Mancato deposito della relazione peritale nel termine stabilito dal giudice

26 Gennaio 2022

In corso di giudizio viene disposta CTU da parte del giudice; fissato il termine per il deposito dell'elaborato peritale ai sensi dell'art. 195 c.p.c., previsto in 90 giorni dall'inizio delle operazioni peritali, il tecnico nominato dal giudice non procede ad effettuare il deposito. Il termine si deve intendere perentorio o ordinatorio? Che conseguenza ha il mancato deposito dell'elaborato peritale nel termine indicato dal giudice?

Il termine cui si deve attenere il consulente tecnico d'ufficio nel depositare la propria relazione, come previsto dall'art. 195, comma 3, c.p.c., si considera termine processuale tanto che si ritiene da parte della giurisprudenza che sia applicabile la sospensione feriale dei termini: «In tema di consulenza tecnica d'ufficio, poiché lo svolgimento delle relative operazioni inerisce ad attività processuale, il giudice non può fissare i termini di cui all'art. 195, comma 3, c.p.c. in modo che ricadano durante il periodo di sospensione feriale, se il processo è soggetto alla detta sospensione e salva rinuncia delle parti ad avvalersi di essa, non potendo operare, peraltro, la proroga automatica degli stessi termini, in modo da rispettare la sospensione, in quanto non prevista l'integrazione di un atto compiuto dal giudice e con il quale abbia disconosciuto l'efficacia della sospensione feriale. L'atto adottato in violazione della sospensione è affetto da nullità soltanto nel caso in cui l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa con riflessi sulla decisione di merito, che, nel caso di atto adottato in udienza, a pena di decadenza e conseguente sanatoria, deve essere eccepita in udienza dalla parte presente o che avrebbe dovuto esservi, atteso che quella sede rappresenta, ex art. 157, comma 2, c.p.c., la prima difesa possibile». (Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2018, n.18522).

Ciò posto, ci si deve chiedere se il detto termine, di natura processuale, sia perentorio o ordinatorio.

Sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi stabilendo che si tratti di un termine ordinatorio sulla base dell'art. 152, comma 1, c.p.c. in combinato dispsoto con l'art. 195, comma 3, c.p.c., in base ai quali i termini fissati dal giudice sono a pena di decadenza solo ove espressamente previsto.

Quindi, anche se il deposito sia avvenuto successivamente ciò non produrrà l'invalidità dell'elaborato peritale essendo fondamentale il rispetto del principio del contraddittorio come fissato sempre dall'art. 195 c.p.c.: ove questo venga rispettato la perizia conserverà la sua validità.

Il rischio è, tuttavia, in capo al consulente tecnico il quale, nella sua veste di ausiliario del giudice, potrebbe incorrere nel reato di omissione di atti del proprio ufficio (vedi, in proposito, Cass. pen., n. 26589/2016).

Tale comportamento, in assenza di giustificato motivo o di richiesta di proroga del termine per il deposito da parte del consulente tecnico d'ufficio, potrà giustificare una richiesta di sostituzione dello stesso ad opera delle parti o d'ufficio da parte del giudice, nonché potrà comportare un risarcimento del danno in capo alle parti ove il ritardo lo abbia provocato.

Potrà, inoltre, rilevare quale violazione deontologica con riferimento al codice deontologico proprio del professionista incaricato (art. 81-bis, comma 2, att. c.p.c.).

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