Il Tribunale di Milano, con decreto interlocutorio ex art. 162 l.fall., ha evidenziato come nel concordato in continuità “il creditore privilegiato, pagato integralmente ma con dilazione ultra annuale (nella specie pluriennale), dovesse essere “classato” a parte, con esercizio del diritto di voto come da arresti della Suprema Corte di Cassazione (Cfr. Cass. n. 17834/2019 e Cass. n. 11882/2020)”.
Con la citata sentenza della Cass. n. 11882/2020 è stato ritenuto che “sulla base del differenziale tra il valore del credito al momento della presentazione della domanda di concordato e quello al momento del termine della "moratoria" (la cui concreta determinazione deve essere rimessa, come accertamento in fatto, ai giudici del merito) potrà essere calcolato il diritto di voto dei creditori privilegiati dilazionati, con la precisazione, tuttavia, che i criteri per tale determinazione dovranno essere contenuti nel piano concordatario e certificati nella loro effettività e veridicità dal professionista, a pena di inammissibilità della proposta”.
Le concrete modalità di determinazione del credito “al momento del termine della moratoria” suscitavano tuttavia non pochi interrogativi.
Nella sentenza 11882/2020 la Cassazione ha infatti previsto che: “nella misura in cui la moratoria per il soddisfacimento dei creditori privilegiati ecceda il termine di un anno dalla omologazione previsto dalla norma, i creditori privilegiati […] saranno chiamati ad approvare la proposta di concordato, se del caso, previo inserimento in un'apposita classe. […] La norma in esame [n.d.r., art. 186 bis l.fall.] non si esprime expressis verbis sulla possibilità di una moratoria ultrannuale. Si deve tuttavia concludere, per le osservazioni già sopra riportate, nel senso della possibilità di tale previsione nel piano concordatario con continuità aziendale, previa previsione del diritto di voto per i creditori privilegiati “dilazionati” e corresponsione degli interessi (in tal senso, v. anche Sez. 1, Sentenza n. 17834 del 03/07/2019) […] Ebbene, emerge […] come […] la società debitrice avesse proposto […] un piano concordatario con continuità aziendale che prevedeva una dilazione ultrannuale nel pagamento dei creditori privilegiati che deve ritenersi legittima […] qualora accompagnato dalla previsione del diritto di voto e del pagamento degli interessi […]”.
La Cassazione fa poi espressamente richiamo all'art. 86 CCI, sebbene lo stesso non sia ancora entrato in vigore: “Sul punto, soccorre, in parte, il criterio dettato dal legislatore nel nuovo "Codice della crisi di impresa", per come regolato nel D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 86, norma che […] può essere utilizzata anche per la regolamentazione della materia in esame in relazione ai concordati ricadenti sotto l'egida applicativa dell'attuale legge fallimentare, essendo identici i principi regolanti la materia dell'esercizio del diritto di voto da riconoscersi ai creditori privilegiati "dilazionati". Deve, pertanto, ritenersi estraibile dalla norma da ultimo citata il principio di "attualizzazione" dei pagamenti previsti dal piano concordatario, calcolati sul valore alla data di presentazione della domanda di accesso alla procedura concorsuale (come deve risultare dall'attestazione del professionista incaricato), con l'esclusione, tuttavia, del riferimento al tasso di sconto di cui al D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, art. 5”.
Tenuto conto dell'esclusione del riferimento al tasso di sconto di cui al D.Lgs. n. 231/2002, nel caso di specie poteva venire in aiuto il “Tasso di Riferimento” (ex “Tasso Ufficiale di Sconto”); tuttavia, alla data di presentazione della proposta concordataria, lo stesso aveva un valore pari a 0,00% (sotto il profilo matematico, l'operazione di attualizzazione di un importo con un tasso pari a 0,00%, restituisce sempre il medesimo importo, svuotando così in concreto di significato l'indicazione della Cassazione).
La società, per trovare una soluzione concreta a tale situazione, ha preso dunque in considerazione il “tasso da applicare per le operazioni di attualizzazione e rivalutazione ai fini della concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore delle imprese”, fissato dal Ministero dello Sviluppo Economico, con decreto ministeriale del 20 dicembre 2019, nella misura dello 0,69%.
Tale tasso, decorrente dal 1° gennaio 2020, era in vigore alla data di accesso della ricorrente alla procedura di concordato preventivo ex art. 168 l.fall.
La società ha dunque rappresentato che la scelta di utilizzare tale tasso avrebbe a suo avviso consentito il conteggio, mediante attualizzazione, di importi da ammettere al voto per Agenzia delle Entrate e Inps:
- coerenti con la pronuncia n. 11882/2020 della Suprema Corte;
- in linea con l'art. 86 CCI;
- aderenti ai concreti meccanismi di calcolo indicati nella Relazione Illustrativa al CCI, che con riferimento all'art. 86 CCI così si esprime:
“Per ciò che concerne il concreto meccanismo di calcolo sarà sufficiente effettuare questi passaggi:
- acquisire il piano dei pagamenti previsti dal piano concordatario al lordo degli interessi legali riconosciuti;
- operare l'attualizzazione dei flussi su base annuale o mensile in dipendenza del grado di analiticità del piano stesso;
- determinare l'importo attualizzato e calcolare la differenza fra l'importo sub 1 e quello sub 2.
La differenza così determinata rappresenta la perdita virtuale che il creditore privilegiato subisce a causa della dilazione del pagamento e dunque costituirà l'ammontare del credito per il quale il creditore eserciterà il suo diritto di voto”.
L'importo totale dei debiti verso Agenzia delle Entrate e Inps è stato dunque inserito in un'apposita classe, prevedendo tuttavia che tali Enti fossero ammessi al voto unicamente per la differenza tra il debito erariale e previdenziale alla data di accesso alla procedura di concordato preventivo e l'importo attualizzato secondo i criteri sopra illustrati.
Oltre a ciò, si evidenzia che la Società ha conteggiato, sul debito erariale e previdenziale:
- gli interessi di “preammortamento”, dalla data di accesso alla procedura di concordato preventivo ex art. 168 l.fall., fino alla data in cui è previsto il pagamento della prima rata di dilazione per transazione fiscale ex art. 182 ter l.fall.;
- i totali interessi di dilazione (di cui fanno parte anche quelli di preammortamento), ovvero gli interessi complessivamente stimati sulle rate della transazione fiscale ex art. 182 ter l.fall.
Il tasso utilizzato è il tasso legale - per il combinato disposto degli artt. 169; 54, comma 3; 55 l.fall. e 2749 c.c. - in vigore alla data di accesso della Società alla procedura di concordato preventivo ex art. 168 l.fall.
Il professionista attestatore ha rilasciato apposita attestazione integrativa ex art. 161, comma 3, l.fall. in merito ai criteri utilizzati dalla società per i sopra descritti calcoli.
Il Tribunale di Milano ha ritenuto valido l'iter logico illustrato dalla ricorrente, evidenziando espressamente la propria adesione ai criteri indicati dalla sopra citata sentenza n. 11882/2020 della Corte di Cassazione: “Il Collegio ritiene di accedere alla soluzione espressa dalla Suprema Corte di Cassazione come, da ultimo, ribadita con la pronuncia n. 11882/2020, ove richiamando l'art. 86 CCI, ha disposto che l'esercizio di voto debba riferirsi alla differenza tra il credito complessivo maggiorato degli interessi ed il relativo valore attualizzato dei pagamenti previsti nel piano alla data della presentazione della domanda”.
La società è stata così ammessa alla procedura di concordato preventivo, ex art. 163 l.fall.
Per completezza, si ritiene utile precisare che il Tribunale, nel decreto interlocutorio ex art. 162 l.fall., aveva richiesto alla società di predisporre due ipotesi di calcolo per la determinazione, in concreto, dell'esercizio del diritto di voto: una aderente ai criteri indicati nella sopra citata sentenza della Suprema Corte n. 11882/2020 (ipotesi poi effettivamente adottata nel caso di specie) e un'altra aderente ai criteri indicati dal Tribunale di Firenze nel decreto del 13 novembre 2019, secondo cui l'ammissione al voto riguarderebbe l'intero importo del credito privilegiato oggetto di moratoria ultrannuale.
Il Tribunale di Firenze, nel decreto in questione, aveva infatti ritenuto quanto segue: “Il quadro sistematico di riferimento, in particolare l'art. 177, comma 2, l.fall. parte seconda (rinuncia totale o parziale della prelazione per la parte non coperta da garanzia) e l'art. 177, comma 3, l. fall. (soddisfazione non integrale del credito privilegiato) sembrano infatti ancorare il diritto di voto non tanto alla misura della perdita economica (il voto viene espresso per l'intero credito nominale degradato e non per la parte rimasta insoddisfatta e costituente quindi il sacrificio patrimoniale) quanto a quella parte di credito il cui regime ordinario muta per effetto dell'ammissione del debitore alla procedura concordataria. E in effetti il pagamento oltre l'anno del creditore privilegiato comporta, come sopra accennato, il mutamento dello statuto dell'intero credito, che cambia per effetto del concordato. Per tali motivi, ritiene il Tribunale che i privilegiati debbano votare per l'intero importo del loro credito”.
Si sottolinea come l'Agenzia delle Entrate abbia espresso voto favorevole alla proposta concordataria predisposta dalla società, sancendo così di fatto una adesione ai criteri di calcolo sopra descritti, già ritenuti validi dal Tribunale di Milano.
Il concordato, approvato dai creditori, è stato infine omologato.