Ctd: sostituzione della funzione aziendale o del singolo dipendente?
18 Gennaio 2021
Massima
Se il contratto a termine è stato stipulato per la sostituzione di un determinato dipendente, l'ulteriore e successiva esigenza sostitutiva dovuta all'assenza di un diverso lavoratore richiede la stipulazione di un nuovo contratto, non potendo configurarsi una mera vicenda modificativa di quello inizialmente stipulato, anche qualora rimanga immutata la durata del rapporto e le mansioni svolte. Il caso
Il Tribunale di Bergamo dichiarava la conversione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 02.09.2019, condannando la società-datrice al ripristino del rapporto ed al pagamento di un'indennità pari a 12 mensilità.
Le parti avevano legittimamente stipulato un contratto “acausale” per 6 mesi, in seguito prorogato, sempre in forma “acausale” in quanto, nonostante la vigenza del D.L. 87/2018 (conv. in L. 96/2018) la durata complessiva del rapporto non superava i 12 mesi.
In data 29.05.2019 la società inviava al Centro per l'impiego comunicazione di proroga (la quarta) per il periodo 01.06.2019 -31.01.2020, specificando che la proroga era stata disposta «per sostituzione personale assente per malattia (rectius S.). Tale causale era identica a quella indicata nelle precedenti comunicazioni. Il 21.08.2019 la società comunicava alla lavoratrice una ulteriore proroga ma in sostituzione di un altro lavoratore ( i.d. N.), sebbene non oltre il 31.01.2020.
Il Tribunale rigettava l'eccezione del ricorrente secondo cui la società aveva superato il numero massimo consentito di proroghe, pari a quattro, ai sensi dell'art. 21, co. 2, D. Lgs. 81/2015: infatti, la quinta “proroga”, seppure così formalmente indicata dal datore, non poteva essere definita tale, rimanendo invariato il termine ultimo del contratto, senza ulteriore differimento. La sentenza, peraltro, osservava che la quinta “proroga”, impropriamente detta, si fondava su un'esigenza diversa dalle precedenti, ossia la sostituzione di un altro lavoratore. La novazione delle ragioni giustificatrici non poteva che essere equiparata ad un nuovo contratto, il quale si poneva in contrasto con l'art. 21, co. 2, D. Lgs. 81/2015. Ne conseguiva il diritto della ricorrente alla trasformazione del rapporto a decorrere dal 02.09.2019, data di effetto della quinta “proroga”.
La società-datrice impugnava la decisione innanzi la Corte di appello. Con il primo motivo lamentava che, sebbene il giudice di primo grado avesse escluso la natura di proroga della comunicazione del 21.08.2019, erroneamente aveva concluso per la sussistenza di un nuovo contratto, trattandosi piuttosto di una mera vicenda modificativa di quello già in essere, con termine invariato.
Con la seconda censura, l'appellante sosteneva che l'art. 21, co. 1, D. Lgs. 81/2015 si limita a stabilire che dopo i primi 12 mesi il contratto possa essere prorogato solo in presenza delle condizioni di cui all'art. 19, co.1, ed il requisito della stessa causale sarebbe stato rispettato essendo rimasto immutato (esigenze sostitutive). La questione
Se il contratto a tempo determinato è stato stipulato per la sostituzione di un determinato dipendente assente, è possibile soddisfare l'esigenza sostitutiva anche con riferimento ad un altro lavoratore? La soluzione della Corte
La Corte ha ritenuto non fondato l'appello. Relativamente alla prima censura, si è evidenziato che ove la ragione dell'apposizione del termine al contratto sia la necessità di sostituire un determinato dipendente assente, non è indispensabile che il sostituto vada a ricoprire esattamente il posto temporaneamente vacante, potendo il datore coprire l'assenza anche con “sostituzioni successive per scorrimento a catena”, spostando un altro dipendente e destinando il lavoratore assunto a termine a svolgere le mansioni del primo, purché vi sia una correlazione causale tra l'attività del sostituto e quello del sostituito.
Pertanto, il datore può realizzare l'esigenza sostitutiva con una certa flessibilità, ma sempre mantenendo un legame causale tra la sostituzione dedotta in contratto e l'apposizione del termine.
Nel caso esaminato, invece, la datrice aveva mutato l'esigenza sostituiva, facendo riferimento inizialmente all'assenza di un determinato lavoratore e, successivamente, con la comunicazione del 21.08.2019, aveva mutato la causa dell'assunzione a termine. L'originaria esigenza sostituiva era venuta meno per effetto del rientro in servizio del dipendente, mutando pertanto il profilo soggettivo dell'esigenza sostitutiva.
Nessun rilievo è stato riconosciuto all'identità del termine ultimo del contratto, né alla medesimezza delle mansioni svolte dai dipendenti sostituiti in successione. Il rientro del primo lavoratore, infatti, comportava il venire meno della esigenza sostitutiva iniziale.
La modifica della causale doveva portare alla stipula di un nuovo contratto e non poteva configurare una mera «vicenda modificativa» di quello già in essere.
In merito alla seconda censura, la Corte ha ritenuto definitivamente accertato che la comunicazione del 21.08.2019 non integrava una proroga, con conseguente irrilevanza delle argomentazioni datoriali.
Nel caso di specie non poteva essere invocata la giurisprudenza relativa alle realtà aziendali complesse, dato che la sostituzione aveva riguardo non ad una funzione ma ad un singolo dipendente, né si era realizzato un mero mutamento del titolo dell'assenza del medesimo lavoratore, ma la sostituzione di un diverso dipendente.
Veniva, quindi, confermata la sentenza appellata. Osservazioni
L'onere di specificazione delle ragioni che giustificano la stipulazione di un contratto a termine avente una durata, ab initio o in seguito a proroghe, superiore ai 12 mesi, trova proprio fondamento in una giurisprudenza che, alla luce della ratio alla base della disciplina vigente, è tesa ad ovviare al rischio di “causali formali”. Si intende, in altri termini, evitare l'uso indiscriminato dell'istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze individuate dalla Legge, imponendo la riconoscibilità e la verificabilità della motivazione addotta al momento della stipula del contratto (Cass. n. 1576/2010).
In merito, sebbene con riferimento alla normativa previgente, ha avuto modo di esprimersi la Corte Costituzionale con la sentenza n. 214 del 2009: ad avviso del giudice delle Leggi, qualora sia stipulato un contratto a termine per esigenze di sostituzione, la tutela del lavoratore richiede che risulti per iscritto il nome del dipendente sostituito e la causa della sua sostituzione. Pertanto, sebbene l'art. 19 del D.lgs. n. 81/2015 si limiti ad includere tra le causali la “sostituzione di lavoratori”, in ragione delle finalità perseguite dal Legislatore, è richiesto alle parti uno sforzo di precisione maggiore che, in sede di controllo, consenta da un lato la tutela del lavoratore-sostituto e, dall'altro, garantisca il datore dalle conseguenze legali derivanti dalla illegittima apposizione di un termine al contratto.ù
Nella sentenza in commento viene in rilievo la possibile declinazione fattuale dell'esigenza sostitutiva. Quest'ultima, anche tenuto conto delle dimensioni aziendali, può assumere una connotazione oggettiva, facendo le parti riferimento alla funzione in relazione alla quale il sostituto è assunto, ovvero soggettiva, qualora la sostituzione sia finalizzata a coprire l'assenza di determinati dipendenti. La differenza, alla luce delle possibili conseguenze, non sembra di poco conto.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha individuato due categorie di situazioni tipiche: la prima, indicata come "situazione aziendale elementare", richiama il bisogno di sostituire un singolo lavoratore addetto a specifica e determinata mansione, con applicazione dei criteri sopra richiamati e sanciti dalla Corte Costituzionale (indicazione del nome del lavoratore sostituito e della causa della sua sostituzione); la seconda, c.d. "situazione aziendale complessa", si sostanzia in un'esigenza di sostituzione riferita non ad un singolo dipendente, bensì ad una funzione produttiva specifica che sia rimasta occasionalmente scoperta. In tale ultima ipotesi, il requisito di specificità non richiede l'elenco dei singoli sostituiti, bensì l'indicazione di elementi utili alla verifica di corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine, per lo svolgimento di una data funzione aziendale, e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell'assunzione (Cass. n .8966/2012, n. 10260/2013, n. 5697/2015). Secondo la giurisprudenza più recente, sempre con riferimento a realtà aziendali complesse, laddove la sostituzione sia riferita ad una funzione piuttosto che ad un soggetto, l'enunciazione della sola esigenza di sostituire lavoratori assenti - da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse – deve essere integrata dall'indicazione di elementi ulteriori, quali l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro. Questi devono consentire di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (Cass. n. 30745/2021, n. 18854/2017, n. 18846/2017).
Come affermato dalla Corte di appello di Brescia, laddove la causa del contratto a tempo determinato sia individuabile nella esigenza di coprire l'assenza di un nominativamente individuato dipendente, il rientro di quest'ultimo, in un momento precedente alla scadenza del termine, non potrebbe consentire al datore di estendere la funzione sostitutiva rispetto ad altri dipendenti assenti, anche ove le mansioni siano le medesime.
La fattispecie esaminata, inoltre, non potrebbe essere ricondotta alla c.d. sostituzione "a scorrimento”: il lavoratore assunto a termine per ragioni sostitutive non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni o allo stesso posto dell'assente, atteso che la sostituzione va intesa nel senso più confacente alle esigenze dell'impresa. Il datore, nell'esercizio del potere di autorganizzazione, ha la facoltà di disporre, in conseguenza dell'assenza di un dipendente, l'utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena. Tuttavia, ed è questo l'elemento carente nel caso di specie, occorre sempre che vi sia una correlazione tra l'assenza e l'assunzione a termine: l'ulteriore sostituzione a catena di un dipendente diverso rispetto a quello inizialmente indicato in sede negoziale, dovrebbe essere ricondotta a scelte di riorganizzazione interna direttamente determinate dalle necessità creatasi nell'azienda per effetto della (prima) assenza nell'organico.
Nel caso oggetto della sentenza in commento, invece, l'assenza del secondo dipendente non poteva causalmente ricondursi all'esigenza sostitutiva determinante, ab initio, la stipulazione del contratto a termine.
Per approfondire G. Iannachino, Il requisito di specificità della causale nel contratto di lavoro a tempo determinato è ineludibile, in Il Giuslavorista.it, 8 Aprile 2019; E. Massi, Contratto a termine in sostituzione di lavoratore assente, in Dir. Prat. Lav., 2019, 28, pp. 1783 ss.; S. Verfari, Le causali nel contratto a termine riformato, in Lavoro nella Giur., 2018, 11, pp. 989 ss. |