.lgs. 81/2015 – imponendo, ai fini della sua legittimità, la conclusione in forma scritta, l'osservanza dei termini di durata massima del contratto (36 mesi) ed il rispetto della c.d. clausola di contingentamento.

Conseguentemente sono state respinte le argomentazioni della lavoratrice in punto di validità sotto il profilo causale del contratto a termine stipulato. Il Tribunale ha evidenziato anche la non condivisibilità della tesi secondo cui la stipulazione di un contratto a tempo determinato dovrebbe, in ogni caso, essere giustificata in base alla sussistenza di esigenze temporanee dell'impresa, la cui mancanza identificherebbe una frode alla legge. La clausola 5 dell'Accordo quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE, come interpretato dalla Corte di Giustizia dell'UE, non implica che gli Stati membri debbano adottare una misura che imponga di giustificare ogni primo o unico contratto di lavoro a tempo determinato con ragioni obiettive, vertendo la normativa sovranazionale unicamente sulla prevenzione dell'utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi( Corte di giustizia, cause riunite C-378/07 a C-380/07, Angelidaki; Corte di giustizia, C144.04 Mangold).

Nel caso esaminato, invece, le parti avevano stipulato un solo contratto, successivamente prorogato, sicché la sussistenza di ragioni obiettive a fondamento dell'apposizione del termine non poteva ritenersi un requisito per la legittimità della clausola che quel termine prevedeva.

In merito alla quarta proroga, la cui validità era stata contestata dalla ricorrente facendo leva sulla riforma intervenuta nel 2018, il Tribunale ha rammentato che la Legge di conversione, nell'emendare l'art. 1, comma 2, delD.L. n. 87/2018, ha previsto che le disposizioni di cui al comma 1 – relative alle novità introdotte agli artt. 19 e 21 – si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018. Sulla base del dato testuale, pertanto, mentre l'art. 19, relativo alla stipulazione ex novo del contratto a tempo determinato, era vigente alla data della proroga (28 settembre 2018), la disciplina della proroga vigente in quel momento era ancora quella precedentemente, potendo le novità trovare applicazione solo dal 1° novembre 2018.

Anche sotto tale profilo, quindi, è stata respinta la tesi della ricorrente.

Il Tribunale ha richiamato la giurisprudenza relativa alla questione sull'applicabilità dell'art. 21, sub specie se, intervenuta una proroga del contratto a termine, dovesse tenersi conto del momento di stipulazione della stessa o della sua produzione di effetti, laddove essi non coincidano. Sul punto si è rilevato che l'anticipazione della stipulazione di una nuova proroga prima della scadenza del contratto a termine - e prima del 31 ottobre 2018 – con conseguente posticipazione della sua efficacia, può configurare una elusione di una norma protettiva. Viceversa, allorché la proroga produca i suoi effetti entro il 31.10.2018, l'interesse sotteso delle parti sarebbe quello di evitare la cessazione del rapporto.

Si è precisato, inoltre, che il differimento dell'entrata in vigore rispetto alle proroghe ad una data successiva al 31.10.2018 è generalizzato e non limitato ad una parte soltanto delle novità introdotte, sicché deve ritenersi che esso, in mancanza d'eccezioni espresse, si riferisca a tutte le modifiche normative, ivi compreso il nuovo limite temporale di 24 mesi.

Veniva respinta, infine, l'ultima censura, non avendo il datore proceduto a “nuove” assunzioni, con conseguente esclusione dell'operatività dell'art. 24 D.lgs. n. 81/2015 (diritto di precedenza).

Osservazioni

L'art. 1, co. 2, D.L. n. 87/2018 aveva stabilito l'applicazione delle nuove disposizioni ai contratti di lavoro a termine stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data. In sede di conversione, l'originaria previsione del citato comma è stata modificata unicamente con riferimento al regime dei rinnovi e delle proroghe, prevedendo che per tali fattispecie la nuova disciplina trovi applicazione solo dopo il 31 ottobre 2018. Fino a tale data, pertanto, le proroghe ed i rinnovi restano disciplinati dalle disposizioni del D.lgs. n. 81/2015, nella formulazione antecedente al D.L. prefato.

In ragione di tale modifica, si è posto il problema di stabilire se la disposizione “transitoria” suddetta, così come originariamente formulata nel D.L., sia stata sostituita in sede di conversione con efficacia ex tunc ovvero ex nunc. Alcuni hanno posto l'accento sulla distinzione tra emendamenti di natura “aggiuntiva”, aventi con efficacia ex nunc, e quelli di natura “soppressiva o sostitutiva” con efficacia ex tunc. La nuova norma transitoria, sostituendo la precedente, ne avrebbe caducato gli effetti sin dall'origine, escludendosi pertanto un potenziale doppio regime. Altri, invece, hanno ritenuto che una norma non espressamente soppressa in fase di conversione produce effetti sino alla conversione o che, a livello interpretativo, la nuova norma transitoria non sarebbe qualificabile come “sostitutiva”, così configurando l'esistenza di un doppio regime transitorio.

Secondo tale ultimo orientamento, quindi, il testo originario dell'art. 1, co.2, continuerebbe a produrre effetti fino all'entrata in vigore della Legge di conversione, quindi dal 14 luglio 2018 all'11 agosto 2018. La modifica opererebbe, invece, dal 12 agosto 2018 al 31 agosto 2018.

Tenuto conto di quanto sopra, la disciplina applicabile sarà diversa in base al momento in cui le parti hanno proceduto alla prima stipulazione, al rinnovo o alla proroga del contratto a termine. In estrema sintesi, sembrano poter essere individuati quattro possibili regimi:

1. CTD stipulato prima del 14 luglio 2018 – il limite massimo di durata è pari a 36 mesi. Se scade prima dell'1 novembre 2018, esso potrà essere rinnovato o prorogato sulla base dei limiti posti dalla precedente disciplina, ergo in forma acausale e con il limite delle 5 proroghe;

2. CTD in essere prima del 14 luglio 2018, con scadenza in corrispondenza o dopo l'1 novembre 2018 – la proroga ed il rinnovo saranno regolati dalla nuova disciplina, computandosi anche il periodo già trascorso;

3. CTD stipulato a partire dal 14 luglio 2018 e che scade prima o dopo l'1 novembre 2018 - il contratto è assoggettato interamente alla nuova disciplina, anche per quanto concerne i rinnovi e le proroghe;

4. CTD in essere prima del 14 luglio 2018, prorogato o rinnovato dopo l'entrata in vigore del D.L., ma prima del 12 agosto 2018 – viene in rilievo il dibattito sulla efficacia intertemporale di norme contenute in Decreti Legge poi modificate dalla Legge di conversione. Secondo l'orientamento prevalente, le norme modificate ma non soppresse mantengono la loro efficacia per il periodo precedente all'entrata in vigore della Legge di conversione, salvo che quest'ultima disponga diversamente. Pertanto, trova applicazione la nuova disciplina anche per le proroghe ed i rinnovi. Diversamente qualora questi siano stati stipulati dal 12 agosto 2018 al 31 agosto 2018.

La questione di diritto intertemporale trattata ha condotto ad un ulteriore dibattito in ordine alla possibilità per le parti di procedere ad una proroga c.d. anticipata, la quale intervenga prima della scadenza naturale del contratto e con effetti necessariamente differiti a tale momento.

In linea generale, nell'ambito di di un rapporto contrattuale di durata, non è previsto un divieto espresso. Ove sia stato stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato, non potrebbe negarsi in modo assoluto la sussistenza di un interesse ad una proroga del contratto anche se non prossimo alla sua naturale scadenza (ad es. interesse del datore-appaltatore, in seguito ad una estensione temporale del contratto stipulato con il committente, ad assicurarsi la prestazione del lavoratore e interesse di quest'ultimo ad una programmazione della propria attività anche per un momento successivo alla scadenza ab origine determinata).Tuttavia, tenuto conto delle maggiori limitazioni introdotte dalla nuova disciplina, laddove non siano individuabili in concreto esigenze oggettive giustificanti l'anticipazione della proroga del contratto a termine, non trascurabile è il rischio che – in sede giudiziale – possa essere ritenuta sussistente una volontà elusiva della Legge (art. 1344 c.c.) con correlata nullità della proroga e conversione del contratto.

Analogo rischio si rinverrebbe, secondo taluni, anche qualora, risolvendo consensualmente e anticipatamente il contratto, le parti procedessero ad un rinnovo ante tempus (F. Pedroni, Efficacia della proroga anticipata del contratto a termine, in Ilgiuslavorista.it, 20 novembre 2020).

Sul punto la giurisprudenza ha dato rilevanza al momento in cui la proroga produce i suoi effetti, piuttosto che alla data di stipulazione.

La questione affrontata mostra elementi in comune con un ulteriore dubbio insorto durante il periodo emergenziale in relazione alla normativa “di favore” e “a scadenza” che consente alle parti la stipulazione di un contratto a termine, di durata comunque non superiore ai 24 mesi, in deroga a quanto previsto dagli artt. 19 e 21 Job's Act. Nello specifico, il regime derogatorio introdotto dall'art. 8 D.L. n. 104/2020 (Leggeconv. n. 126/2020) prevede, modificando l'art. 93 D.L. n. 34/2020 (L. conv. n. 77/2020) che, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga all'articolo 21 D.lgs. n. 81/2015, fino ad un determinato termine (attualmente 31 dicembre 2021- D.L. n.41/2021, L. conv. n. 69/2021), è possibile rinnovare o prorogare per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, co. 1, D.lgs. n. 81/2015. L'Ispettorato Nazionale del Lavoro, nelle prime indicazioni fornite con nota n. 713/2020, ha evidenziato che la previsione di una durata massima (12 mesi) lascerebbe intendere che il termine indicato dalla Legge sia riferito esclusivamente alla formalizzazione della stessa proroga o del rinnovo.

Per approfondire

A. Bottini, Per i datori la scelta tra quattro regimi, in Il Sole 24 Ore, 9 agosto 2018;

E. Massi, Il regime transitorio nei contratti a tempo determinato nel settore privato, in www.generazionevincente.it;

F. Scarpelli, Convertito in legge il “decreto dignità”: al via il dibattito sui problemi interpretativi e applicativi, in Giustiziacivile.com, 3 settembre 2018;

A. Bosco, Cautela nella proroga anticipata del contratto a termine, in Il Sole 24ore;

L. Negrini, Proroga anticipata contratti a termine che scadono dopo il 31 ottobre, in Lavoro e Previdenza;

A. Rota Porta, F. Barbieri, V. Melis, Contratti a tempo determinato: quattro regimi in cinque mesi, in Il Sole 24ore;

V. Filì, Il lavoro “dignitoso” nel decreto legge n. 87 del 2018 convertito nella legge n. 96, in Lavoro nella Giurisprudenza, 2018, n. 9.

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