La natura giuridica del conflitto negativo di competenza tra sezioni penali e civili dello stesso ufficio giudiziario
17 Gennaio 2022
Massima
Il regolamento di competenza di cui all'art. 42 c.p.c. non può essere utilizzato quale strumento di risoluzione del conflitto della ripartizione della potestas iudicandi tra le sezioni penali e civili appartenenti allo stesso ufficio giudiziario o a uffici giudiziari diversi, afferendo la questione alla mera materia organizzativa interna degli uffici giudiziari, essendo altresì insuscettibile di applicazione analogica ed estensiva l'art. 28 c.p.p. Il caso
Un coniuge (destinatario di tre provvedimenti di dissequestro parziale emessi dal Tribunale penale di Sondrio con ordd. del 24 novembre 2014, 4 maggio 2015, 17 dicembre 2015), lamentando la mancata restituzione degli interessi capitalizzati sulla somma restituita, ha proposto istanza di specificazione dinanzi allo stesso Tribunale. Tale domanda, con ordinanza del 16 giugno 2017, è stata rigettata perché la natura prettamente civilistica della questione avrebbe imposto l'esperimento di un giudizio ad hoc in sede civile. Instaurato il suddetto procedimento ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c., il Tribunale civile di Sondrio (ord. del 5 novembre 2019) ha dichiarato il ricorso inammissibile, in quanto proposto «avanti a Giudice sprovvisto della competenza funzionale» conseguentemente condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite. Contro tale ordinanza è stato quindi proposto regolamento di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c. In seguito all'ordinanza interlocutoria n. 14174/2021, la questione, avente ad oggetto l'ammissibilità del regolamento di competenza nel caso in cui entrambi i giudici, penale e civile, hanno pronunciato in via definitiva spogliandosi del processo, è stata rimessa alle Sezioni Unite perché ritenuta di particolare importanza al fine anche di evitare la stasi processuale. Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, hanno rigettato il ricorso ritenendo inammissibile il regolamento di competenza proposto. La questione
La questione presa in esame dalle Sezioni Unite riguarda il problema dell'esperibilità del rimedio del regolamento di competenza di cui all'art. 42 c.p.c. laddove le sezioni civile e penale dello stesso ufficio giudiziario abbiano declinato la propria competenza a decidere dando luogo ad una stasi processuale, con conseguente violazione dell'art. 111 Cost. Le soluzioni giuridiche
L'intervento delle Sezioni Unite dirime il contrasto giurisprudenziale formatosi in materia tra la Cassazione civile e penale. Il consolidato orientamento della giurisprudenza della Cassazione civile ritiene che la violazione delle norme che disciplinano la potestas iudicandi tra giudice civile e giudice penale, appartenenti allo stesso ufficio giudiziario o a uffici diversi, non può costituire oggetto di regolamento di competenza ai sensi degli artt. 42 e 43 c.p.c.: ciò in quanto il regolamento di competenza integra un istituto tipico ed interno al solo processo civile (Cass. civ., sez. VI, ord., ord., 2 agosto 2019, n. 20830, Cass. civ., sent., 6 febbraio 1971, n. 316; Cass. civ., sent., 24 maggio 1960, n. 1329). Precisa infatti la Corte (Cass. civ., ord., 26 luglio 2012, n. 13329) che la questione di competenza è configurabile solo quando oggetto della contestazione è l'individuazione del giudice al quale, tra i vari organi investiti di giurisdizione in materia civile, è devoluta la cognizione di una determinata controversia (Cass. civ., sent., 6 febbraio 1971, n. 316; Cass. civ., sent., 24 maggio 1960, n. 1329), ma non anche quando l'applicazione di ciascuno dei due plessi normativi conduca all'individuazione, quale giudice competente, di organi appartenenti ad uffici giudiziari diversi. Il giudice civile e quello penale, entrambi magistrati ordinari, hanno lo stesso potere giurisdizionale; pertanto l'alternativa tra l'uno e l'altro dipende dal riferimento della controversia ad un medesimo fatto materiale, suscettibile però di valutazione sotto profili giuridici diversi: l'individuazione delle rispettive sfere di attribuzione non determina una questione di giurisdizione, né una questione di ripartizione della potestas iudicandi tra organi cui è demandato l'apprezzamento del medesimo profilo, ma solo un'interferenza tra giudizi, che si traduce «in un limite che attiene alla proponibilità della domanda» (Cass. civ., sez. un., sent., 14 novembre 2003, n. 17206; Cass. civ., sent., 22 gennaio 2002, n. 709; Cass. civ., sent., 14 giugno 2000, n. 434). Identica è la soluzione adottata qualora i due magistrati appartengano al medesimo ufficio giudiziario: anche in tal caso non si pone una questione di competenza, ma di distribuzione degli affari giudiziari tra magistrati appartenenti allo stesso ufficio giudiziario (Cass. civ., sez. un., ord., 31 ottobre 2008, n. 26296; Cass. civ., sez. un., 13 luglio 2005, n. 14696). Si tratta, pertanto, solo di questione afferente all'attività di amministrazione della giustizia (Cass. civ., sez. un., sent., 3 settembre 2009, n. 19161). Diametralmente opposto è l'orientamento seguito dalla Cassazione penale che ritiene ammissibile il conflitto di competenza tra giudice civile e penale appartenenti allo stesso ufficio giudiziario e ad uffici differenti, facendo leva sull'applicazione dell'art. 28 c.p.p. che prevede che vi è conflitto di competenza quando «due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona». La Cassazione penale attribuisce una valenza primaria alla parola «fatto» in quanto ritiene che, non avendo il legislatore parlato di reato, ma genericamente di fatto, il conflitto può insorgere anche tra un giudice penale ed altro giudice ordinario, e in particolare il giudice civile di uffici differenti (Cass. pen., sez. I, sent., 30 dicembre 2019, n. 52138; Cass. pen., sez. I, sent., 10 luglio 2017, n. 33335); e del medesimo ufficio (Cass. pen., sez. I., sent., 2 dicembre 2008, n. 45773). In particolare, è stato osservato che il contrasto tra giudice penale e civile, pur non rientrando nei casi specifici di conflitto previsti dal primo comma dell'art. 28 c.p.p., va ricompreso tra i casi analoghi previsti dall'art. 28 comma 2° c. se ed in quanto esso determini una situazione di stasi processuale eliminabile solo con l'intervento della Corte regolatrice» (Cass. pen., sez. I, sent., 18 luglio 2019, n. 31843, conforme Cass. pen., sez. I, 2 aprile 2004, n. 19547). Di contro la Corte Penale ha escluso il rimedio del conflitto di competenza quando si tratta di distinte sezioni penali dello stesso ufficio giudiziario, ritenendo che in tal caso si verte in materia di ripartizione degli affari penali tra le sezioni dello stesso giudice (Cass. pen., sez. V, ord., 23 giugno 1998, n. 4143). Questo contrasto interpretativo tra Cassazione civile e penale è, dunque, alla base dell'ordinanza interlocutoria n. 14174/2021, che ha sollevato la questione dell'ammissibilità del rimedio del regolamento di competenza previsto dal c.p.c. laddove giudice penale e civile abbiano declinato la propria competenza e dell'applicazione analogica ed estensiva dell'art. 28 c.p.p. rimettendo la questione al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c. Investite della questione, le Sezioni Unite hanno preliminarmente rilevato che: «..la nozione di competenza in sede civile non si attaglia alle attribuzioni della singola sezione ordinaria di tribunale e, non attenendo alla competenza, non è impugnabile ai sensi dell'art. 42 c.p.c. l'ordinanza che pure avesse reputato competente un giudice penale del medesimo ufficio». La sentenza in commento chiarisce che l'individuazione della sezione all'interno dello stesso ufficio giudiziario, al quale deve essere assegnata una causa, non è riconducibile alla nozione di competenza tecnica di cui all'art. 99 c.p.c., ma semmai alla nozione di competenza in senso lato o interna, consistente nell'assegnazione concreta della controversia ad una determinata sezione dell'ufficio. La distinzione tra le varie sezioni, anche civili e penali, del medesimo tribunale come mere articolazioni interne di un unico ufficio, esclude la possibilità di qualificare le rispettive attribuzioni come «questione di competenza» nel processo civile. Le sezioni sono articolazioni interne dell'ufficio e non possono avere riparti o conflitti di competenza con altre sezioni del medesimo ufficio giudiziario. Pertanto, non può operare l'art. 42 c.p.c. che postula l'esistenza di un conflitto di competenza, insussistente nel caso esaminato, trattandosi di questione inerente al deferimento della controversia alle sezioni del medesimo tribunale e quindi di una questione meramente organizzativa e tabellare inerente all'amministrazione della giustizia. Le Sezioni Unite ritengono, dunque, non impugnabile ex art. 42 c.p.c. l'ordinanza con cui il giudice civile reputa competente il giudice penale, non trattandosi di competenza in senso tecnico. Esclusa la sussistenza di un conflitto di competenza, il Collegio argomenta in modo analitico in merito alla possibilità paventata dall'ordinanza interlocutoria di applicare direttamente e/o analogicamente l'art. 28 c.p.p. alla fattispecie esaminata e a quelle similari, considerandolo come una norma «di sistema» di cui il giudice civile possa avvalersi per dirimere il conflitto negativo tra giudice civile medesimo e giudice penale. Anzitutto, la sentenza in commento evidenzia che la competenza del giudice civile è individuata sulla base di criteri inerenti all'oggetto, al valore e al territorio; mentre quella del giudice penale in base a criteri avulsi alla materia civile, ovvero al luogo di commissione del delitto e all'entità della pena. Inoltre, il presupposto dell'art. 28 c.p.p., ossia la cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona con l'emersione di un conflitto tra due giudici in qualsiasi stato e grado del processo penale, non è configurabile in materia civile. Pertanto, non sussistendo una somiglianza di casi, le Sezioni Unite escludono la possibilità di applicare in via diretta l'art. 28 c.p.p. al conflitto di competenza tra giudice civile e penale, incorrendo altrimenti nella violazione dell'art. 12, comma 1, delle preleggi del c.c. che consente al giudice un'interpretazione dichiarativa e non creativa della norma giuridica (Cass. civ., sez. un., sent., 28 gennaio 2021, n. 2061). Parimenti la sentenza ritiene inapplicabile un'interpretazione in via analogica della norma citata per una duplice motivazione giuridica: anzitutto non sussiste la lacuna normativa richiesta dal comma 2 dell'art. 12 delle preleggi, non potendosi qualificare tale il fatto che una normativa sia prevista per una determinata disciplina e non per un'altra; né sussistono elementi di diritto e di fatto «somiglianti» tra la fattispecie esaminata e quella disciplinata dal c.p.p. Osservazioni
Il principio espresso dalla sentenza delle Sezioni Unite è che il regolamento di competenza è istituto «interno» o comunque proprio del solo processo civile e, pertanto, la violazione delle norme che disciplinano la potestas iudicandi tra giudice civile e penale del medesimo ufficio integra una mera questione inerente all'organizzazione tabellare dello stesso attraverso la ripartizione interna degli affari (art. 7-bis ord. giud.). Pertanto, l'eventuale stasi del procedimento va risolta non attraverso il rimedio dell'art. 42 c.p.c. ma attraverso lo strumento interno previsto dall'ordinamento (artt. 168-bis c.p.c., 83-ter disp.att. c.p.c., 273 e 274 c.p.c.) della rimessione del fascicolo al presidente del tribunale che provvederà all'assegnazione. La soluzione prospettata dalle Sezioni Unite evita non solo la stasi del processo e la conseguente violazione dell'art. 111 Cost., ma anche l'eventuale abuso dello strumento offerto dall'art. 42 c.p.c. al fine di allungare i tempi del processo. Al tempo stesso non può trascurarsi che tale decisione si pone in linea di continuità con Cass. civ., sez. un., 23 luglio 2019, n. 19882, in materia di sezioni specializzate per l'impresa e, quindi, con la tendenza del legislatore e della giurisprudenza di legittimità di ridurre le ipotesi di proponibilità delle questioni di competenza in senso proprio a favore della c.d. competenza interna. Riferimenti
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