Ricadute applicative della sentenza della Corte costituzionale n. 89/2021

Alessandro Rossi
26 Gennaio 2022

Il focus esamina le importanti ricadute applicative della fondamentale sentenza interpretativa n. 89/2021 con la quale la Corte costituzionale ha chiarito che il rimedio della revocazione di cui all'art. 395 c.p.c. opera per tutti i provvedimenti, anche se privi della veste formale di sentenza, purché decisori e definitivi.
Considerazioni introduttive su Corte cost. n. 89/2021

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 89/2021, si è pronunciata in ordine alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Cosenza. Nel caso di specie, lo stesso giudice aveva precedentemente rigettato l'istanza ex art. 14 d.lgs. 150/2011 proposta da A.T. nei confronti di F.S. e volta ad ottenere la liquidazione dei compensi professionali che il primo domandava nei confronti del secondo in qualità di suo difensore di fiducia.

Verso l'accennato rigetto, A.T., sempre di fronte al tribunale di Cosenza, aveva proposto istanza di revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c. A sostegno di tale domanda, il ricorrente rilevava come la precedente pronuncia fosse viziata da un errore di fatto in quanto il giudice di prime cure non si sarebbe avveduto della produzione di alcuni documenti.

Il tribunale, ora in funzione di giudice della revocazione, sollevava, con ord. 6 febbraio 2020 n. 94, la questione di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 395, n. 4, c.p.c. e 14 d.lgs. 150/2011 per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. Nello specifico, veniva prospettata l'illegittimità costituzionale delle citate disposizioni ove non si prevedeva la proposizione della revocazione per motivi di fatto avverso l'ordinanza, non appellabile, che conclude il giudizio relativo alla liquidazione degli onorari professionali.

La decisione

La Corte costituzionale, con la citata pronuncia n. 89/2021, ha rigettato la questione di illegittimità costituzionale.

Tale rigetto, però, è avvenuto tramite una sentenza interpretativa di rigetto «correttiva» (Zagrebelsky- Marcenò, Giustizia Costituzionale, vol. II, Bologna, 2018, 222). Le peculiarità di tale pronuncia sono di fornire un'interpretazione delle norme di legge diversa da quella prospettata dal giudice rimettente e costituzionalmente orientata, ovvero conforme a Costituzione (Ruggeri- Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, 2019, 180 ss.).

La Corte costituzionale, quindi, non ha accolto la questione di incostituzionalità sollevata dal Tribunale di Cosenza poiché ha riconosciuto il rimedio della revocazione per motivi di fatto già esperibile «anche contro tutti i provvedimenti aventi carattere decisorio con attitudine al giudicato, nei termini chiariti, per i quali non è previsto un mezzo di impugnazione» (Corte cost., 5 maggio 2021, n. 89, in www.cortecostituzionale.it).

La portata pratica della pronuncia

Tanto premesso nei due paragrafi precedenti, è ora necessario cercare di definire la portata pratica degli effetti della pronuncia in esame.

Prima di procedere, però, è utile premettere brevi cenni sull'istituto della revocazione per motivi di fatto e sulla sua rilevanza per la decisione.

La revocazione per motivi di fatto, disciplinata ai sensi dell'art. 395, n. 4 c.p.c., è un'impugnazione con cui si può censurare un provvedimento affetto da due divergenze rappresentative. La prima verte in capo all'attore in revocazione e si fonda sugli atti e i documenti della causa mentre la seconda è espressa nel provvedimento impugnato e che si assume viziato in quanto fondatosi su un'errata percezione dei fatti oggetto della controversia (Fazzalari, voce Revocazione (diritto processuale civile), in Enc. dir., vol. XL, Varese, 1989, 297).

L'art. 395, n. 4 c.p.c. prevede espressamente la revocabilità delle sole «sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado». Avverso le sentenze di primo grado e appellabili non è ammessa la revocazione per motivi di fatto, attesa la capacità dell'appello di assorbire il rimedio revocatorio, vista la sua natura di impugnazione a critica libera (Fazzalari, voce Revocazione (diritto processuale civile), in Enc. dir., vol. XL, cit., 293 e Mandrioli- Carratta, Diritto Processuale Civile, vol. II, Torino, 2019, 592).

Gli effetti della pronuncia Corte cost. n. 89/2021 incidono proprio sul regime di revocabilità dei provvedimenti, nel senso che vi è un allargamento della base oggettiva delle pronunce che sono assoggettabili a tale impugnazione.

Il principio di diritto declinato nella citata sentenza può essere preso in considerazione secondo un duplice ordine prospettico: a) relativamente agli effetti sulla proponibilità della revocazione per motivi di fatto e b) relativamente agli effetti sulla proponibilità della revocazione per gli altri motivi.

a) Effetti sulla proponibilità della revocazione per motivi di fatto

Quanto agli effetti prodotti dalla Pronuncia Corte cost. n. 89/2021 relativamente al regime di impugnabilità per revocazione per motivi di fatto ai sensi dell'art. 395, n. 4 c.p.c., sembra pacifico il riconoscimento di un principio di generale impugnabilità di qualsiasi provvedimento definitivo e decisorio, ovvero quei provvedimenti i quali possono essere intesi «sentenza in senso sostanziale» (Metafora, Ordinanza di liquidazione dei compensi degli avvocati e revocazione: una significativa decisione della Corte costituzionale, in ilprocessocivile.it; Tiscini, Revocabilità per errore di fatto delle ordinanze a contenuto decisorio. Una sentenza della Consulta condivisibile nel merito ma non nel metodo, in Judicium, 2021, vol. II, 194 che, però, non condivide la correttezza del metodo con cui la Corte sia arrivata ad esprimere tale principio).

Per decisivi vanno intesi i provvedimenti capaci di incidere su diritti soggettivi o status mentre definitivi sono i provvedimenti non altrimenti impugnabili (Tiscini, Prevalenza della sostanza sulla forma e sue recenti applicazioni, in Riv. dir. proc., 2018, vol. II, 465).

Per fare un esempio, non potendosi sicuramente elencare tutti i vari provvedimenti non aventi forma di sentenza che presentano i caratteri di decisorietà e definitività, si può citare l'ordinanza filtro emessa ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c. (Capponi- Storto, Commento all'art. 27 Cost., in C. cConsolo (a cura di), Codice di procedura civile commentario, vol. I, Milano, 2018, 44), la quale è considerata impugnabile per ricorso straordinario in cassazione. Le stesse condizioni, unite alla non appellabilità del provvedimento in esame, permettono di considerare astrattamente revocabile per motivi di fatto l'ordinanza ex art. 348-bis c.p.c. (Cass civ., sez. III, 13 giugno 2017, n. 14622).

Benché nell'ordinanza di remissione il tribunale di Cosenza sollevasse la questione di illegittimità costituzionale solo per la mancata revocabilità delle ordinanze, il principio di generale revocabilità dei provvedimenti viziati da errore revocatorio sembrerebbe potersi dedurre proprio in ragione del tipo di pronuncia adottata dal giudice costituzionale.

Con la sentenza interpretativa di rigetto «correttiva», infatti, la Corte costituzionale sembra aver interpretato in modo espansivo la locuzione «sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado», così da ricomprendere in essa anche i decreti e le ordinanze qualificate come decisorie, definitive e non appellabili.

b) Effetti sulla proponibilità della revocazione per gli altri motivi

Discussi, invece, sono gli effetti prodotti dalla pronuncia in esame relativamente al regime di revocabilità dei provvedimenti per i motivi diversi dall'errore di fatto.

Per una prima tesi (Tiscini, Revocabilità per errore di fatto delle ordinanze a contenuto decisorio. Una sentenza della Consulta condivisibile nel merito ma non nel metodo, in Judicium, 2021, vol. II, 198), in tale ambito nessun effetto sarebbe prodotto dalla pronuncia Corte cost. n. 89/2021.

Tale tesi valorizza il tenore letterale della citata sentenza, la quale si pronuncia espressamente solo sulla possibilità di revocare qualsiasi provvedimento decisorio e definitivo riferendosi solamente all'errore revocatorio. In base a tale argomento, si nega l'estensione di tale rimedio dove siano esperiti gli altri motivi di revocazione in quanto non potrebbe spettare all'interprete, ma solo alla Consulta, il ruolo di individuare i vizi che permetterebbero la revocabilità dei provvedimenti diversi dalla sentenza.

Per una seconda tesi (Metafora, Ordinanza di liquidazione dei compensi degli avvocati e revocazione: una significativa decisione della Corte costituzionale, in ilprocessocivile.it) il regime che la Corte Cost. prevede espressamente per la revocazione per motivi di fatto sarebbe estensibile anche agli altri motivi previsti ai sensi dell'art. 395 c.p.c.

Tale tesi valorizza natura e portata della pronuncia interpretativa di rigetto adottata dal giudice costituzionale. Ove questi avesse voluto limitare l'ampiezza della propria statuizione, presumibilmente, avrebbe adottato, in luogo della pronuncia interpretativa di rigetto, una sentenza additiva. Solo con tale pronuncia la Corte Costituzionale avrebbe dovuto, ove avesse avuto l'effettiva volontà di limitare il rimedio revocatorio dei provvedimenti diversi dalla sentenza al solo motivo n. 4, dichiarare incostituzionale il combinato disposto degli art. 395 c.p.c. e 14, d.lgs. 150/2011 nella sola parte in cui non prevedeva la revocabilità dei provvedimenti per errore di fatto (Zagrebelsky- Marcenò, Giustizia Costituzionale, vol. II, Bologna, 2018; 229 ss.).

Ove si aderisse alla prima delle due tesi esposte, quindi, il rimedio revocatorio sarebbe esteso in via generale ai provvedimenti con forma diversa dalla sentenza solo ove fosse esperito l'errore revocatorio ai sensi dell'art. 395, n. 4 c.p.c. Differentemente, nel caso in cui si aderisse alla seconda tesi, il rimedio revocatorio sarebbe esteso a prescindere da quale sia il concreto motivo per cui è esperito.

In conclusione

Secondo quanto esposto in precedenza, possono rassegnarsi le seguenti conclusioni sugli effetti prodotti nel nostro ordinamento dalla sentenza Corte Cost. n. 89/2021.

- Per quanto riguarda la revocabilità per motivi di fatto delle pronunce, secondo quanto previsto ai sensi dell'art. 395, n. 4 c.p.c., può affermarsi il principio di generale revocabilità per tutti i provvedimenti decisori e definitivi, ovvero incidenti su diritti soggettivi e non altrimenti impugnabili (nel caso specifico, stante l'impossibilità di far valere l'errore revocatorio tramite ricorso in cassazione, non impugnabili tramite appello).

Tale soluzione sembra condivisibile in toto.

Il traguardo a cui è arrivata nella decisione in esame la Corte Costituzionale è l'unico in grado di garantire una piena tutela giurisdizionale dei diritti.

Interpretare la locuzione «sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado» in modo tale da farci ricomprendere ogni provvedimento decisorio e definitivo è, inoltre, coerente con l'attuale quadro processuale in cui, in luogo della sentenza, per concludere il giudizio è frequente adottare un provvedimento avente forma di ordinanza o decreto.

Proprio in ragione di quest'ultimo rilievo, è possibile comprendere come gli effetti prodotti dalla sentenza Corte cost. n. 89/2021 siano idonei a perseguire le esigenze di una completa tutela giurisdizionale dei diritti.

- Sembra corretto aderire alla tesi che ammette la revocabilità dei provvedimenti decisori e definitivi anche per i motivi diversi da quello previsto ai sensi dell'art. 395, n. 4 c.p.c.

La Corte Costituzionale, benché con una modalità forse non troppo esaltante il ruolo affidato al legislatore, con la sentenza interpretativa di rigetto non sembra essersi limitata ad ammettere la sola revocabilità per motivi di fatto dei provvedimenti diversi dalla sentenza e aventi natura decisoria e definitiva.

Con l'adozione di una sentenza interpretativa di rigetto - tramite la quale, tra le varie possibili, si fornisce un'interpretazione delle norme che sia conforme a Costituzione - la Corte costituzionale ha riconosciuto il principio di generale revocabilità dei provvedimenti decisori senza limitarlo all'esperibilità del solo errore revocatorio. Infatti, ove avesse voluto arrivare a quest'ultima soluzione, avrebbe dovuto semplicemente dichiarare incostituzionale l'art. 395 c.p.c. nella sola parte in cui non prevedeva la revocabilità per errore di fatto dei provvedimenti decisori e definitivi diversi dalla sentenza.

In conclusione, quindi, è ragionevole ritenere che i provvedimenti, aventi forma diversa dalla sentenza e che presentino i caratteri di decisorietà e definitività, siano revocabili per uno qualsiasi dei motivi previsti ai sensi dell'art. 395 c.p.c.

Riferimenti
  • Capponi- Storto, Commento all'art. 27 Cost., in C. Consolo (a cura di), Codice di procedura civile commentario, vol. I, Milano, 2018, 44;
  • Fazzalari, voce Revocazione (diritto processuale civile), in Enc. dir., vol. XL, Varese, 1989;
  • Mandrioli- Carratta, Diritto Processuale Civile, vol. II, Torino, 2019, 592 ss.;
  • Metafora, Il procedimento per la liquidazione dei compensi degli avvocati, Napoli, 2020;
  • Metafora, Ordinanza di liquidazione dei compensi degli avvocati e revocazione: una significativa decisione della Corte costituzionale, in ilprocessocivile.it;
  • Ruggeri- Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, 2019, 180 ss.;
  • Tiscini, Prevalenza della sostanza sulla forma e sue recenti applicazioni, in Riv. dir. proc., 2018, vol. II, 465;
  • Tiscini, Revocabilità per errore di fatto delle ordinanze a contenuto decisorio. Una sentenza della Consulta condivisibile nel merito ma non nel metodo, in Judicium, 2021, vol. II, 194 ss.;
  • Zagrebelsky- Marcenò, Giustizia Costituzionale, vol. II, Bologna, 2018, 222 ss.

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