È valida l’apertura spontanea di plichi nel corso della verifica fiscale anche senza autorizzazione del PM

Francesco Brandi
07 Febbraio 2022

Legittimo basare l'avviso di accertamento sui dati e documenti scovati nella valigetta dell'amministratore, consegnata spontaneamente agli agenti durante un'ispezione. Ciò anche senza autorizzazione della Procura.

Legittimo basare l'avviso di accertamento sui dati e documenti scovati nella valigetta dell'amministratore, consegnata spontaneamente agli agenti durante un'ispezione. Ciò anche senza autorizzazione della Procura.

Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 3182 del 2 febbraio 2022, con cui hanno rigettato il ricorso di una società.

Apertura di plichi nel corso di una verifica fiscale

Sulla questione si era sviluppato un orientamento secondo cui deve ritenersi legittima l'acquisizione di documentazione custodita all'interno di una borsa rinvenuta in sede di verifica fiscale laddove, come nel caso in esame, l'apertura della stessa è avvenuta sia pur non spontaneamente, comunque volontariamente (cfr. Cass. n. 737/2021).

Sul punto si ricorda che l'art. 52, d.P.R. n. 633/1972 disciplina le attività degli organi verificatori presso i locali dei contribuenti al fine di reperire documenti e altri mezzi di prova per l'accertamento dell'imposta evasa. La disposizione è congegnata in modo da contemperare, anche in ossequio al principio di rango costituzionale di inviolabilità del domicilio (art. 14 Cost.), l'interesse del Fisco alla repressione dei fenomeni evasivi con le garanzie previste a favore dei contribuenti

Anche per l'apertura di cassetti e borse e quant'altro risulti protetto da chiusure, è necessaria l'autorizzazione del magistrato, in quanto tali beni sono attratti nella categoria concettuale del domicilio. L'eventuale assenso del contribuente – che fa venir meno la richiesta di autorizzazione al magistrato - legittima l'operato dei verificatori, consenso che dovrà essere trascritto sia nel processo verbale di accesso o giornaliero che nel p.v. di constatazione. Sul punto è emblematica la sentenza della Cassazione n. 9565 del 5 marzo 2007 secondo cui occorre l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica solo per procedere ad "apertura coattiva" di borse, non essendo, invece, necessaria l'autorizzazione ove l'acquisizione di documenti contenuti in borse sia avvenuta con la collaborazione ed in continua presenza del figlio e della moglie del contribuente e, comunque, senza la manifestazione di alcuna contraria volontà (cfr. in senso conforme Cass. n. 24306/2018, Cass. n. 3204/2015, n. 9565/2007 e nell'ambito della giurisprudenza di merito CTR Marche 564/1/16).

Nel caso di specie le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi sulle seguenti questioni:

  1. se, in caso di apertura della valigetta reperita in sede di accesso, la mancanza di autorizzazione di cui al d.P.R. n. 633/1972, art. 52, comma 3, possa essere superata dal consenso prestato dal titolare del diritto;
  2. se, nel caso in cui si dia risposta positiva alla prima questione, il consenso può dirsi libero ed informato anche qualora l'amministrazione finanziaria non abbia informato il titolare del diritto della facoltà, di cui alla l. n. 212/2000, art. 12, comma 2, di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi della giustizia tributaria;
  3. se, infine, l'eventuale inosservanza del suddetto obbligo di informazione ed il conseguente vizio del consenso del titolare del diritto comporti l'inutilizzabilità della documentazione acquisita in mancanza della prescritta autorizzazione.

Caso concreto

Sul primo quesito la Cassazione ha sostanzialmente avallato l'operato dell'Agenzia delle entrate: in tema di accertamento delle imposte, l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica all'apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, prescritta in materia di IVA dall'art. 52, comma 3, d.P.R. n. 633/1972 (e necessaria anche in tema di imposte dirette, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 33, d.P.R. n. 600/1973), è richiesta soltanto nel caso di "apertura coattiva", e non anche ove l'attività di ricerca si svolga con il libero consenso del contribuente.

Sul secondo quesito la Cassazione smentisce le conclusioni dell'ordinanza interlocutoria secondo cui la necessità di un consenso preventivo ed informato da parte di colui che sia legittimato ad esprimerlo (cioè il titolare del diritto) debba dirsi sussistente come necessario bilanciamento tra i valori costituzionali che entrano in gioco nella vicenda e cioè: da un lato, l'interesse fiscale dello Stato ad acquisire in modo concreto ed efficace le risorse tributarie essenziali per garantire la sussistenza e lo sviluppo della comunità; d'altro lato, la tutela delle posizioni soggettive del contribuente nei cui confronti i poteri istruttori di cui dispone l'amministrazione finanziaria è destinata ad incidere, in particolare la libertà personale, l'inviolabilità del domicilio e la segretezza della corrispondenza.

Secondo le Sezioni Unite sul punto le specifiche norme tributarie, compreso l'art. 12 dello Statuto del Contribuente, nulla prevedono al riguardo sull'onere di informazione.

Di conseguenza in tema di accertamento delle imposte, con riguardo all'apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, prevista in materia di IVA dall'art. 52, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, a i fini della valida espressione del consenso alla apertura della borsa non è necessario che il contribuente sia stato informato della sussistenza di una previsione di legge che, in caso di sua opposizione, consente l'apertura coattiva solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non rinvenendosi un obbligo in tal senso nell'art. 52 cit. e neanche nell'art. 12, comma 2, l. n. 212/2000.

Né sul punto possono applicarsi le norme in tema di consenso informato per i trattamenti sanitari trattandosi di ipotesi diversa che attiene alla tutela del diritto alla salute del paziente, o quelle in materia di protezione internazionale, consumatori e dati personali per le quali il legislatore nazionale è andato progressivamente riconoscendo, in armonia con le normative di settore dell'UE, la necessità di un obbligo informativo.

Tale soluzione è considerata assorbente del terzo quesito.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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