Ammissibilità e limiti dell'attestazione condizionata nel concordato preventivo

Marcello Tarabusi
08 Febbraio 2022

Può l'attestatore sottoporre a condizione sospensiva la propria relazione depositata nell'ambito di un piano di concordato preventivo ex art. 161, comma 3, l.fall.? L'Autore argomenta la liceità di tale scelta, indicando tuttavia i ristretti limiti, anche processuali, entro i quali una attestazione condizionata non inficia l'ammissibilità della domanda di concordato: deve trattarsi di un evento destinato ad avverarsi (o non avverarsi) entro il momento in cui il Tribunale deve decidere sull'ammissione ai sensi dell'art. 162 l.fall.
Assertività ed immediatezza dell'attestazione

Come noto, è assai dibattuta la (im)possibilità di sottoporre a condizione (Sempre e comunque solo sospensiva, non essendo nemmeno astrattamente ipotizzabile una condizione risolutiva che faccia venir meno i presupposti dell'attestazione in un secondo momento) il giudizio dell'attestatore.

Si insegna (v. C. Pagliughi, Concordato preventivo: attestazione del piano, bussola, in questo portale) che l'intervento del professionista attestatore costituisce di fatto una condizione di accesso agli strumenti di soluzione concordata della crisi di impresa, e che il deposito di una relazione di attestazione completa ed esaustiva è condizione di ammissibilità della proposta «e deve pertanto sussistere, completa di tutti i suoi requisiti essenziali, al momento del deposito della stessa. Significativo in tale senso è il fatto che l'art. 162, comma 1, l.fall. preveda la possibilità di un termine per “integrazioni” al piano e nuovi documenti, non contemplando invece in alcun modo la possibilità di integrazioni alla relazione del professionista attestatore» (Trib. Alessandria 23.05.2019).

Se ne ricava che «le attestazioni di veridicità e di fattibilità debbono possedere il carattere dell'assertività ed essere quindi prive di riserve, condizionamenti e proposizioni dubitative che ne indeboliscano la portata» (Trib. Bologna, 5.7.2021, n. 70/2021, in ilcaso.it e eutekne.it, che a propria volta richiama i conformi precedenti di Trib. Treviso 1.6.2016 e Trib. Roma 8.7.2016).

Laddove sussista incertezza su un evento futuro, allora, il professionista dovrà valutarne la probabilità di avveramento e rilasciare un giudizio favorevole solo laddove abbia motivo di ritenere altamente probabile tale avveramento: «ad esempio, mentre si ritiene che non sia ammissibile un'attestazione di fattibilità di un piano condizionata al realizzarsi di un determinato evento incerto, sarà invece possibile attestarne la fattibilità qualora il professionista, alla luce degli accertamenti compiuti, reputi (dichiarandolo) che l'avveramento dell'evento incerto determinante per la riuscita del piano sia altamente probabile, oppure qualora gli elementi di incertezza riscontrati abbiano un'influenza marginale sulla conseguibilità dei risultati attesi, che sarebbero in ogni caso raggiungibili» (Così la Guida operativa per la redazione delle relazioni art. 161, comma 3, L.F. e art. 160, comma 2, L.F. della Commissione del Comitato Scientifico della Fondazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Firenze, p. 13).

I Principi di attestazione del CNDCEC (CNDCEC, Principi di attestazione dei pian di risanamento, II ed., 16.12.2020, § 8.4.8), dal canto loro, affermano che «qualora la fattibilità del piano dipenda da specifici eventi futuri circoscritti nel tempo (quali ad esempio la firma da parte dei creditori degli accordi esaminati dall'Attestatore in bozza o l'esecuzione entro un termine di un determinato contratto), l'attestazione è immediatamente efficace se l'Attestatore attesta che sussiste una elevata probabilità che essi si verifichino; è sospensivamente condizionata negli altri casi. Nel secondo caso, la condizione deve verificarsi perché l'attestazione produca i propri effetti. L'attestazione condizionata è da considerarsi ammissibile purché gli eventi iniziali siano specificamente individuati ed esplicitati dall'Attestatore, che deve anche indicare l'orizzonte temporale entro il quale devono verificarsi».

Condizione apposta al piano e condizione apposta all'attestazione

In linea generale si conclude quindi che la condizione apposta ad una attestazione allegata alla proposta di concordato preventivo renderebbe inammissibile la domanda: se la presenza della (valida) attestazione è una condizione di ammissibilità della domanda, la sua carenza (o incerta esistenza in pendenza della condizione) non consente l'ammissione ad una procedura, che dovrebbe poi essere revocata in caso di mancato verificarsi della condizione.

Se si compulsano i repertori delle massime giurisprudenziali sembrerebbe quindi di doversi radicalmente escludere la possibilità di sottoporre a condizione sospensiva l'attestazione di un piano di concordato, se non nel caso in cui l'attestatore consideri “virtualmente certo” l'avveramento della condizione.

Si insegna infatti che:

  • «l'attestazione in ordine alla fattibilità del piano di concordato può fare riferimento ad eventi futuri che costituiscono presupposto per la realizzazione del piano solo qualora tali eventi siano specificamente individuati, circoscritti nel tempo e con una elevata probabilità che possano verificarsi» (Trib. Treviso 1.6.2016, massima tratta da ilcaso.it);
  • «nell'ipotesi in cui la proposta di concordato preventivo preveda, come condizione per la riuscita del piano, l'avverarsi di eventi futuri ed incerti, questi dovranno essere compiutamente valutati dall'asseveratore, il quale dovrà esprimere un giudizio di verosimiglianza in ordine al fatto che quegli eventi possono in futuro realmente realizzarsi» (Trib. Roma 16 dicembre 2015, massima tratta da ilcaso.it);
  • «rilevato che l'attestatore non si può sottrarre ad un giudizio di idoneità e di attuabilità del piano concordatario, poiché direttamente proporzionali alla realizzazione della causa concreta del concordato, ovvero il superamento della crisi dell'impresa in tempi ragionevoli [...] ribadito come l'attestazione incerta e dubitativa, ovvero che lascia margini di incertezza circa l'esito del piano, sia del tutto inammissibile, rilevando come una “non attestazione…”» (Trib. Rovigo 24 novembre 2015, che a propria volta richiama la massima di Trib. Roma, decr., 25 luglio 2012).

La pedissequa disamina delle massime non è tuttavia sufficiente, perché sovente le decisioni sono prese dal giudice in modo pragmatico, in relazione a specifiche circostanze del caso concreto, e poi giustificate con una motivazione che spesso riflette solo parzialmente la reale ratio decidendi ed il connesso bisogno di tutela.

Le pronunce richiamate, a ben vedere, riguardano casi in cui non si discuteva della sottoposizione del giudizio dell'attestatore a condizione sospensiva, bensì della valutazione, da parte dell'attestatore, di una condizione apposta al piano del debitore.

Per l'attestatore, la condizione apposta al piano non è altro che un elemento di fatto, più precisamente un elemento fattuale futuro ed incerto dal quale dipende l'esito del piano. È allora naturale che il giudizio di fattibilità, che altro non è se una valutazione probabilistica su tale esito, debba necessariamente abbracciare, tra l'altro, la probabilità che si verifichi anche tale condizione.

Il giudizio sulla probabilità di avveramento della condizione apposta al piano, in altre parole, non è null'altro, se non un aspetto della valutazione di generale fattibilità.

Se si tiene presente questa elementare considerazione, tutte le pronunce poc'anzi richiamate appaiono un semplice precipitato delle regole generali sul contenuto della relazione del professionista. E per tale ragione, non offrono una soluzione immediata per valutare l'ammissibilità della condizione apposta dall'attestatore al proprio giudizio

Una simile condizione, infatti, ha una natura qualitativamente differente rispetto ai casi sin qui esaminati: se l'attestatore dichiara di sottoporre le proprie conclusioni ad una specifica condizione, questa non costituisce più un oggetto del suo giudizio, bensì un elemento esterno ad esso, che ha lo scopo (e l'effetto) di rendere provvisoriamente inefficace la dichiarazione di giudizio (e la connessa assunzione di responsabilità) del professionista.

Con la conseguenza che:

a) ove l'attestatore non esprima un giudizio prognostico favorevole rispetto alla condizione apposta al piano, la relazione dovrà giudicarsi carente per omesso esame di un fatto rilevante ai fini del giudizio di fattibilità;

b) ove l'attestatore apponga una condizione alla propria attestazione, la relazione non sarà carente, ma (provvisoriamente) inefficace sinché tale condizione non si sia avverata.

In altre parole, e per limitarsi all'ambito del concordato preventivo, le conclusioni dell'attestatore potranno essere utilizzate dal tribunale ai fini del giudizio di ammissione esclusivamente laddove la condizione si sia avverata, dovendosi invece ritenere inefficace la relazione, e pertanto inammissibile la domanda, laddove la condizione non si sia avverata.

Condizione dell'attestazione, esatto adempimento, falso in attestazione

Ne discende che, nel primo caso, l'attestatore potrà anche essere chiamato a rispondere per eventuale inadempimento o inesatto adempimento dell'incarico professionale ricevuto, con la conseguente possibilità di negare in tutto od in parte l'ammissione al passivo nel successivo fallimento e, laddove si segua l'orientamento che richiede anche un giudizio di utilità/funzionalità, potrà se del caso essere contestata la prededuzione.

E ciò, si badi bene, a prescindere dall'avveramento o meno della condizione prevista dal piano, giacché anche laddove fortunosamente questa si avversasse, la sua mancata valutazione prognostica resterebbe comunque – con valutazione doverosamente ex ante – una carenza del giudizio.

Se, infatti, l'attestatore non ha raggiunto il ragionevole convincimento che la condizione sia destinata più probabilmente ad avverarsi che a non avverarsi, manca una condizione per poter rilasciare l'attestazione, giacché non sarebbero stati esaminati – con esito prognostico favorevole - tutti gli elementi (compresa, quindi, la condizione) idonei ad influire sulla fattibilità del piano. La qualità delle previsioni del tempo non si può giudicare ex post sulla base delle condizioni meteorologiche effettivamente verificatesi, ma solo sulla base della qualità dei modelli predittivi impiegati. Detto con uno slogan efficacemente semplificatorio: le previsioni (correttamente eseguite) di una probabile giornata di bel tempo restano “giuste” anche se poi invece piove.

Nel secondo caso, al contrario, l'attestatore (ove non sussistano altre carenze o irregolarità, beninteso) avrà adempiuto puntualmente al proprio incarico, e l'eventuale mancato avveramento della condizione sarà solo uno dei possibili – e fisiologici – esiti prevedibili, senza che ciò comporti alcuna inadeguatezza o inutilità della relazione, né tantomeno un inadempimento o non esatto adempimento.

E, deve aggiungersi, ai fini dell'art. 236-bis, sintantoché la condizione non si sia avverata non potrà dirsi integrato il fatto tipico (La nozione di “relazioni o attestazioni” è, senza ombra di dubbio, un elemento normativo della fattispecie, come inequivocabilmente dimostrato dal richiamo alle singole specifiche disposizioni della legge fallimentare.

Sussumere sotto l'art. 236-bis una relazione condizionata, priva degli effetti tipici contemplati dalle disposizioni richiamate, violerebbe pertanto il principio di tassatività della fattispecie penale) previsto dalla disposizione penale.

La chiara distinzione, or ora illustrata in linea teorica ed astratta, tra condizione del piano e condizione apposta all'attestazione va tuttavia calata nella pratica, per verificare se in concreto esistano casi nel quali possa legittimamente depositarsi in giudizio una relazione del professionista inizialmente inefficace perché condizionata.

Limiti di ammissibilità della attestazione condizionata nel concordato

Le Linee-guida per il finanziamento alle imprese in crisi (II ed. – 2015, Raccomandazione n. 14 Attestazione in relazione ad eventi futuri determinanti per la fattibilità del piano: «Qualora la fattibilità del piano dipenda da specifici eventi futuri, l'attestazione del professionista (a) è immediatamente efficace se egli attesta che sussiste una elevata probabilità che essi si verifichino (“evento interno al piano”); (b) è sospensivamente condizionata negli altri casi (“evento esterno al piano”). Nel secondo caso, la condizione deve verificarsi perché l'attestazione produca i propri effetti»), in ciò seguite dalla letteratura più attenta (Guiotto, L'emissione del giudizio dell'attestatore, in AA.VV., Piani di ristrutturazione dei debiti e ruolo dell'attestatore, Bologna, 2016, 554-555), ritengono ammissibile che anche nell'ambito del concordato preventivo l'attestazione sia sottoposta anche ad una vera e propria condizione sospensiva, a patto che questa risulti poi verificata entro la data dell'ammissione al concordato.

Se non è possibile un'ammissione al concordato condizionata, occorre che l'attestazione sia già immediatamente e completamente efficace quantomeno nel momento in cui il giudice è chiamato a provvedere in limine, prima dell'apertura della procedura. Ma – deve aggiungersi - solo in tale momento è indispensabile che la condizione risulti avverata.

Il fatto che l'efficacia della relazione resti sospesa nel lasso temporale intercorrente tra deposito della domanda e decisione del tribunale ex artt. 162-163 l.fall. non dovrebbe riverberarsi sull'ammissibilità della proposta di concordato, a patto che al momento dell'ammissione sia possibile, per il tribunale, verificarne l'avveramento.

La conclusione deve tuttavia essere confortata da solidi argomenti giuridici, giacché di primo acchito potrebbe apparire contrastante con il principio di assertività (e non emendabilità) dell'attestazione

Non è di particolare ausilio, per argomentare la conclusione, fare riferimento alla naturale retroattività della condizione avverata (art. 1360 c.c.), non foss'altro perché, a tacere della assai dubbia applicabilità di tale disposizione in ambito processuale, sulla natura e la effettiva portata di tale disposizione ancor oggi non vi è pieno consenso tra gli interpreti (Senza pretesa di completezza si veda Bianca, Diritto civile – 3. Il contratto, Milano, 2000, 558 ss; Gazzoni, Diritto privato, 941 e, per una più recente e più approfondita trattazione Costanza, Condizione nel contratto, in Commentario Sicaloja-Branca-Galgano, Bologna, 2019, 155 ss., testo e ampie note).

La soluzione può invece più propriamente poggiare sulla ormai generalmente condivisa opinione che àncora le conclusioni in tema di retroattività della condizione alla compatibilità di tale effetto con la funzione che la condizione svolge nel particolare assetto di interessi regolato.

Nel caso di specie, il limiti entro cui è ammissibile che spieghi effetto una attestazione condizionata si ricavano dalla natura del controllo che il tribunale esercita sull'attestazione del professionista: il sindacato del tribunale non può essere infatti meramente “di secondo grado”, ovvero, non può riguardare solo la completezza e congruità logica (In tal caso, la presenza di una condizione sospensiva renderebbe di per sé inammissibile l'attestazione e quindi la domanda), ma deve verificare direttamente i presupposti dell'attestazione (Cass. civ. 22 maggio 2013, n. 11423; Trib. Rovigo 24 novembre 2015, cit.), che pertanto ben potranno essersi verificati dopo il rilascio di questa (a patto che, si intende, le condizioni apposte all'attestazione siano chiaramente identificabili ed il giudizio sul loro avveramento non lasci spazio a incertezze interpretative o qualificatorie), ma prima del momento in cui il tribunale decide sull'ammissione.

Il principio della c.d. assertività dell'attestazione, e la sua costruzione quale requisito di ammissibilità della domanda e della proposta, è collegato del resto alla necessaria funzione di filtro che l'intervento del professionista è chiamato a svolgere: in primo luogo per assicurare che giungano all'attenzione del tribunale solo proposte preventivamente e scrupolosamente vagliate da un soggetto terzo e indipendente; in secondo luogo, perché nella fase introduttiva della procedura la relazione del professionista è l'unico elemento istruttorio di cui il tribunale dispone (è questa, a ben vedere, l'autentica ratio sottesa alle pronunce in tema di assertività del documento e inammissibilità di una sua integrazione ove carente: poiché l'attestazione è, nella fase di ammissione, il principale se non l'unico strumento di ausilio per il tribunale, esso deve essere messo a disposizione immediatamente, fin dal deposito del piano e della proposta), specie ove la proposta non sia stata preceduta da alcuna fase interinale e, pertanto, non sia stato ancora nominato il commissario giudiziale.

Laddove la condizione apposta all'attestazione sia riferita, espressamente, ad un evento futuro da accertarsi entro il momento dell'ammissione, non si verifica allora alcuna riduzione della valenza istruttoria ed assertiva del documento: nel momento in cui, fisiologicamente, il tribunale dovrà esaminarlo, sarà infatti già sciolta qualunque incertezza. Una condizione che risultasse ancora incerta al momento in cui il tribunale si pronuncia renderebbe l'attestazione, al contrario, processualmente priva di qualunque utilità istruttoria.

Un'ipotesi particolare di evento esterno può essere costituita dall'autorizzazione che lo stesso tribunale deve concedere per atti da compiersi dopo l'ammissione al concordato preventivo e determinanti per il successo del piano (ad esempio, l'ottenimento di nuova finanza entro un determinato termine, lo scioglimento di contratti onerosi, il pagamento di fornitori strategici).

In tal caso, infatti, il piano risulterà fattibile solo nella misura in cui il tribunale ne autorizzi alcuni snodi fondamentali.

In siffatte ipotesi, il professionista può evidentemente attestare (pur nel rispetto dell'aurea regola sutor ne ultra crepidam) la sussistenza dei presupposti per la concessione dell'autorizzazione, ma non può invece formulare un giudizio prognostico (assumere come evento interno) circa l'adozione del provvedimento autorizzatorio, la cui valutazione è e deve essere rimessa al tribunale: sarebbe incongruo che il professionista attestasse al tribunale, destinatario della relazione, la probabilità che lo stesso tribunale assuma una determinata decisione. L'attestazione diverrà dunque efficace per effetto del provvedimento di ammissione e contestuale autorizzazione al compimento dell'atto.

Queste conclusioni paiono confortate da una lettura critica ed approfondita della (invero non numerosissima) giurisprudenza edita, che ne svisceri le ratio decidendi senza limitarsi a contemplarne le sole massime.

Il motivo per cui generalmente si ritiene non ammissibile la attestazione condizionata sta nella considerazione che «una assunzione da parte dei creditori del rischio connesso ai margini di non fattibilità del piano non può che seguire solo ad una prognosi favorevole (sia pure espressa in termini necessariamente probabilistici), completa e puntuale anche con riferimento alle circostanze dedotte in condizione» (così App. Roma, 5.3.2013, che ha confermato la pronuncia del Trib. Roma, cit.).

La attestazione di fattibilità infatti si risolve «in una valutazione prognostica sulla possibilità di attuazione del piano, destinata a consentire ai creditori di esprimere un voto consapevole sulla proposta e, dunque, con consapevole assunzione del rischio connesso ai margini di non realizzabilità della stessa. In tale prospettiva è vero che la funzione sostanziale dell'attestatore è quella di fornire dati, informazioni e valutazioni sulla base dei riscontri effettuati dall'interno (così Cass., SS.UU., n. 1521/2013, cit.), cionondimeno dette valutazioni debbono sfociare, a mente del chiaro dettato normativo (art. 161, comma 3, l.fall.), in una prognosi favorevole in ordine alla fattibilità del piano. Ed a tal fine l'attestatore deve formarsi un proprio convincimento sulla possibilità di riuscita del piano, sottoponendo ad analisi critica eventuali valutazioni di terzi che incidano sui dati da porre a base del giudizio, condividendone o meno le conclusioni. Occorre quindi accertare se in caso di attestazione condizionata sia sufficiente verificare la adeguatezza delle informazioni fornite in ordine a ciascuna condizione, spettando poi ai creditori farsi carico del rischio connesso al verificarsi di queste, o se invece, come ritenuto dal Tribunale, per aversi una valida attestazione la prognosi favorevole del professionista debba estendersi, pur scontando necessariamente margini di incertezza, agli eventi ritenuti condizionanti la riuscita del piano» (sono sempre le parole di App. Roma, 5.3.2013, cit.).

Se ne deve inferire, a contrario, che laddove l'avveramento di tutte le condizioni poste all'attestazione risulti verificabile al momento del giudizio di ammissione ex art. 163 l.fall., ai creditori non venga accollato nessun rischio, giacché al momento del voto (rectius: sin dal momento dell'ammissione) si saprà con certezza se le condizioni si sono avverate.

La giurisprudenza ha del resto precisato «che una attestazione condizionata può ritenersi ammissibile solo qualora gli eventi futuri siano specificamente individuati, circoscritti nel tempo e con una elevata probabilità che possano verificarsi: non certo come nel caso di specie in cui non si conoscono gli Istituti bancari che potrebbero dare il consenso alle linee di credito, non si conoscono i termini e le condizioni degli eventuali affidamenti con la relativa ricaduta sul piano e non stati prodotti documenti da cui possa ricavarsi l'esistenza di trattative positivamente avviate» (Trib. Treviso 1° giugno 2016, cit.) e che per essere inammissibile l'attestazione deve essere «incerta e dubitativa, ovvero che lascia margini di incertezza circa l'esito del piano» (Trib. Rovigo 24 novembre 2015, cit.).

Se ciò da cui l'ordinamento rifugge è l'incertezza sul giudizio di fattibilità dell'attestatore, deve concludersi necessariamente che, al contrario, laddove al momento del giudizio di ammissione sia possibile accertare senza margini di dubbio che il giudizio di fattibilità non presenta incertezze, per essersi avverate tutte le condizioni sospensive apposte all'attestazione prima che inizi il procedimento di vaglio (poi di ammissibilità / fattibilità giuridica per il tribunale, di convenienza / fattibilità economica per i creditori debitamente informati dal commissario giudiziale) delle sue risultanze, non ricorrono le esigenze di cautela che inducono la giurisprudenza a ritenere in altri casi inammissibile l'attestazione condizionata.

Conclusione che a fortiori non è revocabile in dubbio laddove il mancato avveramento delle condizioni sospensive apposte all'attestazione non infici l'an del giudizio di fattibilità del piano, bensì solo il suo quantum, giacché dall'avveramento dei fatti dedotti in condizione deriva – in tal caso - ragionevolmente solo una diversa (e maggiore) soddisfazione del ceto chirografario, rispetto alla ipotesi principale in cui si assume l'assenza di tali condizioni.

Anche in letteratura, del resto, si è ritenuto che «la previsione di condizioni per la realizzazione del piano va considerata ammissibile soltanto nell'ipotesi in cui il piano prefiguri una soluzione alternativa (ad esempio, se le banche non forniranno nuova finanza, i soci sono pronti ad un aumento di capitale: e l'alternativa è ragionevolmente certa, in presenza di garanzie)» (Cfr. C.Trentini, Concordato preventivo, fattibilità economica e attestazione condizionata, in questo portale, 9 giugno 2015).

Tecniche di redazione ed esposizione della condizione

Il professionista, che intenda sottoporre il proprio giudizio a condizione, dovrà anzitutto motivarlo adeguatamente (preferibilmente dedicando un apposito paragrafo o capitolo nella sezione sulla fattibilità del piano), per consentire al tribunale di vagliare la liceità della clausola.

Dovrà inoltre esporre chiaramente la condizione nel paragrafo conclusivo contenente il suo giudizio professionale, senza ambiguità e con adeguato risalto grafico, in modo da renderne immediatamente intelligibile la presenza.

Dovrà, infine, illustrare (anche, eventualmente, con esposizione sintetica nelle conclusioni e puntuale rinvio al paragrafo contenente le informazioni di dettaglio) gli effetti che si produrranno sul piano nel caso di avveramento, o di mancato avveramento, della condizione.

Esempio di condizione da indicare nel paragrafo conclusivo

[….]

La predetta attestazione è soggetta alla seguente:

CONDIZIONE SOSPENSIVA

Le seguenti circostanze dovranno tutte sussistere congiuntamente entro la data del provvedimento di ammissione ex art. 163 l.fall. del debitore alla procedura di concordato preventivo:

a) che l'ecc.mo Tribunale abbia già autorizzato, o contestualmente all'ammissione autorizzi, l'avvio dei procedimenti competitivi di vendita congiunta e coordinata degli asset, appartenenti a diversi soggetti societari in procedura, oggetto delle offerte su cui si basano i piani delle controllate C. S.p.A. (offerta Altieri) e T. S.r.l. (offerta Brooks) nell'ambito delle rispettive procedure di concordato preventivo che risultino pendenti a tale data;

b) ove entro la data del provvedimento di ammissione non siano state già espletate in via d'urgenza ex art. 161, comma 7, l.fall. le suddette procedure competitive coordinate di vendita, che gli offerenti Brooks e Altieri confermino i rispettivi impegni a partecipare all'asta per l'acquisto degli asset oggetto delle offerte già formulate e prorogate, ove il bando venisse pubblicato oltre il termine previsto dalle rispettive offerte;

c) sia concluso l'accordo con A. S.r.l. che consenta di superare le perplessità illustrate al § …… che condizionano l'esperimento della vendita sulla base dell'offerta Brooks;

d) nella procedura di C. S.p.A. sia disposta l'ammissione al concordato o, quantomeno, avviata la procedura competitiva per la cessione delle azioni di T. S.r.l. secondo l'impegno di cui al § …...

Gli effetti dell'avveramento, o del mancato avveramento, di tali condizioni sono meglio descritti al § ….

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