La cosiddetta «vidimazione» della parcella del professionista

12 Gennaio 2022

Nel caso in cui l'avvocato debba agire coattivamente per il pagamento di propri onorari e spese, è sempre necessario produrre il parere del proprio ordine professionale, come previsto dall'art. 636, comma 1, c.p.c.?

Prima dell'anno 2012 la risposta sarebbe stata univocamente affermativa, stante il disposto, appunto, dell'art. 636 c.p.c.

Al contrario, con l'entrata in vigore dell'art. 9, comma 1, d.l. 1/2012, convertito nella l. 27/2012, che ha abrogato le tariffe delle professioni regolamentate, si sono formati, in dottrina, due differenti orientamenti in ordine alla prova scritta necessaria per il professionista affinché possa instaurare validamene il procedimento monitorio.

Secondo un primo orientamento l'abolizione delle tariffe professionali non avrebbe in alcun modo toccato il disposto di cui all'art. 2233 c.c., primo comma, il quale si riferisce al parere espresso dall'associazione professionale di categoria, senza alcun riferimento a tariffe e nemmeno il disposto dell'art. 636 c.p.c. che si riferisce, appunto, al parere della competente associazione professionale; ciò anche in accordo alla prima parte del primo comma dello stesso art. 2233 c.c. nonché al primo comma, seconda parte, dell'art. 636 c.p.c., ove si stabilisce che il compenso del professionista debba essere «vidimato» ove non possa essere desunto «secondo le tariffe (obbligatorie) o gli usi», con ciò evidenziando la netta separazione fra la necessità del parere e l'esistenza di tariffe predeterminate.

Evidentemente, poi, con l'abrogazione delle tariffe professionali, nei procedimenti di rilascio di pareri di congruità, l'associazione professionale competente dovrà far riferimento alle tariffe, se la prestazione si è svolta in un periodo in cui esse erano ancora in vigore, al contrario, ai parametri ministeriali per quelle iniziate successivamente.

Altro orientamento, invece, ritiene che in virtù dell'abrogazione delle tariffe professionali regolamentate si debbano considerare abrogate anche le norme di diritto sostanziale collegate, come, ad esempio, l'art. 2233 c.c., comma 1 e l'art. 636, comma 1, c.p.c. nella parte relativa al richiesto parere di congruità.

Di conseguenza, il professionista che agisca per il recupero di propri crediti in sede monitoria, dovrà allegare alla domanda non più la sua parcella «vidimata» dal competente ordine (o collegio) professionale, ma un documento scritto avente efficacia probatoria così come previsto per ogni altro creditore dall'art. 633, n.1, c.p.c.

Sul punto, oltre ad alcuna giurisprudenza di merito, è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite la quale si è espressa in accordo alla prima delle posizioni esposte: «In tema di liquidazione dei compensi degli avvocati, l'abrogazione del sistema delle tariffe professionali disposta dal d.l. 1/2012, conv. dalla l. 27/2012, non ha determinato l'abrogazione dell'art. 636 c.p.c., sicché l'avvocato che intenda agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può continuare ad avvalersi - anche nel vigore della nuova disciplina - del procedimento per ingiunzione di cui agli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, sottoscritta e corredata del parere della competente associazione professionale, rilasciato sulla base dei parametri per i compensi professionali di cui alla l. 247/2012 e relativi decreti ministeriali attuativi. (Principio affermato nell'interesse della legge ex art. 363, comma 1, c.p.c.)» - Cass. civ., sez. un., 8 luglio 2021, n. 19427 -.

Differente, anche se collegata, la previsione della obbligatorietà del rilascio, da parte degli avvocati (categoria esercente una professione cosiddetta protetta) di un preventivo per la prestazione che gli venga richiesta: evidentemente, ove il preventivo sia accettato dal cliente e non solo comunicato, questo renderà superfluo il parere dell'ordine professionale di appartenenza, sempre in accordo al disposto del primo comma dell'art. 2233 c.c.

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