Apprendistato: per la trasformazione del contratto il giudice deve valutare la gravità dell'inadempimento agli obblighi di formazione

Paolo Laguzzi
28 Gennaio 2022

In tema di contratto di apprendistato, l'inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall'inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto...
Massima

In tema di contratto di apprendistato, l'inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall'inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l'in abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la formazione dell'inadempimento ai fini della dichiarazione di trasformazione del rapporto in tutti i casi di scarsa osservanza degli obblighi di formazione di non importanza.

Il caso

Una lavoratrice impugna il recesso intimatole alla scadenza del contratto di apprendistato, proponendo domanda giudiziale volta ad accertare l'illegittimità del contratto stesso per difetto dell'attività formativa e, conseguentemente, il suo diritto a percepire le relative differenze retributive deducendo altresì l'ingiustizia dell'intimato recesso datoriale in quanto intervenuto su rapporto che, per l'illegittimità predetta, ab initio andava trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato.

La domanda della ricorrente viene però dichiarata inammissibile, tanto in primo grado quanto in appello.

I giudici di merito ritengono infatti essere nella specie maturata a scapito della lavoratrice la decadenza dall'impugnazione del recesso per effetto dell'infruttuoso decorso del termine di sessanta giorni di cui alla legge n.183/2010, art. 32, comma 3, lett. a), che ha esteso anche ai “licenziamenti che presuppongono la risoluzione delle questioni relative alla qualificazione del rapporto” il regime generale fissato dall'art.6 legge n.604/1966.

Con un unico, articolato motivo di ricorso, la lavoratrice ricorre avanti la Corte di legittimità chiedendo cassarsi la pronuncia di merito non essendosi in essa tenuto conto, laddove è dichiarata la decadenza in questione, del differimento del relativo termine introdotto con il D.L. n.225/2010, conv. in legge n.10/2010.

La questione giuridica

Il contratto di apprendistato è il contratto di lavoro finalizzato alla formazione ed all'occupazione delle persone di giovane età (art. 41, comma 1, D. Lgs. n.81/2015), il cui utilizzo è favorito dal legislatore mediante incentivi economici e normativi.

Lo stesso rientra nella categoria dei contratti a causa mista, in quanto alla prestazione lavorativa, connotata da professionalità crescente, si accompagna una forte componente formativa data, oltre che dalla partecipazione a specifici corsi d'insegnamento, dall'acquisizione di competenze professionali e/o tecniche nello svolgimento delle mansioni lavorative.

L'attuale disciplina dell'istituto, quantomeno nei principi guida, è contenuta nel D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, artt. da 41 a 47, che in attuazione della delega di cui alla L. 10 dicembre 2014, n. 183, ha abrogato il D.Lgs. n. 167 del 2011 (c.d. Testo Unico sull'apprendistato) e riordinato l'intera fattispecie.

La minuta regolamentazione del rapporto è invece demandata, nel rispetto dei suddetti principi direttivi stabiliti dalla legge, ad appositi accordi interconfederali ed ai contratti collettivi stipulati a livello nazionale dalle associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 42, c. 5, D. Lgs. n.81/2015).

E' altresì prevista la possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali tramite fondi paritetici interprofessionali (art. 116 legge n.388/2000; art. 12 D. Lgs. n.276/2003) anche attraverso accordi con le regioni.

Già a far tempo dalle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 167/2011, l'apprendistato è divenuto la forma di "contratto di lavoro prevalente" per l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.

E' un contratto a tempo indeterminato, caratterizzato dal fatto che, nella sua fase iniziale, lo svolgimento del periodo di addestramento del lavoratore avviene attraverso un rapporto formativo a termine. Ciò che lo distingue dal tirocinio è l'inserimento stabile ed organico dell'apprendista nella struttura dell'imprenditore.

La legge ne prevede, a seconda dei percorsi formativi, tre diverse forme:

- apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (art. 43, D Lgs. n. 81/2015);

- apprendistato professionalizzante (art. 44, D. Lgs. cit.);

- apprendistato di alta formazione e ricerca (art. 45, D.Lgs. cit.).

La disciplina comune richiede la forma scritta ai fini della prova del contratto e che lo stesso contenga, in forma sintetica, il piano formativo individuale, definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, nel quale devono essere specificamente indicati il percorso formativo e la ripartizione dell'impegno tra formazione interna ed esterna (art. 42, c. 1, D.Lgs. n. 81/2015).

Come chiarito dalla Circ. n. 29/2011 Min. Lav., per la valida formalizzazione del contratto non è sufficiente la consegna all'apprendista della comunicazione di assunzione ai Servizi per l'impiego, ma deve essere consegnato il contratto individuale di lavoro.

La durata del contratto non può esser inferiore a sei mesi, fatte salve alcune deroghe nell'ambito delle attività stagionali.

Quanto al recesso dal rapporto, durante l'apprendistato il datore di lavoro può, secondo le comuni regole del lavoro subordinato, intimare il licenziamento solo in presenza di giusta causa o di un giustificato motivo. Le dimissioni sono invece libere.

Al termine del periodo di apprendistato, le parti possono invece recedere liberamente (ad nutum) dal contratto ai sensi dell'art. 2118 c.c., nel rispetto del preavviso che decorre dalla scadenza del termine del contratto stesso. Se nessuna delle parti esercita tale facoltà, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (art. 42, c .4, D. Lgs. n.81/2015).

Le principali regole attinenti lo svolgimento del rapporto di apprendistato prevedono:

- circa gli adempimenti amministrativi, la presenza, in termini analoghi a quelli vigenti per gli altri lavoratori, degli obblighi di comunicazione ai competenti Servizi per l'Impiego delle vicende del rapporto di apprendistato: assunzione, variazioni, trasformazione e cessazione (art.4-bis, D. Lgs. n.181/2000);

- il divieto delle tariffe di cottimo e l'aumento della retribuzione nel corso del periodo formativo in relazione alla professionalità crescente del lavoratore: attraverso la possibilità di suo inquadramento iniziale fino a due livelli inferiori a quello di destinazione finale o, in alternativa, di stabilire la retribuzione in misura percentuale e proporzionata all'anzianità di servizio;

- la necessaria presenza di un tutor o referente aziendale in possesso dei requisiti stabiliti dalla contrattazione collettiva ed in conformità alla disciplina contenuta nel D.M. 12 ottobre 2015 per l'apprendistato del primo e del terzo tipo;

- la disciplina sull'orario di lavoro è, per gli apprendisti maggiorenni, la stessa degli altri lavoratori; per gli apprendisti minorenni, invece, sono confermate le limitazioni di cui alla legge n.977/1967;

- l'applicazione per gli apprendisti delle norme previdenziali ed assistenziali in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, malattia comune, invalidità e vecchiaia, maternità, assegni familiari ed assicurazione sociale per l'impiego (NASpI). E' anche prevista la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria della prestazione lavorativa, superiore ai trenta giorni;

- l'esclusione dei lavoratori assunti con contratto di apprendistato dal computo dei limiti numerici previsti da particolari istituti (art. 47, c. 3, D.Lgs. n. 81/2015): ad esempio, dal calcolo della quota di riserva a favore dei lavoratori disabili nonché dal limite dimensionale previsto dall'art. 18, L. n. 300/1970.

Sussistono inoltre limiti quantitativi relativi al numero di complessivo di apprendisti che il datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente per il tramite di agenzie di somministrazione: non può infatti essere superato il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio.

Tale rapporto non può superare il 100% per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a 10 unità.

Il datore di lavoro che non abbia lavoratori qualificati o che ne occupi meno di tre può assumere al massimo 3 apprendisti.

Per le imprese del settore artigiano, l'apprendistato è regolato dalla Legge quadro sull'artigianato (legge n. 443/1985, art. 4) e non trovano applicazione i predetti limiti quantitativi per l'assunzione bensì quelli specifici di settore.

Svolte le suddette osservazioni generali sulla figura dell'apprendista, di seguito viene presa in più attenta considerazione, correlandola al caso in esame, la particolare questione dell'individuazione dei requisiti indispensabili alla realizzazione del percorso formativo del lavoratore e delle conseguenze relative all'accertamento della loro mancanza nel caso concreto.

La specialità del contratto impone difatti l'attenta verifica di volta in volta dell'adempimento da parte del datore di lavoro, oltre che delle ordinarie obbligazioni connesse al rapporto di lavoro (corresponsione della retribuzione, etc.), di quelle inerenti alla formazione: in particolare, l'avvenuta redazione del piano formativo individuale ed il suo effettivo svolgimento; la nomina ed il sostanziale positivo intervento del c.d. tutor aziendale; la registrazione dei vari passaggi della formazione sul libretto dell'apprendista (fascicolo elettronico previsto dall'art. 14 D.Lgs. n.150/2015).

Va in proposito ricordato che nel caso in cui il datore di lavoro non dovesse adempiere ai propri obblighi formativi, lo stesso, oltre a dover far fronte alle possibili rivendicazioni individuali del lavoratore connesse alla richiesta di trasformazione del contratto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, egli sarebbe sul versante contributivo tenuto al pagamento della differenza tra i contributi versati e quelli dovuti per il livello di inquadramento a cui era finalizzata la formazione, maggiorati del 100%, oltre che al versamento delle sanzioni amministrative stabilite dall'art. 47, comma 2, D.Lgs. n. 81 del 2015.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione, nella pronuncia in commento, ordinanza 8 giugno 2021, n. 15949, affrontail tema dell'inadempimento del datore di lavoro rispetto agli obblighi di formazione dell'apprendista e delle conseguenti ripercussioni sulla validità del contratto nonché sul regime di recesso dal rapporto.

In particolare, al cospetto dell'articolata domanda giudiziale di una lavoratrice – la quale aveva impugnato il recesso intimatole al termine del contratto di apprendistato sul presupposto della nullità di quest'ultimo per totale assenza dell'attività formativa; nullità dalla quale, previa trasformazione del rapporto in un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la ricorrente stessa chiedeva farsi discendere l'ingiustizia del recesso datoriale subito nonché l'obbligo dello stesso datore di lavoro di corrisponderle le differenze retributive corrispondenti alle mansioni effettivamente svolte; domanda dichiarata dal giudice dì merito inammissibile per intervenuta decadenza della ricorrente ex art. 32, comma 3, lett. a), legge n.183/2010 - il giudice di legittimità afferma:

a) che, in punto decadenza, contrariamente a quanto asserito in entrambi i giudizi di merito la legge n. 183 del 2010, art. 32, comma 1-bis, nel prevedere, "in sede di prima applicazione" il differimento al 31 dicembre 2011 dell'entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento, va applicata a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda pertanto tutti gli ambiti di novità di cui alla novellata legge n. 604 del 1966, art. 6 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4913 /2016, Cass. n. 15978/2020; Cass. n. 25103/2015). Per conseguenza, tale differimento mediante rimessione in termini doveva nel caso di specie applicarsi anche all'impugnazione svolta dalla parte ricorrente la cui domanda giudiziale non poteva pertanto essere dichiarata inammissibile per intervenuta decadenza;

b) che, per quanto più strettamente concerne il contratto di apprendistato, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte stessa l'inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall'inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o in un progetto adeguato rispetto agli obiettivi indicati nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di sopra, in base ai principi generali, la gravità dell'inadempimento ai fini della dichiarazione di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non importanza (cfr. Cass. n.16595/2020; Cass. n.16571/2018; Cass. n.20103/2017; Cass. n.6803/2014; Cass. n.16445/2013; Cass. n.19846/2004).

Sulla base di tali argomentazioni, la Corte cassa quindi la sentenza impugnata rinviando al giudice di merito per una nuova valutazione del caso in conformità agli enunciati principi di diritto.

Una prima considerazione sulla pronuncia in esame conduce ad affermare che con essa la Corte sostanzialmente ribadisce il consolidato orientamento della giurisprudenza sulle principali questioni interpretative afferenti al contratto di apprendistato.

Viene in primo luogo riaffermata la specialità del rapporto, in forza della quale l'imprenditore è obbligato ad impartire all'apprendista l'insegnamento necessario perché questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato.

Lo scopo del contratto di apprendistato è infatti quello di favorire un ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso un supporto che dia loro anche gli strumenti per apprendere una determinata professionalità.

Occorre a tal fine lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro, la quale costituisce elemento essenziale e indefettibile del contratto di apprendistato, entrando a far parte della causa negoziale.

La mancata formazione ed il conseguente difetto di tirocinio, facendo venir meno la causa dell'apprendistato, riconducono quindi lo schema negoziale - sin dall'origine – a quello del contratto a tempo indeterminato.

Deve infatti in proposito ricordarsi che, ai sensi dell'art. 1418 c.c., produce la nullità del contratto, tra l'altro, la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325 c.c. tra i quali la causa.

Come detto, spetta al giudice di merito verificare, con valutazione non censurabile in sede di legittimità se congruamente motivata, la ricorrenza di una attività formativa, la cui prova è a carico del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 16571/2018).

In particolare, l'attività stessa, pur modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, deve essere adeguata ed effettivamente idonea a raggiungere lo scopo di attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro.

E' consentito al datore di lavoro l'uso di una circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell'impresa.

Tale discrezionalità, però, non può mai spingersi fino ad espungere una delle due fasi dalla esecuzione del contratto, atteso che entrambe sono coessenziali.

Ne consegue che, qualora l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza e l'inosservanza degli obblighi di formazione sia tale da non poter essere sanata in modo da consentire la formazione del giovane nel tempo stabilito, si giustifica la declaratoria di trasformazione del rapporto.

Quanto all'oggetto del contratto, infine, la giurisprudenza ha precisato che il ruolo preminente che la formazione assume rispetto all'attività lavorativa esclude che possa ritenersi conforme alla speciale figura contrattuale dell'apprendistato un rapporto che preveda lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica (cfr. Cass.n.16571/2018, relativa a mansioni di addetto al recapito postale; Cass. n. 14754/2014, relativa alla qualifica di apprendista panificatore; Cass. n. 11265/2013, concernente ordinarie mansioni di cameriera e “banchista”; Cass. n. 6787/2002, riferita al caso di un operaio addetto a lavorazioni manuali eseguite senza un costante insegnamento o controllo da parte del datore di lavoro di suoi addetti).

Osservazioni

La sentenza in commento, come detto, conferma in materia di obbligo formativo nel contratto di apprendistato principi da tempo consolidati nella giurisprudenza di legittimità e di merito (circa quest'ultima, tra le più recenti pronunce v. App. Milano, 2/5/2019, n. 392; Trib. Brescia, 18/3/2019, n.1; Trib. Venezia, 23/1/2019, n.33, tutte in Dejure.it).

La liceità del rapporto presuppone l'adempimento nel caso concreto da parte del datore di lavoro di tale fondamentale obbligo: da intendersi quale effettiva attuazione del piano di insegnamento teorico pratico necessario affinché il lavoratore possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato.

Cionondimeno, la Corte pone in particolare l'accento sulla necessità, per potersi addivenire alla trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato, che l'inadempimento degli obblighi di formazione abbia un'obiettiva rilevanza: concretizzandosi nella totale mancanza di formazione ovvero in una attività drammatica carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto.

Il requisito è stato in passato ripetutamente sottolineato nell'ambito del contratto di formazione e lavoro (cfr. Cass. n. 7301/2014; Cass. n. 15878/2004; Cass. n. 82/2003) e viene ora associato anche al contratto di apprendistato (cfr. Cass. n. 16595/2020).

La valutazione della sua sussistenza è del resto coerente con i principi generali sull'importanza dell'inadempimento ai fini della risoluzione del contratto (art.1455 c.c.).

Invero, al di là della specifico istituto della risoluzione, la “non scarsa importanza” dell'inadempimento costituisce un presupposto obiettivo per lo scioglimento del contratto e il parametro fondamentale della mancata attuazione dell'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni.

Ne discende che, in subiecta materia, anche la grave sanzione della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto, per giunta sin dal suo inizio, non può che conseguire ad un altrettanto grave inadempimento di natura sostanziale degli obblighi formativi posti a carico del datore di lavoro.

Questione correlata è infine quella attinente all'onere di allegazione e prova dell'inadempimento in questione.

Si è detto sopra che la giurisprudenza grava il datore di lavoro dell'incombenza di dimostrare in concreto la presenza di tale requisito essenziale dell'apprendistato (cfr. Cass. n.16571/2018; Cass. n. 3696/2001).

La regola va comunque coordinata al principio generale di cui all'art. 1218 c.c. attinente agli oneri probatori in materia di inadempimento: che impongono al creditore di allegare e provare il fatto storico dell'inadempimento e al debitore, di conseguenza, di provare l'adempimento.

Ad esempio, nel giudizio definito dalla citata ordinanza n.16595/2020, merita attenzione la circostanza che la Corte di cassazione abbia confermato la decisione di merito di rigetto della domanda del lavoratore apprendista il quale, a fronte della specifica allegazione datoriale relativa all'intervenuta sua formazione, non aveva adeguatamente dedotto la carenza di quest'ultima evidenziandone gli aspetti concreti e la loro rilevanza ai fini auspicati, ossia il fatto storico dell'inadempimento a carico della controparte.

Lo stesso ricorrente si era infatti limitato ad allegazioni estremamente generiche, di fatto consistite nella mera deduzione di una complessiva “assenza” di formazione nel caso di specie.

La Corte, sulla base di tale concreto e specifico sviluppo del contraddittorio processuale, ha ritenuto perciò superflua la prova da parte del datore di lavoro dell'adempimento dell'obbligo formativo.

Del resto, va in proposito considerato che, per principio generale in materia contrattuale, il requisito della gravità dell'inadempimento sfugge alle regole di ripartizione dell'onere della prova, dovendo essere accertato d'ufficio dal giudice (Cass. n. 23148/2013; Cass. n. 16084/2007; Cass. n. 1507/1994; Cass. n. 3099/1987).

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