La Corte costituzionale sulla procura super-speciale alle liti per i richiedenti protezione internazionale

Roberta Vasta
07 Febbraio 2022

La Corte costituzionale ha ritenuto legittima la disciplina «super-speciale» della procura alle liti per ricorrere per cassazione dettata per i richiedenti protezione internazionale, pur evidenziando alcune criticità dell'assetto complessivo di tutela delineato dal legislatore.
Massima

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35-bis, comma 13, sesto periodo, del d.lgs. 25/2008, sollevata dalla Corte di cassazione, sezione terza civile, con l'ordinanza del 23 giugno 2021, in quanto l'onere di certificazione della posteriorità della data del rilascio della procura per il ricorso in cassazione da parte del legale mira a tutelare il diritto ad un equo processo del richiedente asilo.

Il caso

Un cittadino straniero richiedente asilo ha impugnato per Cassazione il decreto (n. 4353 del 27 settembre 2019) con cui il Tribunale di Bologna ha rigettato la sua domanda di protezione internazionale.

La terza sezione della Corte di cassazione, investita della questione, ha rilevato in limine litis la mancanza della certificazione della data del rilascio della procura al difensore prescritta dall'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. 25/2008 a pena di inammissibilità del ricorso. Il Collegio, non condividendo l'interpretazione della normativa fornita dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 15177/2021, ha rimesso, con ordinanza n. 17970/2021, gli atti alla Corte costituzionale, sollevando la questione di legittimità dell'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. 25/2008 (inserito dalla l. 46/2017) per violazione degli artt. 3, 10, 24, 111 e 117 della Costituzione, in relazione agli artt. 28 e 46 della Direttiva 2013/21/UE, agli artt. 18,19 e 47 della Carta di Nizza, e agli artt. 6, 7, 13, 14 della CEDU.

La questione

L'art. 35-bis, comma 13, del d.lgs. 25/2008 dispone che, in materia di protezione internazionale e rifugiato politico, la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità dello stesso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato e il difensore deve certificare la data di rilascio in suo favore della procura medesima.

La normativa in esame richiede un elemento di specialità ulteriore rispetto all'ordinaria ipotesi di rilascio della procura per il giudizio di Cassazione disciplinato dagli artt. 83 e 365 c.p.c.: la certificazione da parte del difensore della posteriorità della data di rilascio della procura rispetto al provvedimento impugnato.

La Sezione remittente ha ritenuto che la norma, nell'interpretazione fornita dalle Sezioni Unite con la decisione n. 15177/2021 comprima, tra l'altro, l'esercizio effettivo del diritto di difesa del richiedente, introducendo un regime processuale peggiorativo solo per una particolare categoria di stranieri, pur in presenza di situazioni omogenee, quali i processi di riconoscimento dello status di apolide e di ottenimento della protezione umanitaria.

Le soluzioni giuridiche

Per comprendere meglio il decisum della Consulta, sembra indispensabile ripercorrere le differenti soluzioni fornite al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità. La sentenza n. 15177/2021 delle Sezioni Unite ha sciolto un contrasto formatosi in merito all'interpretazione dell'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. 25/2008.

Un primo orientamento aveva proposto una lettura costituzionale della norma volta ad evitare che la mancata certificazione della data da parte del legale potesse riverberarsi negativamente sul diritto di difesa del ricorrente. Per tale orientamento, il formalismo degli atti processuali persegue non un fine proprio, ma uno ulteriore, che - nel caso di specie - è quello di assicurare la presenza dello straniero sul territorio dello Stato, presenza ritenuta baluardo dell'attualità dell'interesse a proporre il ricorso. Così si è giunti ad affermare che l'inosservanza della prescrizione formale richiesta risulta irrilevante se l'atto viziato ha raggiunto il suo scopo (Cass. civ., sez. III, sent., 10 novembre 2015, n. 22871, Cass. civ., sez. II, sent., 12 maggio 2016, n. 9772; conformi Cass. civ., sez. un., sent., 5 maggio 2017, n. 10937; sent., 24 settembre 2018, n. 22438; sent., 25 marzo 2019 n. 8312 - a proposito di questioni collegate alla forma digitale di atti processuali, ma anche in ambito fallimentare - Cass. civ., sez. I, 10 luglio 2019, n. 18535, Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2020, n. 12171). Il ricorso, pertanto, è ammissibile se la procura contiene un esplicito riferimento al provvedimento impugnato e alla data della sua comunicazione, da cui è facilmente desumibile che il suo rilascio è successivo (ex multis Cass. civ., sez. un., 25 marzo 2019, n. 8312; Cass. civ., sez. I, ord., 10 luglio 2019, n. 18535; Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2020, n. 12171; Cass. civ., sez. I, ord., 2 marzo 2021, n. 5674).

Un secondo orientamento, non dissimile dal precedente, è improntato al rispetto del meta principio di effettività.

Pertanto, per evitare la nullità del ricorso, è sufficiente che l'attestazione della posteriorità della data possa desumersi anche dall'autenticazione della firma, che segue l'indicazione della data, senza l'uso di formule sacramentali. Il legale, che ha apposto la firma in calce alla procura, ha assolto al potere certificatorio demandatogli dalla norma (ex multis Cass. civ., sez. un., 28 novembre 2005, n. 25032; Cass. civ., sez. un., 24 settembre 2018 n. 22438, Cass. civ., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15146).

Sostenuto da molte ordinanze interlocutorie, l'ultimo orientamento, proprio di molte ordinanze interlocutorie, ha invece affermato, in linea con il dato testuale della norma, la necessità della certificazione specifica da parte del difensore della posteriorità della data rispetto al provvedimento impugnato, pena l'inammissibilità del ricorso (prima sezione ordd. nn. 5213/2021 e 5214/2021 e seconda sezione nn. 28208/2020, 28209/2020, 29250/2020, 29251/2020; Cass. civ., sez. un., 30 marzo 2021, n. 8776).

In questo quadro interpretativo composito e disomogeneo, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 15177/2021 cit., hanno ribadito che l'unica lettura esegetica della normativa secundum legem è quella che attribuisce al difensore un ulteriore potere certificatorio di esistenza della data della procura successiva al provvedimento, non surrogabile aliunde.

Per il Supremo Collegio è sufficiente la certificazione del difensore, senza il ricorso a formule sacramentali, anche con una sola sottoscrizione, sia della data della procura successiva alla comunicazione del provvedimento, sia dell'autenticità della firma del ricorrente.

Poco dopo, però, alcune sezioni semplici della Cassazione hanno dichiarato inammissibili i ricorsi nei quali la procura, sebbene rilasciata in data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato, non conteneva alcuna espressione dalla quale risultasse che il difensore aveva inteso certificare che tale data fosse successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato (si veda Cass. civ., sez. I, ord., 17 giugno 2021 n.17474, Cass. civ., sez. lav., ord., 24 giugno 2021, n.18145).

Contestualmente veniva depositata l'ordinanza n. 17970/2021, da parte della sezione terza, che, - discostandosi dal principio espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 15177 e nell'impossibilità di una nuova rimessione della questione alle stesse - ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. 25/2008: ciò in quanto avrebbe introdotto, per una determinata categoria di stranieri, un regime processuale peggiorativo, a causa di un esercizio del diritto di azione più gravoso, con riferimento alle modalità di conferimento della procura e alle conseguenze derivanti dalla loro inosservanza, non solo rispetto a quello riservato ai cittadini, o agli altri stranieri che agiscono davanti al giudice italiano, ma anche all'interno delle medesime categorie di soggetti (gli apolidi, i richiedenti la protezione umanitaria) senza giustificazione alcuna.

La Corte costituzionale, investita della questione, ha preliminarmente evidenziato che la disposizione censurata conferma la regola generale dettata dal legislatore in materia di procura per ricorrere in Cassazione, in quanto ribadisce la necessità del conferimento della procura in data posteriore alla pronuncia impugnata (ex plurimis, Cass. civ., sez. un., 19 novembre 2021, n. 35466).

Trattandosi di una regola generale, non sussiste una difformità di trattamento del ricorrente in quanto straniero, richiedente la protezione internazionale: la posteriorità della procura speciale implica che il suo rilascio da parte del ricorrente, secondo l'id quod plerumque accidit, avvenga nel territorio dello Stato.

La finalità perseguita dalla norma sarebbe quella di assicurare la presenza dello straniero nel territorio dello Stato e, quindi la permanenza del suo interesse a ottenere la protezione, negatagli dal decreto del tribunale, ovvero la sussistenza dell'interesse a proporre il ricorso per cassazione.

La Consulta ha poi evidenziato come presenti, invece, portata innovativa l'introduzione dell'onere della certificazione anche della data della procura imposto al difensore, onere che si aggiunge agli obblighi di lealtà ex art. 88, comma 1, c.p.c. e che al contempo garantisce il diritto alla tutela giurisdizionale dello straniero richiedente la protezione.

Considerato, inoltre, che il diritto alla tutela giurisdizionale è compromesso solo quando vengano richieste attività tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa (tra le molte, sentt. n. 80 e n. 58/2020, n. 271/2019, n. 199/2017, n. 121 e n. 44 del 2016) - e tale non è l'onere di certificazione di cui è gravato il difensore dello straniero richiedente la protezione internazionale - va esclusa la lesione del suddetto diritto.

Sotto altra prospettiva, il Giudice delle leggi ha individuato l'obiettivo perseguito dal legislatore dalla normativa in questione nel contenimento del numero di ricorsi in Cassazione seriali e caratterizzati dall'ammissione delle parti private al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, proposti in mancanza di un perdurante interesse del ricorrente in quanto trasmigrato, con conseguente pregiudizio del diritto all'accesso al giudizio di legittimità da parte di chi ha un interesse reale.

Il fine perseguito dalla norma esclude, dunque, che la prescrizione espressa dalla stessa, di natura strettamente processuale, determini un'illegittima disparità di trattamento tra i richiedenti protezione internazionale e altri soggetti ricorrenti.

Né la sanzione comminata è ritenuta dalla Consulta sproporzionata, trattandosi di una scelta effettuata dal legislatore, che, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, ha ritenuto più efficace porre un onere a carico del difensore a pena di inammissibilità del ricorso piuttosto in luogo di un mero dovere rientrante negli obblighi di deontologia professionale.

Infine anche le questioni relative alla violazione dei parametri - sia del diritto europeo, sia di quello convenzionale - sono state ritenute non fondate, non ravvisando la Consulta la violazione della garanzia ad un ricorso giurisdizionale effettivo. È stato sul punto osservato che la garanzia di un ricorso effettivo riguarda il diritto del richiedente asilo di portare innanzi a un giudice, con le garanzie della giurisdizione, l'esame della sua richiesta, ma ogni Stato membro - nella sua piena autonomia - regolamenta la disciplina dell'impugnazione, in secondo grado o ulteriore, della decisione di quel giudice (Corte di giustizia dell'Unione europea sent. 26 settembre 2018, X e Y contro Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie).

Osservazioni

La sentenza della Corte costituzionale cristallizza l'interpretazione data all'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. 25/2008 dalla sentenza n. 11727 delle Sezioni Unite. Infatti, la Corte, ritenendo non fondate le questioni di legittimità sollevate, ribadisce che l'onere formale di certificazione della posteriorità della data di rilascio della procura è legittimo ed è ottemperato in continuità con l'assolvimento dell'altro onere di certificazione dell'autografia della sottoscrizione.

Non solo. La decisione in commento, che conferma il rigorismo formale richiesto per la procura per il ricorso in Cassazione dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. civ., sez. un., 20 settembre 2019, n. 23535) tende chiaramente a limitare la proposizione del suddetto ricorso quando il richiedente asilo è all'estero ed è spesso finalizzato alla sola liquidazione degli oneri del patrocinio a carico dello Stato.

Considerato poi che la Corte di Strasburgo ha più volte osservato che la normativa sulle formalità e i termini da osservare per presentare un ricorso è volta ad assicurare la buona amministrazione della giustizia, quest'ultima verrà realizzata onerando gli avvocati di un formalismo ulteriore, la cui inosservanza determinerà un danno per il ricorrente causato dall'inammissibilità del ricorso, e «vedrà il legale condannato al pagamento delle spese processuali» (Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2021, n. 16607, Cass. civ., sez. VI, ord., 28 maggio 2019,n. 14474).

Riferimenti
  • G. Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Bari, 2019, 203;
  • S. Caporusso, I vizi di capacità e di rappresentanza nel regime delle sanatoria processuali, Napoli, 2019, passim;
  • S. Chiarloni, Contrasti tra diritto alla difesa e obbligo di difesa: un paradosso del formalismo concettualista, in Riv. dir. proc., 1982, 662 ss.;
  • F. Cipriani, Sulla condanna del difensore alle spese, in Foro it., 2006, I, c. 3099 ss.;
  • R. Giordano, Inammissibilità del ricorso per invalidità della procura speciale: gli oneri del giudizio gravano sul difensore, in www.Ilprocessocivile.it;
  • F.P. Luiso, Diritto processuale civile. Principi generali, I, Milano 2019, 233.