La possibilità di presentare la domanda di assegno divorzile nel caso in cui i presupposti maturino nel corso del giudizio
10 Gennaio 2022
Massima
Nel giudizio di divorzio, la domanda di assegno deve essere proposta nell'atto introduttivo del giudizio ovvero nella comparsa di risposta, tuttavia resta esclusa la relativa preclusione nel caso in cui i presupposti del diritto all'assegno siano maturati nel corso del giudizio anche in grado di appello, in quanto la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, così come quelli attinenti al regime della separazione, postulano la possibilità di modularne la misura al sopravvenire di nuovi elementi di fatto. (Nel caso di specie la S.C. ha cassato la decisione della corte di merito, che aveva ritenuto inammissibile la domanda di attribuzione dell'assegno divorzile perché proposta per la prima volta in appello, nonostante solo nel corso della causa si fossero modificate le condizioni economiche dei coniugi rispetto al suo inizio). Il caso
Con sentenza del 9.10.2019, la Corte d'Appello di Roma, nella causa di divorzio proposta da Tizio nei confronti della moglie Caia, respingeva l'appello proposto da quest'ultima, contumace in primo grado, al fine di ottenere il versamento da parte dell'ex coniuge di un assegno divorzile, nella misura ritenuta congrua fino all'estinzione dei debiti dell'impresa familiare prima intestata all'appellante e successivamente alla separazione esercitata in proprio dall'appellato. In particolare, il giudice di merito, in accoglimento dell'eccezione sollevata dall'appellato, dichiarava l'inammissibilità della domanda di attribuzione dell' assegno divorzile proposta per la prima volta in grado di appello per violazione dell'art. 345 c.p.c., ritenendo, in ogni caso, insussistenti anche nel merito le condizioni per il riconoscimento dell'assegno. La questione
Avverso la predetta decisione interponeva ricorso per Cassazione Caia, eccependo, per quanto qui rileva, la violazione, in punto di ammissibilità della domanda, del principio del rebus sic stantibus che permea i procedimenti in materia di famiglia, essendo sopravvenuti rispetto alla pubblicazione della sentenza di primo grado i presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile dedotti dall'appellante. Le soluzioni giuridiche
Il motivo era giudicato fondato dalla Corte di cassazione, che rinviava al giudice del merito per nuovo esame (ciò malgrado nella pronuncia impugnata fosse contenuta anche statuizione sull'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile, sul presupposto che «ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d'impugnazione, in tal modo spogliandosi della "potestas iudicandi", abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d'inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione»). Osserva, in particolare, la Suprema Corte nella pronuncia in commento che benché, in generale, la domanda diretta al riconoscimento dell'assegno di cui all'art. 5 l. 898/1970 sia assoggettata alle preclusioni stabilite dal codice di rito per la sua proposizione e debba, quindi, essere contenuta, a pena di decadenza, nel ricorso introduttivo del giudizio di ovvero nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata ai sensi degli artt. 166/167 c.p.c., le relative preclusioni non operano nel caso in cui i presupposti del diritto all'assegno maturino nel corso del giudizio, «in quanto la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, così come quelli attinenti al regime della separazione, postulano la possibilità di modularne la misura al sopravvenire di nuovi elementi di fatto». Ove, quindi, nei procedimenti di separazione e divorzio, gli elementi di fatto che possono incidere sull'attribuzione e determinazione degli obblighi economici sopravvengano in corso di causa, essi devono essere allegati e dedotti nel corso del giudizio, anche nella fase di impugnazione, potendo lo strumento della revisione ex artt. 70 c.p.c. o 9 l. 898/1970 trovare applicazione soltanto in relazione ai fatti successivi all'accertamento coperto da giudicato. Da qui l'annullamento della decisione impugnata, che aveva ritenuto inammissibile la domanda di assegno divorzile formulata in appello per violazione dell'art. 345 c.p.c., senza tenere conto che la proposizione era stata motivata con il sopravvenire di elementi nuovi rispetto al deposito della sentenza di primo grado. Osservazioni
Nel giudizio di scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio, così come nel giudizio di separazione, la fase successiva a quella presidenziale è disciplinata dalle norme del rito ordinario, sicché la domanda diretta al riconoscimento dell'assegno di separazione o divorzio deve essere proposta nell'atto introduttivo (ovvero nella memoria integrativa depositata nel rispetto del termine assegnato dal Presidente ex art. 709 c.p.c. o 4, comma 10, l. 898/1970) ovvero nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata, in quanto soggetta alle decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, sent., 12 marzo 2012, n. 3925; Cass. civ., sez. I, sent., 15 novembre 2002, n. 16066; Cass. civ., sez. I, 12 settembre 2005, n. 18116). Non è possibile, inoltre, richiedere in sede di appello il riconoscimento dell'assegno non oggetto di domanda in primo grado, ostandovi il disposto dell'art. 345 c.p.c. Cosa accade, tuttavia, qualora i presupposti del diritto all'assegno di mantenimento o all'assegno divorzile maturino nel corso del giudizio di merito o successivamente al deposito della sentenza di primo grado? In tal caso le preclusioni processuali devono confrontarsi con i principi che, in generale, regolano i provvedimenti in materia di famiglia, destinati ad avere efficacia soltanto “rebus sic stantibus” e suscettibili, quindi, di revisione al mutare delle circostanze di fatto che ne hanno giustificato l'adozione. Tale principio, infatti, è destinato a valere non solo ai fini dell'ammissibilità delle domande di modifica proposte ai sensi dell'art. 710 c.p.c. o dell'art. 9 l. 898/1970, ma anche qualora il mutamento delle circostanze di fatto poste a base delle statuizioni adottate nel corso del giudizio di merito sopravvenga nel corso del giudizio medesimo, avendo in tal caso la parte l'onere di allegarle nei gradi di impugnazione relativi al merito (Cass. civ., sez. I, sent., 12 marzo 2012, n. 3925; Cass. civ., sez. VI, ord., 9 gennaio 2020, n. 174). Tale allegazione, peraltro, deve sempre avvenire nel rispetto del principio del contraddittorio, sicché, ad esempio, è stata ritenuta inammissibile la richiesta di un contributo per il mantenimento del figlio introdotta soltanto nelle note conclusive del giudizio di appello, senza alcuna possibilità di interlocuzione per la controparte (Cass. civ.,Sez. I, Ordinanza n. 9020 del 14/09/2020). Entro tali limiti e nel rispetto del principio del contraddittorio, l'assegno di separazione o divorzio può essere chiesto per la prima volta in appello anche dalla parte che sia rimasta contumace nel giudizio di primo grado, non potendosi a tale parte riconosciuta una posizione diversa da quella del coniuge che, essendosi costituito, non abbia chiesto l'attribuzione dell'assegno (Cass. civ., sez. I, sent., 3 febbraio 2017, n. 2953; Cass. civ., sez. I, 25 agosto 2005, n. 17320). La conclusione a cui giunge la sentenza in commento appare, quindi, coerente con i principi generali che regolano i provvedimenti in materia di famiglia. Peraltro, ove non si consentisse l'allegazione nel corso del giudizio di separazione/divorzio dei fatti sopravvenuti, anche fuori dalle preclusioni stabilite dal codice di rito, si rischierebbero effetti eccessivamente pregiudizievoli per la parte interessata all'assegno di mantenimento/divorzile, che dovrebbe attendere il passaggio in giudicato della sentenza di separazione/divorzio al fine di chiederne la modifica ai sensi degli artt. 710 c.p.c. o 9 l. 898/1970, in disprezzo delle esigenze di celerità che normalmente permeano i giudizi in subiecta materia. Sotto altro profilo, estendendosi il principio del rebus sic stantibus anche alle statuizioni adottate nel corso del giudizio di separazione/divorzio, deve escludersi, in ossequio alla regola generale per cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, la possibilità di introdurre nel procedimento di modifica i pregressi sopravvenuti nel corso del giudizio di merito, che avrebbero potuto in quella sede già essere allegati (in tal senso, cfr. Cass. civ., Sez. I, sent., 3 febbraio 2017, n. 2953). Riferimenti
Nel solco della pronuncia in commento si vedano Cass. civ., sez. I, sent., 12 marzo 2012, n. 3925 e Cass. civ., sez. VI, ord., 9 gennaio 2020, n. 174. |