Falsità della procura alle liti. Inapplicabilità dell'art. 182 c.p.c.

Sergio Matteini Chiari
03 Febbraio 2022

Il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c.
Massima

Il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c.,il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, restando conseguentemente esclusa, in questa ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica.

Il caso

La ditta ZZZ proponeva reclamo avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento deducendo la nullità/inesistenza del ricorso prefallimentare per falsità della procura alle liti appostavi e conseguente carenza dello ius postulandi in capo al procuratore della società creditrice istante.

La Corte di merito adita (anche con querela di falso) riteneva infondati, nel merito, i motivi del reclamo, che, preliminarmente, respingeva anche per gli aspetti di rito, sul rilievo che ogni questione a riguardo doveva ritenersi superata dalla sanatoria ex tunc, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., conseguita al rilascio, da parte della società istante, della procura per la fase del reclamo, con ratifica dell'operato del procuratore per tutta la fase prefallimentare. In proposito la Corte così concludeva: «Il motivo è respinto con conseguente inammissibilità per difetto di interesse della querela di falso proposta da parte reclamante».

Avverso tale pronuncia la reclamante proponeva ricorso per cassazione, cui la controparte resisteva con controricorso.

La questione

La questione che interessa in questa sede è consistita nello stabilire se il disposto dell'art. 182 c.p.c. fosse applicabile anche alle ipotesi di falsità della procura alle liti.

Le soluzioni giuridiche

i) Con il primo dei motivi di ricorso, la ricorrente denunciava la violazione degli artt. 182 e 221 c.p.c.: a) ricordava di avere denunciato in sede di reclamo avverso la dichiarazione di fallimento che la procura alle liti della creditrice istante, allegata al ricorso prefallimentare, era viziata per falsità perché realizzata mediante un fotomontaggio della procura allegata ad un precedente procedimento monitorio, modificato solo nell'intestazione recante l'indicazione del Tribunale adito; b) assumeva che tale circostanza integrava la fattispecie di «mancanza assoluta di procura» da parte del legale che aveva sottoscritto il ricorso di fallimento ed impediva la riferibilità dell'atto processuale alla parte, tanto da comportare una nullità estesa all'intero giudizio, insanabile ex art.182 c.p.c., non trattandosi di procura nulla, ma inesistente ab origine; c) si doleva, quindi, che la Corte di merito non avesse preso atto che la falsità in questione era incontroversa a norma e per gli effetti dell'art.115 c.p.c., ovvero che non avesse dato seguito alla querela di falso da essa proposta ex art. 221 dello stesso codice.

ii) La Suprema Corte ha, preliminarmente, rilevato che la decisione gravata si era fondata sul principio enunciato in obiter da Cass. civ., sez. II, ord., 7 maggio 2018 n. 10885 e ribadito da Cass. civ., sez. II, ord., 24 agosto 2021, n. 23353, secondo cui l'art. 182 c.p.c., nella formulazione introdotta dall'art. 46, comma 2, della l. 69/2009 (qualora rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione oppure un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice è tenuto a promuovere la sanatoria, assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc e senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali), trova applicazione anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa.

La Suprema Corte ha rilevato, quindi, in primo luogo, che tale pensiero, minoritario nella giurisprudenza di legittimità, si poneva in diretto contrasto con la previsione di cui all'art. 125, comma 2, c.p.c., secondo il quale «La procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata», regola che, come anche affermato dalle Sezioni Unite (sent. Cass. civ., sez. un., 13 giugno 2014, n. 13431 – nello stesso senso, Cass. civ., sez. II, 29 marzo 2019, n. 8933; Cass. civ., sez. II, ord., 8 gennaio 2020, n. 135; Cass. civ., sez. III, ord., 20 aprile 2020, n. 7965) conserva valore anche dopo la modifica degli artt. 83 e 182 c.p.c., introdotta dalla l. 69/2009; ciò in quanto «il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, come nel caso del ricorso per cassazione, restando conseguentemente esclusa, in tale ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica».

iii) La Suprema Corte ha, inoltre, rilevato che la fattispecie sottoposta alla sua attenzione non era sovrapponibile a quelle prese in considerazione nelle pronunce richiamate nella decisione gravata, vertendo non già sull'inesistenza giuridica della procura, ma sulla sua falsità materiale, ed ha affermato che, laddove la falsità sia accertata, la relativa fattispecie è da ritenere non riconducibile ad alcuna delle ipotesi disciplinate dall'art. 182cit., in quanto comporta l'invalidità assoluta, rilevabile anche d'ufficio, di un elemento indispensabile per la formazione fenomenica dell'atto introduttivo del giudizio ed incide sulla validità stessa dell'instaurazione del rapporto processuale, impedendo la produzione di qualsiasi effetto giuridico (conf. Cass. civ., sez. II, 30 luglio 2019, n. 20511).

iv) Affermati i suddetti principi, la Suprema Corte ha cassato la sentenza gravata con rinvio alla Corte territoriale, per la riconsiderazione, nel merito (nessun rilievo, perché non pertinente, assumendo il richiamo fatto dalla ricorrente all'art. 115 c.p.c.), della rilevanza della querela di falso proposta dalla reclamante.

Osservazioni

i) Con la modifica dell'art. 182 c.p.c. introdotta dalla l. 69/2009 sono state ampliate le possibilità di sanatoria dei difetti di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione.

Inoltre, la possibilità di sanatoria è stata estesa ai vizi che determinano la nullità della procura al difensore; sono state sancite la doverosità (non la semplice discrezionalità) della concessione di un termine per la sanatoria di tutti i suddetti vizi, ove rilevati, e la perentorietà di tale termine; è stata espressamente prevista la retroattività della sanatoria, non venendo più fatte salve le decadenze che si fossero già maturate.

Per quanto di interesse, va ricordato che la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato, con riguardo a fattispecie disciplinate ratione temporis dal testo originario del secondo comma dell'art. 182, che tale disposizione dovesse essere interpretata nel senso che il giudice «deve» promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del difetto (di rappresentanza, assistenza, autorizzazione) rilevato, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (in termini, Cass. civ., sez. un., 19 aprile 2010, n. 9217 e, nello stesso senso, Cass. civ., sez. III, 20 giugno 2017, n. 15156; Cass. civ., sez. VI, ord., 14 novembre 2017, n. 26948; Cass. civ., sez. III, ord., 8 novembre 2019, n. 28824).

Tale interpretazione non è stata, peraltro, ritenuta estensibile ai casi di vizi della procura alle liti, venuti in considerazione soltanto con l'avvento del testo attualmente vigente della norma, cui non è stata riconosciuta portata meramente interpretativa, atteso il tenore testuale fortemente innovativo della stessa (v., ex multis, Cass. civ., sez. lav., 15 dicembre 2017, n. 30245 e Cass. civ., sez. II, 29 marzo 2019, n. 8933).

ii) Nel secondo comma dell'art. 182 c.p.c. si detta, fra l'altro, che, quando rilevi «un vizio che determina la nullità della procura al difensore», il giudice assegna alle parti un termine perentorio «per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa»; conseguendone, ove il termine sia osservato, sanatoria ex tunc dei vizi e degli effetti sostanziali e processuali della domanda.

Non è controverso che rilevino tutti i casi di irregolarità o nullità della procura.

Non vi è, viceversa, unicità di pensiero con riguardo alle ipotesi di rilascio tardivo della procura, cioè successivo alla costituzione in giudizio della parte.

La giurisprudenza prevalente tende ad escludere in questi casi l'applicabilità dell'art. 182 c.p.c., sul presupposto che si tratti di veri e propri vizi di inesistenza della procura e che, in ogni caso, il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificato con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale (e requisito essenziale dell'atto introduttivo del giudizio) e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti nell'art. 125 c.p.c., ove è disposto che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, come nel caso del ricorso per cassazione, restando conseguentemente esclusa, in tali ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica (Cass. civ., sez. un., 13 giugno 2014, n. 13431; Cass. civ., sez. II, 29 marzo 2019, n. 8933; Cass. civ., sez. II, ord., 8 gennaio 2020, n. 135; Cass. civ., sez. III, ord., 20 aprile 2020, n. 7965).

In altri termini, secondo tale orientamento, cui viene data convinta adesione dalla sentenza in commento, le irregolarità e le nullità della procura sono tutte sanabili, peraltro alla condizione indefettibile che la procura sia stata rilasciata anteriormente alla costituzione in giudizio della parte interessata.

Secondo un altro orientamento, al momento minoritario (si vedano le già citate Cass. civ., sez. II, ord., 7 maggio 2018 n. 10885 e Cass. civ., sez. II, ord., 24 agosto 2021, n. 23353), invece, l'art. 182 cit., nella formulazione vigente, trova applicazione anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa.

iii) Non è dubitabile che l'art. 182 c.p.c., nella versione introdotta dalla l. 69/2009, sia, con riguardo ai vizi della procura alle liti, totalmente innovativo. Nella versione anteriore, infatti, restava esclusa la possibilità di applicare i suoi disposti ai vizi relativi alla rappresentanza tecnica del difensore ed alla procura alle liti.

Come già ricordato, non è controverso che siano sanabili tutti i casi di irregolarità o di nullità della procura. Permangono, tuttavia, incertezze in ordine al se la sanatoria sia applicabile anche nelle ipotesi in cui una procura alle liti manchi del tutto.

Vero è che la norma contempla, oltre al «dovere» di concedere un termine per la «rinnovazione» della procura viziata, anche «il dovere» di concedere di un termine per il «rilascio» della procura alle liti e tale locuzione sembra favorire il pensiero che, nonostante il chiarissimo disposto dell'art. 125, comma 2, c.p.c., sia possibile che il legislatore abbia voluto porre rimedio (sanatoria) anche con riguardo ai casi di procura inesistente non soltanto giuridicamente ma anche in fatto e dunque anche con riguardo alle ipotesi di procura del tutto mancante.

Le perplessità possono venir meno osservando che la predetta locuzione va letta alla luce del suo codificato presupposto, vale a dire la sussistenza di un vizio determinante la «nullità» della procura, vizio non interpretabile così estensivamente da includere anche l'assai più grave vizio dell'inesistenza, che non può disconoscersi laddove si tratti del difetto dello ius postulandi, requisito preliminare di ammissibilità dell'instaurazione del giudizio (Cass., sez, V, ord. 20 luglio 2018, n. 19399).

D'altronde, avendo riguardo alla fattispecie venuta all'attenzione della Suprema Corte nella vicenda in esame, non è dubitabile che una procura alle liti affetta da falsità sia di fatto, oltre che di diritto, inesistente (v., per una fattispecie analoga, Cass. civ., sez. II, 30 luglio 2019, n. 20511)

Non può, tuttavia, obliarsi che, con riguardo a fattispecie sostanzialmente assimilabile a quella presa in considerazione nella sentenza in commento (ricorso di fallimento proposto da soggetto privo del potere di difendersi personalmente – situazione ritenuta sanata in forza del rilascio di procura alle liti ad un legale in corso di causa), la sanatoria è stata ritenuta applicabile nel procedimento prefallimentare, in quanto norma non eccezionale e suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva ed applicazione analogica (Cass. civ., sez. I, 6 marzo 2018, n. 5259; v., nello stesso senso.

iv) Al fine di dare maggiore compiutezza allo scritto, si provvede a dare conto dello stato della giurisprudenza su alcune delle questioni che si possono porre in ordine all'applicabilità dei disposti dell'art. 182 c.p.c.

a) i Non è controverso che, differentemente da quanto previsto per la rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., la sanatoria di cui all'art. 182 dello stesso codice non postula la condizione della causa non imputabile alla parte e neppure l'istanza di parte.

b) Viene costantemente affermato che il giudice che rilevi alcuno dei vizi di cui all'art. 182, comma 2, c.p.c. è tenuto a promuovere la sanatoria in qualsiasi fase e grado del giudizio, pertanto anche nel giudizio di appello (v., per varie fattispecie, Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2014, n. 11359; Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 2016, n. 3181; Cass. civ., sez. lav., 13 marzo 2018, n. 6041; Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2021, n. 13597).

c) Del pari, viene costantemente affermato che qualora una parte sollevi tempestivamente l'eccezione di difetto di rappresentanza, sostanziale o processuale, ovvero un vizio della procura ad litem, è onere della controparte interessata produrre immediatamente, con la prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il difetto o il vizio, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire ed attivarsi per conseguire la sanatoria, in mancanza della quale la nullità diviene insanabile; senza che operi il meccanismo di assegnazione del termine ai sensi dell'art. 182 c.p.c., prescritto solo per il caso di rilievo officioso (Cass. civ., sez. II, ord., 4 ottobre 2018, n. 24212; Cass. civ., sez. II, ord., 16 ottobre 2020, n. 22564; Cass. civ., sez. I, 20 ottobre 2021, n. 29244).