Fase decisoria del processo di cognizione e sua compatibilità con la trattazione scritta delle udienze
18 Gennaio 2022
Massima
Nel giudizio di separazione personale dei coniugi di secondo grado, ove la Corte d'appello, applicando le misure previste per contenere gli effetti dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla giustizia civile, sostituisca l'udienza già fissata per la decisione con la trattazione scritta di cui all'art. 83, comma 7, lett. h), d.l. 18/2020 (conv. con modif. in l. 27/2020), non è tenuta a concedere i termini di cui all'art. 190 c.p.c. prima di statuire, perché la trattazione scritta sostituisce l'udienza, ma non incide sulle restanti norme che regolano il processo, sicché alla fase decisoria continuano ad applicarsi le disposizioni proprie del giudizio camerale, caratterizzato da particolare celerità e semplicità di forme. Il caso
Nel grado di appello di un procedimento di separazione personale dei coniugi, la Corte territoriale, in esito alla comparizione delle parti, ravvisata l'impossibilità della conciliazione tra le stesse, disponeva la trattazione scritta dell'udienza già in precedenza fissata, invitando le parti a depositare note scritte contenenti le loro richieste e prevedendo la possibilità di assegnare, se espressamente richiesti, termini per una breve e sintetica illustrazione delle note e per le repliche, con successiva decisione all'esito dei termini eventualmente concessi. Pronunciata la sentenza di parziale accoglimento dell'appello proposto, avverso di essa veniva proposto ricorso per cassazione. La questione
Con un unico motivo di ricorso, il soccombente sosteneva la nullità della sentenza per violazionedegli artt. 24 e 111 Cost., nonché dell'art. 101 c.p.c. osservando che, sebbene il giudice d'appello avesse previsto, laddove richiesti, la concessione di «termini per una breve sintetica illustrazione e per le repliche», aveva poi deciso l'appello senza assegnare detti ultimi termini, quantunque essi fossero stati richiesti. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione, con l'ordinanza in commento, dichiara il ricorso manifestamente infondato. Premesso che alla data dell'adozione del provvedimento con cui la Corte d'appello aveva disposto la trattazione scritta dell'udienza già fissata era in vigore il d.l. 18/2020, art. 83, convertito in l. 27/2020, nel testo che, al comma 7, lett. h), assegnava ai capi degli uffici giudiziari la facoltà di adottare, tra le altre misure, quella della c.d. «trattazione scritta», osserva che il procedimento che aveva dato luogo alla sentenza impugnata era relativo ad un giudizio di separazione personale dei coniugi, il quale, per espressa previsione di legge (art. 23, l. 74/1987, che espressamente rinvia all'art. 4, comma 15 della l. 898/1970), è sottoposto alla disciplina dei procedimenti in camera di consiglio. Per tale ragione, in tale giudizio non è prevista l'assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, in virtù del principio - più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità - secondo cui «i procedimenti camerali contenziosi, fermo il rispetto del principio del contraddittorio, sono caratterizzati da particolare celerità e semplicità di forme, sicché con essi sono incompatibili le disposizioni che regolano la fase decisoria nel processo ordinario di cognizione e, segnatamente, quelle di cui agli artt. 189 e 190 c.p.c.» (così l'ordinanza, § 4, in fine). L'impossibilità di applicare al giudizio di separazione dei coniugi la normativa concernente lo scambio degli scritti defensionali finali e, più in generale, l'inesistenza di un obbligo di far precedere la sentenza dallo svolgimento di una vera e propria fase decisoria, induce il Collegio ad ammettere la sostituzione dell'udienza originariamente fissata con la trattazione scritta ex art. 83, comma 7 lett. h) del d.l. 18/2020 cit., così escludendo la nullità del provvedimento impugnato per violazione del contraddittorio. Osservazioni
L'ennesima proroga delle misure emergenziali disposta con il d.l. 228/2021 e la futura stabilizzazione di una misura eccezionale qual è quella della trattazione scritta delle udienze rende la decisione in commento di particolare interesse. Come già osservato, l'art. 83, comma 7, lett. h) del d.l. 18/2020 stabiliva che i capi degli uffici giudiziari potessero, tra l'altro, prevedere: «... lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice». Detta modalità di svolgimento dell'udienza è stata poi precisata dall'art. 221, comma 4, del d.l. 34/2020, che, nello stabilire una (prima) proroga del periodo di efficacia della trattazione scritta, ha previsto la possibilità della concessione di termini per il deposito di note difensive e disciplinati gli effetti del mancato deposito delle note (art. 181 c.p.c.), nonché eliminato il riferimento, contenuto nell'originario d.l. 18/2020, alla «adozione fuori udienza del provvedimento del giudice». La norma è stata più volte prorogata (si v. i d. l. nn. 44/2021 e 105/2021); ad oggi, la possibilità di ricorrere alla trattazione scritta è stata posticipata al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 16, commi 1e 2, del d.l. 228/2021. Questa volta la proroga non viene ancorata allo stato di emergenza (fino ad oggi mantenuto come riferimento, in forza di rinvio espresso o con indicazione della medesima data), ma viene individuato un termine fisso. Al riguardo, è stato osservato che in tal modo «si perde l'appiglio giustificativo sotteso alla revisione (emergenziale) del sistema processuale ordinario: in assenza di una ratio emergenziale, non è dato comprendere in funzione di quale evento potrà ritornarsi al processo civile cristallizzato nel codice» (Caroleo, Trattazione scritta e udienze da remoto fino al 31 dicembre 2022: di proroga in proroga (d.l. 30 dicembre 2021, n. 228), in www.giustiziainsieme.it). Invero, che l'intenzione del legislatore sia quella di istituzionalizzare le nuove forme di svolgimento dell'udienza è evidente laddove si prenda in considerazione l'art. 1, comma 17, lett. m) della l. 206/2021 di delega alla riforma del processo civile, a mente della quale il Governo è delegato a prevedere «che, fatta salva la possibilità per le parti costituite di opporsi, il giudice può, o deve in caso di richiesta congiunta delle parti, disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni da effettuare entro il termine perentorio stabilito dal giudice». Non deve perciò assolutamente scandalizzare la scelta del legislatore che, nell'aver prorogato tali misure, sceglie implicitamente, ma inequivocabilmente, di istituzionalizzare e stabilizzare questa modalità di esplicazione del contraddittorio. Fatta questa premessa, occorre interrogarsi sull'applicabilità di tale istituto anche per la trattazione della fase decisoria. Al riguardo, la decisione che qui si annota, pur ritenendo che nel caso portato alla sua attenzione il problema non ha da porsi giacché il procedimento di separazione personale dei coniugi, in quanto sottoposto alla disciplina dei procedimenti camerali, non prevede l'applicabilità delle regole concernenti la decisione all'esito di discussione orale né di quella all'esito dello scambio di conclusionali e repliche, ritiene opportuno prendere posizione sul tema. Ad avviso del provvedimento in commento, per poter correttamente impostare il problema appare opportuno partire dall'individuazione della ratio che presidia gli artt. 83, comma 7 lett. h) e 221, comma 4 appena citati: finalità di entrambe le disposizioni è solo quella di «ridurre l'accesso presso gli uffici giudiziari, sostituendo lo svolgimento dell'udienza, siccome regolata dagli artt. 127 e ss. c.p.c., con la trattazione scritta», cioè con lo scambio di note tramite le quali «i difensori delle parti hanno occasione di mettere per iscritto ciò che avrebbero esposto oralmente in udienza e che sarebbe stato raccolto con la verbalizzazione». Se ciò è vero, allora, poiché la disciplina della trattazione scritta prevede il mero deposito di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, deve escludersi la possibilità di sostituire l'udienza destinata alla discussione orale della causa con la trattazione scritta, in quanto ciò determinerebbe non solo e non tanto la lesione del diritto di difesa, impedendo alle parti di esporre in maniera adeguata le proprie tesi defensionali finali, ma soprattutto «impatterebbe pesantemente sulla fase decisoria, determinando un radicale stravolgimento di essa, giacché - indipendentemente da ogni altra considerazione - impedirebbe l'osservanza di un adempimento essenziale, quale la lettura del dispositivo e della motivazione alla presenza, se vogliono, delle parti, senza che possa attribuirsi un particolare peso all'eliminazione - tra la prima e la seconda stesura della norma - dell'inciso concernente la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice». Né si può ritenere che le parti, con il deposito delle note scritte, abbiano implicitamente rinunciato a far valere la nullità derivante dell'omissione della lettura del dispositivo e della motivazione, trattandosi di un vizio che, per costante giurisprudenza (Cass. civ., 28 novembre 2014, n. 25305; Cass. civ., 8 giugno 2009, n. 13165), ha carattere insanabile ed è sottratta alla disponibilità delle parti. Peraltro, permettere l'applicazione del meccanismo dell'udienza figurata alla fase decisoria comporterebbe anche numerosi problemi di carattere pratico. Si pensi ad esempio al decorso del termine lungo per impugnare la sentenza resa all'esisto della discussione orale ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c.: in tali ipotesi bisognerebbe ritenere che il deposito telematico della sentenza all'esito della «udienza figurata» sia equipollente alla lettura della sentenza; il che per la decisione in commento «avrebbe una sua realistica plausibilità (anche in considerazione del fatto che, in via di prassi, la lettura per esteso della sentenza non sembra possa dirsi osservata senza eccezione alcuna), se non fosse che il deposito telematico della sentenza da parte del giudice non la rende visibile alle parti, se non all'esito dei necessari adempimenti di cancelleria». La decisione merita senz'altro di essere condivisa: il novello istituto dell'udienza figurata, nonostante il suo nome, è assai lontano dalla nozione di udienza che abbiamo sino ad oggi conosciuto. Si tratta del mero deposito di una comparsa, in cui è assolutamente assente il giudice. In essa dunque non può esplicarsi il doveroso potere di direzione del procedimento riconosciuto al giudice dal codice di rito, potere di direzione che nella fase decisoria è particolarmente importante allo scopo di rendere effettiva la discussione delle parti in contraddittorio. Con questo non si vuole assolutamente negare che la trattazione scritta dell'udienza sia utile e vantaggiosa per il processo, ma solo ricordare – come lucidamente e chiaramente mostra di fare anche la Suprema Corte – che solo alcune udienze possono (e debbono) essere sostituite dal meccanismo creato dal legislatore dell'emergenza da Covid-19. Insomma, se per alcune attività processuali l'udienza c.d. tradizionale non è indispensabile, per altre rimane imprescindibile baluardo per assicurare quei valori, prima tra tutti il contraddittorio, che costituiscono l'essenza e l'ossatura del processo civile. Riferimenti
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