Le modifiche apportate al preconcordato dalla legislazione d'emergenza: limiti e alternative stragiudiziali proposte dalla dottrina

29 Dicembre 2021

I gravissimi effetti economici che l'epidemia di Covid 19 sta provocando hanno indotto i legislatori nazionali, anche su impulso, per quanto attiene ai paesi europei, della CERIL, ad apportare modifiche alla propria legislazione in materia di insolvenza. Per quanto riguarda l'Italia, le principali modifiche alla disciplina della crisi d'impresa sono state apportate dal legislatore con l'emanazione del D.L. n. 23 dell'8 aprile 2020 (Decreto Liquidità) e della relativa legge di conversione n. 40 del 5 giugno 2020. Tra le modifiche che hanno suscitato maggiore attenzione da parte della dottrina sono sicuramente comprese quelle relative alla disciplina del preconcordato (o concordato “in bianco”). Come evidenziato nell'articolo, la dottrina non ha tardato a segnalare limiti e criticità delle modifiche apportate dal legislatore alla disciplina del preconcordato e a proporre soluzioni alternative.
Premessa

I gravissimi effetti economici che l'epidemia di Covid 19 sta provocando hanno indotto i legislatori nazionali, anche su impulso, per quanto attiene ai paesi europei, della CERIL, ad apportare modifiche alla propria legislazione in materia di insolvenza.

Per quanto riguarda l'Italia, le principali modifiche alla disciplina della crisi d'impresa sono state apportate dal legislatore con l'emanazione del D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità) e della relativa legge di conversione n. 40 del 5 giugno 2020.

Tra le modifiche che hanno suscitato maggiore attenzione da parte della dottrina sono sicuramente comprese quelle relative alla disciplina del preconcordato (o concordato “in bianco”).

L'obiettivo che il legislatore si è prefigurato di raggiungere con tali modifiche è stato quello di mettere a disposizione delle imprese improvvisamente trovatesi, o che presto si troveranno, in una situazione di crisi un nuovo e temporaneo strumento idoneo a rendere più agevole il processo di ristrutturazione che tali imprese dovranno avviare.

Come si evidenzierà nel seguito, la dottrina non ha tardato a segnalare limiti e criticità delle modifiche apportate dal legislatore alla disciplina del preconcordato e a proporre soluzioni alternative.

Le modifiche apportate alla disciplina del preconcordato

Le modifiche apportate all'istituto del concordato “in bianco” sono rintracciabili nell'art. 9 Decreto Liquidità e precisamente nei commi 4, 5, 5 bis e 5 ter di tale articolo (si precisa che i commi 5 bis e 5 ter sono stati aggiunti con la conversione in legge del medesimo decreto).

Le modifiche di cui ai commi 4, 5 e 5 ter dell'art. 9 hanno inciso sulla durata del termine concesso dal tribunale per il deposito della proposta definitiva.

In particolare, ai sensi dell'art. 9, commi 4 e 5, D.L. 23/2020, il debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all'art. 161, comma 6, l.fall. o di cui all'art. 182 bis, comma 7, l.fall., che sia già stato prorogato dal tribunale, può, prima della scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, anche nei casi in cui sia stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L'istanza deve contenere gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell'emergenza epidemiologica Covid 19.

Con il comma 5 ter il legislatore ha inoltre stabilito, relativamente ai ricorsi depositati entro il 31 dicembre 2020, che il debitore può ora ottenere un termine, per il deposito della proposta definitiva, fino a centoventi giorni (prorogabili di non oltre sessanta), nonostante la pendenza di un'istanza di fallimento.

La modifica che ha introdotto il principale elemento di novità è però quella di cui al comma 5 bis dell'art. 9 Decreto Liquidità ai sensi del quale “il debitore che, entro la data del 31 dicembre 2021, ha ottenuto la concessione dei termini di cui all'art.161, comma 6, o all'art. 182-bis, settimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, può, entro i suddetti termini, depositare un atto di rinuncia alla procedura, dichiarando di avere predisposto un piano di risanamento ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese, e depositando la documentazione relativa alla pubblicazione medesima. Il tribunale, verificate la completezza e la regolarità della documentazione, dichiara l'improcedibilità del ricorso presentato ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, o dell'articolo 182-bis, settimo comma, del citato regio decreto n. 267 del 1942”.

A seguito di tale modifica l'iter ordinario della procedura di concordato con riserva, che fino ad oggi poteva sfociare nella presentazione di un piano e di una proposta di concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.fall., potrà ora concludersi anche con un piano attestato di risanamento. Al che, come osservato in dottrina (Abriani, Rinaldi), “l'originario percorso “a ipsilon” viene ad evolversi in una sorta di “tridente”, con la previsione di un ulteriore possibile esito della fase preliminare introdotta dalla domanda “in bianco” (…)”.

Si osserva infine che, ai sensi dell'art. 9, comma 5 bis, la possibilità di presentare un piano ex art. 67 l.fall. è concessa anche al debitore al quale sia stato assegnato un termine dal tribunale per il deposito dell'accordo di ristrutturazione ai sensi dell'art. 182 bis, comma 7, l.fall.

Come fatto notare da più parti (Irrera; Ranalli), in ragione della maggiore complessità degli adempimenti richiesti, questa opzione resterà presumibilmente poco praticata e di minor interesse.

Gli effetti delle modifiche alla disciplina del preconcordato

Concentrandoci sulla modifica apportata dal comma 5 bis dell'art. 9 del Decreto Liquidità, l'idea del legislatore che si presume essere alla base di tale modifica è quella secondo la quale, a seguito della pandemia, molte imprese avranno la necessità di riorganizzarsi.

Considerato che la situazione di crisi sarà nella maggior parte dei casi conseguenza di un fattore incontrollabile, rappresentato dalla pandemia, il legislatore ha ritenuto corretto agevolare il processo riorganizzativo di tutte le imprese che intraprenderanno un percorso di ristrutturazione, anche di quelle che riterranno opportuno stipulare un piano di risanamento ex art. 67 l.fall.

Adottando tale piano quale possibile ulteriore esito della procedura di preconcordato, il legislatore ha dunque esteso il beneficio delle misure protettive che, come noto, viene già riconosciuto alle imprese che decidono di ricorrere al concordato preventivo o all'accordo di ristrutturazione, anche a tali imprese.

Si tratta della prima volta che le misure di protezione dalle azioni esecutive e cautelari dei creditori, tipiche degli strumenti concorsuali di composizione della crisi, vengono innestate su un istituto di natura stragiudiziale qual è il piano attestato di risanamento.

Peraltro, gli imprenditori potranno altresì godere di tali protezioni senza l'obbligo di sottoporre il piano al tribunale ai fini del giudizio di fattibilità. Ai sensi della norma in esame, infatti, il tribunale, prima di dichiarare l'improcedibilità della domanda di concordato o di omologazione dell'accordo di ristrutturazione, dovrà soltanto verificare “la completezza e la regolarità della documentazione” senza pertanto avere alcun potere in merito all'accertamento della fattibilità del piano.

Ciò rappresenta una novità assoluta, un ircocervo, come definito da Ambrosini, posto che nel nostro ordinamento il beneficio della sospensione delle azioni esecutive è sempre stato strettamente connesso al controllo sul contenuto della domanda di concordato o di omologazione dell'accordo di ristrutturazione da parte del tribunale.

I limiti della soluzione adottata dal legislatore

All'indomani dell'emanazione delle nuove norme, la maggior parte della dottrina ha evidenziato che se è vero che da un lato il legislatore ha esteso la possibilità di richiedere la protezione dalle azioni esecutive dei creditori, è altresì vero che il legislatore non ha ridotto i sacrifici ai quali deve far fronte il debitore per ottenere tale protezione.

Il debitore, infatti, nella fase preconcordataria, anche qualora dovesse presentare, contestualmente alla domanda di ammissione alla procedura, una dichiarazione con la quale attesti che l'intenzione è quella di redigere un piano ex art. 67 l.fall., non potrà in ogni caso essere esentato dagli obblighi di cui ai commi 7 e 8 dell'art. 161 l.fall.

Di conseguenza l'imprenditore, oltre a dover rendere conto della propria gestione, perderà parzialmente il controllo di quest'ultima non potendo, tra l'altro, compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione senza l'autorizzazione del tribunale. Inoltre, il debitore non potrà pagare crediti sorti anteriormente alla presentazione dell'istanza di ammissione alla procedura. Quest'ultima restrizione, peraltro, in tempi di Covid potrebbe avere effetti controproducenti comportando la sottrazione di risorse al sistema delle imprese, anche se esse sono potenzialmente disponibili ( come evidenziato anche da Ranalli),

Un'altra criticità segnalata dalla dottrina è rappresentata dal fatto che l'accesso al preconcordato comporta una classificazione automatica della posizione creditoria nei confronti dell'impresa da parte delle banche nelle posizioni unlikely to pay pregiudicando dunque la possibilità per l'impresa medesima di richiedere nuova finanza.

Ciò evidenziato, la dottrina è dunque concorde nel ritenere che il nuovo strumento resterà molto probabilmente inutilizzato o poco praticato. Anzi, alcuni hanno sottolineato come sia forte il rischio che aumenti l'utilizzo distorto di un istituto, qual è il preconcordato, da sempre tacciato di essere spesso impiegato con finalità abusive. Secondo la medesima dottrina, infatti, con le modifiche di cui si tratta nel presente elaborato, il legislatore, codificando peraltro una prassi già esistente, si sarebbe in realtà limitato a certificare che l'automatic stay rappresenta un “bene in sé” cui il debitore può sempre attingere in caso di difficoltà, anche in modo schiettamente utilitaristicomma

Riepilogo di alcune alternative stragiudiziali proposte dalla dottrina

La dottrina (cfr. in particolare Irrera) ha dunque evidenziato che “la soluzione non è quella di prolungare il termine concesso nell'ambito del concordato in bianco, né quella di garantire soltanto misure protettive, bensì quella di affiancare ad un automatic stay la libertà d'impresa e la possibilità di pagare anche debiti anteriori, perlomeno quelli funzionali alla continuità d'impresa”.

Diverse sono state le proposte formulate dalla dottrina che soddisferebbero tali esigenze.

Tra queste se ne vogliono qui riportare, in maniera sintetica e rimandando ai rispettivi scritti per approfondimenti, tre che, oltre a superare le criticità che caratterizzano il nuovo istituto creato dal legislatore, non comporterebbero, se non in via di reclamo, l'attivazione del tribunale. Ciò rappresenta un altro importante elemento da tenere presente considerato che, molto probabilmente, nei prossimi tempi, le sezioni fallimentari dei tribunali si troveranno a dover gestire un sovraccarico di procedure concorsuali. L'adozione di una soluzione che consenta al debitore in una situazione di crisi meno grave di accedere alle misure protettive senza doversi rivolgere al tribunale eviterebbe di peggiorare tale situazione.

Una prima proposta è quella dell'Università degli Studi di Torino.

La procedura proposta da tale Ente ricalca la procedura di composizione assistita della crisi disciplinata dal Codice della crisi ma si distingue da quest'ultima, in particolare, per la possibilità di avviare la procedura solo su input del debitore, per l'assistenza al debitore da parte di un OCRI semplificato, composto da soli due professionisti nominati dal medesimo debitore, ma soprattutto per l'applicazione automatica delle misure di protezione dalle azioni esecutive e cautelari dei creditori dal momento in cui il debitore pubblica l'istanza di composizione assistita della crisi nel R.d.I. È inoltre prevista la possibilità di effettuare i pagamenti ritenuti funzionali alla sopravvivenza dell'impresa anche relativamente a crediti sorti anteriormente alla procedura.

Altra soluzione (proposta da Corno e Panzani) prevede l'adozione di una moratoria straordinaria dove la sospensione delle azioni esecutive e cautelari seguirebbe in via automatica alla iscrizione nel R.d.I. di una dichiarazione del debitore attestata da un professionista scelto dal medesimo in una con la documentazione che fotografa la situazione dell'impresa e con l'indicazione di un professionista al quale attribuire una funzione di sorveglianza, simile a quella svolta dal commissario giudiziale nella procedura di concordato “in bianco”.

La moratoria avrebbe una durata di sei mesi e consentirebbe al debitore di riorganizzarsi per il rientro in bonis o per l'accesso ad una procedura concorsuale, senza la preoccupazione di “subire attacchi” da parte dei suoi creditori e/o di dover presentare necessariamente un piano al termine della procedura.

Simile a quest'ultima, infine, la proposta (di Abriani e Rinaldi) che prevede la pubblicazione nel R.d.I. dell'autodichiarazione dell'imprenditore di cui all'art. 1 bis del Decreto Liquidità, attestata da un professionista o dal collegio sindacale, cui seguirebbe (temporaneamente) l'improcedibilità dell'azione monitoria del creditore con benefici effetti sul mantenimento delle linee di credito bancarie.

Conclusioni

Se con la modifica alla disciplina del preconcordato lo scopo del legislatore era quello di mettere a disposizione delle imprese un nuovo strumento per rendere più agevole l'uscita dalla crisi, molto probabilmente, per le criticità che derivano dalle medesime modifiche e delle quali si è parlato, tale scopo non verrà raggiunto.

L'auspicio è che il legislatore prenda consapevolezza del fatto che non è sufficiente estendere la possibilità di beneficiare delle misure protettive se a tale possibilità continua ad accompagnarsi un eccessivo controllo sull'attività dell'impresa che se ne avvantaggia.

Come si usa dire in questi casi, in medio stat virtus.

L'adozione di una delle soluzioni sopra citate consentirebbe di rispettare tale aureo criterio.

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