La sottrazione internazionale di minori: profili processuali alla luce del Reg. UE 2019/1111Fonte: Reg. 25 giugno 2019 n. 1111
07 Gennaio 2022
Premessa
Il Consiglio Europeo ha approvato, in data 25 giugno 2019, il Reg. UE 2019/1111 «relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale e alla sottrazione internazionale di minori», destinato a sostituire, a partire dal 1° agosto 2022 (cfr. art. 100 Reg. UE 2019/1111), il Reg. CE 2201/2003 del 27 novembre 2003 (c.d. Reg. Bruxelles II-bis). L'entrata in vigore del Reg. UE 2019/1111 comporta una modificazione del quadro normativo di riferimento relativamente alla sottrazione internazionale di minori – ovverosia alle ipotesi in cui un minorenne, a prescindere dalla cittadinanza posseduta, avente residenza abituale in un determinato Stato venga condotto, o venga trattenuto, in un altro Stato senza il consenso del soggetto che esercita la responsabilità genitoriale (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. I, ord., n. 18602/2021; e Corte Giust., sez. I, 2 agosto 2021, caso A. c. B., C-262/21) –. Infatti, il tema della sottrazione internazionale di minori risulterà regolato dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori – ratificata dall'Italia con la l. 64/1994 – così come integrata, con esclusivo riferimento agli Stati membri dell'Unione Europea (ad eccezione della Danimarca), dal Reg. CE 2201/2003, che verrà sostituito, per i procedimenti instaurati successivamente al 1° agosto 2022, dal Reg. UE 2019/1111. Occorrerà, dunque, comprendere quali siano i profili processuali che regolano la sottrazione internazionale dei minori con particolare attenzione alle novità introdotte dal Reg. UE 2019/1111. La domanda di rientro del minore: schemi processuali
Il soggetto – effettivamente esercente la responsabilità genitoriale sul minore al momento della sottrazione del minore infrasedicenne – potrà avviare la procedura prevista dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 per ottenere il rientro nel minore nello Stato di residenza abituale. La procedura potrà essere promossa secondo due schemi processuali differenti: il primo consente al soggetto che lamenta la sottrazione di rivolgersi direttamente alle Autorità Giudiziarie dello Stato in cui il minore è stato portato o viene trattenuto – c.d. Stato rifugio – (cfr. art. 29 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980); il secondo – di cui ci occuperemo diffusamente infra – consente di rivolgersi all'Autorità Centrale dello Stato in cui il minore aveva la residenza abituale prima della sottrazione o del trattenimento. La Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 non prevede termini entro cui la richiesta di rientro debba essere formulata, ma specifica unicamente che se la domanda viene proposta entro un anno dalla sottrazione, l'Autorità Giudiziaria dello Stato rifugio dovrà ordinare il ritorno del minore, salvo non sussista una delle cause ostative previste dall'art. 13 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 [ovvero: si dimostri a) che la persona cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno ovvero b) che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile ovvero c) che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un'età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere] e dall'art. 20 Convezione dell'Aja del 25 ottobre 1980 (in forza del quale il ritorno del minore può essere rifiutato, nel caso che non fosse consentito dai principi fondamentali dello Stato richiesto relativi alla protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali). Tuttavia, laddove la domanda venga presentata decorso un anno dalla sottrazione o dal trattenimento, l'Autorità Giudiziaria dello Stato rifugio potrà negare il ritorno del minore, non solo in presenza di una delle cause ostative appena richiamate, ma anche laddove emerga che il minore si sia integrato nel nuovo ambiente di vita (cfr. art. 12 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980). La domanda volta ad ottenere il ritorno del minore dovrà contenere l'indicazione degli elementi utili ad identificare il minorenne, del rapporto giuridico che lega il minore al soggetto richiedente ed al soggetto che ha operato la sottrazione od il trattenimento, della residenza abituale del minore ed, eventualmente, anche di tutti quei dati che possano consentire la localizzazione del minore nello stato estero (cfr. art. 8 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980). Sul punto si ricordi che la domanda potrà essere proposta anche prima dell'individuazione del luogo in cui il minore è stato condotto od in cui viene trattenuto: in questi casi sarà compito dell'Autorità Centrale attuare le opportune misure al fine di individuare il luogo in cui il minore si trova. Con specifico riferimento alla proposizione ed al contenuto della domanda si deve precisare che né il Reg. CE 2201/2003 né il Reg. UE 2019/1111 prevedono, per gli Stati membri dell'Unione Europea, alcuna disposizione integrativa. La procedura attiva
Nell'ipotesi in cui il minore avente residenza abituale in Italia venga condotto o trattenuto in uno Stato estero (c.d. procedure attive), la domanda di rientro – salvo il caso in cui non venga proposta direttamente all'Autorità Giudiziaria estera – viene presentata all'Autorità Centrale Italiana (istituita presso il Ministero della Giustizia, Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, Ufficio II), la quale, effettuata una prima valutazione sulla domanda presentata, inoltra la richiesta di rientro all'Autorità Centrale dello Stato in cui si trova il minore sottratto o trattenuto (cfr. art. 9 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980). L'Autorità Centrale dello Stato estero attiva le ricerche necessarie per individuare il luogo il cui il minore si trova e per raccogliere le dichiarazioni che il soggetto con cui il minore si trova vorrà eventualmente rendere e, successivamente, comunica i risultati acquisiti all'Autorità Centrale italiana ed incoraggia una composizione stragiudiziale del contrasto così da rendere possibile il ritorno volontario del minore in Italia (cfr. art. 10 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980). Laddove la composizione stragiudiziale non dia esito positivo, si instaura la fase giurisdizionale avanti alle competenti Autorità dello Stato rifugio al fine di ottenere il rientro del minore presso la propria residenza abituale. Il procedimento giudiziario si svolge secondo le norme processuali dello Stato rifugio, ma la Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 prevede che si applichino le procedure d'urgenza vigenti nel diritto nazionale e che la procedura si concluda entro sei settimane dall'instaurazione del procedimento (cfr. art. 11). La decisione assunta dall'Autorità Giudiziaria dello Stato rifugio – che non necessariamente sarà immediatamente esecutiva alla luce di quanto stabilisce la legislazione dello Stato rifugio – potrà essere impugnata secondo le norme processuali vigenti nello Stato estero. Secondo quanto stabilito dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, dovrà essere ordinato il ritorno del minore salvo che ricorra una delle condizioni ostative di cui all'art. 13 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 oppure che il minore risulti integrato nella comunità estera e sia trascorso più di un anno dalla sottrazione o dal trattenimento. Con riferimento al diniego di rientro del minore, il Reg. CE 2201/2003 introduce, ad integrazione della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, due ipotesi a fronte delle quali l'Autorità Giudiziaria dello Stato rifugio non potrà rifiutare il ritorno del minore. In primo luogo, non potrà essere negato il ritorno se viene dimostrato, laddove ricorra l'ipotesi ostativa di cui all'art. 13, lett. b) Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 (ovvero si dimostri che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile), che nello Stato di residenza abituale sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno (art. 11, § 4, Reg. CE 2201/2003). In secondo luogo, non potrà essere negato il ritorno del minore se il soggetto richiedente non sia stato messo in condizione di essere ascoltato (art. 11, § 5, Reg. CE 2201/2003). Il Reg. UE 2019/1111 conferma le predette ipotesi ostative, rispettivamente all'art. 27 §§ 3 e 4 – con una modificazione terminologica di non poco conto: se nel Reg. CE 2201/2003 doveva essere dimostrata l'esistenza di misure di adeguata protezione, nel Reg. UE 2019/1111 appare sufficiente un mero convincimento sul punto – ed all'art. 27 § 1. Il Reg. CE 2201/2003, da un lato, ribadisce la necessità di ricorso alle procedure più rapide previste dal diritto nazionale e la tempistica di sei settimane entro la quale il provvedimento deve essere assunto (cfr. art. 11 § 3) e, dall'altro lato, chiarisce che il minore dovrà essere ascoltato nel procedimento, salvo il caso in cui l'età od il grado di maturità del minore tramutino l'audizione in un pregiudizio per il suo superiore interesse (cfr. art. 11 § 2). Tali principi sono confermati dal Reg. UE 2019/1111 ove, da un lato, si precisa che l'Autorità Centrale procede «al rapido trattamento» della richiesta (cfr. art. 23) e, dall'altro lato, si ribadisce che devono essere utilizzare le procedure più rapide previste dal diritto nazionale e si prevede che il termine di sei settimane debba essere applicato – salvo il ricorrere di circostanza eccezionali –, non solo al giudizio di primo grado, ma anche agli eventuali giudizi di impugnazione (cfr. art. 24). Anche il principio della necessarietà temperata dell'audizione del minore viene ribadito dall'art. 26 Reg. UE 2019/1111. Tuttavia, il Reg. UE 2019/1111 introduce anche delle significative innovazioni rispetto al Reg. CE 2201/2003. In primo luogo, l'Autorità Giudiziaria dello Stato rifugio (cfr. art. 25 Reg. UE 2019/1111) dovrà valutare se le parti siano disposte a ricorrere ad un procedimento di mediazione – od ad un altro mezzo di risoluzione alternativa delle controversie – ma con due limiti: il ricorso a tali strumenti non dovrà essere contrario all'interesse del minore e non dovrà comportare un eccessivo aggravio alle tempistiche procedimentali. In secondo luogo l'Autorità Giudiziaria dello Stato rifugio potrà regolamentare i contratti tra il minore e la persona che ne chiede il rientro secondo modalità che siano rispondenti al best interest of the child (cfr. art. 27 § 2) Infine, viene prevista la possibilità di adottare, ma sempre senza alcun pregiudizio per le tempistiche processuali, provvedimenti provvisori e provvedimenti di natura cautelare al fine di evitare il rischio che il minore venga esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o che venga a trovarsi in una situazione intollerabile (cfr. art. 27 § 5). La Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 stabilisce che le Autorità Giudiziarie dello Stato rifugio non potranno pronunciarsi sul merito dell'affidamento del minore, cioè a dire, dovranno limitarsi a valutare il singolo episodio di sottrazione o trattenimento del minore, senza poter deliberare nel merito sulla regolamentazione del diritto di affidamento (cfr. art. 16). Il Reg. CE 2201/2003, analogamente ma più dettagliatamente, introduce norme in tema di riparto di giurisdizione tra gli Stati membri per regolamentare i rapporti tra i giudizi in materia di responsabilità genitoriale ed i procedimenti aventi ad oggetto la sottrazione internazionale di minore (art. 10). In particolare, si prevede che la giurisdizione in punto di responsabilità genitoriale resti radicata nello Stato di residenza abituale del minore – intesa, in assenza di una definizione normativa, come luogo che, ad esito di un'attenta attività istruttoria, risulta essere la località che denota una certa integrazione del minore in un ambiente familiare e sociale e come luogo che rappresenta il punto focale della vita del minore alla luce, non solo di un calcolo puramente aritmetico del vissuto, ma anche a partire dalla concretezza delle sue relazioni e dei suoi interessi (cfr., da ultimo, Corte E.D.U., 7 luglio 2020, caso Michnea c. Romania; Corte Giust., sez. I, 22 dicembre 2012, caso Mecredi c. Chaffe, C-479/10; Cass. civ., sez. I, ord., n. 13214/2021; Cass. civ., sez. I, ord., n. 30123/2017 e Cass. civ., sez. I, n. 3319/2017) –. Tuttavia, la giurisdizione dello Stato di residenza abituale viene derogata nel caso in cui il minore abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro – che, però, non può dirsi sussistente per il solo fatto della sottrazione o del trattenimento – e ricorrano le condizioni indicate dall'art. 10 Reg. CE 2201/2003: il titolare del diritto di affidamento ha acconsentito al trasferimento od al mancato rientro ovvero se, decorso un anno dalla sottrazione o dal trattenimento, il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza o avrebbe dovuto avere conoscenza del luogo in cui il minore si trovava. In tale ultima ipotesi occorre, da un lato, che il minore si sia integrato nello Stato esterno e, dall'altro lato, che non sia stata presentata o rinnovata domanda per il rientro del minore oppure il procedimento conseguente alla presentazione della domanda si sia concluso oppure l'Autorità Giudiziaria dello Stato di residenza abituale abbia pronunciato una decisione, non provvisoria (cfr. Corte Giust. EU, sez. III, 1 luglio 2010, caso Povse c. Alpago, C-211/10), in punto di affidamento che non prevede il rientro del minore. Sul punto, occorre evidenziare che l'art. 9 Reg. UE 2019/1111 introduce una norma sostanzialmente analoga. Il Reg. CE 2201/2003 prevede una procedura di riesame nel caso in cui l'Autorità Giudiziaria dello Stato rifugio abbia negato il rientro del minore per la sussistenza di una causa ostativa ex art. 13 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 (cfr. art. 11, §§ 6-8). In tali casi, la decisione contraria al rientro dovrà essere tramessa, tramite l'Autorità Centrale, all'Autorità Giudiziaria dello Stato di residenza abituale del minore, la quale inviterà le parti coinvolte a presentare richieste. Laddove le parti non facciano pervenire le proprie richieste nei termini stabiliti dall'Autorità Giudiziaria, il procedimento verrà archiviato e la competenza giurisdizionale – a norma di quanto prevede l'art. 10 Reg. CE 2201/2003 – si radicherà in capo allo Stato in cui il minore si trova. Nel caso in cui, invece, le parti formulino delle richieste, l'Autorità Giudiziaria dello Stato di residenza abituale del minore riesaminerà la vicenda e la sua decisione, anche a fronte di una possibile integrazione degli elementi probatori acquisiti dallo Stato rifugio, prevale su quella emessa nello Stato rifugio. Appare evidente come il Reg. CE 2201/2003 esprima un favor rafforzato per il rientro del minore nello Stato di origine. Nel nostro ordinamento, il procedimento di riesame, secondo il costante orientamento giurisprudenziale (cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. I, n. 16549/2010), è disciplinato dall'art. 7 l. 64/1994: la competenza funzionale è attribuita al Tribunale per i Minorenni del luogo in cui si trova il minore che, all'esito di un procedimento camerale svolto nel contraddittorio tra le parti, pronunzierà un decreto motivato ricorribile in Cassazione. Sul punto, occorre evidenziare le innovazioni che verranno introdotte dal Reg. UE 2019/1111. Sotto il profilo formale, si prevede – al considerando n. 48 – che la decisione che rifiuti il rientro del minore, da un lato, debba indicare i riferimenti normativi su cui si fonda e, dall'altro lato, debba essere preceduta dell'esame di tutte le circostanze del caso concreto e non possa fondarsi unicamente sulla condotta assunta dal genitore che ha sottratto o trattenuto il minore. Analizzando il profilo sostanziale, emerge che il meccanismo di riesame previsto dall'art. 11 Reg. CE 2201/2003 viene di fatto superato nella misura in cui l'art. 29 Reg. UE 2019/1111 prevede – limitatamente alle ipotesi in cui il rientro sia stato negato ai sensi di quanto dispone l'art. 13, comma 1, lett. b) (rischio di pericoli psico fisici per il minore per il fatto del rientro o sottoposizione ad una situazione intollerabile) e comma 2 (opposizione del minore al rientro) – che la decisione con cui viene negato il rientro del minore, unitamente al certificato di cui all'Allegato I del Reg. UE 2019/1111, venga trasmessa, entro un mese, all'Autorità Giudiziaria dello Stato di residenza abituale del minore avanti alla quale pende un procedimento relativo al diritto di affidamento (cfr. art. 29, §§ 3 e 4). Laddove un simile procedimento non risulti pendente, sarà la parte che adendo l'Autorità Giudiziaria proponendo domanda di affidamento dovrà presentare la decisione con cui è stato negato il rientro (cfr. art. 29, § 5). Il procedimento avanti all'Autorità Giudiziaria dello Stato di residenza abituale del minore, dunque, non avrà ad oggetto il riesame della decisione sul diniego di ritorno ma, più in generale, si occuperà della responsabilità genitoriale e della regolamentazione in punto di affidamento del minorenne. Pertanto, il Giudice adito nello Stato di residenza abituale, non sarà chiamato esclusivamente a valutare la correttezza della decisione di non rientro del minore, ma potrà disporre l'eventuale rientro del minore senza essere vincolato dalla decisione assunta dal Giudice della sottrazione internazionale, dovendo decidere a chi e con quali modalità regolamentare i rapporti tra il minore e gli esercenti la responsabilità genitoriale. La procedura passiva
Nell'ipotesi in cui il minore venga condotto o trattenuto da uno Stato estero in Italia (c.d. procedure passive), la domanda – salvo il caso in cui non venga proposta direttamente all'Autorità Giudiziaria italiana –verrà rivolta dal soggetto che lamenta la sottrazione all'Autorità Centrale dello Stato di residenza abituale del minore, la quale invierà la domanda all'Autorità Centrale italiana che si adopererà per individuare il luogo in cui il minore si trova e per il componimento stragiudiziale della crisi tra i soggetti coinvolti. Sul punto si noti che le disposizioni processuali della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 e dei Regolamenti Europei sono integrate dalla l. 64/1994 – con cui l'Italia ha ratificato la Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 –. Nel caso in cui non sia possibile ottenere il rientro spontaneo del minore nello Stato di residenza abituale, si aprirà un procedimento camerale di volontaria giurisdizione. In particolare, l'Autorità Centrale italiana trasmette la domanda – e la relativa documentazione – alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni avente competenza sul luogo in cui il minore si trova (art. 7, comma 2, l. 64/1994). Occorre precisare che la giurisprudenza ha chiarito che, nel caso in cui risulti pendente un giudizio di separazione e divorzio in cui si discute dell'affidamento del minore, tale procedimento resterà sospeso sino alla definizione del provvedimento sul rientro del minore per cui sussiste la competenza funzionale del Tribunale per i Minorenni (Cass. civ., sez. I, n. 14720/2013 e Cass. civ., sez. I, n. 10090/1997). Il Pubblico Ministero Minorile presenterà ricorso in via d'urgenza al Tribunale (cfr. Cass. civ., sez. I, ord., n. 15714/2019 ove si precisa che il Pubblico Ministero ha l'onere di provare l'esistenza del diritto di affidamento in capo al ricorrente ed il fatto della sottrazione internazionale). Le parti del procedimento sono, oltre al Pubblico Ministero Minorile, il soggetto che ha sottratto il minore e, almeno secondo l'insegnamento giurisprudenziale prevalente, anche colui che ha presentato domanda volta ad ottenere il rientro del minore. Il Presidente del Tribunale per i Minorenni – assunte, laddove lo ritenga necessario, sommarie informazioni – fissa, con decreto, udienza, dandone avviso all'Autorità Centrale, al soggetto con cui il minore si trova ed a colui che ha presentato la domanda di rientro (art. 7, comma 3, l. 64/1994), il quale deve essere considerata come litisconsorte necessario (Cass. civ., sez. I, n. 746/1999). Non è prevista l'assistenza tecnica obbligatoria delle parti (Cass. civ., sez. I, n. 17201/2011). L'attività istruttoria che il Giudice minorile può compiere deve essere – alla luce dei principi enunciati dalle fonti sovranazionali in tema di sottrazione internazionale di minori – rapida e deformalizzata (cfr. Cass. civ., sez. I, ord., n. 29063/2019), con il riconoscimento di ampi poteri istruttori ex officio, e svincolata dalle preclusioni previste dal procedimento ordinario di cognizione e dal principio dispositivo. Il Tribunale per i Minorenni decide, sentite le parti ed il minore (cfr. Cass. civ., sez. I, ord., n. 4792/2020; Cass. civ., sez. I, ord., n. 15254/2019 e Cass. civ., sez. I, n. 10784/2019), con decreto immediatamente esecutivo (art. 7, comma 3 e 4, l. 64/1994), entro il termine ordinatorio di trenta giorni dalla data di ricezione della richiesta da parte del Pubblico Ministero (Cass.,sez. I,7479/2014). La legislazione italiana ha attuato pienamente le tempistiche e la ratio di celerità posta a fondamento sia della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sia dei Regolamenti Europei. Il decreto pronunziato dal Tribunale per i Minorenni è ricorribile unicamente in Cassazione, ma la proposizione dell'impugnazione non sospende l'esecuzione (art. 7, comma 4, l. 64/1994). Sul punto occorre osservare come la legislazione italiana appare pienamente conforme al Considerando 42 del Reg. UE 2019/1111 secondo cui gli Stati membri dovrebbero limitare ad uno il numero di impugnazioni possibili. Nelle ipotesi in cui il Tribunale per i Minorenni neghi il ritorno del minore per la ricorrenza di una causa ostativa di cui all'art. 13 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 potrà applicarsi la procedura di riesame di cui all'art. 11, §§ 6-8, Reg. CE 2201/2003 che, a partire dal 1° agosto 2022, sarà sostituita dalla disciplina di cui all'art. 29 Reg. UE 2019/1111. Il Reg. CE 2201/2003 prevede una disciplina specifica in punto di esecuzione della decisione che prevede il ritorno del minore (cfr. art. 40). In particolare, la decisione di ritorno del minore, una volta divenuta esecutiva – e l'esecutività potrà essere dichiarata, a mente di quanto dispone l'art. 42, § 1, Reg. CE 2201/2003, dall'Autorità Giudiziaria anche in assenza di una specifica disposizione di diritto nazionale – è riconosciuta ed eseguita in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento se la decisione è stata certificata dallo Stato che l'ha emessa. Secondo quanto prevede l'art. 42, § 2, Reg. CE 2201/2003, il Giudice che ha emanato la decisione certifica l'avvenuta audizione del minore e delle parti e del fatto che si sono considerati i motivi ostativi previsti dall'art. 13 Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980. Sul punto, occorre evidenziare le innovazioni che verranno introdotte dal Reg. UE 2019/1111. L'art. 27, § 2 ribadisce la regola processuale dettata dall'art. 42, § 1, Reg. CE 2201/2003; mentre, l'art. 28 introduce il principio della celerità anche in punto di esecuzione dell'ordine di rientro (cfr. art. 28, § 1), con la conseguente possibilità per il richiedente e per l'Autorità Centrale dello Stato membro di esecuzione di chiedere che vengano indicati i motivi di un eventuale ritardo (cfr. art. 28, § 2). Per quanto concerne il riconoscimento della decisione assunta in materia di sottrazione internazionale il Reg. UE 2019/1111 sembra introdurre una disciplina sostanzialmente analoga a quella prevista dal Reg. CE 2201/2003. Infatti, l'art. 43 Reg. UE 2019/1111 prevede che le decisioni di ritorno del minore sono riconosciute senza che sia necessario il ricorso ad alcuna particolare procedura e senza che sia possibile opporsi al loro riconoscimento, essendo sufficiente produrre la copia autentica della decisione unitamente al certificato che attesti che il minore e le parti sono state messe in condizione di essere sentite e contenga garanzie specifiche laddove il procedimento si è svolto in contumacia. Tuttavia, l'art. 44 Reg. UE 2019/1111 prevede che l'Autorità Giudiziaria avanti alla quale la decisione di ritorno del minore è invocata possa sospendere il procedimento laddove sia stata presentata una domanda volta a far dichiarare la decisione incompatibile con un provvedimento successivo in tema di responsabilità genitoriale – in quanto tale incompatibilità consente il rifiuto del riconoscimento e dell'esecuzione (cfr. art. 50 Reg. UE 2019/1111) – oppure nel caso in cui è stato attivato un procedimento volto ad ottenere la revoca del certificato che accompagna la decisione sul rientro del minore (cfr. art. 48 Reg. UE 2019/1111). Riferimenti
|