Per l'usucapione breve serve il titolo

Donato Palombella
Donato Palombella
31 Dicembre 2021

La Cassazione affronta un problema spesso sottovalutato: l'importanza del “titolo” ai fini della configurabilità della c.d. prescrizione breve (art. 1159 c.c.). Il caso in esame non è dei più semplici, la controversia, sorta con citazione del febbraio 2003 è stata definita dalla Cassazione con sentenza del dicembre 2021, come dire…la causa è diventata maggiorenne.

Tutto nasce da una lite condominiale. Il caso in esame prende le mosse dalla classica lite condominiale relativa alla proprietà di un vialetto di accesso. Ci troviamo di fronte ad una cooperativa edilizia che, avendo realizzato un fabbricato condominiale, aveva assegnato ai soci le singole unità immobiliari. Un condomino-assegnatario ritiene di essere proprietario esclusivo del vialetto di accesso alla propria abitazione. Basa tale convincimento sull'atto di assegnazione che comprendeva “i vialetti interni”. Come proprietario esclusivo, cita in giudizio il vicino di casa chiedendo al giudice che ordini la rimozione di uno stenditoio fonte di “immissioni” sul vialetto che considera di proprietà esclusiva. La controparte si difende sostenendo che il vialetto è condominiale e, conseguentemente, propone domanda riconvenzionale chiedendo al giudicante di condannare la controparte alla rimozione del cancelletto posto a chiusura del vialetto. In fase di precisazione delle conclusioni, l'attore corregge il tiro e sostiene d'essere proprietario esclusivo del vialetto d'accesso non come conseguenza dell'assegnazione da parte della cooperativa, bensì per intervenuta usucapione decennale.

Il giudizio di merito. Il Tribunale rigetta la domanda principale per due motivi: il vialetto deve intendersi come un bene condominiale; la domanda di usucapione è tardiva. La Corte territoriale rimescola le carte ma giunge ad un verdetto analogo. Il giudice d'appello ritiene che l'attore non possa essere considerato proprietario esclusivo del vialetto né a seguito dell'assegnazione, né per intervenuta usucapione mancando i requisiti delle buona fede e del tempo.

Il caso arriva in Cassazione: la presunzione di condominialità. La Cassazione ricorda che, secondo la regola generale (art. 1117 c.c.) rientrano tra le parti comuni dell'edificio le aree scoperte, gli ambienti che servono a dare area e luce alle singole unità immobiliari nonché i vialetti di accesso. Con la trascrizione degli atti di vendita delle singole unità immobiliari (ovvero, nel caso in esame, con la trascrizione delle assegnazioni) i beni comuni che originariamente appartenevano al costruttore (ovvero alla cooperativa assegnataria del lotto) si trasferiscono, pro quota, ai singoli proprietari. Tutte le regole hanno la propria eccezione così, le aree di accesso (che normalmente sarebbero comuni) diventano di proprietà esclusiva quando, “per le proprie caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio di una o più unità immobiliari”. Nel caso in esame, in mancanza di ogni accertamento diretto a chiarire la oggettiva destinazione del vialetto a servizio di una singola unità immobiliare, esso deve essere considerato un bene condominiale. Detto in altri termini, il vialetto si presume condominiale in mancanza di elementi che potrebbero dimostrare il contrario.

Rigettata l'usucapione. La Cassazione condivide la tesi della Corte d'Appello: il titolo d'acquisto non comprende il vialetto!

L'attore fonda la propria domanda sull'atto di assegnazione che ricomprendeva (clausola n.6) “i vialetti interni”. Tale clausola, secondo la Corte, andava letta sistematicamente con altra clausola contrattuale (la n. 4) che considerava condominiali le proprietà di uso comune. Gli Ermellini ricordano che l'interpretazione del contratto deve ricercare la comune intenzione delle parti che, nel caso in esame, era quella di rendere condominiali i vialetti di uso comune.

Da qui nascono una serie di considerazioni: l'atto di assegnazione non poteva essere preso in considerazione ai fini della determinazione del dies a quo necessario al computo del termine per l'usucapione. Sotto questo profilo la Cassazione sottolinea che l'esistenza di un “titolo” idoneo a trasferire la proprietà è un elemento essenziale ai fini dell'invocata usucapione breve. Il ragionamento è semplice: l'atto di assegnazione non trasferisce espressamente il vialetto; il bene non costituisce pertinenza esclusiva del bene principale assegnato. Di conseguenza, l'atto di assegnazione non può essere considerato come un titolo idoneo a trasferire la proprietà del bene e, a cascata, non può essere “utilizzato” ai fini dell'usucapione breve. Mancando il titolo (che costituisce elemento essenziale ai fini della configurabilità dell'usucapione breve), diventa inutile ogni indagine relativa al possesso continuato.

Il principio enunciato. La Cassazione (Cass. civ., sez. II civ., sentenza del 20 dicembre 2021 n. 40835) enuncia il seguente principio: «costituisce elemento oggettivo essenziale dell'usucapione abbreviata … l'esistenza di un titolo idoneo a trasferire il diritto di proprietà…Ne consegue che non può essere acquistata la proprietà esclusiva di un bene accessorio in virtù dell'usucapione decennale, qualora si individui quale titolo idoneo …un atto di alienazione di una unità immobiliare compresa in un condominio che non individui tale bene come legato da rapporto pertinenziale col singolo appartamento, e piuttosto lo ricomprenda tra le parti comuni ex art. 1117 c.c., cui si estende l'effetto traslativo pro quota».

Fonte: dirittoegiustizia.it