Concordato in continuità: nulla osta al rilascio del DURC nonostante il mancato versamento di contributi pregressi

Luigi Andrea Cosattini
20 Dicembre 2021

Il mancato versamento dei contributi previdenziali dovuti per il periodo antecedente al deposito della domanda di concordato con previsione di continuità aziendale, anche in caso di ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.F., non preclude la possibilità di ottenere da parte degli enti previdenziali il rilascio del DURC “regolare” in relazione a tale periodo.
Massima

Il mancato versamento dei contributi previdenziali dovuti per il periodo antecedente al deposito della domanda di concordato con previsione di continuità aziendale, anche in caso di ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., non preclude la possibilità di ottenere da parte degli enti previdenziali il rilascio del DURC “regolare” in relazione a tale periodo.

Il caso

In occasione del deposito di ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo “in bianco” ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall. la società ricorrente, avendo prospettato di voler accedere ad una procedura concordataria in continuità aziendale “diretta”, ha chiesto al Tribunale l'autorizzazione, o se del caso il “nulla osta”, al rilascio da parte degli enti previdenziali del DURC “regolare”, nonostante la società avesse maturato per il periodo antecedente al deposito della domanda di concordato debiti contributivi nei confronti di tali enti.

A sostegno della richiesta, formulata con indicazioni di urgenza, ha dedotto che il mancato rilascio del DURC regolare le avrebbe precluso la possibilità di accedere a contratti d'appalto con committenti pubblici o privati, o comunque di intrattenere con essi rapporti contrattuali per i quali il documento di regolarità contributiva è richiesto, con evidente ed imminente pregiudizio per la prosecuzione dell'attività aziendale posta a fondamento della domanda di concordato. Il Tribunale, su conforme parere dei Commissari giudiziali a tal fine interpellati, ha ritenuto che il mancato versamento dei contributi previdenziali in relazione al periodo antecedente al deposito del ricorso non sia di ostacolo al rilascio, da parte degli enti pubblici a ciò demandati, del DURC regolare, ritenendo che tale soluzione debba ritenersi preferibile rispetto alla possibilità, consentita dall'art. 182 quinquies l. fall., di ottenere dal Tribunale l'autorizzazione al pagamento dei debiti previdenziali pregressi.

Le questioni giuridiche

Il tema giuridico affrontato dal Tribunale di Bergamo riguarda la possibilità, per il debitore che proponga domanda di concordato (anche “in bianco”) con prospettazione di continuità aziendale, di ottenere da parte degli enti previdenziali il rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva (in acronimo “DURC”), che ha istituzionalmente la funzione di attestare che il contribuente è in regola con il versamento dei contributi dovuti agli enti previdenziali in relazione all'attività esercitata, pur avendo egli omesso il versamento di tali contributi (o parte di essi) in relazione al periodo antecedente al deposito della domanda concordataria.

Il problema si pone perché, da un lato, l'esistenza di omessi versamenti agli enti previdenziali per i contributi ad essi dovuti integra, di norma, una ragione ostativa al rilascio del DURC “regolare”; dall'altro, il possesso del DURC “regolare” costituisce, com'è noto, presupposto indispensabile per intrattenere talune tipologie di rapporti contrattuali (e segnatamente contratti d'appalto) con controparti pubbliche o private; di tal che non essere in grado di esibire alla controparte contrattuale il DURC con attestazione di regolarità costituisce, ove l'attività aziendale del debitore riguardi settori nell'ambito dei quali tale documento è richiesto, un ostacolo insormontabile alla prosecuzione di essa in pendenza della procedura concordataria.

Dal punto di vista dei riferimenti normativi, la questione affrontata dal Tribunale di Bergamo ruota attorno al conflitto che si crea in considerazione della disciplina vigente in materia di accertamento della regolarità contributiva, da un lato, e in materia di salvaguardia della par condicio creditorum nell'ambito delle procedure concorsuali, dall'altro. Essa può essere riassunta come segue.

Per ciò che riguarda il primo aspetto, il regolare adempimento dei pagamenti dovuti dal datore di lavoro in relazione ai contributi previdenziali per il personale impiegato nell'impresa costituisce, com'è noto, presupposto indispensabile per l'accesso a svariate tipologie di contratti con controparti pubbliche e private. L'accertamento della regolarità contributiva è attualmente disciplinato dalle procedure delineate, in attuazione di quanto disposto dall'art. 4 d.l. 20 marzo 2014, n. 34, convertito dalla l. 16 maggio 2014, n. 78 («Semplificazioni in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva»), dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 30 gennaio 2015, che ha sostituito la precedente disciplina di cui al D.M. 24.10.2007.

Per quanto in questa sede rileva, è utile evidenziare che l'art. 3, comma 2, di tale decreto (espressamente richiamato dalla decisione in rassegna) stabilisce che “La regolarità sussiste comunque in caso di: (…) b) sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative”.

Con riferimento alla disciplina vigente in materia di procedure concorsuali, d'altro canto, il combinato disposto degli artt. 167, comma 7, e 168 l. fall. preclude (secondo parte della giurisprudenza, che trova però una voce difforme in Cass. civ., ord., sez. VI, 7 giugno 2016, n. 11660: “il pagamento di un debito preconcordatario deve ritenersi in sé legittimo, in quanto atto di ordinaria amministrazione, purché non integri l'ipotesi di un atto «diretto a frodare le ragioni dei creditori»”) al debitore che presenta domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo la possibilità di provvedere, in assenza di autorizzazione in tal senso da parte del Tribunale, al pagamento di debiti sorti in epoca antecedente al deposito del ricorso, posto che ove ciò avvenisse ne risulterebbe alterato il concorso sostanziale fra i creditori; ne dà atto il provvedimento in rassegna ove afferma che “sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata , possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori”.

In sostanza, l'alternativa sulla quale il Tribunale di Bergamo è stato chiamato a pronunciarsi riguarda la scelta se imporre alla società ricorrente di affrontare (e possibilmente risolvere) la questione relativa all'ottenimento del DURC “regolare” in applicazione delle sole regole dettate dalla legge fallimentare, e quindi avvalendosi della possibilità di chiedere (e se del caso di ottenere, ove ne sussistessero i presupposti) l'autorizzazione al pagamento dei debiti previdenziali pregressi, ovvero consentire l'accesso ad una soluzione diversa, fondata sulla previsione normativa in materia di DURC che ne consente il rilascio con attestazione di regolarità in caso di “sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative”.

La soluzione adottata dal Tribunale di Bergamo

Il provvedimento in rassegna aderisce, con ciò uniformandosi a parte della giurisprudenza (Trib. Livorno 16 ottobre 2018; Trib. Cassino 27 maggio 2016) alla seconda delle soluzioni prospettate, e conclude quindi affermando che “nulla osta al rilascio a (…) di DURC regolare da parte degli enti competenti con riferimento alla regolarità contributiva nei confronti degli enti previdenziali e assistenziali sino alla data di pubblicazione della domanda di concordato”.

A fondamento della propria decisione il Collegio pone, preliminarmente, la constatazione del fatto che, in linea di principio, la normativa posta dalla legge fallimentare a presidio della par condicio creditorum preclude, secondo l'orientamento sopra ricordato, la possibilità per il debitore di procedere al pagamento dei debiti pregressi, ancorché privilegiati, se non nell'ambito dell'adempimento del piano concordatario già omologato; al tempo stesso, il provvedimento in rassegna riconosce che, qualora la domanda concordataria prospetti di trovare il proprio fondamento nella prosecuzione dell'attività d'impresa in capo al procedente ed essa sia tale da richiedere, abitualmente, la conclusione di contratti di appalto, il mancato possesso del DURC “regolare” per poter intrattenere rapporti contrattuali con la clientela è una circostanza di rilievo tale da impedire la prosecuzione dei rapporti negoziali e quindi tale da “precludere la computabilità nel piano dei flussi derivanti dai medesimi fintanto che non sia rimossa la situazione d'irregolarità”.

Così delineato il quadro, il Tribunale dà atto che la normativa concorsuale appronta uno strumento astrattamente idoneo a superare l'ostacolo, costituito dalla possibilità per il debitore, prevista dal quinto comma dell'art. 182 quinquies L.F., di essere autorizzato dal Tribunale al pagamento di crediti anteriori al deposito del ricorso per l'ammissione alla procedura concordataria, ove un professionista a ciò abilitato attesti che “le prestazioni che il debitore intende remunerare siano essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa fino all'omologazione e che tale prosecuzione sia funzionale ad assicurare il migliore soddisfacimento dei creditori” (così argomenta il provvedimento).

Tale strumento normativo risulta però, al vaglio dei giudici bergamaschi, in concreto “impraticabile”, posto che esso “comporterebbe la sistematica violazione del regime di graduazione dei crediti e il rispetto delle prelazioni, postulando come largo e "ordinario" il passaggio stretto, straordinario ed eccezionale rappresentato dal conseguimento di un'autorizzazione ad effettuare pagamenti strategici”.

L'autorizzazione al pagamento integrale dei crediti previdenziali pregressi costituirebbe quindi, agli occhi del Tribunale, una palese violazione del principio della par condicio creditorum e del rispetto dell'ordine dei privilegi.

Risulta quindi preferibile, secondo la valutazione espressa nel provvedimento in rassegna, consentire al debitore procedente di “ottenere l'attestazione della regolarità contributiva anche in costanza di procedura e a prescindere dall'esistenza delle pregresse passività di matrice contributiva”, risultando tale soluzione (maggiormente) conforme alle finalità proprie della procedura concordataria in continuità, e segnatamente alla salvaguardia dell'attività aziendale e dei livelli occupazionali pur nel rispetto dei diritti della massa dei creditori.

Sulla base di tale iter argomentativo ritiene il Tribunale di Bergamo che sia ravvisabile nella fattispecie l'ipotesi di accertamento della regolarità contributiva per “sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative”, qualificando quindi il divieto per il debitore in concordato di procedere al pagamento di debiti pregressi come, appunto, causa ostativa al pagamento derivante da disposizione di legge.

Osservazioni

Le conclusioni alle quali giunge il Tribunale lombardo, sebbene connotate dall'evidente ed apprezzabile sforzo di individuare una soluzione di buon senso ad un problema pratico ed operativo, prima ancora che giuridico, aprono il campo ad alcune riflessioni sia sulla conformità di esse al quadro normativo vigente, sia sull'iter motivazionale, sia sui riflessi pratici della decisione assunta.

Sotto il primo profilo, il percorso argomentativo del provvedimento in rassegna omette di prendere in considerazione il fatto (espressamente delibato, invece, da Trib. Taranto 2 luglio 2021 e da Trib. Cassino 27 maggio 2016) che lo stesso D.M. 30 gennaio 2015, del quale il Tribunale richiama l'art. 3 comma 2, contiene anche, all'articolo 5, una disciplina specifica che riguarda proprio il rilascio del DURC in ipotesi di concordato preventivo in continuità; stabilisce infatti tale disposizione, al comma 1, che “In caso di concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, l'impresa si considera regolare nel periodo intercorrente tra la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e il decreto di omologazione, a condizione che nel piano di cui all'art. 161 del medesimo regio decreto sia prevista l'integrale soddisfazione dei crediti dell'INPS, dell'INAIL e delle Casse edili e dei relativi accessori di legge”.

Anche a voler prescindere dalla questione relativa all'efficacia normativa delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale, risulta dunque quantomeno discutibile invocare l'applicazione di una previsione generica (l'art. 3, comma 2) disattendendo al tempo stesso le disposizioni specifiche che lo stesso decreto ministeriale pone per disciplinare il rilascio del DURC in pendenza di un concordato in continuità aziendale.

E' ben vero che la previsione dell'art. 5, comma 1, nel richiedere che il pagamento integrale dei crediti previdenziali sia previsto “nel piano di cui all'art. 161”, presuppone che si verta in ipotesi di domanda di concordato “pieno”, e non di procedura “in bianco” ai sensi dell'art. 161 comma 6; ma risulta discutibile (ancorché la soluzione positiva sia stata assunta dalla giurisprudenza sopra citata) sostenere che ciò sia sufficiente ad escluderne in toto l'applicazione alle ipotesi di concordato prenotativo, quando sarebbe probabilmente più in linea con tale disposizione “accontentarsi” del fatto che l'impegno al pagamento integrale dei crediti previdenziali venga enunciato in ricorso, ancorché non (ancora) attestato dal piano concordatario.

Per ciò che riguarda l'iter argomentativo, anch'esso appare non del tutto convincente. Pur essendo disciplinata dalla legge fallimentare la possibilità, per il debitore che presenta la domanda di concordato preventivo, di provvedere al pagamento di debiti antecedenti al deposito del ricorso, ancorchè la percorribilità di essa possa suscitare legittimi dubbi di applicazione in relazione al pagamento di debiti contributivi pregressi (essendo discutibile che si tratti nel caso di specie di remunerare “prestazioni essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa”, come richiesto dall'art. 168 l. fall.), il Tribunale ritiene tale opzione “impraticabile”, ravvisando in essa una violazione della par condicio, e preferisce invece battere la strada, a parere di chi scrive ancor più ardita, della sospensione dell'obbligo di versamento contributivo per disposizione di legge.

Così argomentando omette però di considerare che il divieto di pagamento sorge per effetto dell'avvio della procedura concordataria, mentre il debito contributivo inadempiuto è riferito ad un periodo a ciò antecedente, periodo nel quale nessuna norma impediva al debitore di provvedere al pagamento dei contributi previdenziali (ed anzi glielo imponeva, trattandosi di debiti fra l'altro assistiti da privilegio); risulta quindi singolare invocare, per giustificare il “nulla osta” al rilascio del DURC, una sospensione dei pagamenti per disposizione di legge, quando in realtà nel momento in cui il termine di pagamento è scaduto nessuna norma ne precludeva il pagamento.

Da ultimo, e giungendo con ciò agli aspetti pratici, il provvedimento in rassegna sconta (a differenza di altri precedenti, resi a conclusione di giudizi instaurati direttamente nei confronti degli enti previdenziali) il fatto di aver “fatto i conti senza l'oste”, e quindi senza il coinvolgimento dell'ente previdenziale chiamato ad emettere il DURC.

Il fatto che il Tribunale abbia deliberato il “nulla osta” al rilascio di tale documento con attestazione di regolarità non significa affatto che l'ente previdenziale presti acquiescenza a tale dictum e provveda quindi al rilascio del DURC positivo, essendo invece plausibile che esso opponga alla richiesta del debitore in concordato, nonostante il “nulla osta” del Tribunale, le eccezioni sopra riassunte (e/o le altre che riterrà sostenibili).

Non è detto, in altre parole, che l'ente previdenziale al quale il debitore si deve rivolgere per ottenere l'emissione del DURC “regolare” condivida l'opinione espressa dal Tribunale secondo la quale sono ravvisabili, nel caso di specie, i requisiti di cui all'art. 3, comma 2, lett. b), D.M. 30 gennaio 2015.

Conclusioni

Lo sforzo dei giudici bergamaschi di individuare una soluzione che consenta all'impresa che presenta domanda di concordato in continuità l'ottenimento del DURC “regolare” pur in presenza (com'è frequente, effettivamente) di debiti previdenziali pregressi non adempiuti merita senz'altro apprezzamento, e si colloca nel solco già tracciato da alcune pronunce che, soprattutto con riferimento alla fase “in bianco” del concordato, ritengono doveroso il rilascio del DURC “regolare” pur in presenza di debiti contributivi pregressi.

La soluzione non è però unanimemente condivisa dalla giurisprudenza, essendo rinvenibili pronunce di segno difforme. Soprattutto, occorre che la questione venga delibata dal giudice nell'ambito di un procedimento del quale sia parte anche l'ente previdenziale nei cui confronti è avanzata la richiesta di rilascio del DURC.

Ove così non sia, c'è il rischio che il provvedimento emesso dal Tribunale, per quanto dettato da comprensibili ragioni di buon senso e pragmatismo, si scontri poi con le possibili riserve di chi, in concreto, è chiamato ad emettere il documento di regolarità contributiva.

Guida all'approfondimento

Interessante, oltre alla giurisprudenza citata nel testo, la giurisprudenza del Tribunale di Taranto, che, chiamato in più occasioni ad occuparsi del tema, ha ritenuto doveroso il rilascio del DURC regolare in pendenza della fase “in bianco” del concordato e fino al deposito del piano concordatario (ordinanze 15.11.2019, 30.9.2019 e 13.6.2020), in considerazione della ritenuta inapplicabilità a tale fase dell'art. 5, comma 1, D.M. 30 gennaio 2015, mentre invece ha respinto le analoghe domande in relazione al periodo successivo alla presentazione del piano ove i requisiti previsti da tale disposizione non fossero soddisfatti.

Nello stesso senso, distinguendo quindi la soluzione da accogliere in relazione alla fase del concordato “in bianco” dalla fase del concordato “pieno”, anche Trib. Latina 10 marzo 2021. Sull'applicabilità dell'art. 5 comma 1 D.M. 30 gennaio 2015 anche nella fase “in bianco” v. Trib. Matera 22 aprile 2020.

Trib. Reggio Emilia 12.3.2019, invece, risolve la questione affermando che nella fase “in bianco” del concordato non è precluso al debitore il pagamento di debiti pregressi, e quindi il rilascio del DURC è subordinato alla sanatoria delle morosità pregresse.

Si veda, in argomento, anche il messaggio INPS 5223 del 6 agosto 2015 ove si afferma che “dopo il decreto di omologazione, pur in presenza di una parziale soddisfazione dei crediti previdenziali muniti di privilegio, e fino a quando non sia adempiuto il concordato, a parere del Ministero si verifica la situazione prevista dall'art. 3, comma 2, lett. b), D.M. 30 gennaio 2015, ossia lasospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative” già contemplata all'art. 5, comma 2, lett. b), D.M. 24 ottobre 2007 con la conseguenza che deve essere dichiarata la regolarità contributiva”.

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