Riforma processo civile: persistente vigenza dell'art. 403 c.c. (Parte I)

Roberto Masoni
02 Febbraio 2022

Il focus è incentrato sulla misura regolata dall'art. 403 c.c. - oggetto di modifiche immediatamente operative introdotte dalla l. 206/2021 per la riforma del processo civile - dell'allontanamento dalla casa familiare del minore in stato di sostanziale abbandono.
Le norme immediatamente operative nella l. delega 206/2021

La legge delega di riforma del processo civile (l. 206/2021, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 292, del 9 dicembre 2021) ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi di riforma del processo civile entro un anno dalla pubblicazione della legge (art. 1, comma 1), ovvero entro dicembre 2022. Al contempo, le medesima legge ha introdotto talune disposizioni normative che si applicheranno ai procedimenti instaurati nei successivi sei mesi, ovvero a far data da giugno 2022 (art. 1, comma 37, l. cit.). Tra di esse spicca l'ampia e significativa novellazione dell'art. 403 c.c. (art. 1, comma 27, l. 206/2021), la cui previsione normativa per lunghi anni è rimasta quasi misconosciuta.

Tacita abrogazione dell'art. 403 c.c.?

Per quanto la civilistica abbia dedicato distratta attenzione all'istituto in oggetto, titolato allo «Intervento della pubblica autorità a favore dei minori» (alcun cenno ad esso si rinviene nei più diffusi manuali privatistici), la sua importanza era evidenziata dall'originaria creazione di un titolo (XI) autonomo del codice, titolato ai «Minori affidati alla pubblica o alla privata assistenza e all'affiliazione».

Assai modernamente la Relazione ministeriale al codice civile, aveva evidenziato che da questo capo emergeva «la necessità di contemplare nel nuovo codice il problema dell'assistenza all'infanzia moralmente o materialmente abbandonata» (§ 177). L'abbandono dell'infanzia è fenomeno antico e complesso ed il nostro codice non poteva non occuparsene.

Al problema dell'assistenza dei minori abbandonati il legislatore del 1941 aveva dedicato gli istituti dell'affiliazione e dell'allontanamento provvisorio.

L'affiliazione, anche detta «piccola adozione» (c.f.r. Relazione cit., § 182) non creava uno status filiationis e non attribuiva diritti successori, ma aveva finalità assistenziale, dato che all'affiliante venivano conferiti «i poteri inerenti la patria potestà», con l'obbligo di mantenere, istruire ed educare il minore (art. 409 c.c., abrogato).

Il titolo XI del libro I del codice è venuto a svuotarsi di contenuto per effetto dell'abrogazione dell'affiliazione (art. 404 a 413), quale portato della legge sull'adozione (l. 184/1983) e delle modifiche all'art. 401 (prima dalla riforma familiare del 1975 e poi da quella del 2013).

L'oblio della civilistica verso l'istituto regolato nell'art. 403 c.c. sembra conseguente all'interpretazione che si era andata affermando nell'immediatezza dell'entrata in vigore della nuova disciplina dell'adozione (l. 184/1983). Si riteneva che, per effetto dell'approvazione della novella, fosse derivata l'abrogazione del collocamento provvisorio minorile (Finocchiaro).

Ha inoltre pesato l'entrata in vigore di un nuovo sistema di protezione dei minori in condizioni di abbandono, di cui alla l. 184/1983, rispondente all'esigenza di protezione del minore ed incentrata sul «diritto del minore ad una famiglia» (che costituisce il titolo della legge sulle adozioni).

L'impressione della tacita abrogazione della normativa sarebbe però stata smentita grazie ad una precisa presa di posizione della S.C., la quale ritenne che «l'art. 403 c.c. non potesse ritenersi implicitamente abrogato dagli artt. 2 e 4 della l. 184/1983» (Cass. civ., 10 agosto 2007, n. 17648. Per la sopravvivenza dell'istituto, Scarpulla, Dogliotti, Pignataro, Masoni, Ruscello).

Tale ultimo risultato ermeneutico ha trovato formale sanzione nel recente intervento di novellazione, ovvero di completa riscrittura della norma, con riguardo, prevalentemente, al carente profilo procedurale del ricollocamento minorile, portato dalla l. 206/2021, che al testo originario ha aggiunto ben sette commi.

Misura cautelare e provvisoria

Il disposto originario dell'art. 403 c.c. («quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in ambienti insalubri o pericolosi, o da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provveder all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione»), in continuità col suo antecedente prossimo (art. 21 r.d. 2316/1934, t.u. delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia, che riproduceva nella sostanza l'art. 19 della l. 2277/1925), adempiva ad una finalità di carattere emergenziale, conferendo un eccezionale potere di intervento immediato alla «pubblica autorità», la quale viene facultizzata a togliere il minore dalla sua famiglia per «collocarlo in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo a sua protezione».

Come emerge trasparente dalla lettera normativa, in deroga ala principio secondo cui l'esercizio della responsabilità genitoriale compete ai genitori (v. art. 30 Cost.), il collocamento extra familiare ha natura provvisoria, essendo destinato ad operare «sino a quando si possa provvedere in modo definitivo».

Il collocamento in parola costituisce «misura d'indole cautelare e provvisoria» (M. Stella Richter, V. Sgroi; Messineo; Pignataro).

Il potere previsto dall'art. 403 c.c. va riservato ai casi di abbandono e disagio che siano «palesi, evidenti o di indiscutibile ed agevole accertamento ed al fine di assumere provvedimenti contingibili che si rivelino necessari ed urgenti» (Cass. civ., 16 ottobre 2015, n. 20.928).

L'intervento dell'autorità riguarda situazioni particolarmente urgenti (si pensi, ad es., alle situazioni di violenza che si consumano entro le pareti domestiche da parte del genitore sul figlio minore) quando l'urgenza di provvedere (onde evitare pregiudizio irreparabile alla prole) non permetta un intervento immediato da parte del Tribunale per i minorenni (Ruscello). In tali casi, si esige un collocamento immediato del minore in ambiente extra domestico per evitare grave pregiudizio a un danno irreversibile al minore.

Togliere un minore alla propria famiglia è scelta necessariamente traumatica, gravida di significative conseguenze per l'equilibrio e la crescita interiore e spirituale del minore, come pure per i genitori e, più in generale, per l'intero assetto familiare. Tale rilevantissima facoltà va esercitata con sommo equilibrio e moderazione da parte della pubblica autorità, quale extrema ratio, onde evitare di cadere nella «sindrome di onnipotenza» di cui talvolta i servizi sociali sono preda.

Nonostante la disposizione normativa conferisca ampio potere alla «pubblica autorità», attribuendole un potere che sconta il rischio di gravissimi abusi in danno dei soggetti più fragili, quali sono i minori, e delle loro famiglie (come recenti casi eclatanti hanno evidenziato. Si veda, ad es., Trib. Min. Bologna 8 luglio 2010, est. Stanzani, inedita, che aveva disposto la «caducazione immediata del provvedimento assunto in via amministrativa ex art. 403 c.c. con una leggerezza tanto ignara dei primari diritti di stampo costituzionale coinvolti, (sembra si ignori che primario diritto del minore è quello alla famiglia e che ogni limitazione costituisce eccezione da trattare con la massima delle prudenze) quanto incomprensibile sul piano umano»), la finalità e gli obiettivi cui adempie la previsione normativa (testè rinnovata dalla l. 206/2021), per quanto introdotta quasi un secolo or sono dal passato regime autoritario, rimane cruciale nell'ordinamento vigente, seppur in un ordinamento vivificato dai valori della Costituzione, laddove la stessa impone l'intervento della «legge», quando il minore si trovi in condizione di abbandono, «in caso di incapacità dei genitori» (art. 30, 2° comma, Cost.).

Concorso di istituti giuridici

Da un punto di vista sistematico, molteplici sono gli strumenti di diritto positivo posti a tutela dell minore in condizione di abbandono o che subisca grave pregiudizio in ambiente familiare.

La persistente rilevanza ed attualità dell'istituto in discorso emerge dalle seguenti considerazioni.

La previsione affidata all'art. 403 c.c. si pone a monte rispetto ai molteplici interventi d'autorità previsti dal sistema di protezione dei minori in condizione di abbandono, come ha precisato la nomofilachia («l'art. 403 c.c.... attiene ad interventi urgenti da assumere nella fase anteriore all'affidamento familiare»: Cass. civ., 10 agosto 2007, n. 17648).

In particolare, l'affidamento familiare del minore che sia «privo di ambiente familiare idoneo», disposto da parte dei servizi sociali, suppone l'espletamento di un'attività istruttoria, incompatibile con l'urgenza di provvedere; dato che, anzitutto, esige l'individuazione della famiglia affidataria e la sua disponibilità ad accogliere il minore, il consenso dei genitori biologici, l'audizione del minore e la pronunzia del decreto di esecutività da parte del g.t. (v. art. 2 e 4 l. 184/1983).

Il minore in condizione di abbandono può essere dichiarato in stato di adottabilità con provvedimento pronunziato dal Tribunale per i minorenni (artt. 8 e segg. l. 184/1983). Anche tale declaratoria (completata dall'affidamento preadottivo) appare incompatibile con l'assunzione di una decisione tempestiva.

La pronunzia di provvedimenti sanzionatori ablatori a carico del genitore che «viola o trascura i doveri ad essi inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio» (artt. 330 e segg. c.c.) del pari è incompatibile con tempi contingentati.

Rispetto al provvedimento amministrativo di allontanamento adottato dalla pubblica autorità ex art. 403 c.c., quale alternativa, potrebbero essere pronunziati in sede giurisdizionale (da parte del T.M.) «provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio», adottabili, anche d'ufficio, «in caso di urgente necessità» (art. 336, comma 3, c.c.), quale, ad es., l'immediato allontanamento familiare del minore.

In vero, assai agile e veloce può rivelarsi l'intervento della «pubblica autorità» ex art. 403 c.c., dato che quest'ultima è capillarmente diffusa sul territorio, a conoscenza delle condizioni locali ed in particolare dei nuclei familiari problematici, cosicchè assai tempestivamente la stessa può intervenire disponendo l'immediato allontanamento del minore a tutela del suo diritto personalissimo a non subire abuso o violenza di sorta, con collocamento in sede protetta.

Viceversa, l'intervento del T.M. ex art. 336, ultimo comma, c.c., sconta talune lentezze e taluni indispensabili passaggi procedurali, che sono rimessi a diversi organi giurisdizionali.

Si consideri che la denunzia di situazioni di abbandono minorile va veicolata da parte dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio (tra cui, evidentemente, i servizi sociali e socio sanitari, i quali potrebbe muoversi autonomamente, appunto ex art. 403 c.c.) indirizzandola al p.m. minorile (art. 9 l. 184/1983). Quest'ultimo, a sua volta, può innescare la procedura volta all'adozione del provvedimento urgente di allontanamento e collocazione del minore presentando ricorso al T.M. il quale, a sua volta, potrebbe provvedere con decreto adottato inaudita altera parte.

Individuazione dell'autorità pubblica

Il testo novellato (ad opera della l. 206/2021) dell'art. 403 c.c. ha conservato il potere di ricovero amministrativo in capo alla «pubblica autorità», in forza di una previsione lessicalmente assai generica, trasparente unicamente nel rimettere l'esercizio di siffatto potere all'autorità amministrativa, non a quella giudiziaria (Ruscello).

Pur in presenza di talune incertezze interpretative, è stato escluso che il potere competa al P.M. (Trib. Min. Trieste 13 giugno 1989, in Giur. Merito, 1991; Trib. Min. Roma 4 novembre 1994, Dir. Fam. Pers., 1996, 161), ovvero al tribunale per i minorenni (che interviene con provvedimenti definitivi), o, ancora, al giudice tutelare (privo di poteri in materia di infanzia abbandonata) (Campanato, Pignataro).

Tale facoltà-dovere compete, piuttosto, agli organi di polizia ed ai servizi sociali, come sembra indicare il testuale riferimento normativo agli «organi di protezione dell'infanzia». Tali ultime funzioni vengono esplicate dall'ente comunale (si v. l'art. 354 c.c.), in persona del sindaco (v. Cass. civ., 16 ottobre 2015, n. 20.928).

Siffatto potere eccezionale di sottrarre il minore alla famiglia di sangue viene opportunamente rimesso agli organi amministrativi, laddove gli stessi vengano a conoscenza, in conseguenza del ruolo istituzionale ricoperto e per la capillare e diffusa presenza sul territorio, di situazioni di abbandono minorile, ovvero dei gravi pregiudizi, ovvero dei pericoli per l'incolumità fisica psichica del minore. Per le funzioni esplicate ed il ruolo istituzionale esplicato, tali organi della p.a. danno garanzia di celere intervento provvisorio protettivo di ricollocamento a tutela dei diritti personalissimi dei minori.

Seguito del procedimento amministrativo

Il provvedimento assunto ai sensi dell'art. 403 c.c., come risulta testualmente, ha finalità «protettiva», dato che con esso il minore viene collocato «in luogo sicuro». Pertanto, con con esso i s.s. collocano il minore presso una famiglia o un istituto, in attesa di determinazioni «definitive».

Una volta adottato il provvedimento protettivo da parte dei s.s., la norma nel suo testo originario non disciplina(va) la successiva fase, di competenza giurisdizionale.

Secondo taluno, in tal caso il T.M. andava informato del provvedimento ex art. 403 c.c., agli effetti dell'adozione di eventuali provvedimenti definitivi a tutela ex art. 330 e segg. c.c., ovvero agli effetti della declaratoria di adottabilità del minore (Scarpulla, Dogliotti, Pignataro).

Secondo altri, il T.M. avrebbe dovuto, invece, confermare o meno il collocamento, regolando l'affidamento del minore (Campanato). Mentre la soluzione maggiormente garantista consisteva nell'esigere l'adozione di un provvedimento di eventuale ratifica (o meno) dell'operato dei s.s. ad opera del T.M. (v. Trib. Min. Bologna 13 gennaio 2011, in Dir. Giust. 2011, 18).

Questa soluzione, che circonda l'intervento protettivo della p.a. di penetranti garanzie difensive, è stata fatta propria dal novellato testo normativo (in forza della l. 206/2021), che ha colmato la lacuna che originariamente presentava, esigendo oggi dal T.M. un decreto di «conferma, modifica o revoca» della convalida (art. 403, comma 5, c.c. nel testo novellato).

Riferimenti
  • Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1965, IX° ed., II, 220;
  • Stella Richter, V. Sgroi, Delle persone e della famiglia, Milano, 1967, II° ed.;
  • Rossi Carleo, L'adozione e gli istituti di assistenza del minore, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1982, IV, 237 ss.;
  • A. M. Finocchiaro, Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, Milano, 1983, 15-18;
  • Campanato, in Campanato, V. Rossi, S. Rossi, Il minore e il giudice civile, Padova, 2000, 152 ss.;
  • Scarpulla, I rapporti con i servizi amministrativi territoriali, in Il processo civile minorile, in Quaderni del C.S.M, Roma, 2000, 304;
  • Dogliotti, Adozione di maggiorenni e minori, in Il codice civile commentario, a cura di Busnelli, Milano, 2002, 337;
  • Pignataro, in Commentario al codice civile, a cura di P. Cendon, Milano, 2009, 537 ss.;
  • Masoni, Procedimenti camerali, a cura di Masoni, Milano, 2014, 172 ss.;
  • Ruscello, Gli interventi della pubblica autorità a favore dei minori. Uso e abuso dell'art. 403 c.c., in Dir. Fam. Pers., 2016, 3, 890 ss.

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