La determinazione del nucleo familiare ai fini previdenziali
20 Gennaio 2022
Massima
La nozione di nucleo familiare rilevante al fine della normativa ha valenza autonoma rispetto a quella civilistica e propria del carattere assistenziale/previdenziale del beneficio di sostegno al reddito. È la situazione di fatto di convivenza che rileva proprio perché all'effettività della separazione legale deriva per il coniuge che non resta nell'abitazione familiare la necessità di affrontare spese ulteriori per la propria vita personale, sottraendo così possibili risorse da destinare al benessere complessivo della famiglia di origine e, in particolare, alla cura dei figli minori. Il caso
Il giudice di primo grado respingeva la domanda della ricorrente (genitore affidatario) al riconoscimento del diritto a percepire gli assegni per il nucleo familiare (ANF) per i figli minori. Il Tribunale accoglieva la posizione dell'INPS, che riteneva non fossero rispettati i requisiti. Ago della bilancia per il soddisfacimento dei requisiti era considerare se il coniuge separato legalmente e di fatto fosse parte o meno del nucleo familiare: qualora considerato parte del nucleo familiare, il coniuge ricorrente non avrebbe avuto diritto agli ANF, all'opposto, invece, si.
Nel caso specifico la ricorrente, come visto separata legalmente, non abitava più nello stesso immobile con il coniuge, il quale aveva nel frattempo lasciato la casa familiare. Tuttavia, pur avendo mutato il proprio domicilio, all'epoca della domanda degli ANF non aveva ancora migrato la propria residenza. Pertanto, sulla base delle risultanze anagrafiche, l'INPS considerava il coniuge separato quale membro del nucleo familiare e non riteneva sussistenti le condizioni per il riconoscimento della prestazione previdenziale.
In buona sostanza, per l'Istituto il nucleo familiare deve essere considerato sulla base del criterio formale della risultanza anagrafica della residenza, non ritenendo opponibile l'effettivo trasferimento della dimora abituale.
La ricorrente in primo grado appellava dunque la sentenza del Tribunale, chiedendo di rivedere la decisione nella parte in cui riteneva irrilevante la situazione di fatto dell'effettivo mutamento di dimora.
Nel caso di specie, pertanto, essendo stata opposta una mera situazione di fatto (cambio di dimora), ma non il formale trasferimento di residenza, l'INPS non poteva che ritenere il coniuge separato della ricorrente ancora parte del nucleo familiare. Le questioni
Ragione del contendere è il criterio di determinazione del nucleo familiare a fini previdenziali. Secondo quanto sostenuto dalla ricorrente si deve aver contezza della situazione fattuale, secondo l'INPS, invece, ciò non è sufficiente, essendo necessaria la corrispondenza tra la situazione di fatto e le risultanze anagrafiche. In ultima analisi, secondo la tesi dell'Istituto, è proprio la residenza anagrafica a delineare il nucleo familiare. Le soluzioni giuridiche
Contrariamente a quanto deciso dal Tribunale, la Corte d'Appello di Venezia accoglie il ricorso, rigettando le osservazioni dell'INPS.
Il giudice veneziano ricorda anzitutto che l'art. 2 della richiamata legge 154/1988 definisca il nucleo familiare «composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati ». L'interpretazione della Corte d'Appello, correttamente privilegiando il criterio letterale, evidenzia come sia «la situazione di fatto di convivenza che rileva proprio perché all'effettività della separazione legale deriva per il coniuge che non resta nell'abitazione familiare la necessità di affrontare spese ulteriori per la propria vita personale, sottraendo così possibili risorse» per la famiglia d'origine e i figli in particolare.
Il giudice veneziano, dunque, dà preminenza alla situazione di fatto rispetto alla formalizzazione dello status.
L'interpretazione della Corte d'Appello, oltre ad applicare il primario criterio ermeneutico letterale, con coerenza sistematica valorizza anche il dettato normativo dell'art. 43, co. 2 c.c., che definisce la residenza quale «luogo in cui la persona ha la dimora abituale». Pertanto, come ha affermato la Corte veneziana, «qualora la residenza anagrafica non corrisponda a quella di fatto, è di questa ultima che si deve tener conto quale residenza effettiva (…), indipendentemente dalle risultanze anagrafiche o, anche, in contrasto con esse atteso che queste ultime hanno valore meramente presuntivo, essendo la residenza della persona determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un dato luogo».
La Corte d'Appello si richiama in motivazione alla sent. n. 7730/2010 del Consiglio di Stato. Fruendo della citata pronuncia, si può ulteriormente argomentare: «La giurisprudenza ha chiarito, ma in realtà ai fini di validità della notifica, che sussiste una presunzione – salva prova contraria – di corrispondenza della residenza anagrafica con il luogo di dimora effettiva del destinatario (Cassazione civile, sez. I, 19 novembre 2007, n. 23838). È vero anche che il principio della corrispondenza tra residenza anagrafica e residenza effettiva costituisce una presunzione semplice, superabile con ogni mezzo di prova idoneo ad evidenziare l'abituale e volontaria dimora di un soggetto in un luogo diverso». Nel caso trattato la presunzione era stata superata attraverso la prova documentale del contratto di locazione del coniuge separato, oltre che dalla sua testimonianza – la cui attendibilità non era nemmeno stata contestata dall'Istituto. Ha dunque errato l'INPS a utilizzare quale unico criterio la formale della dichiarazione anagrafica della residenza, pur non corrispondente all'abituale domicilio – fatto incontestato.
È da rilevare come l'impostazione ermeneutica della Corte d'Appello si pone in contrasto con la circolare INPS n. 21/1988, la quale detta l'interpretazione assunta dall'Istituto anche nelle sue memorie processuali. Secondo la circolare, infatti, «l'effettività della separazione deve essere desumibile dalla certificazione anagrafica». La Corte veneziana, tuttavia,afferma in un obiter dictum che quanto ivi contenuto è del tutto irrilevante ai fini della decisione: le circolari INPS non costituiscono fonte del diritto e non sono atti idonei a produrre effetti vincolanti nei confronti di terzi. Osservazioni
Ai fini previdenziali è la situazione di fatto a individuare la composizione del nucleo familiare utile a determinare il diritto, o meno, agli ANF: ciò indipendentemente dalla formale dichiarazione anagrafica di residenza, persino anche qualora in contrasto con essa.
L'interpretazione adottata dalla Corte d'Appello veneziana valorizza correttamente il significato letterale degli artt. 2 L. 154/1988 e 43 c.c. oltre che il loro coordinamento sistematico e logico giuridico. A ciò deve aggiungersi che l'art. 44 c.c., co. 2 dispone una presunzione semplice di corrispondenza tra domicilio e residenza e, come tale, superabile con ogni idoneo mezzo di prova.
Invece, il giudice veneziano non si pronuncia specificamente ed espressamente sulla disposizione cui all'art. 44, co. 1 c.c., richiamata espressamente dall'INPS e che stabilisce la non opponibilità ai terzi in buona fede del trasferimento della residenza che non sia stato denunciato nei modi previsti dalla legge. La disposizione, tuttavia, è necessitata ai fini anzitutto di notifica e non afferisce invece circa gli aspetti sostanziali. Diversamente si porrebbe in contrasto con la definizione stessa di residenza quale dimora abituale. Nel caso in esame il trasferimento di residenza è fattivamente avvenuto, pur non formalmente comunicato, e tanto basta per la determinazione del nucleo familiare: a tal fine è necessario aver contezza della situazione di fatto. Ai fini del giudizio non rileva, dunque, la disposizione cui all'art. 44, co. 1 c.c., che riguarda problematiche inerenti la notizia del trasferimento della residenza, e comunque non la sua composizione ai fini previdenziali. |